ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito del rifiuto opposto dal Ministro della giustizia di
dar   corso   alla   deliberazione   del  Consiglio  superiore  della
magistratura  che conferisce l'ufficio direttivo di Procuratore della
Repubblica  presso  il Tribunale di Bergamo al dott. Adriano Galizzi,
promosso  con  ricorso  del  Consiglio  superiore della magistratura,
notificato  il  18 aprile 2003, depositato in cancelleria il 2 maggio
2003 ed iscritto al n. 16 del registro conflitto 2003.
    Visto l'atto di costituzione del Ministro della giustizia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 novembre  2003  il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
    Uditi l'avvocato Alessandro Pace per il Consiglio superiore della
magistratura  e  l'Avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Ministro
della giustizia.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso del 23 gennaio 2003, depositato il 27 gennaio
2003,  il Consiglio superiore della magistratura, in persona del Vice
Presidente,  a  cio'  delegato  dal  Presidente  della Repubblica con
decreto  1° agosto  2002,  ha sollevato conflitto di attribuzione nei
confronti  del  Ministro  della giustizia, senatore Roberto Castelli,
avverso  la  nota conclusiva del medesimo Ministro in data 25 ottobre
2002,  chiedendo che la Corte - previa declaratoria di ammissibilita'
del  conflitto  -  dichiari  che  non  spetta al predetto Ministro il
potere  di  rifiutare  di  dar corso alla deliberazione del Consiglio
superiore  della  magistratura  che conferisce l'ufficio direttivo di
Procuratore  della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo al dott.
Adriano Galizzi.
    2.  -  Nel ricorso viene ricostruita l'intera vicenda che ha dato
luogo al conflitto secondo la seguente scansione temporale.
    2.1. - Nella seduta del 9 ottobre 2001, la quinta Commissione del
Consiglio  superiore  della magistratura deliberava all'unanimita' di
proporre  al plenum del Consiglio stesso il conferimento dell'ufficio
direttivo  di  Procuratore  della  Repubblica  presso il Tribunale di
Bergamo al dott. Adriano Galizzi.
    Nella   successiva   seduta   del  16 ottobre  2001  la  medesima
Commissione  -  dopo  aver  vagliato  i  curricula  professionali dei
diversi candidati «in fascia» ed aver accertato la maggiore idoneita'
del  dott.  Galizzi  a ricoprire l'incarico direttivo - deliberava di
proporre quest'ultimo per la nomina a Procuratore della Repubblica al
Ministro della giustizia, per il previsto concerto.
    2.2.  - Con nota del 24 gennaio 2002, il Ministro della giustizia
rappresentava che, essendo il fratello del magistrato proposto (dott.
Paolo Maria Galizzi) Presidente di sezione presso lo stesso Tribunale
di  Bergamo,  sussisterebbe  una  causa  di incompatibilita' ai sensi
dell'art. 19  del  regio-decreto  30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento
giudiziario) «cosi' come disciplinata dalla circolare n. 8160/4 comm.
del   9 ottobre  1982  e  successive  modifiche».  Veniva  richiesto,
pertanto, alla quinta Commissione di valutare detti profili.
    2.3.  -  Nella  seduta  del  19 febbraio  2002 il relatore (dott.
Gallo)  comunicava l'avvenuta ricezione di una nota del dott. Adriano
Galizzi  con  la  quale  questi  si  impegnava «in caso di nomina, ad
eliminare  ogni possibile incompatibilita' con le funzioni esercitate
dal  proprio  fratello». La quinta Commissione deliberava, quindi, di
richiedere  al  Presidente  del  Tribunale  di  Bergamo un motivato e
specifico  parere,  alla  luce  della  citata  circolare,  in  ordine
all'eventuale  sussistenza  di  intralci  al  regolare  andamento del
servizio  che  potessero derivare dalla presenza del suddetto vincolo
di  parentela.  Il Presidente del Tribunale, con nota del 26 febbraio
2002,  sottolineava  la  necessita' di confermare il giudizio gia' in
passato  espresso  dal  Consiglio  superiore  della  magistratura con
delibera  16 febbraio  1998  in ordine all'insussistenza di qualsiasi
ipotesi di incompatibilita' derivante dalla suddetta parentela, anche
perche'  detta  incompatibilita' si potrebbe prospettare, nel caso in
esame,  soltanto  con  riguardo  all'intervento del p.m. nei processi
civili  innanzi  alla  sezione presieduta dal fratello del candidato.
