ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 16 della legge
27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2003), promosso
con ordinanza del 21 gennaio 2003 dalla Corte di cassazione - sezione
tributaria,  sul  ricorso  proposto  da  Cervello Salvatore contro il
Ministero  delle  finanze,  iscritta al n. 166 del registro ordinanze
2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, 1ª
serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 24 settembre 2003 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  21 gennaio  2003, la Corte di
cassazione  -  sezione tributaria, ha sollevato, con riferimento agli
articoli 3   e  24  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 16  della  legge  27 dicembre  2002, n. 289
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato. Legge finanziaria 2003), «nella parte in cui esclude la
possibilita'   per   il  contribuente  di  avvalersi  della  relativa
disciplina  di chiusura delle liti fiscali ove queste pendano innanzi
alla Corte di cassazione»;
        che  la  norma censurata prevede che le liti fiscali pendenti
dinanzi alle commissioni tributarie in ogni grado del giudizio, anche
a  seguito  di  rinvio, nonche' quelle gia' di competenza del giudice
ordinario,   ancora  pendenti  dinanzi  al  tribunale  o  alla  corte
d'appello,  possano  essere  definite,  a domanda del soggetto che ha
proposto  l'atto  introduttivo  del giudizio, con il pagamento di una
somma  rapportata al valore della lite (art. 16, comma 1, della legge
n. 289  del  2002,  nel  testo  precedente  le  modifiche  introdotte
dall'art. 5-bis  del  decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, recante
«Disposizioni urgenti in materia di adempimenti comunitari e fiscali,
di  riscossione  e di procedure di contabilita», aggiunto dalla legge
di conversione 21 febbraio 2003, n. 27);
        che, in punto di fatto, il giudice a quo espone che l'Ufficio
delle  imposte dirette di Catania e l'Ufficio IVA della stessa citta'
notificavano distinti avvisi di accertamento, relativi agli anni 1983
e   1984,  all'esercente  una  attivita'  di  autotrasporti,  che  li
impugnava innanzi al giudice tributario;
        che  i  ricorsi  proposti  dal  contribuente venivano accolti
dalla commissione tributaria di primo grado;
        che   la  commissione  tributaria  di  secondo  grado,  adita
dall'amministrazione  finanziaria,  riconosceva la legittimita' della
pretesa erariale relativa al recupero dell'IVA e, successivamente, la
Commissione  tributaria  centrale  accoglieva  solo  parzialmente  il
ricorso proposto dal contribuente;
        che,  avverso tale ultima decisione, il suddetto contribuente
ricorreva per cassazione, formulando, nel corso del giudizio, istanza
di   differimento  della  udienza  di  discussione  del  ricorso,  in
relazione  alle disposizioni in materia di condono fiscale introdotte
dalla citata legge n. 289 del 2002;
        che  il  remittente,  ritenuta  la rilevanza della questione,
evidenzia  che  la  norma denunciata non consente una interpretazione
estensiva,  in  quanto nega al contribuente, la cui lite sia pendente
davanti  alla  Corte  di  cassazione,  di usufruire della definizione
agevolata della controversia fiscale;
        che,  a  tal  fine,  neppure potrebbe trovare applicazione la
disciplina  prevista  dall'art. 7 della legge n. 289 del 2002 in tema
di definizione automatica dei redditi di impresa e di lavoro autonomo
per   gli   anni  pregressi  mediante  autoliquidazione,  ne'  quella
stabilita   dall'art. 8   della   stessa  legge  (integrazione  degli
imponibili  per  gli  anni  pregressi),  ne',  infine,  quella di cui
all'art. 9  della  citata  legge (definizione automatica per gli anni
pregressi);
        che    l'esclusione   della   definizione   agevolata   delle
controversie  fiscali  pendenti  innanzi  alla  Corte  di  cassazione
contrasta, ad avviso del remittente, con l'art. 3 della Costituzione,
in quanto carente di ragionevole giustificazione e tale da comportare
un  regime  giuridico  deteriore  rispetto  a quello stabilito per la
definizione  dei  tributi  locali dall'art. 13 della legge n. 289 del
2002,  il  quale  prevede  la  sospensione,  su istanza di parte, del
procedimento giurisdizionale in qualunque stato e grado del giudizio;
        che  la  predetta  esclusione viola, inoltre, l'art. 24 della
Costituzione, in quanto discrimina l'esercizio del diritto di difesa;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, il
quale,  rilevato  che in sede di conversione del decreto-legge n. 282
del  2002,  e'  stata  estesa  anche ai giudizi in corso davanti alla
Corte  di  cassazione  la possibilita' di chiusura delle liti fiscali
pendenti,  ha chiesto la restituzione degli atti al giudice a quo per
ius superveniens.
    Considerato  che, successivamente all'ordinanza di remissione, la
disposizione   censurata  e'  stata  modificata  dall'art. 5-bis  del
decreto-legge  n. 282  del  2002, aggiunto dalla legge di conversione
n. 27 del 2003;
        che,  per effetto di tale modifica, l'art. 16, comma 1, della
legge n. 289 del 2002 stabilisce che le liti fiscali pendenti dinanzi
alle  commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del
giudizio  e  anche  a  seguito  di  rinvio possono essere definite, a
domanda   del  soggetto  che  ha  proposto  l'atto  introduttivo  del
giudizio,  con  il  pagamento di una somma rapportata al valore della
lite  (per  la  cui disciplina temporale vedi ora il decreto-legge 24
giugno 2003,   n. 143,  recante  «Disposizioni  urgenti  in  tema  di
versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare
indette   dalla   Consip   S.p.a.  nonche'  di  alienazione  di  aree
appartenenti al patrimonio e al demanio dello Stato», convertito, con
modificazioni, dall'art. 1 della legge 1 agosto 2003, n. 212);
        che,  pertanto,  il legislatore ha introdotto la possibilita'
di  definizione  agevolata anche per le liti fiscali pendenti innanzi
alla Corte di cassazione;
        che  la  sopravvenuta  modificazione  della  norma  censurata
impone  la  restituzione  degli  atti  al  giudice  a  quo  affinche'
verifichi la perdurante rilevanza della questione.