ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 52, comma 20,
della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2002),  promosso  dalla  Regione  Toscana  con  ricorso notificato il
22 febbraio  2002, depositato in cancelleria il 1° marzo successivo e
iscritto al n. 12 del registro ricorsi 2002.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  17  giugno 2003  il  giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
    Uditi  l'avvocato  Fabio  Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana  e
l'avvocato   dello  Stato  Paolo  Cosentino  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ricorso  notificato  il 22 febbraio 2002, depositato il
successivo 1° marzo (reg. ricorsi n. 12 del 2002), la Regione Toscana
ha  impugnato  numerose  disposizioni  della  legge 28 dicembre 2001,
n. 448  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -  legge finanziaria 2002), e tra esse, in
particolare,  l'art. 52, comma 20, in riferimento all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione.
    La  disposizione  censurata  modifica,  inasprendole, le sanzioni
amministrative  pecuniarie  gia'  stabilite  dall'art. 7  della legge
11 novembre  1975,  n. 584 (Divieto di fumare in determinati locali e
su  mezzi  di  trasporto pubblico), applicabili in caso di violazione
del  divieto  di  fumo  in determinati locali nonche' dell'obbligo di
esposizione   degli  avvisi  riportanti  il  divieto  medesimo  e  la
correlativa sanzione.
    Ad avviso della regione ricorrente, poiche' la disciplina attiene
alla   materia  della  «tutela  della  salute»,  essa  rientra  nella
competenza  legislativa  concorrente,  a  norma  dell'art. 117, terzo
comma, della Costituzione: ne discende che «lo Stato deve limitarsi a
porre  i  principi fondamentali della materia, con la conseguenza che
determinare  le sanzioni amministrative concretamente applicabili per
le singole violazioni rientra tra le attribuzioni regionali».
    2. - Nel  giudizio  cosi' promosso si e' costituito il Presidente
del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello Stato, deducendo, sul punto specifico, l'infondatezza
del  ricorso,  nell'assunto che la normativa in questione non rientra
nell'ambito  della  tutela  della  salute,  ma  «ha  una  valenza che
trascende  tale  ambito,  ponendosi  come inerente ai rapporti fra lo
Stato e l'Unione Europea».
    3. - In  prossimita' dell'udienza la ricorrente ha depositato una
memoria, insistendo per l'accoglimento del ricorso.

                       Considerato in diritto

    1. - La  Regione  Toscana,  nell'impugnare  numerose disposizioni
della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2002),  solleva  tra l'altro questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 52,  comma 20,  della  legge  anzidetta,  che  modifica  le
sanzioni   amministrative   gia'  previste  dall'art. 7  della  legge
11 novembre  1975,  n. 584 (Divieto di fumare in determinati locali e
su  mezzi  di  trasporto  pubblico), per la violazione del divieto di
fumo  e  per  la mancata esposizione, da parte di coloro cui compete,
degli  avvisi  riportanti  il divieto medesimo. Ritiene la ricorrente
che  la  disposizione  impugnata  attenga  alla materia «tutela della
salute», attribuita alla competenza legislativa della regione a norma
dell'art. 117,  terzo  comma,  della Costituzione, con la conseguenza
che  allo  Stato  spetterebbe  la  fissazione  soltanto  dei principi
fondamentali   della   disciplina   della   materia  e  non  gia'  la
determinazione    delle    sanzioni    amministrative   concretamente
applicabili   per   le   singole   violazioni.  Tale  determinazione,
costituendo  disciplina  di  dettaglio, rientrerebbe nella competenza
legislativa regionale.
    2. - Per  ragioni  di  omogeneita'  della materia da decidere, la
predetta  questione  di legittimita' costituzionale, sollevata con lo
stesso   ricorso   insieme  a  numerose  altre,  concernenti  diverse
disposizioni  del medesimo testo legislativo ma prive di collegamento
tra loro, puo' essere oggetto di trattazione separata.
    3. - La questione non e' fondata.
