ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 41 della legge
28 dicembre 2001, n. 448, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002»,
promossi   con  ricorsi  delle  Regioni  Marche,  Toscana,  Campania,
Emilia--Romagna  e  Umbria  notificati  il 22, il 27 e il 26 febbraio
2002,  depositati  in  cancelleria  il  28  febbraio,  il  1°, il 7 e
l'8 marzo  successivi  ed  iscritti ai numeri 10, 12, 21, 23 e 24 del
registro dei ricorsi 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  17  giugno 2003  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi  gli  avvocati  Stefano Grassi per la Regione Marche, Fabio
Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana, Vincenzo Cocozza per la Regione
Campania e Giandomenico Falcon per le Regioni Emilia-Romagna e Umbria
e  l'avvocato  dello  Stato  Paolo  Cosentino  per  il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Le  Regioni  Marche,  Toscana, Campania, Emilia-Romagna ed
Umbria,  con  ricorsi  notificati  il  22,  il  26 e il 27 febbraio e
depositati  in  cancelleria  il  28  febbraio,  il  1°,  il 6, il 7 e
l'8 marzo  2002  (reg.  ric.  nn. 10, 12, 21, 23 e 24 del 2002) hanno
impugnato,  tra  l'altro, l'art. 41 (la Regione Toscana limitatamente
ai commi 1 e 2 e le Regioni Emilia-Romagna ed Umbria limitatamente al
comma 1)  della  legge  28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2002),  in  riferimento: agli artt. 117, terzo, quarto e
sesto  comma,  e  119,  primo  comma,  della Costituzione, la Regione
Marche;  agli artt. 117 e 119 della Costituzione, la Regione Toscana;
all'art. 119   della   Costituzione   ed   al   principio   di  leale
collaborazione, la Regione Campania; all'art. 117 della Costituzione,
la Regione Emilia-Romagna e la Regione Umbria.
    2.  -  In  tutti  i  giudizi  si  e' costituito il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che le questioni siano dichiarate
infondate.
    3.  -  L'art. 41,  rubricato  «Finanza  degli enti territoriali»,
prevede,   al   comma 1,   che   «Al   fine  di  contenere  il  costo
dell'indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica,
il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze coordina l'accesso al
mercato  dei  capitali  delle  province,  dei comuni, delle unioni di
comuni,  delle  citta' metropolitane, delle comunita' montane e delle
comunita'  isolane, di cui all'articolo 2 del testo unico delle leggi
sull'ordinamento  degli  enti  locali,  di cui al decreto legislativo
18 agosto  2000, n. 267, nonche' dei consorzi tra enti territoriali e
delle  Regioni.  A tal fine i predetti enti comunicano periodicamente
allo  stesso  Ministero  i  dati  relativi  alla  propria  situazione
finanziaria.  Il  contenuto  e le modalita' del coordinamento nonche'
dell'invio   dei  dati  sono  stabiliti  con  decreto  del  Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  da  emanare,  sentita la Conferenza
unificata  di  cui  all'articolo 8  del decreto legislativo 28 agosto
1997,  n. 281,  entro  trenta  giorni dalla data di entrata in vigore
della  presente  legge. Con lo stesso decreto sono approvate le norme
relative  all'ammortamento  del debito e all'utilizzo degli strumenti
derivati da parte dei succitati enti».
    Il  comma 2  della  disposizione  stabilisce  che gli enti di cui
sopra  «possono  emettere titoli obbligazionari e contrarre mutui con
rimborso  del  capitale  in  unica  soluzione  alla  scadenza, previa
costituzione,  al  momento  dell'emissione  o  dell'accensione, di un
fondo  di  ammortamento  del debito, o previa conclusione di swap per
l'ammortamento  del  debito.  Fermo  restando  quanto  previsto nelle
relative  pattuizioni  contrattuali, gli enti possono provvedere alla
conversione  dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996,
anche  mediante  il  collocamento  di  titoli obbligazionari di nuova
emissione  o  rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in
presenza   di   condizioni  di  rifinanziamento  che  consentano  una
riduzione  del  valore  finanziario  delle passivita' totali a carico
degli  enti  stessi,  al  netto  delle  commissioni  e dell'eventuale
retrocessione   del   gettito   dell'imposta   sostitutiva   di   cui
all'articolo 2  del  decreto  legislativo  1° aprile  1996, n. 239, e
successive modificazioni».
