IL TRIBUNALE Nel presente processo penale Puglisi Gianluca e' imputato del reato previsto e punito dall'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, siccome introdotto dall'art. 17 legge 18 agosto 2000, n. 248, per avere utilizzato per uso privato parti di apparati idonei alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate in via satellite, in forma sia analogica sia digitale: in particolare, in sede di perquisizione domiciliare veniva trovato in possesso di scheda clonata per la ricezione del segnale emesso da emittente autorizzata (Stream), con l'omesso pagamento del canone per la fruizione di tale servizio. La difesa ha chiesto la pronuncia di sentenza di assoluzione dell'imputato perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., atteso che dopo l'emanazione della legge 18 agosto 2000 n. 248, in attuazione della direttiva 98/84/CE del 20 novembre 1998, e' intervenuto il decreto legislativo 15 novembre 2000, n. 373 che ha depenalizzato una serie di condotte (la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio ovvero il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti; l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti; la diffusione con ogni mezzo di comunicazioni commerciali per promuovere la distribuzione e l'uso di dispositivi illeciti) sovrapponibili a quelle previste dall'art. 171-octies legge 22 aprile 1941, n. 633. Ha osservato che sul punto sono intervenute numerose sentenze della Corte di cassazione, tutte nel senso che si sia trattata di una vera e propria depenalizzazione, e, da ultimo, le Sezioni unite della Corte di cassazione che hanno stabilito che, relativamente alle condotte sovrapponibili e sostanzialmente assimilabili previste nei due testi normativi (l'art. 171-octies legge 22 aprile 1941, n. 633, siccome introdotto dall'art. 17, legge 18 agosto 2000 n. 248, e il d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373), stante la coincidenza sia dell'elemento materiale sia dell'elemento psicologico e dovendosi ritenere sostanzialmente assimilata l'espressione «a fini fraudolenti» all'espressione «a fini commerciali», in base al principio di specialita' di cui all'art. 9 legge n. 689 del 1981 si deve applicare la sola sanzione amministrativa; mentre rimangono fuori dall'applicazione del principio di specialita' e quindi dalla depenalizzazione le condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico e privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale. Ha concluso nel senso che, trattandosi di un fenomeno di successione di leggi nel tempo, la legge successiva (il d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 ) ha determinato l'abrogazione tacita dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, escludendo la rilevanza delle condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico e privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale. In via subordinata, ove si ritenga invece applicabile il criterio di specialita', la difesa ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 171-octies, legge 22 aprile 1941 n. 633, siccome introdotto dall'art. 17 legge 18 agosto 2000 n. 248, nella parte in cui prevede tra le condotte punibili con la sanzione penale la condotta di utilizzazione per uso privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale, dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22 che ha reintrodotto la sanzione penale per le condotte depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione per l'irragionevole disparita' di trattamento rispetto alle piu' gravi condotte depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373. O s s e r v a Con l'art. 17, legge 18 agosto 2000 n. 248 e' stato, tra l'altro, inserito nel testo della legge 22 aprile 1941 n. 633 l'art. 171-octies che, qualora il fatto non costituisca piu' grave reato, punisce «con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582,28 ad euro 25.822,84 chiunque a fini fraudolenti produce, pone in vendita, importa, promuove, installa, modifica, utilizza per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale. Si intendono ad accesso condizionato tutti i segnali audiovisivi trasmessi da emittenti italiane o estere in forma tale da rendere gli stessi visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal soggetto che effettua l'emissione del segnale, indipendentemente dalla imposizione di un canone per la fruizione di tale servizio». Successivamente, in adempimento della delega ricevuta con la legge 21 dicembre 1999 n. 526, a sua volta attuativa della direttiva 98/84/CE del 20 novembre 1998 in tema di tutela dei servizi ad accesso condizionato e dei servizi di accesso condizionato, il Governo ha emanato il d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 che, all'art. 1, da le definizioni di «servizio protetto» (primo comma, lettera a): un servizio ad accesso condizionato o un servizio di accesso condizionato), di «servizio