IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel ricorso ex art. 22-23
legge n. 689/1981 e 205 del codice della strada n. 3595/2003 promosso
da   Giacomelli   Massimo  residente  in  Rovereto  via  Firmian,  2,
rappresentato   dagli  avv.  Davide  Alessio  di  Verona  e  Stefania
Fiorentini,  con  studio  in Monza, via Carlo Alberto n. 1, presso la
quale ha eletto domicilio, come da mandato a margine del ricorso;
    Contro: Prefettura di Milano.
    Oggetto:  ricorso  ex  artt. 22-23  legge  n. 689/1981  e 205 del
codice  stradale,  depositato il 5 settembre 2003 avverso l'ordinanza
emessa  dal Prefetto di Milano (prot. n. 5984/03 area IV bis) con cui
e'  stata  disposta la sospensione provvisoria in via cautelativa per
mesi  tre  della patente di guida del ricorrente Massimo Giacomelli a
seguito  del sinistro stradale verificatosi in Agrate Brianza in data
6 aprile 2003.

                      Svolgimento del processo

    Il signor Massimo Giacomelli con l'atto depositato il 5 settembre
2003 ha esposto che a seguito dell'incidente stradale verificatosi il
6 aprile 2003 in prossimita' del casello di Agrate sud, nel quale era
stato  coinvolto alla guida dell'autovettura Honda Civic tg. CD734BM,
e  nel  quale aveva perso la vita il sig. Fulvio Bozzato, il Prefetto
di  Milano  con  decreto  notificato  in  data  11 agosto 2003, aveva
disposto  la  sospensione  in  via cautelativa e provvisoria per mesi
tre,  della  patente  di  guida, patente che era stata consegnata nei
termini previsti alla autorita' preposta.
    Il  ricorrente  ha  dichiarato  di  voler  adire  direttamente il
giudice  di  pace  competente  per territorio, articolando i seguenti
motivi di impugnazione:
        1.  -  Illegittimita' del provvedimento prefettizio in quanto
richiamava   l'art. 223,  secondo  comma,  del  c.d.s.,  e  disponeva
l'immediato  ritiro  della  patente,  senza  aver  acquisito  fondati
elementi  in  ordine  alla  responsabilita'  basandosi unicamente sul
verbale    della   Polizia   stradale   che   aveva   contestato   la
contravvenzione  ex  art. 154, commi primo e ottavo, del c.d.s. senza
attendere  il parere obbligatorio dell'ufficio del dipartimento per i
trasporti,  e  senza  evidenziare i dati di significativa certezza, e
gli elementi di evidente responsabilita' richiamati dalla norma.
        2.  - La mancanza nella condotta contestata di una potenziale
pericolosita'   suscettibile   di   essere   reiterata,   e  tale  da
giustificare ex ante il provvedimento cautelare.
    A sostegno del ricorso ha articolato mezzi di prova.
    Il  deposito  dell'atto  non e' stato accompagnato dal versamento
presso  la  cancelleria  di  una  somma  pari  alla meta' del massimo
edittale  della  sanzione pecuniaria inflitta dall'organo accertatore
(verbale  n. 628324U  R.G.  142115  del  12 maggio 2003 della Polizia
stradale  di Bergamo) come previsto dall'art. 4 della legge 1° agosto
2003,  n. 214,  che  ha inserito dopo l'art. 204 del d.lgs. 30 aprile
1992,  n. 285,  l'art. 204-bis  secondo il quale (n. 3) «all'atto del
deposito del ricorso il ricorrente deve versare presso la cancelleria
del  giudice  di  pace,  a  pena di inammissibilita' del ricorso, una
somma  pari  alla  meta' del massimo edittale della sanzione inflitta
dall'organo  accertatore.  Detta  somma  in  caso di accoglimento del
ricorso e' restituita al ricorrente».

                             M o t i v i

    Muovendo  da tale sequenza procedimentale, ritiene questo giudice
di  dover  sollevare  d'ufficio ai sensi dell'art. 23, comma 3, della
legge   4   novembre   1953,   n. 87,   questione   di   legittimita'
costituzionale  in  ragione  del contrasto della citata disposizione,
art.  204-bis del c.d.s. introdotta dall'art. 4 della legge 1° agosto
2003,  n. 214,  con gli artt. 3 - 24, commi primo, secondo e terzo, e
113 della Costituzione.
    Rileva  in  proposito  che il deposito previsto dall'art. 204-bis
n. 3  del d.lgs. n. 285/1992 (come modificato dall'art. 4 della legge
1°  agosto  2003  n. 214)  avendo  portata astratta e indipendente da
qualsiasi  valutazione  di  merito  per tutte le ipotesi previste dal
primo  comma  dello stesso costituisce quel «diaframma» preclusivo al
quale  fa  riferimento  il  secondo  comma  dell'art.  23 della legge
n. 87/1953,  nel  senso  che  solo  la  risoluzione di tale questione
permette al giudice di definire il giudizio.
    La  questione  rappresentata  dal  contrasto  delle  disposizioni
citate   con   gli   artt. 3-24-113  della  Costituzione,  alla  luce
dell'interpretazione  accolta  dal  giudice  delle  leggi,  sin dalla
lontana pronuncia in tema di solve et repete, (doc. n. 21 del 1961) e
di  cauzione  per  le spese (doc. n. 67 del 1960), non puo' ritenersi
manifestamente infondata.
    L'espressa   costituzionalizzazione   del   diritto  alla  tutela
giudiziaria,  che  rappresenta in principio fondamentale della nostra
Carta  anche con riferimento agli atti dell'amministrazione pubblica,
non puo' non far considerare sindacabili, sotto il profilo enunciato,
le norme citate.
    L'assoggettamento  ad  un preventivo deposito per tutta la durata
del  procedimento  (la  norma  citata  collega  il rimborso eventuale
all'accoglimento definitivo del ricorso) non solo subordina la tutela
del  diritto  alla  disponibilita'  della  somma  occorrente  per  il
deposito,  senza  discrimine  fra  soggetti  abbienti  e  non,  senza
lasciare spazio per il ricorso agli istituti previsti dal terzo comma
dell'art. 24   della  Costituzione,  ma  si  risolve  in  una  palese
disparita'  di  trattamento nel momento in cui assoggetta al deposito
solo  le impugnazioni contro le ordinanze sottoposte all'art. 204-bis
del  c.d.s.,  lasciando  immuni da tale regime di inammissibilita' le
impugnazioni  avverso altre ordinanze, comprese quelle riservate alla
competenza  del  tribunale  ordinario  o del tribunale amministrativo
regionale.
    Si  e' in definitiva posto in essere un «diaframma» di inequivoca
portata   deflattiva,   basata   sul  criterio  delle  disponibilita'
economiche,  prescindendo  da qualsiasi coordinamento razionale con i
principi che devono ispirare il regime della tutela dei diritti.