    Il  comma 3  abroga  l'articolo 35, comma 6, primo periodo, della
legge 23 dicembre 1994, n. 724, e l'articolo 3 del regolamento di cui
al decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.
    Infine,  il comma 4 prevede che «Per il finanziamento di spese di
parte  corrente,  il comma 3 dell'articolo 194 del citato testo unico
di  cui  al  decreto  legislativo  18 agosto 2000, n. 267, si applica
limitatamente  alla  copertura  dei  debiti  fuori  bilancio maturati
anteriormente   alla   data   di   entrata   in  vigore  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3».
    4. - La Regione Marche (reg. ric. n. 10 del 2002) sostiene che la
norma,  nella  parte  in  cui  prevede un coordinamento del Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  nella  regolazione  dell'accesso al
mercato  dei  capitali  da  parte  degli  enti  territoriali,  incide
direttamente   su  una  materia,  la  finanza  statale  e  regionale,
sottratta  alla  competenza  legislativa  dello  Stato,  non  essendo
ricompresa  negli  elenchi  di  cui  al  secondo  ed  al  terzo comma
dell'art. 117  della Costituzione. Pertanto essa sarebbe lesiva della
sfera  di  competenza  legislativa residuale riconosciuta e garantita
alle  Regioni  dal  quarto  comma  dell'art. 117  della Costituzione.
Inoltre,  qualora  si  ritenga  che  la  norma  riguardi  la  materia
«armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e coordinamento della finanza
pubblica   e   del  sistema  tributario»,  attribuita  alla  potesta'
legislativa regionale concorrente dal terzo comma dell'art. 117 della
Costituzione,   essa   sarebbe   comunque   lesiva  delle  competenze
regionali,  in  quanto  non  stabilirebbe «principi fondamentali», ma
recherebbe una disciplina dalla stringente portata prescrittiva.
    Secondo  la  Regione  Marche,  la disposizione violerebbe inoltre
l'art. 117,  sesto comma, della Costituzione, perche', al di fuori di
materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato, affida ad un
regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze la definizione
del   «contenuto   e  [del]le  modalita'  del  coordinamento  nonche'
dell'invio   dei   dati»   e   l'emanazione   delle  norme  «relative
all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati».
    La  Regione  Toscana  (reg.  ric.  n. 12  del  2002)  deduce  che
l'art. 41,  commi 1  e  2,  violerebbe  gli  artt. 117  e  119  della
Costituzione,  nella  parte  in  cui  si  applica anche alle Regioni.
L'art. 117 elenca la materia del coordinamento della finanza pubblica
tra  quelle  oggetto  della  competenza  concorrente  delle  Regioni,
sicche'  spetta  allo  Stato  fissare i principi fondamentali, mentre
l'art. 119  della Costituzione in materia di autonomia finanziaria di
entrata e di spesa delle Regioni fa salvi i principi di coordinamento
della   finanza   pubblica.  Tuttavia,  la  norma  impugnata  non  si
limiterebbe  a  stabilire  i  principi fondamentali del coordinamento
della  finanza  pubblica,  ma prevederebbe un coordinamento operativo
del  Ministero  sugli enti locali e sulle Regioni ed un controllo sui
dati finanziari, essendo altresi' lesiva delle attribuzioni regionali
la  fissazione  con  un  decreto  ministeriale  del contenuto e delle
modalita'  del  previsto  coordinamento.  Al  riguardo  la ricorrente
ricorda  che  gia'  nel vigore del precedente testo costituzionale la
Corte  ha  piu' volte affermato che non e' consentito allo Stato, con
decreti   ministeriali,   interferire  nell'esercizio  di  competenze
regionali costituzionalmente garantite.