Anche  in  queste  circostanze,  sempre  secondo  il  Presidente  del
Tribunale,  si  tratterebbe  di un impedimento agevolmente superabile
mediante  l'attribuzione  degli  affari civili e della partecipazione
alle  udienze  del  Tribunale  civile ad alcuni sostituti (cosi' come
fatto  dal  precedente  Procuratore  della  Repubblica  dott. Giorgio
Brignoli).
    2.4.  -  Nella  seduta  dell'11 marzo 2002, il relatore proponeva
alla quinta Commissione di confermare la iniziale proposta di nomina,
dopo  aver  fatto presente che il Presidente del Tribunale di Bergamo
aveva  comunicato  che  in  data  15 febbraio  2002  il dott. Adriano
Galizzi  aveva  sottoscritto  una  dichiarazione  con la quale faceva
presente  che,  qualora gli fosse stato conferito l'ufficio direttivo
in questione, avrebbe confermato in via permanente ed irrevocabile la
delega  per  tutti  i  pareri e gli interventi in affari civili a due
sostituti,  allo  scopo  di eliminare ogni possibile incompatibilita'
con il fratello.
    2.5.  -  La quinta Commissione, dopo due rinvii, nella seduta del
14 marzo  2002,  deliberava  di  chiedere alla settima Commissione il
numero  delle  sezioni  esistenti presso il Tribunale di Bergamo e da
quanti  anni  il  dott.  Paolo Maria Galizzi svolgesse le funzioni di
Presidente  di  sezione  presso  il  suddetto  Tribunale. La risposta
pervenuta  (con  la  quale  si comunicava la esistenza di tre sezioni
civili   e  lo  svolgimento  dal  9 maggio  1995  delle  funzioni  di
Presidente di sezione del dott. Paolo Maria Galizzi) veniva esaminata
nella seduta del 18 marzo 2002.
    2.6.  -  Nella  successiva  seduta  del  27 marzo 2002, la quinta
Commissione  deliberava  a  maggioranza (con cinque voti a favore del
dott.  Adriano  Galizzi ed un voto a favore del dott. Armando Grasso)
di  proporre al plenum del CSM il conferimento dell'ufficio direttivo
di Procuratore della Repubblica al dott. Adriano Galizzi.
    Nella  seduta  dell'8 aprile  2002, sempre la quinta Commissione,
dopo aver nuovamente valutato i curricula dei candidati «in fascia» e
aver   escluso,  alla  luce  dell'attivita'  istruttoria  svolta,  la
possibile sussistenza di situazioni di incompatibilita', anche tenuto
conto  dell'impegno  assunto  dal  magistrato in esame, proponeva una
seconda volta, con la medesima maggioranza della prima deliberazione,
la nomina del suddetto magistrato.
    2.7.  - Con nota del 16 maggio 2002, il Ministro della giustizia,
rappresentava  che  dagli atti sarebbe risultato che il dott. Adriano
Galizzi  non  avrebbe  adempiuto  all'obbligo  -  sancito  a  pena di
inammissibilita'  dalla  circolare  n. 8160  del 9 ottobre 1982 - «di
rilasciare   la   dichiarazione   circa   eventuali   situazioni   di
incompatibilita'   all'atto   della  domanda  volta  ad  ottenere  il
conferimento   dell'ufficio   direttivo   de   quo».  Nella  nota  si
aggiungeva:  «ne' puo' sottacersi che con la soluzione prospettata si
verrebbe  a creare un rapporto di gerarchia improprio fra Procuratore
Capo e  sostituti,  due  dei  quali  si  troverebbero a trattare, con
delega  permanente  e irrevocabile, gli affari di natura civile senza
possibilita'  di  direttive  da parte del dirigente dell'Ufficio»; si
fa,  altresi',  presente  come  la gran parte delle materie assegnate
alla  Prima sezione civile, presieduta dal dott. Paolo Maria Galizzi,
richiedono  l'intervento  del  p.m.,  con  il  conseguente  «disagio»
dell'Ufficio  di  Procura  costretto  ad  operare in settori delicati
(quali  quello  fallimentare  e  di  volontaria  giurisdizione) senza
possibilita'  di  coordinamento  e di direttive. Detti «ostacoli» non
sarebbero,   secondo   il   Ministro,  rimuovibili  con  l'intervento
dell'unico  Procuratore  aggiunto  «a  meno  di non voler ipotizzare,
nella  sostanza,  due  figure  dirigenziali,  l'una  per il carico di
lavoro  dell'Ufficio collegato alle competenze del fratello del dott.
Adriano  Galizzi e l'altra, ossia il Procuratore Capo, per le residue
materie». Si chiedeva, pertanto, che la Commissione valutasse anche i
profili rappresentati nella suddetta nota.
    2.8.  -  Nella  seduta del 23 maggio 2002, la quinta Commissione,
dopo aver esaminato il contenuto della nota del Ministro, evidenziava
come  la dichiarazione di incompatibilita' non costituisca condizione
di   ammissibilita'   della  domanda,  bensi'  soltanto  elemento  di
valutazione  della  candidatura  suscettibile di essere allegato alla
domanda  anche  successivamente  alla  presentazione della stessa. Si
sottolineava,  altresi', come i profili di possibile incompatibilita'
fossero  gia'  stati esaminati alla luce dell'originaria segnalazione
ministeriale e ritenuti irrilevanti. Veniva, infine, osservato che la
delega  ai  due  sostituti  non  avrebbe privato il Procuratore della
Repubblica  delle  «sue  prerogative  permanendo  sempre in capo allo
stesso  il  potere  di  sostituire,  se  necessario,  i due sostituti
attualmente  addetti  a  quel  settore mentre la delega in favore del
procuratore   aggiunto   rientra   nei   poteri   organizzativi   del
Capo dell'ufficio  e non risulta d'ostacolo al regolare funzionamento
dell'ufficio».   Le   suddette   determinazioni   venivano,   quindi,
comunicate al Ministro della giustizia.
    2.9.  -  Con  nota del 2 luglio 2002, il Ministro della giustizia
confermava  i rilievi gia' contenuti nelle due precedenti note, dando
«il  concerto  in favore dell'altro magistrato che ha riportato voti,
dott. Armando Grasso, negandolo quanto al dott. Adriano Galizzi».
    2.10.  -  La  quinta Commissione, nella seduta del 4 luglio 2002,
confermava  la proposta di nomina a favore del dott. Adriano Galizzi,
ritenendo di aver pienamente adempiuto all'attivita' di concertazione
con  il  Ministro  della  giustizia, secondo le modalita' indicate da
questa Corte con sentenza n. 379 del 1992.
    2.11.  -  Nella  seduta  del  10 luglio  2002, il plenum del CSM,
esaminata  l'attivita'  istruttoria  e  di concertazione svolta dalla
quinta  Commissione, approvava - con 21 voti a favore, 3 contrari e 2
astensioni  - la nomina del dott. Adriano Galizzi a Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Bergamo.
    2.12.  -  Il vice Presidente del CSM, prof. Virginio Rognoni, con
nota  in  data  20 settembre  2002,  rappresentava  al Ministro della
giustizia  la necessita' di una «rapida definizione della procedura»,
atteso  che  il  posto  di  Procuratore  della  Repubblica  presso il
Tribunale di Bergamo era ormai vacante dal 27 giugno 2001.
    2.13.  -  Il  Ministro  rispondeva  con nota del 25 ottobre 2002,
ribadendo  le  argomentazioni  gia'  svolte  a sostegno delle proprie
determinazioni,   e   aggiungendo  che  l'attivita'  svolta  in  seno
all'organo  di autogoverno «non appare essere stata improntata, nella
sostanza, a leale collaborazione ... nei confronti del Ministro della
giustizia,  nel  necessario  tentativo  di pervenire ad una soluzione
concordata»;  per tali motivi il Ministro affermava di non poter «dar
corso alla controfirma del d.P.R. di nomina del dott. Adriano Galizzi
a Procuratore della Repubblica di Bergamo».
    2.14.  -  Nelle  sedute  del  5  e 6 novembre del 2002, la quinta
Commissione  decideva  di  proporre  al  plenum  l'elevazione  di  un
conflitto   di   attribuzione;   tale   proposta   veniva   approvata
dall'assemblea plenaria del CSM nella seduta del 4 dicembre 2002.
    3.  -  Dopo  la  esposizione  dei  fatti  sin  qui  riportata, il
ricorrente sostiene l'ammissibilita' del ricorso sia sotto il profilo
soggettivo  -  avendo  questa Corte costantemente ritenuto che il CSM
possa  essere  parte  tanto  attiva quanto passiva di un conflitto di
attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  (si  richiamano  le sentenze
n. 419,  n. 435  e n. 480 del 1995) - sia sotto il profilo oggettivo,
controvertendosi   in  ordine  alla  «delimitazione  della  sfera  di
attribuzioni  determinata  per i vari poteri da norme costituzionali»
(art. 110  della  Costituzione  per  le competenze del Ministro della
giustizia; art. 105 della Costituzione per le competenze del CSM).
    4. - Nel merito, il ricorrente assume che il rifiuto del Ministro
della   giustizia  di  dar  corso  alla  deliberazione  del  CSM  che
conferisce l'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso
il Tribunale di Bergamo al dott. Adriano Galizzi sarebbe lesivo delle
competenze  che  gli  artt. 105,  106,  107  e 110 della Costituzione
attribuiscono  esclusivamente  al  Consiglio medesimo, attenendo allo
status  dei  magistrati a garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza
dell'ordine  giudiziario.  Il  potere di controfirma ministeriale del
decreto  del  Presidente della Repubblica, sancito dall'art. 17 della
legge   24 marzo   1958,  n. 195  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento    del   Consiglio   superiore   della   magistratura),
assolverebbe   soltanto   ad   una   funzione  meramente  integrativa
dell'efficacia   di   un   atto   («che   si   forma  interamente  ed
esclusivamente  all'interno  del Consiglio») allo scopo di consentire
che  lo  stesso  assuma  la  forma  tipica  dell'atto amministrativo,
rendendolo  cosi'  assoggettabile agli ordinari controlli dei giudici
contabili  e  amministrativi  (si  citano le sentenze n. 44 del 1968;
n. 168 del 1963; n. 4 del 1986).
    5.   -  Il  ricorrente  sottolinea,  altresi',  che  il  concerto
ministeriale  previsto  dall'art. 11, comma terzo, della legge n. 195
del 1958 per il conferimento degli uffici direttivi inciderebbe sullo
status  del  magistrato  attenendo  ad  atto  di «assegnazione» ad un
ufficio, nonche' ad atto di «trasferimento» e di «promozione», con la
conseguenza  che  l'intervento  ministeriale «in tanto puo' ritenersi
costituzionalmente  legittimo in quanto non sottenda in alcun modo un
intervento  suscettibile  di  limitare la piena autonomia del CSM». A
tal  proposito,  il  ricorrente riporta parte della motivazione della
sentenza  n. 379  del  1992 di questa Corte, in cui si afferma che il
concerto  del Ministro della giustizia coincide «non gia' con un atto
di   sostanziale   assenso   o   di  veto,  ma  con  un'attivita'  di
concertazione  finalizzata alla formulazione di una proposta comune»,
nel rispetto del principio di leale collaborazione.
    5.1.  - Il ricorrente ritiene di avere pienamente e correttamente
adempiuto  al  predetto dovere di collaborazione, evidenziando che la
causa  di  incompatibilita' prevista dall'art. 19 del r.d. 30 gennaio
1941,  n. 12,  relativa  all'esistenza  di  vincoli di parentela o di
affinita'  entro  il  terzo  grado non e' inderogabile; rientrerebbe,
infatti,  nel  potere  del  CSM  di  valutare  se,  per il numero dei
componenti  il collegio o l'ufficio, sia da escludere che detta causa
possa  rappresentare un intralcio al regolare andamento del servizio.
Il  ricorrente  aggiunge  che  nel  caso di specie - all'esito di una
puntuale  e  completa  attivita'  istruttoria  (quale  risulta  dalla
narrazione  dei  fatti  sopra riportata) svolta proprio a seguito dei
rilievi  mossi  dal  Ministro  -  e'  stato escluso che il vincolo di
parentela  sussistente  tra  i  dottori Adriano e Paolo Maria Galizzi
potesse  in qualche modo pregiudicare il regolare funzionamento della
Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo. In ordine ai
successivi  rilievi  ministeriali di cui alla nota del 16 maggio 2002
(riportati   sub   2.7),  il  ricorrente  ribadisce  nel  ricorso  le
valutazioni  gia'  espresse nel corso della seduta del 23 maggio 2002
(riportate  sub  2.8), aggiungendo: che una eventuale inosservanza da
parte  del  dott.  Adriano  Galizzi,  una volta nominato Procuratore,
degli  impegni  personalmente  assunti per eliminare la situazione di
incompatibilita'  potrebbe  far  scattare  sanzioni  disciplinari con
possibilita' di trasferimento ad altra sede; che e' trascorso piu' di
un  anno da quando il posto di Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Bergamo e' rimasto vacante, con cio' contravvenendosi ai
principi  sanciti da questa Corte nella sentenza n. 379 del 1992, che
imporrebbero  che  il  confronto  dialettico  fra le due autorita' si
esaurisca «in tempi ragionevolmente brevi» con attribuzione al plenum
del  CSM  del  potere di deliberare sul conferimento dell'incarico in
caso  di  perduranti  divergenze,  al  fine  di  non compromettere il
superiore interesse al regolare funzionamento dei servizi giudiziari.