ad accesso condizionato» (primo comma, lettera b): uno dei seguenti servizi se forniti a pagamento e mediante un sistema di accesso condizionato): 1) trasmissioni televisive, cioe' le trasmissioni via cavo o via radio, anche via satellite, di programmi televisivi destinati al pubblico; 2) trasmissioni sonore, cioe' le trasmissioni via cavo o via radio, anche via satellite, di programmi sonori destinati al pubblico; 3) servizi della societa' dell'informazione, ovvero qualsiasi servizio fornito a distanza per via elettronica ed a riehiesta individuale di un destinatario di servizi), di «servizio di accesso condizionato» (primo comma, lettera c): il servizio di fornitura di un accesso condizionato ai servizi di cui alla lettera b), di « accesso condizionato» (primo comma, lettera d): ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l'accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva ed individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio), di «dispositivo per l'accesso condizionato» (comma primo lettera e): apparecchiatura o programma per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di consentire l'accesso in forma intelligibile ad un servizio protetto), di «servizio connesso» (primo comma, lettera f): l'installazione, la manutenzione o la sostituzione di dispositivi di accesso condizionato, nonche' la prestazione di servizi di comunicazione commerciale relativi a detti dispositivi o a servizi protetti) e di «dispositivo illecito» (primo comma, lettera g): apparecchiatura o programma per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l'autorizzazione del fornitore del servizio); all'art. 4 precisa quali sono le attivita' illecite, vietando, alla lettera a), la fabbricazione, l'importazione, la distribuzione, la vendita, il noleggio ovvero il possesso a fini commerciali di dispositivi illeciti e, alla lettera b), l'installazione, la manutenzione o la sostituzione a fini commerciali di dispositivi illeciti e, alla lettera c), la diffusione con ogni mezzo di comunicazioni commerciali per promuovere la distribuzione e l'uso di dispositivi illeciti; all'art. 6 punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria chiunque ponga in essere una delle attivita' illecite vietate dall'art. 4. Successivamente la legge 7 febbraio 2003 n. 22 ha disposto l'aggiunta, al comma 1 dell'art. 6 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, del seguente periodo «Si applicano altresi' le sanzioni penali e le altre misure accessorie previste per le attivita' illecite di cui agli articoli 171-bis e 171-octies della legge 22 aprile 1941 n. 633 e successive modificazioni». Premessa tale necessaria panoramica della complessa normativa in esame, osserva il giudice che sulla questione oggetto del processo sono intervenute diverse pronunzie della Suprema Corte, tutte nel senso della intervenuta depenalizzazione della fattispecie di cui all'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633 (Cass. pen., sez. III, 9 novembre 2001, Capra; Cass. pen., sez. III, 17 maggio 2002 n. 26149, Guida F ed altro; Cass. pen., sez. II, 11 giugno 2002, Bisignani; Cass. pen., sez. V, 29 maggio 2002 n. 24847, Mammoliti), fino alla recentissima sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione (Cass. pen., s.u., 18 dicembre 2002 - 20 febbraio 2003 n. 33, Scuncia) che hanno effettuato un'articolata analisi delle previsioni punitive poste a confronto. Le sezioni unite della Corte di cassazione hanno, anzitutto, rilevato che la definizione di «servizio ad accesso condizionato» di cui all'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633 diverge da quella data dall'art. 1 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 in quanto la prima prescinde dalla imposizione di un canone (ovvero dal pagamento di uu corrispettivo) per la fruizione del servizio, mentre la seconda si riferisce espressamente ai soli servizi forniti a pagamento. Hanno osservato, in secondo luogo, che l'art. 171-octies, legge 22 aprile 1941 n. 633 concerne esclusivamente la protezione delle trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato, mentre l'art. 1 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 riguarda i «servizi ad accesso condizionato» o «protetti» in generale, dei quali le trasmissioni di programmi televisivi destinati al pubblico costituiscono solo una specie (vedi primo comma lettera b), donde l'evidente maggior ambito applicativo della piu' recente normativa, munita di sanzione amministrativa, rispetto a quella anteriore penalmente sanzionata. Hanno rilevato, poi, che, comparando le condotte tipiche contemplate dalle due normative, tra esse vi e' sovrapponibilita' ed omologabilita' o, comunque, sostanziale assimilabilita' tra le coppie di termini riportate nel seguente prospetto: Art. 171-octies legge 22 aprile |Art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 1941 n. 633 |n. 373 --------------------------------------------------------------------- "produce" |"fabbricazione" --------------------------------------------------------------------- "pone in vendita" |"vendita" --------------------------------------------------------------------- "importa" |"importazione" --------------------------------------------------------------------- |"diffusione di comunicazione "promuove" |commerciali per promuovere..." --------------------------------------------------------------------- "installa" |"installazione" mentre non trovano puntuale equivalente nell'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 le condotte tipizzate nell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633 con i termini «modifica» ed «utilizza per uso pubblico e privato» ed inversamente compaiono nella prima le condotte di «distribuzione», «noleggio», «possesso», «manutenzione» e «sostituzione» ricomprese nella seconda, salva la riconducibilita' della distribuzione alla «messa in vendita» e la presupposizione od implicazione di una situazione di «possesso» nella maggior parte delle condotte tipiche di cui alla prima disposizione. Hanno ritenuto, poi, che deve ravvisarsi, nonostante la diversa terminologia impiegata, sostanziale identita' rappresentativa quanto all'oggetto su cui devono cadere le condotte tipiche, descritto nell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633 come «apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato...» e nell'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, attraverso il rinvio all'art. 1, primo comma, lettera g), come «apparecchiatura o programma per elaboratori elettronici concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto...». Hanno ritenuto, infine, quanto all'elemento psicologico - premesso che per «fini fraudolenti» devono intendersi quelli volti ad artificiosamente eludere i sistemi di codificazione dei segnali audiovisivi, destinati ad essere «visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal soggetto che effettua l'emissione del segnale», e che per «fini commerciali» devono invece intendersi quelli volti alla distribuzione al pubblico, dietro corrispettivo ed a fine di lucro (implicito nel fine commerciale), della particolare merce costituita dai dispositivi considerati illeciti dalla legge - che il fine di commercializzazione di dispositivi intrinsecamente illeciti in quanto «concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto» sottende ed ingloba in se' anche il fine fraudolento; e cio' perche' il fine fraudolento che non compare nel precetto dell'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 e', tuttavia, espressamente enunciato nell'art. 1, primo comma lettera g), d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, cui il primo rinvia, laddove individua i dispositivi illeciti nelle apparecchiature o programmi per elaboratori elettronici «concepiti o adattati al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto in forma intelligibile senza l'autorizzazione del fornitore del servizio»; con la conseguenza che nell'articolata struttura della fattispecie prevista dall'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 deve ritenersi prevista una duplice forma congiunta di dolo specifico, ai «fini commerciali» essendo affiancato il fine fraudolento espresso dalla locuzione «al fine di rendere possibile l'accesso ad un servizio protetto». Hanno concluso che limitatamente alle condotte tipiche sovrapponibili o sostanzialmente assimilabili elencate nei due testi normativi, coincidendo l'oggetto materiale delle stesse ed essendo l'elemento psicologico previsto dalla fattispecie di cui all'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 comprensivo di quello previsto dalla fattispecie di cui all'art. 171-octies, legge 22 aprile 1941 n. 633, la prima fattispecie, presidiata da semplice sanzione amministrativa, deve ritenersi speciale rispetto alla seconda, penalmente sanzionata, contemplando quali elementi specializzanti il fine di commercio nonche' la fornitura a pagamento del servizio ad accesso condizionato, e deve pertanto applicarsi in via esclusiva ex art. 9 legge 24 novembre 1981 n. 689. Ulteriore conclusione tratta dalle sezioni unite e' quella, in certa misura paradossale ma imposta dall'analisi delle norme, secondo cui l'ambito di applicabiita' dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633 deve ritenersi ormai circoscritto alle ipotesi residuali di condotte tipiche non sovrapponibili od assimilabii a quelle previste dall'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 od alle ipotesi di condotte tipiche che, pur materialmente coincidenti, non siano volte anche a scopi commerciali od abbiano per oggetto dispositivi atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato diffuse senza l'imposizione di un corrispettivo, riguardando le norme amministrativamente sanzionate soltanto l'area dei servizi ad accesso condizionato forniti