    Ad  avviso  della  Regione, inoltre, il comma 2 dell'art. 41, la'
dove  prevede  che  gli enti locali e le Regioni possono convertire i
mutui  contratti dopo il 31 dicembre 1996 anche con la rinegoziazione
dei  medesimi,  detterebbe una norma irragionevole, non essendo «dato
comprendere  il  senso  del  limite  temporale»,  e  si  porrebbe  in
contrasto  con  l'art. 119  della Costituzione, in quanto preclude il
minor  onere finanziario che questa rinegoziazione comporterebbe, per
l'avvenuta diminuzione dei tassi di interesse.
    La  Regione  Campania  (reg.  ric.  n. 21  del  2002) ritiene che
l'art. 41  violi  l'art. 119  della  Costituzione  ed il principio di
leale   collaborazione,   stabilendo  vincoli  all'attivita'  e  alle
iniziative  della  Regione nell'esercizio della autonomia finanziaria
costituzionalmente ad essa garantita, che non sarebbero «in linea con
i  contenuti  necessari e le possibili alternative di scelta coerenti
con  la  detta  autonomia».  Ad  avviso  della  ricorrente,  il nuovo
impianto   costituzionale  imporrebbe  una  disciplina  dei  rapporti
finanziari  Stato-Regione-enti  locali differente da quella stabilita
dalla  norma  in  esame, tenuto conto che l'autonomia di entrata e di
spesa  consente a Regioni, province, comuni e citta' metropolitane di
finanziare  integralmente  le  funzioni pubbliche loro attribuite. La
norma  censurata,  sotto la formula del coordinamento dell'accesso al
mercato  dei  capitali,  finirebbe  invece per affidare all'autorita'
statale  un forte potere di controllo e di incidenza sulle scelte che
spettano  a  detti enti. Inoltre, il rinvio a un decreto del Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  per la disciplina del coordinamento
operativo   realizzerebbe  un  arretramento  rispetto  al  previgente
assetto  in  tema  di  modalita'  di  realizzazione del coordinamento
finanziario,  che  era  riservato alle leggi dello Stato conformative
dell'autonomia.  La  lesione  della  norma costituzionale non sarebbe
esclusa  dal  ruolo, marginale, attribuito alla Conferenza unificata,
che deve essere soltanto «sentita» nella fase di determinazione delle
modalita'  del  coordinamento,  in  violazione anche del principio di
leale collaborazione.
    La  Regione  Emilia-Romagna (reg. ric. n. 23 del 2002) impugna il
comma 1  del  citato  art. 41,  nella parte in cui attribuisce «ad un
singolo  Ministro un potere di coordinamento addirittura innominato»,
prevedendo   che   «i   contenuti  del  coordinamento,  insieme  alle
modalita',  sono unilateralmente stabiliti dallo stesso Ministro, con
atto  unilaterale di natura sostanzialmente regolamentare». Ad avviso
della  ricorrente, gia' anteriormente alla riforma del Titolo V della
Costituzione,  il  potere  di coordinamento doveva essere esercitato,
secondo  la  giurisprudenza  costituzionale,  dal  Governo  nella sua
collegialita',  mentre  l'art. 8, comma 1, della legge 15 marzo 1997,
n. 59,  in  attuazione  del  principio  di  leale cooperazione, aveva
stabilito  la  necessita'  della  previa intesa in sede di Conferenza
Stato-Regioni.  Nel  nuovo  ordinamento  non  sarebbe piu' ammessa la
funzione  di indirizzo e coordinamento in via amministrativa; in ogni
caso,   anche   volendola   ritenere   ammissibile   in   materia  di
coordinamento   della   finanza   pubblica,  sarebbe  illegittima  la
previsione  del  suo  esercizio  da parte di un singolo Ministro come
anche l'attribuzione al Ministro di un potere normativo.
    La  Regione  Umbria (reg. ric. n. 24 del 2002) censura l'art. 41,
comma 1,  sotto  gli  stessi  profili e con argomentazioni pressoche'
identiche a quelle svolte dalla Regione Emilia-Romagna.