    6.  - Con ordinanza n. 112 del 2003, questa Corte ha dichiarato -
restando  impregiudicata  ogni  pronuncia definitiva - ammissibile il
ricorso,  ritenendo sussistenti, sia sotto il profilo soggettivo, sia
sotto  quello  oggettivo,  i requisiti di cui all'art. 37 della legge
11 marzo  1953, n. 87, ai fini della configurabilita' di un conflitto
di  attribuzione tra poteri dello Stato e dando le disposizioni circa
gli  adempimenti di comunicazione, notifica e deposito. Il ricorso e'
stato  notificato  il  18 aprile  2003  e  depositato il successivo 2
maggio.
    7.  -  Con atto del 3 maggio 2003, e' intervenuto nel giudizio il
Ministro  della  giustizia,  rappresentato  e difeso dalla Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
    La  difesa  erariale  -  dopo  aver richiamato il contenuto delle
norme  costituzionali  (artt. 105 e 110) e legislative (artt. 10, 11,
terzo  e  ultimo comma, 17, primo comma, della legge n. 195 del 1958;
art. 22, primo e secondo comma, del regolamento interno 6 aprile 1988
del  CSM)  di  riferimento,  nonche'  parte  della  motivazione della
sentenza n. 379 del 1992 della Corte costituzionale - ritiene che nel
procedimento  diretto alla nomina del Procuratore della Repubblica di
Bergamo  non  si  sarebbe  formato  il  «concerto»  tra  il Consiglio
superiore della magistratura e il Ministro della giustizia.
    7.1.  -  In  particolare, l'Avvocatura - rifacendosi al contenuto
della  lettera  del  Ministro  del  25 ottobre  2002, con la quale si
comunicava  il  diniego  di  controfirma  -  sostiene che il dissenso
ministeriale  in  ordine alla proposta di nomina del dott. Galizzi si
fonderebbe  su ragioni di «organizzazione e funzionamento dei servizi
relativi alla Giustizia» (art. 110 della Costituzione). Nella specie,
infatti,   il  Ministro  ha  addotto  l'esistenza  di  una  causa  di
incompatibilita'  derivante  dalla parentela tra il soggetto indicato
dal  CSM e l'attuale Presidente della sezione civile del Tribunale di
Bergamo  (art. 19  ord. giud.), con conseguente impossibilita' per il
primo  di trattare o coordinare i delicati affari civili (come quelli
in  materia  societaria,  fallimentare  ed  in generale di volontaria
giurisdizione)  presso  il predetto Tribunale. Ne' potrebbe ritenersi
conforme  alle  regole del «concerto» - prosegue la difesa erariale -
l'avere  il CSM, da un lato, demandato la valutazione di un eventuale
«disservizio»  causato  dalla  suddetta  parentela  al Presidente del
Tribunale,  «ignorando in sostanza i poteri del Ministro in materia»;
dall'altro,  ritenuto  sufficiente  la  dichiarazione con la quale lo
stesso  Galizzi  si  impegnava  in caso di nomina a conferire «in via
permanente  e  irrevocabile»  la  delega  per  tutti  i  pareri e gli
interventi  in  affari civili ai sostituti presso la Procura. Cio' in
quanto,   con   riferimento   a   quest'ultimo  aspetto,  si  sarebbe
legittimata una disponibilita' «delle funzioni istituzionali da parte
del   proposto   all'ufficio  direttivo  per  ragioni  esclusivamente
private» e creato «comunque una figura ibrida e del tutto irritale di
un  ufficio  direttivo dimezzato, che su alcune importanti competenze
istituzionali non da' e non puo' dare le direttive di coordinamento e
di  vertice».  A  questa  anomalia  segnalata al CSM dal Ministro, il
primo  avrebbe  risposto in maniera «contraddittoria», rilevando come
permarrebbe  sempre in capo al Procuratore della Repubblica il potere
organizzativo  di  sostituire,  se necessario, i sostituti addetti al
settore    civile;   la   contraddittorieta'   deriverebbe,   secondo
l'Avvocatura,   dal   fatto   che   con  l'esercizio  del  potere  di
sostituzione  cesserebbe  la  permanenza e l'asserita irrevocabilita'
della    delega,    con   riproposizione   cosi'   della   causa   di
incompatibilita'. La difesa erariale ritiene, inoltre, non pertinente
il  richiamo  fatto  dalla Commissione del CSM a precedenti in cui il
Ministro  avrebbe proceduto alla controfirma, non essendo nessuno dei
casi prospettati assimilabile a quello in esame.
    7.2.   -  Alla  luce  delle  esposte  osservazioni,  l'Avvocatura
conclude affermando che «... malgrado l'ossequio formale al dovere di
concertazione  nel  senso indicato dalla Corte costituzionale ... non
sembra   che   nella   sostanza   si  sia  giunti  ad  una  effettiva
concertazione, posto che la delibera e' stata conforme alla proposta,
nonostante  le  contrarie  osservazioni  del  Ministro  pur  ritenute
obiettivamente serissime, per l'organizzazione e il funzionamento dei
servizi  relativi  alla  giustizia,  superate  invece con motivazioni
assolutamente  inaccettabili  in  punto  di  legittimita',  senza  la
ricerca   di   una  soluzione  alternativa,  certamente  possibile  e
raggiungibile  in  un  sereno  clima di collaborazione»; la soluzione
alternativa sarebbe potuta essere la nomina dell'altro magistrato che
aspirava all'ufficio direttivo, su cui il Ministro «aveva espresso il
suo incondizionato concerto».
    8.  -  Con  ordine  istruttorio  in  data 18 giugno 2003 e' stata
disposta  l'integrazione della documentazione esibita dalle parti con
le seguenti acquisizioni:
        1) testo  della  originaria  circolare  n. 8160 del 9 ottobre
1982  e  testo  delle  modifiche successive, con copia delle relative
delibere  (circolare  n. 7600  del  14 settembre  1985  ed  eventuali
ulteriori);
        2)   chiarimenti  sulla  esistenza  nell'ultimo  triennio  di
delibere  del CSM, relative ad incompatibilita' ai sensi dell'art. 19
del r.d. n. 12 del 1941, con contenuto diverso dall'archiviazione;
        3)  chiarimenti  sull'esistenza, sempre nell'ultimo triennio,
di  iniziative  del Ministro in ordine alla archiviazione di pratiche
di incompatibilita';
        4) indice del fascicolo o degli incartamenti esistenti presso
il  Ministero della giustizia, relativi alla nomina del dott. Adriano
Galizzi a Procuratore della Repubblica di Bergamo, per cui si discute
nel   ricorso,   con   dichiarazione   di  completezza  a  firma  del
responsabile dell'Ufficio competente e del preposto all'archivio;
        5)  copia  degli  atti  compresi  nell'indice  anzidetto, non
inclusi  tra  quelli depositati avanti a questa Corte rispettivamente
dal CSM, come da elenco in ricorso, e dalla difesa del Ministro della
giustizia (nota CSM 5 giugno 2002 P10940/2002).
    8.1.  -  Il  CSM  e  il Ministro hanno provveduto a depositare la
documentazione richiesta rispettivamente in data 6 e 8 agosto 2003.
    Il CSM ha inoltre, in relazione alle richieste di cui ai punti 1)
e 3), sopra riportati, comunicato: «che dal riscontro delle procedure
informatiche  (...) non risultano delibere di trasferimento ex art. 2
L.  guar. derivanti da situazioni di incompatibilita' ex art. 19 ord.
giud.  nel  periodo 2000-2003; che nell'ultimo triennio non risultano
iniziative  del  Ministero in ordine all'archiviazione di pratiche di
incompatibilita».
    9. - Nell'imminenza dell'udienza pubblica, il Consiglio superiore
della  magistratura  ha  depositato  una memoria illustrativa, con la
quale,   in   risposta   alle  osservazioni  contenute  nell'atto  di
costituzione  del  Ministro,  ribadisce  l'avvenuto rispetto da parte
dell'esponente  del  principio  di  leale  collaborazione  secondo le
indicazioni contenute nella sentenza n. 379 del 1992 di questa Corte,
come  dimostrerebbero  i  numerosi  passaggi attraverso i quali si e'
sviluppata  la  procedura  preordinata  al  concerto.  La correttezza
dell'operato  del  CSM  sarebbe,  altresi', avvalorata dalla coerenza
della  soluzione  adottata  nel  caso  concreto  rispetto ad analoghe
precedenti  vicende  relative  a  situazioni  di  incompatibilita' ex
art. 19   ord.  giud.,  cosi'  come  attestato  dalla  documentazione
prodotta  a  seguito  dell'ordinanza  istruttoria  del 18 luglio 2003
della   Corte  costituzionale.  Infine,  il  ricorrente  richiama  il
contenuto delle sollecitazioni espresse al Ministro dall'Associazione
forense di Bergamo, affinche' procedesse alla controfirma del decreto
di   nomina  del  dott.  Galizzi,  nonche'  il  contenuto  di  alcune
interrogazioni parlamentari, con le quali, da un lato, si e' espressa
la  medesima sollecitazione, dall'altro, si e' chiesto al Ministro di
esporre le ragioni che lo hanno spinto al rifiuto della controfirma e
«che andrebbero piuttosto individuate in fatti personali».