a pagamento. Quanto alla definizione della natura del rapporto intercorrente tra le norme poste a confronto, le sezioni unite della cassazione hanno escluso che il d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 abbia, nei limiti precisati, operato una «depenalizzazione» in senso proprio della previsione incriminatrice di cui all'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, ritenendo che tale fenomeno si verifichi soltanto quando il legislatore si limiti a sostituire ad una sanzione penale una sanzione amministrativa, modificando la natura dell'illecito ma lasciando immutati gli elementi costitutivi della preesistente fattispecie astratta. Hanno, del pari, escluso che la norma penale incriminatrice di cui all'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633 sia stata implicitamente abrogata, ex art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, dal successivo decreto legislativo per incompatibilita' tra le nuove disposizioni e la precedente o per avere la nuova fonte normativa disciplinato l'intera materia gia' regolata dalla norma penale anteriore, non essendovi in principio alcuna fisiologica incompatibilita' (ma piuttosto parziale coincidenza) tra i due ordini di norme, dettate per la tutela di diversi beni giuridici ed aventi differente natura giuridica, e non avendo la piu' recente normativa preso in considerazione l'intero ambito delle fattispecie previste dalla disposizione penalmente sanzionata ma solo una parte. Hanno, infine, escluso che sia invocabile la disciplina di cui all'art. 2, secondo comma, c.p. laddove il d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 sia gia' in vigore all'epoca della commissione dei fatti e quindi la fonte normativa che prevede meri illeciti amministrativi non sia posteriore rispetto ai fatti medesimi. Hanno concluso che l'unico rapporto propriamente individuabile tra i due ordini di norme e' quello regolato dall'art. 9 legge 24 novembre 1981 n. 689 che, estendendo il principio di specialita' di cui all'art. 15 c.p. anche al caso di concorso tra disposizione penale e disposizione sanzionata in via amministrativa relative ad un medesimo fatto, ha sancito la prevalenza della disposizione speciale e la sua esclusiva applicabilita' (laddove, in difetto della previsione di cui all'art. 9 cit., nulla si sarebbe opposto, in via di principio, ad una applicazione congiunta delle disposizioni punitive concorrenti). Le sezioni unite hanno poi ritenuto che la nuova legge 7 febbraio 2003 n. 22 comprova la precedente «depenalizzazione» (almeno parziale) delle fattispecie penali di cui all'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 anche perche' prevede, in deroga al principio di specialita' di cui all'art. 9 legge 24 novembre 1981 n. 689, l'applicazione congiunta delle sanzioni penali originarie e di quelle amministrative introdotte dal d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373; con la conseguenza che non sarebbe possibile qualificare come meramente interpretativo il nuovo intervento del legislatore. Ritiene Tanto premesso, ad avviso di questo giudice, non sussistono i presupposti per la immediata pronuncia di sentenza di assoluzione dell'imputato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p., perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, atteso che in base al diritto vivente, espresso dalle sezioni unite della Corte di cassazione, il fatto ascritto all'imputato (utilizzazione per uso privato di una scheda clonata per la ricezione del segnale emesso dal canale televisivo satellitare Stream) continua ad essere penalmente sanzionato ai sensi dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633. Questo giudice non ignora che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che il principio di supremazia costituzionale impone all'interprete di optare, tra piu' soluzioni astrattamente possibili, per quella che renda la disposizione di legge conforme alla Costituzione (vedi, ex pluribus, Corte cost. sentenza n. 113 del 2000). E tuttavia ritiene che, dopo il recentissimo orientamento delle sezioni unite della Corte di cassazione, non resta che prendere atto che il diritto vivente e' nel senso della applicabilita' dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, siccome introdotto dall'art. 17 legge 18 agosto 2000 n. 248, alla condotta di utilizzazione per uso privato (cosi' come alle condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico ma senza fine commerciale e senza pagamento di un corrispettivo) di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale, anche relativamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22. La richiesta di immediata declaratoria della non punibilita' dell'imputato ai sensi dell'art. 129 c.p.p., formulata dalla difesa, deve pertanto essere rigettata. E' invece rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, siccome introdotto dall'art. 17 legge 18 agosto 2000 n. 248, nella parte in cui prevede tra le condotte punibili con la sanzione penale la condotta di utilizzazione per uso privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale, limitatamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22 che ha reintrodotto la sanzione penale per le condotte depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, per violazione dell'art. 3 della Costituzione per l'irragionevole disparita' di trattamento rispetto alle piu' gravi condotte depenalizzate dagli articoli 4 e 6 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373. La rilevanza della questione nel giudizio a quo e' evidente: in base al diritto vivente, espresso dalle sezioni unite della Corte di cassazione, il fatto ascritto all'imputato (utilizzazione per uso privato di una scheda clonata per la ricezione del segnale emesso dal canale televisivo satellitare Stream) continua ad essere penalmente sanzionato ai sensi dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, mentre una eventuale pronuncia di accoglimento della Corte costituzionale obbligherebbe il giudice ad emettere immediatamente sentenza di assoluzione dell'imputato perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; ne consegue che il giudizio a quo non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. La questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa non e', poi, manifestamente infondata. In base al diritto vivente, siccome espresso dalle sezioni unite della cassazione, relativamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22 (che ha reintrodotto la sanzione penale per le condotte depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 ), il nostro ordinamento continua a punire con la sanzione penale comportamenti confinati nella sfera privata del soggetto agente o comunque non sorretti da fini di arricchimento patrimoniale e concernenti servizi erogati senza corrispettivo economico, mentre sanziona come illecito amministrativo condotte di evidente maggior disvalore giuridico e sociale perche' lesive anche degli interessi patrimoniali degli erogatori dei servizi protetti ed attuate essenzialmente a scopo di lucro (in termini, Cass. pen., S.U., 18 dicembre 2002 - 20 febbraio 2003 n. 33, Scuncia). In particolare, la semplice utilizzazione per uso privato di una scheda illecitamente riprodotta per la ricezione del segnale emesso da un canale televisivo satellitare (nella specie, della societa' Stream), anche se commessa nel periodo che va dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22, viene punita con la sanzione penale; mentre invece fatti ben piu' gravi quali la produzione, la vendita, l'importazione, la promozione e l'installazione di schede illecitamente riprodotte per la ricezione del segnale emesso da un canale televisivo satellitare, nel medesimo periodo, non sono previsti dalla legge come reato e vengono puniti solo con la sanzione amministrativa pecuniaria. Appare, quindi, fondato il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, nella parte in cui prevede tra le condotte punibili con la sanzione penale la condotta di utilizzazione per uso privato di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale, limitatamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata m vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22, per violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. che, secondo quanto affermato e ribadito piu' volte dalla Corte costituzionale, deve intendersi nel senso che «a parita' di situazioni deve corrispondere parita' di trattamento, mentre trattamenti differenziati sono riservati a situazioni obiettivamente diverse» (vedi, ex pluribus, Corte cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966; Corte cost. sentenza n. 81 del 1963). Questo giudice non ignora che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, spetta insindacabilmente al legislatore giudicare sulla parita' o la diversita' delle situazioni (Corte cost. sentenza n. 81 del 1963; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966; Corte cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987) e che, in materia di configurazione di fattispecie criminose, rientra nella discrezionalita' del legislatore stabilire quali comportamenti debbano essere puniti, determinare quali debbano essere la qualita' e la misura della pena ed apprezzare parita' e disparita' di situazioni (Corte cost. sentenza n. 25 del 26 gennaio 1994 - 10 febbraio 1994; Corte cost. sentenza n. 7 del 1987; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975). Ma la Corte costituzionale ha sempre anche precisato che l'esercizio di tale discrezionalita' puo' essere censurato quando esso non rispetti il criterio della ragionevolezza e gli altri principi costituzionali e dia luogo ad una disparita' di trattamento palesemente irrazionale ed ingiustificata (vedi, ex pluribus, Corte cost. sentenza n. 81 del 