IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta
in  data  6 ottobre  2003 al n. 1037 del R.G.A.C. dell'anno 2003, tra
Cinieri  Antonio,  residente  in  Brindisi  in via Centauro n. 13, in
giudizio di persona, opponente.
    Contro:  sindaco  di  Brindisi,  domiciliato  per  la  carica  in
Bindisi, piazza Matteotti, Palazzo di Citta', opposto.

                              F a t t o

    In  data  12 luglio 2003 alle ore 10,45 in Brindisi alla via Pace
Brindisina,  agenti  della Polizia Municipale di Brindisi accertavano
con  verbale  n. 032606  la violazione dell'art. 158 del codice della
strada, nei confronti di Cinieri Antonio, conducente dell'autoveicolo
Fiat  Punto  S  targato AL641DE, in quanto sostava in zona rimozione.
Verbale   da   ritenersi   conosciuto  il  giorno  stesso  della  sua
elevazione. In data 6 ottobre 2003 Cinieri Antonio, proponeva ricorso
chiedendone  l'annullamento,  sostenendo  di essere invalido e che la
zona  di  parcheggio  riservata  agli  invalidi era occupata da altri
veicoli  senza  titolo.  Il  ricorso  e'  tempestivo, considerando la
sospensione estiva dei termini.

                            D i r i t t o

    Esaminati  gli  atti,  questo  giudice  rileva come il ricorso in
opposizione  a  sanzione  amministrativa  sia  stato depositato nella
cancelleria  del  giudice  di pace di Brindisi in data 6 ottobre 2003
senza  il  versamento  presso  la detta cancelleria di una somma pari
alla  meta'  del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo
accertatore.
    Tale obbligo e' previsto, a pena di inammissibilita' del ricorso,
dall'art. 204-bis  del  decreto  legislativo  30  aprile 1992, n. 285
(codice  della strada), introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214
(che  ha  convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27
giugno 2003, n. 151).
    Detta  legge,  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale n. 186 del 12
agosto  2003,  supplemento  ordinario n. 133, e' entrata in vigore il
giorno  successivo a quello della sua pubblicazione e, pertanto, deve
essere osservata anche quando trattasi di infrazioni commesse in data
antecedente.
    L'art. 204-bis del codice della strada contrasta con l'art. 4 del
r.d.  10  marzo  1910,  n. 149,  tutt'ora  in  vigore, che vieta alle
cancellerie  di  ricevere  versamenti  in  denaro. Eppero' non appare
possibile,  cosi'  come  vorrebbe la circolare del 13 agosto 2003 del
Ministero della giustizia, far prevalere una fonte secondaria (art. 4
r.d.  n. 149/1910) su una disposizione (art. 204-bis C.d.S.) non solo
successiva, ma introdotta da fonte primaria.
    Questo giudice ritiene che l'art. 204-bis del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214
(che  ha  convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 27
giugno  2003,  n. 151), sia costituzionalmente illegittimo, e solleva
d'ufficio  questione  di  legittimita' costituzionale nei termini che
seguono.
                          R i l e v a n z a
    Il  giudizio  non  puo'  essere  definito indipendentemente dalla
risoluzione   della  questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
quanto,  se  questo  giudice  applicasse  la  detta  norma,  dovrebbe
dichiarare  inammissibile  il  ricorso;  mentre,  ove si ritenesse la
stessa  in  contrasto  con  la Costituzione, il ricorso potra' essere
esaminato nel merito.
                     Non manifesta infondatezza
    Violazione degli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione.
    La norma in questione:
        1)  riserva  una diversa e vessata posizione al cittadino che
ricorre  al  giudice,  rispetto  alla  P.A.  convenuta, che ha ora il
vantaggio  del  versamento della cauzione (iniquo perche' a tutela di
un   interesse   di   una  parte  in  causa),  e  che,  a  differenza
dell'opponente,  in  caso  di  vittoria,  ha immediatamente a propria
disposizione;
        2)  discrimina e penalizza il ricorso ad un soggetto «terzo»,
l'autorita'   giudiziaria,  per  favorire  il  ricorso  al  prefetto,
soggetto «parte», e quindi «parziale» per antonomasia;
        3) riduce il ricorso al giudice di pace ad un mezzo di tutela
legato   alla   disponibilita'   economica   del  soggetto  leso  dal
provvedimento   autoritativo,  rendendo  schiavo  il  cittadino  meno
abbiente, e limitandolo nella scelta della sede ove tutelare i propri
diritti; consentendo il ricorso alla imparziale autorita' giudiziaria
solo  a  coloro in possesso di una somma di denaro addirittura doppia
rispetto  a quella che consentirebbe di conciliare mediante pagamento
in misura ridotta, e relegando i meno abbienti al negletto ricorso al
prefetto;
        4)  rappresenta  un ingiustificabile ostacolo e la piu' grave
compressione  della piena ed incondizionata tutela dei diritti, ancor
piu'  perche'  si  impone nella sola sede giurisdizionale; calpesta i
primi  tre  commi  dell'art. 24  Cost., reintroducendo l'istituto del
solve  et repete (gia' dichiarato incostituzionale con sent. 31 marzo
1961, n. 24);
        5)  inducendo  di  fatto  i  meno  abbienti  a  desistere dal
tutelare i propri diritti in sede giurisdizionale, e costringendoli a
presentare ricorso al prefetto, preclude loro l'unico mezzo di tutela
ove  vige  il principio della soccombenza, con la conseguenza che, in
caso  di  accoglimento  dell'opposizione,  il prefetto non liquidera'
loro  le  eventuali  competenze  legali  sostenute e neppure le spese
vive.
        6)  la  norma incriminata e' ancor piu' censurabile alla luce
del comma 2 dell'art. 3 della Costituzione, laddove e' sancito che il
compito  della Repubblica e' proprio quello di rimuovere, non gia' di
creare, gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana.