Ricorso della Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 1211 del 24 novembre 2003, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni e presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3, secondo comma; 4; 6, sesto, settimo ed ottavo comma; art. 48, quarto comma; 49, quinto comma; 50, terzo comma; 54; 55; 60; 70 e 71 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, per violazione degli articoli 76, 97, 117 e 118 della Costituzione. Nel supplemento n. 159 alla Gazzetta Ufficiale del 9 ottobre 2003 n. 235 e' stato pubblicato il decreto legislativo n. 276/2003, recante «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30». La Regione Toscana ha impugnato la legge delega n. 30/2003 (artt. 1, primo comma, secondo comma lett. a), lett. b) punti 2 e 3, lett. d), lett. e), lett. f), lett. l), lett. o); art. 2; art. 7; art. 8 primo comma, secondo comma lett. g) e terzo comma), per violazione degli articoli 76, 117 e 118 della Costituzione, eccependo in particolare la violazione della competenza costituzionale delle Regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro nonche' di istruzione e di formazione professionale. Nella materia «tutela e sicurezza del lavoro» rientra infatti la dimensione amministrativa delle funzioni pubbliche attinenti al lavoro. L'espressione del terzo comma dell'art. 117 Cost. e' dunque riferita alle politiche attive del lavoro al mercato del lavoro e quindi ai servizi per l'impiego, alle agenzie di mediazione e di lavoro interinale, alla tutela delle fasce deboli, agli ammortizzatori sociali, agli incentivi all'occupazione. Le disposizioni ora impugnate, nell'attuare la suddetta delega, non rispettano le attribuzioni regionali nelle citate materie (tutela e sicurezza del lavoro; istruzione e formazione professionale) e sono pertanto costituzionalmente illegittime per i seguenti motivi di Diritto 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, per contrasto con gli articoli 117 e 118 Cost. La disposizione in esame, laddove stabilisce che resta fermo il mantenimento alle province delle funzioni amministrative loro attribuite dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 in tema di mercato del lavoro, appare incostituzionale in quanto, in base al combinato disposto dell'art. 118, secondo comma e dell'art. 117, terzo e quarto comma Cost., e' illegittima l'allocazione diretta agli enti locali di funzioni amministrative con legge statale nelle materie regionali. Poiche' il mercato del lavoro rientra nella tutela e sicurezza del lavoro, compete alle Regioni con propria legge operare l'allocazione delle funzioni amministrative in capo agli enti locali, ovviamente nel rispetto dei criteri stabiliti dall'art. 118 Cost. D'altra parte l'art. 117 secondo comma lett. p) assegna alla competenza statale la sola determinazione delle «funzioni fondamentali» degli enti locali, tra cui non rientrano i compiti in questione. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. La disposizione prevede l'istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali di un apposito albo delle agenzie per il lavoro, ove vengono iscritti, se in possesso dei requisiti giuridici e finanziari stabiliti dal successivo art. 5, gli operatori pubblici e privati autorizzati a svolgere le attivita' di somministrazione di lavoro, di intermediazione, di ricerca e selezione del personale, di supporto alla ricollocazione professionale. L'autorizzazione e' rilasciata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Con tale autorizzazione dunque lo Stato abilita gli operatori - denominati agenzie per il lavoro - allo svolgimento delle sopra indicate attivita' di somministrazione di lavoro, di intermediazione, di ricerca e selezione del personale, di supporto alla ricollocazione professionale. La disciplina in esame attiene alla materia della tutela e sicurezza del lavoro, soggetta, ai sensi dell'art. 117 terzo comma Cost., alla potesta' legislativa concorrente Stato-Regioni. Pertanto allo Stato compete la sola determinazione dei principi fondamentali, mentre alle Regioni spetta dettare la regolamentazione della materia ivi comprese le procedure autorizzative. Percio' il legislatore statale avrebbe dovuto limitarsi a prevedere la necessita' di un regime autorizzativo, nonche' a stabilire i requisiti giuridici e finanziari necessari per poter svolgere le attivita' in questione, in modo da garantire l'uniformita' di trattamento su tutto il territorio nazionale. Ma, una volta disciplinati detti aspetti, la normativa sulle procedure di autorizzazione, sul rilascio della medesima, sulla gestione dell'albo avrebbe dovuto essere rimessa al legislatore regionale. La disposizione impugnata, invece, introduce un meccanismo di autorizzazione accentrato e, quindi, normato e gestito dallo Stato, mentre, in considerazione della potesta' concorrente, spetta alle Regioni la disciplina legislativa e, nei termini di tale disciplina, la concreta gestione delle attivita' amministrative di autorizzazione. Ne' puo' ritenersi legittima l'allocazione della funzione in capo allo Stato in nome del principio di sussidiarieta': in primo luogo infatti, come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 303/2003, quando si intendano attrarre allo Stato funzioni amministrative