IL GIUDICE DI PACE

    Letti  gli  atti  del  procedimento  penale n. 343/2002 Reg. Dib.
iscritto   nei   confronti  di  Paolone  Benito  (nato  a  Campobasso
11 novembre 1933) e imputato da delitto di cui all'art. 595 c.p.;
    Sentite le parti e il pm;
    Sciogliendo la riserva assunta all'udienza odierna;

                            O s s e r v a

    Con  decreto  di citazione in data 29 ottobre 2001 Paolone Benito
veniva   tratto   a  giudizio  per  rispondere  del  delitto  di  cui
all'art. 595  c.p.  per  avere  offeso  l'onore  e  la reputazione di
Vincenzo Bianco, nella sua qualita' di sindaco del comune di Catania,
definendolo: «un uomo che mente dalla mattina alla sera, un bugiardo,
uno  che si appropria indebitamente e impropriamente delle cose degli
altrui,  un  cialtrone,  un  pagliaccio  politico,  un  pinocchio per
natura,  un  lazzarone politico, un truffaldino politico che cerca di
fare  gli  accordi  e gli interessi di pochi a danno di una citta»; e
facendo  altresi'  le  seguenti affermazioni: «se vince vi dara' quel
piano  regolatore  e  siccome deve pagare quei contratti e siccome se
non  paga  quei  contratti  passa dei guai veri e siccome i contratti
sono  firmati  lo  avete capito? Il piano regolatore non si puo' fare
con  una  una  perequazione,  che sia utile fare dappertutto. Bisogna
privilegiare   alcune  aree,  senza  una  motivazione  scientifica  e
l'interporto  che doveva essere fatto in area pubblica viene fatto in
area  privata  contro  la legge; ma il mare e' chiuso, lo capite cosa
dice  il  piano  di  Bianco? Se voi lo votate viene chiuso, lo sapete
perche'  Io ha chiuso? Per favorire i terreni... ed i terreni sono di
particolari  proprieta'  e  sono  cambiati. Lo sentono queste cose le
autorita'  o  no? Che sono di alcuni signori che si sono comprati nel
maggio del 1924 in una certa casa di Roma, con una certa societa', le
proprieta' delle aree di corso Martiri della Liberta».
    Con  l'aggravante  di  aver  commesso il fatto contro un pubblico
ufficiale   a   causa  dell'adempimento  delle  proprie  funzioni  ed
attribuendo  allo  stesso  fatti  determinati.  In  Catania  in epoca
anteriore e prossima al 30 novembre 1997.
    Alla  prima  udienza  di trattazione dinanzi a questo giudice, in
data 24 aprile 2002, la parte offesa si costituiva parte civile.
    In  data 24 dicembre 2002 il Presidente della Camera dei deputati
trasmetteva  a questo Tribunale la delibera assunta dall'Assemblea in
data  18 dicembre  2002  e  in  base alla quale, a seguito di analoga
richiesta   della   giunta  per  le  autorizzazioni,  le  espressioni
pronunciate  dall'onorevole Paolone nei confronti dell'onorevole Enzo
Bianco,  proprio  con riferimento al procedimento penale n. 1653/1999
RG  dib.  pendente  dinanzi  a  questo  giudice, erato da considerare
espresse   nell'esercizio   delle  funzioni  proprie  di  membro  del
Parlamento ex art. 68 della Costituzione.
    Il  difensore  di  parte  civile,  deducendo la impossibilita' di
ricondurre le espressioni di cui in contestazione all'esercizio della
funzione  parlamentare,  diversamente  da  quanto  argomentato  dalla
delibera  assembleare a cui sopra si e' fatto riferimento, richiedeva
a  questo giudice di sollevare conflitto di attribuzione dinanzi alla
Corte costituzionale.
    Alla  stregua di quanto sopra, e' fatto obbligo pertanto a questo
giudice  di  valutare la condotta dell'imputato nella sua qualita' di
membro del Parlamento al fine di eventualmente contestare il corretto
esercizio  del  potere  di valutazione riconosciuto al Parlamento con