1963; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966; Corte cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 7 del 1987; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987; Corte cost. sentenza n. 25 del 1994). E nel caso di specie il trattamento sanzionatorio stabilito dal legislatore per la condotta di utilizzazione per uso privato (cosi' come per le condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico ma senza fini commerciali e senza pagamento di un corrispettivo) di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale, limitatamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22, e' addirittura piu' severo di quello stabilito per le condotte sicuramente piu' gravi depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373: viene punita con la sanzione penale la condotta di utilizzazione per uso privato (cosi' come le condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico ma senza fine commerciale e senza pagamento di un corrispettivo), mentre le piu' gravi condotte di chi produce, pone in vendita, importa, promuove e installa i dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma lett. g), d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, se commesse nel medesimo periodo, sono punite soltanto con la sanzione amministrativa pecuniaria. Appare, quindi, palesemente violata quella direttiva di razionalita' enucleabile dall'art. 3 Cost. che impone al legislatore di stabilire un medesimo trattamento sanzionatorio per situazioni uguali e un trattamento sanzionatorio diverso per situazioni obiettivamente diseguali. Per completezza ritiene questo giudicante di sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, nella parte in cui non prevede tra le attivita' illecite vietate anche la utilizzazione per uso privato dei dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma, lettera g), e la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, nella parte in cui non punisce con la sanzione amministrativa pecuniania anche la utilizzazione per uso privato dei dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma, lettera g), per violazione dell'art. 3 della Costituzione per l'irragionevole disparita' di trattamento rispetto alle piu' gravi condotte vietate (e quindi depenalizzate) dall'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373. Anche in questo caso la rilevanza della questione nel giudizio a quo e' evidente: in base al diritto vivente, espresso dalle sezioni unite della Corte di cassazione, il fatto ascritto all'imputato (utilizzazione per uso privato di una scheda clonata per la ricezione del segnale emesso dal canale televisivo satellitare Stream) continua ad essere penalmente sanzionato ai sensi dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, mentre una eventuale pronuncia di accoglimento della Corte costituzionale, ricomprendendo tra le attivita' illecite sanzionate amministrativamente anche la utilizzazione per uso privato dei dispositivi illeciti di cui all'art 1, primo comma, lettera g) e quindi escludendo l'applicabilita' dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633 per il principio di specialita' di cui all'art. 9 legge 24 novembre 1981 n. 689, obbligherebbe il giudice ad emettere immediatamente sentenza di assoluzione dell'iinputato perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato, ai sensi dell'art. 129 c.p.p.; ne consegue che il giudizio a quo non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. La questione di legittimita' costituzionale, che questo giudice ritiene di sollevare d'ufficio, non e', poi, manifestamente infondata. In base al diritto vivente, siccome espresso dalle sezioni unite della Cassazione, relativamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22 (che ha reintrodotto la sanzione penale per le condotte depenalizzate dal d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 ), il nostro ordinamento continua a punire con la sanzione penale comportamenti confinati nella sfera privata del soggetto agente o comunque non sorretti da fini di arricchimento patrimoniale e concernenti servizi erogati senza corrispettivo economico, mentre sanziona come illecito amministrativo condotte di evidente maggior disvalore giuridico e sociale perche' lesive anche degli interessi patrimoniali degli erogatori dei servizi protetti ed attuate essenzialmente a scopo di lucro (in termini, Cass. pen., s.u., 18 dicembre 2002 - 20 febbraio 2003 n. 33, Scuncia). In particolare, la semplice utilizzazione per uso privato di una scheda illecitamente riprodotta per la ricezione del segnale emesso da un canale televisivo satellitare (nella specie, della societa' Stream), se commessa nel periodo che va dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22, viene punita con la sanzione penale ai sensi dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633; mentre invece fatti ben piu' gravi quali la produzione, la vendita, l'importazione, la promozione