in sussidiarieta', il titolo del legiferare deve essere reso evidente in maniera esplicita, perche' la sussidiarieta' deroga al normale riparto delle competenze stabilito nell'art. 117 Cost., mentre tale regola non e' rispettata nel caso in esame. Inoltre nella stessa sentenza n. 303/2003 la Corte costituzionale ha chiarito che quando lo Stato intenda attrarre a se stesso funzioni attinenti a materie regionali, deve comunque procedere con una scelta che non sia irragionevole e che sia frutto di accordo con le Regioni. Nel caso in esame non sono rispettate neanche tali due condizioni: l'impugnata disposizione accentra a livello centrale la funzione, senza una particolare esigenza che renda razionale la scelta e, inoltre, non e' prevista l'intesa con le Regioni, intesa che, secondo l'insegnamento della Corte costituzionale, costituisce il presupposto indispensabile per il superamento del vaglio di legittimita' costituzionale della legge statale che allochi in capo allo Stato funzioni rientranti in materie di competenza regionale. Il comma quinto dell'impugnato art. 4 e' incostituzionale anche perche' prevede che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali disciplinera' con proprio decreto le modalita' della richiesta di autorizzazione, i criteri per la verifica del corretto andamento delle attivita' svolte, i criteri e le modalita' di revoca dell'autorizzazione nonche' ogni altro profilo relativo alla organizzazione e alle modalita' di funzionamento dell'albo delle agenzie per il lavoro. Tale previsione contrasta con l'art. 117 sesto comma della Costituzione: per il suo contenuto infatti l'emanando decreto e' un atto di natura regolamentare che e' precluso allo Stato emanare in una materia non rientrante, come quella in esame, tra quelle riservate in via esclusiva allo Stato. 3. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, sesto, settimo ed ottavo comma per contrasto con gli articoli 97, 117 e 118 Cost. Il sesto comma dell'art. 6 prevede che l'autorizzazione per lo svolgimento delle attivita' di intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale possa essere rilasciata dalle Regioni con esclusivo riferimento al proprio territorio; il settimo comma disciplina il procedimento con cui le Regioni rilasciano detta autorizzazione che determina l'iscrizione in una sezione speciale dell'albo nazionale; l'ottavo comma dispone che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza unificata, determina le modalita' di costituzione della sezione regionale dell'albo. Le disposizioni si presentano incostituzionali. Infatti, per i motivi rilevati al precedente punto, il rilascio dell'autorizzazione, nel rispetto dei principi posti dal legislatore statale, avrebbe dovuto essere attribuito alla competenza legislativa ed amministrativa della Regione, vertendosi nella materia di tutela e sicurezza del lavoro, soggetta alla potesta' legislativa concorrente. Invece alle Regioni e' attribuita la possibilita' di rilasciare solo una autorizzazione regionale che costituisce un mero doppione di quella rilasciata dallo Stato. Infatti il rilascio delle due autorizzazioni e' subordinato al possesso dei medesimi requisiti. La norma contrasta dunque anche con l'art. 97 Cost. e quindi con il principio di buona amministrazione, perche' duplica senza alcuna ragionevolezza i provvedimenti amministrativi: non si comprende infatti il senso di due regimi autorizzativi - uno statale ed uno regionale - a fronte del possesso di uguali requisiti richiesti. Il sesto comma e' altresi' incostituzionale perche', in ogni caso, circoscrive l'autorizzazione regionale solo alle attivita' di intermediazione, ricerca, selezione del personale e supporto alla ricollocazione, escludendo quindi ogni possibile autorizzazione regionale per le attivita' di somministrazione del lavoro che sono quindi unicamente riservate allo Stato: tale esclusione non appare legittima in quanto anche l'autorizzazione allo svolgimento dell'attivita' di somministrazione riguarda l'esercizio delle politiche attive del lavoro, di competenza regionale. Le censure sopra esposte appaiono assorbenti: in ogni caso, in denegata ipotesi in cui fosse ritenuto conforme a Costituzione il meccanismo della doppia autorizzazione prevista dal legislatore delegato, sarebbe comunque incostituzionale il settimo comma dell'articolo in esame che disciplina nel dettaglio la procedura per il rilascio dell'autorizzazione regionale. Tale disciplina dovrebbe infatti essere normata unicamente dal legislatore regionale nel rispetto dei soli principi fissati a livello statale. Il comma ottavo si pone poi in contrasto anche con l'art. 117 sesto comma Costituzione, perche' l'emanando decreto ministeriale ivi previsto ha natura regolamentare ed e' quindi inammissibile nella materia in esame che non e' in via esclusiva riservata allo Stato. 