    5. - La difesa erariale - in riferimento al ricorso della Regione
Marche  -  conclude  per  l'infondatezza  delle  censure,  in  quanto
l'art. 41,  commi 1  e  2,  recherebbe  norme di principio in tema di
indebitamento  pubblico  delle  Regioni,  in  linea  con il principio
dell'armonizzazione  dei  bilanci  pubblici e del coordinamento della
finanza  pubblica  (articoli 117,  terzo  comma, e 119, ultimo comma,
della Costituzione).
    Con  riguardo  al  ricorso  della  Regione  Toscana, l'Avvocatura
osserva  che  l'art. 117  della Costituzione comprende la materia del
coordinamento   della  finanza  pubblica  tra  quelle  di  competenza
regionale  concorrente,  sicche'  lo  Stato  puo'  fissare i principi
fondamentali,   mentre   l'art. 119   della   Costituzione,  pur  con
riferimento  all'autonomia  finanziaria  di  entrata e di spesa delle
Regioni, fa salvi i principi di coordinamento della finanza pubblica.
    In  riferimento  al  ricorso  della  Regione  Campania, la difesa
erariale  deduce,  inoltre, che l'art. 41 della legge n. 448 del 2001
e'  volto  a  garantire  un  coordinamento tra i diversi indirizzi di
finanza   locale,   che   presuppone  e  non  impedisce  l'esplicarsi
dell'autonomia dell'ente locale.
    Queste  argomentazioni  sono sostanzialmente riprodotte nell'atto
difensivo   depositato   in   relazione   ai  ricorsi  delle  Regioni
Emilia-Romagna ed Umbria.
    6.  -  In  prossimita'  dell'udienza, tutte le Regioni ricorrenti
hanno depositato memorie illustrative.
    La  Regione Marche ribadisce che l'art. 41 della legge n. 448 del
2001,  nella  parte  in  cui  prevede  un coordinamento del Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  nella  regolazione  dell'accesso al
mercato  dei capitali da parte degli enti territoriali, interverrebbe
in un settore non attribuito alla competenza legislativa dello Stato,
non  essendo riconducibile a materie comprese negli elenchi di cui al
secondo ed al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione. Pertanto,
esso  sarebbe  lesivo della sfera di competenza legislativa residuale
riconosciuta  e garantita alle Regioni dal quarto comma dell'art. 117
della Costituzione
    In  ogni  caso,  la  norma  andrebbe  al  di  la'  della semplice
enucleazione di «principi fondamentali», cui il legislatore regionale
deve  uniformarsi  nelle  materie di competenza concorrente, giacche'
contiene  norme  direttamente  operative  e  dalla stringente portata
prescrittiva.
    In particolare, la norma impugnata disciplinerebbe con previsioni
di dettaglio l'indebitamento degli enti territoriali, che costituisce
una componente dell'autonomia finanziaria degli enti locali.
    In  base  all'art. 119,  secondo  comma, della Costituzione, essi
esercitano  la  propria  autonomia  finanziaria secondo i principi di
coordinamento  della  finanza  pubblica  che l'art. 117, terzo comma,
della Costituzione attribuisce alla competenza concorrente di Stato e
Regioni.
    Secondo  la  Regione  Marche,  i  «principi» di coordinamento non
possono coincidere con i «principi fondamentali» adottati dallo Stato
nella materia, appunto, del coordinamento della finanza pubblica.
    Dal  sistema  costituzionale  vigente si ricaverebbe che gli enti
locali  devono  esercitare  la  loro autonomia finanziaria secondo le
norme  di  coordinamento  emanate  dalle  Regioni  in  conformita' ai
principi fondamentali stabiliti dallo Stato: lo Stato non puo' quindi
disciplinare  l'indebitamento  degli  enti  locali,  ma puo' soltanto
stabilire   i   principi  a  cui  le  Regioni  devono  attenersi  nel
disciplinarlo.