conseguente  proposizione  del  conflitto  tra  i  poteri  qualora si
ritenga  che sia stato formulato un giudizio di non sindacabilita' in
situazioni  in cui non sussisteva il nesso funzionale tra le opinioni
espresse   e  le  attivita'  svolte  nella  qualita'  di  membro  del
Parlamento.
    Applicando  il principio sopra riferito al caso di specie bisogna
verificare  se  le  opinioni  espresse dall'onorevole Paolone possano
considerarsi  manifestazione  della  sua  funzione  parlamentare,  in
conformita'  alla  delibera della camera dei deputati, ovvero esulino
dalla   prerogativa   di   cui  al  sopra  richiamato  art. 68  della
Costituzione; in proposito, va rilevato che il fatto in contestazione
si  e' verificato nel corso di un comizio elettorale tenuto in piazza
Cavour  di  Catania  nell'ambito  della  campagna elettorale svoltasi
nell'anno  1997  per  la  elezione  del  sindaco  di  Catania  e piu'
precisamente  nel  corso  di una discussione afferente temi attinenti
alla gestione amministrativa della citta' e alle scelte urbanistiche.
    In  proposito  ritiene  questo  giudicante che quanto sopra detto
esclude,  per le modalita' del fatto, per il contesto politico della'
espressioni   pronunciate,   per  la  campagna  elettorale  in  atto,
qualunque  collegamento  funzionale  tra le espressioni pronunciate e
l'attivita'  parlamentare vera e propria; non e' possibile invero far
rientrare  nel  novero  degli atti tipici della funzione parlamentare
(presentazione  di  disegni  di legge, interpellanze, interrogazioni,
relazioni, dichiarazioni), quelle attivita' che, se pur in senso lato
connesse  con  l'esercizio  delle funzioni parlamentari, ne risultano
tuttavia  estranee  poiche'  concernenti attivita' extra parlamentare
svolta  all'interno  dei partiti (manifestazioni di pensiero espresse
in  comizi,  cortei,  trasmissioni  radio  televisive  o  durante  lo
svolgimento di scioperi).
    L'unico  collegamento  astrattamente ipotizzabile con l'esercizio
della  funzione  parlamentare e' quello «soggettivo» nel senso che le
espressioni  in  questione  sono state espresse da una persone fisica
che e' anche membro del Parlamento. Risponde a verita' che in seguito
alla  vicenda  in  contestazione  l'onorevole  Paolone ebbe a dolersi
dell'accaduto  anche  in sede parlamentare richiedendo anzi una serie
di  atti  di  sindacato  ispettivo  proprio su pretese illegittimita'
dell'amministrazione   comunale  di  Catania;  ma  la  «identita»  di
argomenti  tra  le  opinioni  incriminate  e quelle riportate in sede
parlamentare non consente di qualificare come espressa nell'esercizio
delle  funzioni  proprie di membro del Parlamento qualunque attivita'
politica  svolta dal parlamentare e in qualunque sede in cui tale sua
qualita' sia rilevante.
    Pertanto,   e   in   considerazione  di  quanto  sin  qui  detto,
prescindendo da qualsiasi valutazione sulle finalita' e sugli intenti
perseguiti  dall'imputato,  nonche'  sulla  natura diffamatoria delle
espressioni  oggetto  di  contestazione,  si  ritiene che le opinioni
siano  state espresse nel corso di un comizio elettorale e percio' al
di fiori dell'esercizio delle funzioni parlamentari; non sussistono i
presupposti  per  la  applicazione  dell'art. 68  della Costituzione,
norma  con  la  quale la delibera della Camera dei deputati appare in
contrasto.
    Consegue  la necessita' del ricorso alla Corte costituzionale per
conflitto   di  attribuzione  fra  i  poteri  dello  Stato  ai  sensi
dell'art. 37 della legge costituzionale n. 87 del 1953.