    La  disposizione  impugnata  si  inserisce,  modificandola, nella
legge  n. 584 del 1975, inasprendo la sanzione amministrativa rivolta
a  rendere  effettivamente  osservati  i  divieti che essa stabilisce
circa  il  fumo  in  determinati  locali  (art. 1) e gli obblighi che
impone  circa  l'esposizione  al  pubblico degli avvisi concernenti i
divieti  stessi  (art. 2).  Questa  legge  - cosi' come la successiva
legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di
pubblica   amministrazione),   che   all'art. 51  contiene  ulteriori
previsioni  in tema di divieto di fumare, di impianti di ventilazione
e  di destinazione di spazi ai non fumatori negli esercizi pubblici e
nei  luoghi  di lavoro -, sull'assunto che la salute sia pregiudicata
dall'esposizione  al  cosiddetto  fumo  passivo,  ha  fissato  regole
uniformi contenenti divieti e obblighi, validi su tutto il territorio
nazionale,  per  tutelare  la salubrita' dell'ambiente atmosferico in
determinati luoghi nei quali i singoli si trovano a dover trascorrere
parte  del loro tempo, per esigenze di lavoro, cura, trasporto, svago
e affinamento culturale. Per garantire l'osservanza di tali divieti e
obblighi,   la  legge  commina  sanzioni  di  natura  amministrativa,
ugualmente  valide  su  tutto  il  territorio nazionale e prefigurate
entro  limiti massimi e minimi, all'interno dei quali ha da valere la
discrezionalita' del giudice ma non quella del legislatore regionale,
alla quale, relativamente alle fattispecie previste e sanzionate, non
e' riconosciuto spazio alcuno.
    Contestando la spettanza allo Stato della competenza a dettare le
norme  sanzionatorie  in  questione, in quanto norme di dettaglio, la
regione  ricorrente  rivendica la propria autonomia decisionale, alla
luce  della  competenza  «concorrente»  in  materia  di «tutela della
salute»    (art. 117,    terzo    comma,   della   Costituzione),   e
correlativamente  postula  la  riconduzione  della competenza statale
concernente   le  sanzioni  alla  sola  determinazione  dei  principi
fondamentali.
    Si  deve  tuttavia osservare che, con la legge n. 584 del 1975 (e
poi   con  la  legge  n. 3  del  2003),  sono  state  previste  varie
fattispecie  di  illecito  amministrativo  al fine della tutela della
salute,  che  l'art. 32  della  Costituzione  assegna alle cure della
Repubblica.  Tali  previsioni  - che non sono contestate nel presente
giudizio   -   devono  essere  assunte  come  principi  fondamentali,
necessariamente  uniformi, a norma dell'ultima proposizione del terzo
comma  dell'art. 117  della Costituzione, stante la loro finalita' di
protezione  di  un  bene,  quale  la salute della persona, ugualmente
pregiudicato  dall'esposizione al fumo passivo su tutto il territorio
della Repubblica: bene che per sua natura non si presterebbe a essere
protetto  diversamente  alla  stregua  di  valutazioni differenziate,
rimesse alla discrezionalita' dei legislatori regionali. La natura di
principi  fondamentali  delle  norme  in  questione  si comprende non
appena  si  consideri  l'impossibilita'  di  concepire ragioni per le
quali,  una volta assunta la nocivita' per la salute dell'esposizione
al  fumo  passivo,  la  rilevanza  come  illecito  dell'attivita' del
fumatore  attivo  possa variare da un luogo a un altro del territorio
nazionale.
    Non potendosi dunque contestare al legislatore statale, in questo
particolare   campo   di   disciplina,  il  potere  di  prevedere  le
fattispecie  da  sanzionare,  non puo' essergli disconosciuto nemmeno
quello  di  determinare  le  sanzioni  per  il caso di violazione dei
divieti  e degli obblighi stabiliti. Cio' deriva dal parallelismo tra
i  due  poteri  - quale risultante per esempio dall'art. 9 del d.P.R.
24 luglio  1977, n. 616, e dall'art. 17 della legge 24 novembre 1981,
n. 689  -  numerose  volte  riconosciuto da questa Corte (ad esempio,
sentenze  n. 103  del 2003; n. 187, n. 85 e n. 28 del 1996; n. 60 del
1993  e  n. 1034  del  1988):  parallelismo che comporta, in linea di
principio,   che   la   determinazione   delle   sanzioni  sia  nella
disponibilita'  del soggetto al quale e' rimessa la predeterminazione
delle fattispecie da sanzionare.