    L'art. 41  si  porrebbe,  inoltre,  in  contrasto con l'art. 117,
sesto  comma,  della  Costituzione,  nella  parte in cui affida ad un
regolamento  del Ministro dell'economia e delle finanze il compito di
determinare  «il  contenuto  e le modalita' del coordinamento nonche'
dell'invio  dei  dati»  oltre  alla definizione delle norme «relative
all'ammortamento del debito e all'utilizzo degli strumenti derivati»,
posto  che  l'oggetto  di  tale  regolamento si riferirebbe a materie
sottratte alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
    Ne'   sarebbe  possibile  sostenere  che  l'art. 41  non  preveda
l'esercizio  di  un potere regolamentare, bensi' provveda a conferire
una  funzione  amministrativa  al  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze.   Al   di   la'   della  veste  formale  neutra  di  decreto
ministeriale,  dovrebbe  guardarsi  al contenuto normativo che, per i
caratteri  di  generalita' ed astrattezza, l'intervento ministeriale,
nella  sostanza,  riveste  (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 88
del  2003).  Lo  Stato  potrebbe riservarsi competenze amministrative
solamente  in materie nelle quali disponga della potesta' legislativa
esclusiva.
    La  Regione  Toscana  conferma  i  rilievi  formulati nel ricorso
introduttivo.
    Secondo  la  Regione  Campania,  il  coordinamento finanziario ex
art. 119 della Costituzione deve muoversi nell'ambito di prescrizioni
di  rango  legislativo: esso non potrebbe essere affidato al Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  un  atto  ministeriale non essendo
abilitato,  sulla  base  del  precetto  costituzionale,  ad  incidere
sull'autonomia delle Regioni.
    Le  Regioni  Emilia-Romagna  ed  Umbria  escludono  che  la norma
denunciata   costituisca  una  corretta  espressione  della  potesta'
legislativa  concorrente.  Ad  avviso delle ricorrenti, essa non solo
non  contiene  alcun «principio fondamentale» (tale non essendo certo
l'enunciazione   della  generica  esigenza  di  «contenere  il  costo
dell'indebitamento   e   di   monitorare  gli  andamenti  di  finanza
pubblica»),  ma  in  realta'  rinvia  il  potere  di coordinamento al
singolo  Ministro,  a cui e' demandato di definire «il contenuto e le
modalita» di tale potere.
    La  disposizione  contiene dunque una norma in bianco attributiva
di  un  potere  di  difficile  qualificazione  e quantificazione. Non
sembrerebbe  trattarsi di coordinamento «meramente tecnico», dato che
-  prescindendo  dal  problema  se sia ancora ammesso tale potere nel
nuovo  ordinamento  costituzionale  e  a  quali  garanzie procedurali
eventualmente  il  suo  esercizio  dovrebbe corrispondere - il potere
attribuito  al  Ministro si riferisce, tra l'altro, all'emanazione di
«norme  relative  all'ammortamento  del  debito  e all'utilizzo degli
strumenti derivati da parte dei succitati enti».
    Ci  si troverebbe pertanto di fronte alla seguente alternativa. O
il  potere  attribuito  al  Ministro e' di natura regolamentare (come
sembra  alludere  l'espressione «con lo stesso decreto sono approvate
le  norme ...»), e allora la disposizione sarebbe illegittima perche'
in  contrasto  con  l'art. 117,  sesto comma, della Costituzione, che
delimita  il  potere  regolamentare  dello Stato. Oppure si tratta di
un'attribuzione  di potere di indirizzo e coordinamento. Ma in questo
caso  dovrebbe  considerarsi:  che la sopravvivenza della funzione di
indirizzo e coordinamento alla riforma costituzionale del Titolo V e'
in dottrina fortemente contestata (quando e' ammessa, viene collegata
ai  titoli  di competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma,
allorche'  essi  richiedano  interventi in via non legislativa); che,
anche   a  volerla  ammettere,  tale  funzione  non  potrebbe  essere
esercitata a condizioni meno favorevoli per le Regioni e con garanzie
piu'  attenuate  di  quelle  previste  dalla  giurisprudenza  e dalla
legislazione  precedente  alla  riforma,  tra  cui  la  collegialita'
governativa  dell'esercizio  del  potere e la necessita' della previa
intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni.