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  ricorso  per  conflitto  di attribuzione sollevato dal
Consiglio  superiore  della  magistratura  nei confronti del Ministro
della  giustizia riguarda la nota conclusiva del medesimo Ministro in
data  25 ottobre  2002, con cui si dichiarava di non poter dare corso
al  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  di  nomina del dott.
Adriano Galizzi a Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Bergamo.
    Nel  ricorso  si assume la violazione degli artt. 105, 106, 107 e
110  della  Costituzione,  e  si chiede che la Corte dichiari che non
spetta  al predetto Ministro il potere di rifiutare di dar corso alla
deliberazione   del   Consiglio   superiore  della  magistratura  che
conferisce l'ufficio direttivo di Procuratore della Repubblica presso
il Tribunale di Bergamo al dott. Adriano Galizzi.
    2.  -  Innanzitutto,  deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto  di  attribuzione  in  esame,  che  questa  Corte  ha  gia'
dichiarato,   in   sede   di   mera   e  sommaria  delibazione  senza
contraddittorio,  con ordinanza n. 112 del 2003. Infatti, ricorrono i
requisiti  oggettivi,  venendo  in questione competenze - come quelle
relative  alla proposta e alla delibera del Consiglio superiore della
magistratura   di   conferimento   di  incarico  direttivo  e  quelle
riguardanti  il  «concerto»  con  il Ministro della giustizia (inteso
come   modalita'  con  cui  viene  configurato  il  dovere  di  leale
collaborazione)  e  il  rifiuto  dello stesso Ministro «di dare corso
alla  controfirma del d.P.R. di nomina» ad ufficio direttivo - che si
riferiscono  ad  attribuzioni  determinate per i vari poteri da norme
costituzionali  (rispettivamente  artt. 105 e 110 della Costituzione;
da ultimo, sentenza n. 379 del 1992).
    Sussistono  del  pari  i  requisiti  soggettivi  del conflitto di
attribuzione:  il  Consiglio superiore della magistratura e' l'organo
direttamente  investito  delle funzioni, previste dall'art. 105 della
Costituzione,  con  competenza ad esercitarle in via definitiva ed in
posizione  di indipendenza da altri poteri; il Ministro e' ugualmente
unico  titolare  delle  competenze  determinate  dall'art. 110  della
Costituzione  afferenti  all'organizzazione  e  al  funzionamento dei
servizi  relativi alla giustizia, il cui esercizio viene ritenuto dal
ricorrente  causa  di  menomazione  delle  competenze  in ordine allo
status (tra cui le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni) dei
magistrati   ordinari,   attribuite   al   CSM   dall'art. 105  della
Costituzione  (v.  anche,  oltre  la citata sentenza n. 379 del 1992,
sentenze n. 419, n. 435 e n. 480 del 1995).
    3. - Il ricorso e' fondato.
    Nell'attuale  assetto  ordinamentale, il combinato disposto degli
artt. 11,  terzo comma, e 17 della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme
sulla  costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della
magistratura)  deve  essere unitariamente interpretato in conformita'
con  i  principi ricavabili dagli artt. 105 e 110 della Costituzione,
con  la  conseguenza  che  le  predette  disposizioni  comportano una
pluralita'  di vincoli e di doveri sia per il CSM sia per il Ministro
della  giustizia,  in  un sistema di precise attribuzioni di autonome
sfere  di  competenza,  collegate,  sul punto che interessa in questa
sede,  relativo  al  conferimento  di  uffici direttivi, da un metodo
procedimentale basato sulla leale collaborazione.
    Esiste  anzitutto  un vincolo consistente nel dovere di conferire
al  decreto un contenuto identico a quello adottato dalla correlativa
delibera finale del Consiglio superiore della magistratura, posto che
il  conferimento  degli  uffici  direttivi  incide  sullo  status  di
magistrato,  attenendo  ad  un  atto di «assegnazione» ad un ufficio,
nonche'  ad  un  atto  di  «trasferimento»  e di «promozione», con la
conseguenza    che    l'intervento    ministeriale,   per   ritenersi
costituzionalmente  legittimo,  non  deve  sottendere  in  alcun modo
interventi suscettibili di limitare la piena autonomia del CSM.
    Il  Ministro  della  giustizia «deve dare corso al procedimento»,
non essendo investito «di particolari poteri di rinvio o di riesame»,
ricadendo  «su  di  lui  il  dovere  di  adottare  l'atto  di propria
competenza»,  cioe'  la  proposta di decreto e il relativo seguito, a
meno che il sub-procedimento costituito dalla fase della iniziativa e
della  deliberazione  del  CSM  manchi  di  un  elemento  essenziale,
necessario  per il perfezionamento della fattispecie procedimentale o
del suo atto conclusivo (sentenza n. 379 del 1992).