e l'installazione di schede illecitamente riprodotte per la ricezione del segnale emesso da un canale televisivo satellitare, nel medesimo periodo, non sono previsti dalla legge come reato e vengono puniti solo con la sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell'art. 6 d.lgs. 15 novembe 2000 n. 373, che si applica a dette fattispecie per il principio di specialita' di cui all'art. 9 legge 24 novembre 1981 n. 689. Appare, quindi, fondato il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, nella parte in cui non prevede tra le attivita' illecite vietate anche la utilizzazione per uso privato dei dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma , lettera g), e dell'art. 6 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, nella parte in cui non punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria anche la utilizzazione per uso privato dei dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma, lettera g), limitatamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22, per violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. che, secondo quanto affermato e ribadito piu' volte dalla Corte costituziona1e, deve intendersi nel senso che «a parita' di situazioni deve corrispondere parita' di trattamento, mentre trattamenti differenziati sono riservati a situazioni obiettivamente diverse» (vedi, ex pluribus, Corte cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966; Corte cost. sentenza n. 81 del 1963). Questo giudice non ignora che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, spetta insindacabilmente al legislatore giudicare sulla parita' o la diversita' delle situazioni (Corte cost. sentenza n. 81 del 1963; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966; Corte cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987) e che, in materia di configurazione di fattispecie criminose, rientra nella discrezionalita' del legislatore stabilire quali comportamenti debbano esere puniti, determinare quali debbano essere la qualita' e la misura della pena ed apprezzare parita' e disparita' di situazioni (Corte cost. sentenza n. 25 del 26 gennaio 1994 - 10 febbraio 1994; Corte cost. sentenza n. 7 del 1987; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975). Ma la Corte costituzionale ha sempre anche precisato che l'esercizio di tale discrezionalita' puo' essere censurato quando esso non rispetti il criterio della ragionevolezza e gli altri principi costituzionali e dia luogo ad una disparita' di trattamento palesemente irrazionale ed ingiustificata (vedi, ex pluribus, Corte cost. sentenza n. 81 del 1963; Corte cost. sentenza n. 22 del 1966; Corte cost. sentenza n. 45 del 1967; Corte cost. sentenza n. 119 del 1975; Corte cost. sentenza n. 125 del 1975; Corte cost. sentenza n. 7 del 1987; Corte cost. sentenza n. 116 del 1987; Corte cost. sentenza n. 25 del 1994). E nel caso di specie il trattamento sanzionatorio stabilito dal legislatore per la condotta di utilizzazione per uso privato (cosi' come per le condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico ma senza fini commerciali e senza pagamento di un corrispettivo) dei dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma, lettera g), d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, limitatamente ai fatti commessi dall'entrata in vigore della legge 18 agosto 2000 n. 248 fino all'entrata in vigore della legge 7 febbraio 2003 n. 22, ad onta della formale esclusione dal novero delle condotte vietate dall'art. 4 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373 risulta addirittura piu' severo di quello stabilito per le condotte sicuramente piu' gravi vietate (e quindi depenalizzate) dagli artt. 4 e 6 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373: viene punita con la sanzione penale, ai sensi dell'art. 171-octies legge 22 aprile 1941 n. 633, ha condotta di utilizzazione per uso privato (cosi' come le condotte di modifica e di utilizzazione per uso pubblico ma senza fine commerciale e senza pagamento di un corrispettivo) dei dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma, lettera g), d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, mentre le piu' gravi condotte di chi produce, pone in vendita, importa, promuove e installa i dispositivi illeciti di cui all'art. 1, primo comma, lett. g), d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, se commesse nel medesimo periodo, sono punite soltanto con la sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell'art. 6 d.lgs. 15 novembre 2000 n. 373, che si applica a dette fattispecie per il principio di specialita' di cui all'art. 9 legge 24 novembre 1981 n. 689. Appare, quindi, palesemente violata quella direttiva di razionalita' enucleabile dall'art. 3 Cost. che impone al legislatore di stabilire un medesimo trattamento sanzionatorio per situazioni uguali e un trattamento sanzionatorio diverso per situazioni obiettivamente diseguali.