    7.  -  Anche  l'Avvocatura ha depositato una memoria nel giudizio
promosso   dalla   Regione  Marche,  ribadendo  che  la  disposizione
censurata rientra nella normale competenza statale a dettare norme di
principio  in  materia di potesta' legislativa concorrente (art. 117,
terzo comma, della Costituzione nonche' art. 119, ultimo comma, della
Costituzione).

                       Considerato in diritto

    1. - Per ragioni di omogeneita' di materia, la presente decisione
riguarda  solo  le  censure  sollevate nei confronti dell'articolo 41
della  legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2002)  con  i  ricorsi delle Regioni Marche (r. ric. n. 10 del 2002),
Toscana (r. ric. n. 12), Campania (r. ric. n. 21), Emilia-Romagna (r.
ric. n. 23) e Umbria (r. ric. n. 24).
    I  giudizi,  aventi  in  parte  lo  stesso oggetto, devono essere
riuniti per essere decisi con unica pronunzia.
    2.  -  L'art. 41  in  questione  e' impugnato nella sua totalita'
(dalle  Regioni  Marche  e  Campania),  ovvero nei commi 1 e 2 (dalla
Regione  Toscana), o nel solo comma 1 (dalle Regioni Emilia-Romagna e
Umbria).  Ma  i  ricorsi che lo investono in toto in realta' motivano
censure  relative  al  solo  comma 1.  Il  comma 3 (che abroga alcune
disposizioni   di  legge  e  di  regolamento  in  tema  di  emissioni
obbligazionarie  e  di prestiti all'estero degli enti territoriali) e
il comma 4 (che riguarda la limitazione del ricorso degli enti locali
a  mutui  per  il  finanziamento  di debiti fuori bilancio relativi a
spese  di  parte  corrente) non sono oggetto di censure in alcuno dei
ricorsi: onde le questioni che la Corte e' chiamata a decidere devono
intendersi circoscritte ai due primi commi del medesimo art. 41.
    Il  comma 1  stabilisce  che  «al  fine  di  contenere  il  costo
dell'indebitamento e di monitorare gli andamenti di finanza pubblica,
il  Ministero  dell'economia  e  delle  finanze coordina l'accesso al
mercato  dei  capitali»  degli  enti locali, anche associativi, e dei
loro consorzi, nonche' delle Regioni (primo periodo); che «a tal fine
i  predetti  enti  comunicano  periodicamente allo stesso Ministero i
dati relativi alla propria situazione finanziaria» (secondo periodo);
e  che  «il  contenuto  e  le  modalita'  del  coordinamento  nonche'
dell'invio   dei   dati  sono  stabiliti  con  decreto  del  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze  da  emanare  sentita  la Conferenza
unificata»  Stato-Regioni-autonomie  locali  (terzo  periodo), con il
quale sono altresi' «approvate le norme relative all'ammortamento del
debito e all'utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati
enti» (quarto periodo).
    A  norma del comma 2 «gli enti di cui al comma 1 possono emettere
titoli  obbligazionari e contrarre mutui con rimborso del capitale in
unica  soluzione  alla  scadenza,  previa  costituzione,  al  momento
dell'emissione  o  dell'accensione,  di  un fondo di ammortamento del
debito,  o  previa conclusione di swap per l'ammortamento del debito»
(primo  periodo);  il  secondo  periodo  stabilisce che, fermo quanto
previsto  dalle  relative  pattuizioni contrattuali, gli enti possono
provvedere  alla  conversione  dei mutui contratti successivamente al
31 dicembre   1996,   anche   mediante   il  collocamento  di  titoli
obbligazionari  o  rinegoziazioni  dei  mutui,  in  presenza  di date
condizioni di rifinanziamento.