4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 48, comma quarto, per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. L'art. 48 disciplina il contratto di apprendistato per l'espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione. Il quarto comma prevede che la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato suddetto e' rimessa alle Regioni d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: a) definizione della qualifica professionale; b) previsione di un monte ore di formazione esterna od interna alla azienda, congruo al conseguimento della qualifica professionale; c) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalita' di erogazione della formazione aziendale nel rispetto degli standard generali fissati dalle regioni; d) riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, della qualifica professionale ai fini contrattuali; e) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo; f) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. La disposizione che si impugna e' lesiva delle attribuzioni regionali in materia di istruzione e formazione professionale, rientrante nella potesta' legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell'arte. 117 quarto comma Cost. Pertanto in tale materia la Regione deve rispettare la Costituzione nonche' i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali; pertanto non e' conforme a Costituzione assoggettare la regolamentazione regionale dei profili formativi dell'apprendistato ne' alla prevista obbligatoria intesa con i Ministri del lavoro e dell'istruzione, ne' ai criteri e principi direttivi che la norma predetermina. Anche ove si ritenga di dover ricondurre la disciplina dell'apprendistato in questione alle politiche attive del lavoro inquadrabile quindi nella tutela e sicurezza del lavoro di competenza concorrente delle Regioni, la norma sarebbe parimenti incostituzionale per due profili. In primo luogo perche' non e' ammissibile condizionare l'esercizio della potesta' legislativa regionale chiamata a dettare la regolamentazione dei profili formativi dell'apprendistato - all'intesa con i Ministri: gli accordi e le intese infatti non possono limitare, vincolare ed esautorare il legislatore ne' statale ne' regionale, in quanto l'ordine costituzionale delle competenze legislative e' indisponibile e non puo' dipendere da accordi (Corte cost. 24 aprile 1996 n. 126; n. 437/2001). In secondo luogo risulta lesiva della competenza regionale la previsione contenuta nella lettera c) del comma qui contestato, che impone il rinvio da parte della regolamentazione regionale ai contratti collettivi per la determinazione delle modalita' di erogazione della formazione aziendale. Tale rinvio non appare giustificato ne' il medesimo e' preposto a garantire i livelli essenziali delle prestazioni. 5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 49, quinto comma, per contrasto con gli articoli 117 e 118 Cost. L'art. 49 disciplina l'apprendistato professionalizzante, finalizzato al conseguimento di una qualificazione attraverso una formazione sul lavoro e l'acquisizione di competenze di base. Il comma quinto stabilisce che la regolamentazione dei profili formativi di detto apprendistato e' rimessa alle Regioni d'intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano regionale e nel rispetto dei seguenti criteri e principi direttivi: a) previsione di un monte ore di formazione esterna od interna alla azienda, di almeno centoventi ore per anno, per l'acquisizione di competenze di base e tecnico-professionali; b) rinvio ai contratti collettivi di lavoro stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu' rappresentative per la determinazione, anche all'interno degli enti bilaterali, delle modalita' di erogazione e della articolazione della formazione esterna e interna alle singole aziende, anche in relazione alla capacita' formativa interna rispetto a quella offerta dai soggetti esterni; c) riconoscimento, sulla base dei risultati conseguiti all'interno del percorso di formazione, della qualifica professionale ai fini contrattuali; d) registrazione della formazione effettuata nel libretto formativo; e) presenza di un tutore aziendale con formazione e competenze adeguate. Anche in tale fattispecie, come in quella esaminata al precedente punto, vengono in rilievo le competenze regionali in materia di istruzione e formazione professionale attribuite alla potesta' legislativa residuale regionale ai sensi dell'art. 117 quarto comma Cost., con la conseguenza che non sono ammissibili i principi ed i criteri direttivi imposti al legislatore regionale, ne' l'obbligatoria intesa con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro. In denegata ipotesi, anche in tal caso, come per il precedente art. 48 quarto comma, si contesta la previsione dell'intesa, in quanto pone un vincolo al legislatore regionale proposto a regolamentare i profili professionali dell'apprendistato in questione; il vincolo in tal caso appare ancora piu' invasivo rispetto al precedente art. 48, in quanto e' imposta l'intesa non gia' con i Ministri competenti, ma con le associazioni dei datori e prestatori di lavoro. Altresi' lesiva delle attribuzioni regionali appare anche in tal caso la previsione della lettera b) del comma qui impugnato, perche' il rinvio obbligatorio ai contratti collettivi non appare giustificato ne' il medesimo e' preposto a garantire i livelli essenziali delle prestazioni che possono legittimare l'intervento statale. 6. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 50, terzo comma, per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. L'art. 50 disciplina l'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione. Il terzo comma dispone che la regolamentazione e la durata dell'apprendistato in questione sono rimessi alle Regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le universita' e le altre istituzioni formative. Anche tale norma, come i precedenti artt. 48 e 49, appare lesiva delle attribuzioni residuali regionali in materia di istruzione e formazione professionale, perche' vincola il legislatore e l'amministrazione regionale all'accordo con le associazioni territoriali dei datori e prestatori di lavoro, le universita' e le altre istituzioni formative. La imposizione di detto accordo e' parimenti lesiva delle attribuzioni regionali anche nella ipotesi in cui si ritenga che l'istituto rientri nella tutela e sicurezza del lavoro e quindi in materia concorrente, in quanto, come sopra rilevato, la potesta' legislativa regionale non puo' essere vincolata da obbligatorie intese con i soggetti operanti nel settore. 7. - Illegittimita' costituzionale degli artt. 54 e 55 per contrasto con gli artt. 76, 117 e 118 Cost. Gli articoli qui contestati disciplinano il contratto di inserimento, diretto a realizzare l'inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di determinate categorie di persone, mediante un progetto individuale di inserimento finalizzato a garantire l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore ad un determinato contesto lavorativo. In sostanza tale contratto sostituisce il precedente contratto di formazione lavoro, in relazione al quale, per gli aspetti attinenti la formazione professionale, era indubbia la competenza regionale che e' stata regolarmente esercitata. Gli artt. 54 e 55, invece, non prevedono alcuna competenza regionale, neppure per quanto attiene al progetto individuale di inserimento che ha un contenuto prettamente formativo. Tale esclusione regionale non e' sopperita neanche da forme di intesa con le Regioni. Percio' le impugnate disposizioni si pongono in contrasto con l'art. 117 Cost. perche' violano la competenza residuale riservata alle Regioni in materia di formazione professionale (art. 117, quarto comma), nonche' la competenza concorrente in materia di tutela e sicurezza del lavoro (art. 117, terzo comma, Cost.), posto che la disciplina del progetto di inserimento e' riconducibile oltre che alla formazione professionale, anche alle politiche attive del lavoro. L'art. 55 impugnato appare ulteriormente lesivo per la disposizione contenuta nel terzo comma, il quale stabilisce che, ove entro cinque mesi dalla data di entrata in vigore del decreto non sia intervenuta la determinazione da parte del Contratto collettivo nazionale delle modalita' di definizione dei piani individuali di inserimento, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le parti per raggiungere l'accordo e, in mancanza, provvede con suo decreto. Anche tale previsione, ignorando completamente le Regioni, appare lesiva delle attribuzioni regionali in materia di formazione professionale, nonche' degli interventi di politica attiva del lavoro. Inoltre la disposizione in esame contrasta con la legge delega: l'art. 2, lett. h) della legge n. 30/2003 ha infatti previsto che i contenuti dell'attivita' formativa (la quale, come gia' rilevato, comprende anche i contratti di inserimento), in difetto di accordo con le associazioni, avrebbero dovuto essere determinati dalle Regioni d'intesa con il Ministro e non gia' unilateralmente dal Ministro, come invece stabilisce la norma qui contestata. Percio' l'art. 55, terzo comma, e' incostituzionale anche per violazione dell'art. 76 della Costituzione, vizio che la Regione e' legittimata ad eccepire in quanto determina una lesione delle proprie attribuzioni costituzionali. 8. - Illegittimita' costituzionale degli artt. 60, 70 e 71 per contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. L'art. 60 disciplina i tirocini estivi di orientamento, promossi durante le vacanze estive per adolescenti o giovani iscritti all'universita' o ad un istituto scolastico, con fini orientativi e di addestramento pratico. I tirocini in questione, quindi, come le borse di studio e gli stages, rappresentano misure volte a favorire e promuovere l'occupazione dei giovani e percio' rientrano nelle politiche attive del lavoro, la cui disciplina, nel rispetto dei principi fondamentali, e' di competenza regionale perche' attinente alla materia, concorrente, della tutela e sicurezza del lavoro. La disposizione in esame, invece, non prevede alcuno spazio per il legislatore regionale, ne' alcun coinvolgimento delle Regioni nello svolgimento delle funzioni amministrative connesse con i tirocini di orientamento. Analogo rilievo viene formulato nei confronti degli artt. 70 e 71 che disciplinano le prestazioni di lavoro accessorio, prevedendo anche i soggetti che possono svolgere tali attivita'. Anche in questa ipotesi, dunque, la normativa ha ad oggetto non gia' la disciplina del contratto e del rapporto di lavoro, ma misure di promozione del lavoro che, in quanto tali, rientrano nella potesta' legislativa concorrente regionale. Anche gli artt. 70 e 71, invece, in totale violazione di detta potesta', non prevedono alcuno spazio per il legislatore regionale ne' un intervento regionale nello svolgimento delle correlate funzioni amministrative.