    I  ricorsi,  nei  riguardi  del  comma 1, lamentano la violazione
della  competenza  legislativa  regionale,  ritenuta residuale (dalla
Regione  Marche) o concorrente (dalla Regione Marche, in subordine, e
dalla  Regione  Toscana),  cui apparterrebbe la materia della finanza
regionale  e  locale,  sull'assunto  del carattere di dettaglio delle
disposizioni  ivi  dettate; la violazione dell'art. 117, sesto comma,
della  Costituzione  per  l'attribuzione  al Ministro di una potesta'
regolamentare  in  materia  non riservata alla competenza legislativa
esclusiva  dello  Stato  (Regioni Marche, Emilia-Romagna e Umbria), o
comunque  l'illegittimita'  della  attribuzione  al  Ministro  di una
potesta'  di  coordinamento  «innominato» (Regioni Toscana, Campania,
Emilia-Romagna  e  Umbria);  la violazione dell'autonomia finanziaria
garantita  dall'art. 119  della Costituzione nonche' del principio di
leale   collaborazione   per   il  ruolo  marginale  attribuito  alla
conferenza  unificata  in  ordine  al  decreto  ministeriale previsto
(Regione Campania).
    Nei  riguardi  del  comma 2, la censura, mossa dalla sola Regione
Toscana,  investe  la  previsione,  ritenuta  irragionevole  e lesiva
dell'art. 119  Cost., secondo cui non si consentirebbe di rinegoziare
i mutui contratti prima del 31 dicembre 1996.
    3. - La questione relativa al comma 1 e' infondata nei termini di
seguito specificati.
    La  disciplina  delle  condizioni e dei limiti dell'accesso degli
enti  territoriali  al  mercato  dei  capitali rientra principalmente
nell'ambito  di  quel  «coordinamento  della  finanza  pubblica»  che
l'articolo 117,  terzo  comma,  della  Costituzione  attribuisce alla
potesta' legislativa concorrente delle Regioni, vincolata al rispetto
dei  principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato (cfr. ad
esempio,  quanto  alle  Regioni,  art. 10 della legge 16 maggio 1970,
n. 281;  art. 23  del  d.lgs.  28 marzo 2000, n. 76; quanto agli enti
locali,  articoli 202-205 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267; nonche',
in  materia  di  emissione  di titoli obbligazionari da parte di enti
territoriali, art. 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724).
    Tuttavia,  il  coordinamento  finanziario puo' richiedere, per la
sua   stessa   natura,   anche   l'esercizio   di  poteri  di  ordine
amministrativo,  di  regolazione tecnica, di rilevazione di dati e di
controllo:  onde,  attesa  la  specificita'  della  materia, non puo'
ritenersi  preclusa alla legge statale la possibilita', nella materia
medesima,  di  prevedere  e  disciplinare tali poteri, anche in forza
dell'art. 118,   primo   comma,   della  Costituzione.  Il  carattere
«finalistico»  dell'azione  di  coordinamento  esige  che  al livello
centrale  si possano collocare non solo la determinazione delle norme
fondamentali  che  reggono  la materia, ma altresi' i poteri puntuali
eventualmente  necessari  perche' la finalita' di coordinamento - che
di  per  se'  eccede  inevitabilmente,  in  parte, le possibilita' di
intervento  dei  livelli  territoriali  sub-statali  -  possa  essere
concretamente realizzata.
    D'altronde, in tema di accesso degli enti territoriali al mercato
dei  capitali,  i  poteri di coordinamento che possono legittimamente
essere  attribuiti  ad  organi  centrali  sono  altresi' connessi per
l'oggetto  con  la  competenza  statale  in  materia  di  «tutela del
risparmio  e  mercati finanziari» di cui all'art. 117, secondo comma,
lettera  e),  della  Costituzione,  che  riguarda  in  particolare la
disciplina  delle forme e dei modi in cui i soggetti - e cosi' anche,
in  particolare,  gli  enti  territoriali  - possono ottenere risorse
finanziarie derivanti da emissione di titoli o contrazione di debiti.
    Naturalmente  i  poteri in questione devono essere configurati in
modo  consono all'esistenza di sfere di autonomia, costituzionalmente
garantite,  rispetto  a  cui  l'azione  di coordinamento non puo' mai
eccedere i limiti, al di la' dei quali si trasformerebbe in attivita'
di  direzione o in indebito condizionamento dell'attivita' degli enti
autonomi.
    4.   -   Il   potere  di  coordinamento  attribuito  dal  comma 1
dell'impugnato  articolo 41  al  Ministero  dell'economia deve essere
inteso in armonia con i criteri ora indicati: vale a dire come potere
di   adottare  le  misure  tecniche  necessarie  per  assicurare  che
l'accesso  al  mercato  da parte degli enti territoriali, comprese le
Regioni,  avvenga  con  modalita'  idonee,  come si esprime l'incipit
della   stessa   norma,   a   consentire   di   «contenere  il  costo
dell'indebitamento   e   di   monitorare  gli  andamenti  di  finanza
pubblica»,  in  armonia  con i vincoli e gli indirizzi concernenti la
cosiddetta  finanza  pubblica allargata. In questo senso circoscritto
deve   intendersi   anche   il   riferimento   al   «contenuto»   del
coordinamento, la cui determinazione e' rimessa dalla norma impugnata
al decreto del Ministro.
    E'  dunque  escluso  che si attribuisca al Ministero il potere di
incidere  sulle  scelte  autonome  degli enti quanto alla provvista o
all'impiego delle loro risorse, effettuate nei limiti dei principi di
armonizzazione  stabiliti dalle leggi statali, o, peggio, di adottare
determinazioni  discrezionali  che possano concretarsi in trattamenti
di favore o di sfavore nei confronti di singoli enti.
    La  previsione del parere della Conferenza unificata sullo schema
di   decreto   costituisce  una  garanzia  procedimentale  -  in  se'
sufficiente,  atteso  l'oggetto della disciplina - atta a contrastare
l'eventuale  assunzione,  da parte del decreto medesimo, di contenuti
lesivi  della  autonomia  garantita  agli  enti  territoriali:  ferma
restando,  naturalmente,  la  possibilita'  per  questi  di esperire,
nell'ipotesi  di  lesioni,  i rimedi consentiti dall'ordinamento, ivi
compreso,  se del caso, il conflitto di attribuzioni davanti a questa
Corte.
    Cosi'  intesa,  la norma denunciata non contrasta con i parametri
costituzionali invocati.
    Ne'   contrasta   con  essi  la  previsione  della  comunicazione
periodica  al Ministero dei dati relativi alla situazione finanziaria
degli   enti,   poiche'   un  siffatto  obbligo,  espressione  di  un
coordinamento  meramente  informativo,  non  e'  di  per se' idoneo a
pregiudicare   l'autonomia  dell'azione  degli  enti  medesimi  (cfr.
sentenze n. 279 del 1992, n. 412 del 1994, n. 421 del 1998).
    Non  e' violato, infine, nemmeno il sesto comma dell'articolo 117
della  Costituzione,  poiche' il potere regolamentare del Ministro e'
riferibile   per   il  suo  contenuto,  come  sopra  precisato,  alla
disciplina   dei   poteri   rientranti  nella  competenza  statale  e
legittimamente  attribuiti  al  Ministero,  e  pertanto  non eccede i
limiti  entro i quali la potesta' regolamentare puo' essere esplicata
dallo Stato.
    5.  -  La  questione  relativa al comma 2 dell'art. 41, sollevata
dalla sola Regione Toscana, non e' fondata.
    Il  contenuto  della norma, nella parte in cui essa e' contestata
(vale  a  dire  nel solo secondo periodo del comma), si risolve nella
facolta'  riconosciuta  agli  enti territoriali di convertire i mutui
contratti  e  di rinegoziare i loro rapporti debitori. La limitazione
temporale  ai  mutui  contratti  dopo  il 31 dicembre 1996, di cui si
duole  la  ricorrente, si spiega con il fatto che, quanto ai mutui in
essere  al  31 dicembre  1996, analoga previsione era gia' contenuta,
sia  pure  limitatamente  agli  enti  locali, nell'art. 49, comma 15,
della  legge  27 dicembre 1997, n. 449. Ne' del resto, anche riguardo
alle   Regioni,   la  norma  in  questione  e'  idonea  a  precludere
determinazioni  e  attivita'  che  gli enti autonomi possano porre in
essere  nell'esplicazione  della  propria capacita' contrattuale, nei
rapporti con gli istituti di credito.