    Al  di  fuori  delle  predette  fattispecie radicalmente ostative
all'ulteriore corso del procedimento, il Ministro della giustizia non
ha  un  generale  potere  di  sindacato intrinseco, ne' tanto meno di
riesame,  sul  contenuto  degli  apprezzamenti e scelte discrezionali
operate   dal  Consiglio  superiore  della  magistratura  rispetto  a
valutazioni  attribuite  alla  definitiva deliberazione del Consiglio
stesso  (come  risulta dall'art. 17 cit. della legge n. 195 del 1958,
che  prevede decreti adottati «in conformita' delle deliberazioni del
CSM,  in  relazione all'esclusiva competenza attribuita dall'art. 105
della Costituzione e alla portata del concerto»).
    Il   bilanciamento  dei  valori  costituzionali  affermati  dagli
artt. 105  e  110  della Costituzione, mentre porta ad escludere ogni
intervento  determinante  del  potere  esecutivo  sulle deliberazioni
concernenti  lo  status  dei magistrati, esige che tra CSM e Ministro
della  giustizia vi sia, nel rispetto delle competenze differenziate,
un   rapporto   di   collaborazione.  Infatti,  nell'attuale  assetto
ordinamentale,  la  direzione  degli  uffici giudiziari attiene anche
all'amministrazione  dei  servizi  giudiziari,  come organizzazione e
funzionamento degli stessi servizi e copertura dei posti di organico,
cio'  che  giustifica una partecipazione del Ministro nella procedura
del conferimento degli incarichi direttivi (sentenze n. 379 del 1992;
n. 142 del 1973; n. 168 del 1968).
    Il  concerto  specificamente  previsto dall'art. 11, terzo comma,
della legge n. 195 del 1958 e' stato interpretato, in modo conforme a
Costituzione, nel senso che si risolve in modulo procedimentale volto
al  coordinamento  di  una pluralita' di interessi costituzionalmente
rilevanti,  che  non  e' configurato per provocare un semplice parere
non  vincolante  del  Ministro,  o per raggiungere necessariamente un
accordo  con  effetto  alternativo di veto in mancanza di assenso. Il
concerto del Ministro sulla proposta iniziale del CSM implica solo un
vincolo  di  metodo,  e  non  di risultato, in quanto, in mancanza di
identita'  di soluzione, il CSM ed il Ministro della giustizia devono
«porre  in  essere una discussione e un confronto realmente orientati
al  superiore  interesse  pubblico di operare - a seguito di un esame
effettivo ed obiettivo, dialetticamente svolto, di tutti gli elementi
ai  fini  della copertura di quel determinato incarico direttivo - la
scelta piu' idonea» (sentenza n. 379 del 1992).
    In  altri  termini,  la  discussione ed il confronto dei predetti
organi  devono  svolgersi,  sotto il profilo metodologico, in base al
principio  di  leale  collaborazione,  con  l'osservanza di regole di
correttezza   nei   rapporti  reciproci  e  di  rispetto  dell'altrui
autonomia (sentenza n. 379 del 1992).
    Ambedue  i  soggetti  del confronto non possono, per il dovere di
correttezza  e di leale collaborazione, dare luogo ad atteggiamenti o
comportamenti  dilatori,  pretestuosi,  incongrui  o contraddittori o
insufficientemente motivati.
    Come  ha avuto occasione di puntualizzare questa Corte nella piu'
volte  richiamata  sentenza  n. 379 del 1992, nella ipotesi in cui il
contrasto  persista,  e vi sia un «rifiuto del concerto» da parte del
Ministro  (rifiuto  che  in  ogni  caso  deve  essere  motivato),  la
procedura  non  puo'  subire una stasi indefinita. Infatti, spetta al
plenum   del  Consiglio  la  deliberazione  definitiva  sull'incarico
direttivo  da  conferire, tenendo conto della proposta iniziale della
commissione, delle ragioni del contrasto e di tutte le argomentazioni
dedotte,  con  conseguente  adempimento  dell'obbligo  di motivare la
scelta finale in modo adeguato e puntuale.
    4.  -  Nella  specie,  deve  escludersi  che da parte del CSM sia
mancata  un'attivita' di concertazione, o che nel comportamento dello
stesso  possa  ravvisarsi  una  mancanza  di leale collaborazione nei
sensi  innanzi  indicati,  essendo  stati  svolti  approfondimenti  e
verifiche, con completa attivita' istruttoria, essendo state compiute
valutazioni  motivate in ordine alle ragioni addotte dal Ministro, ed
essendo trascorso un periodo di tempo di gran lunga superiore ad ogni
ragionevole  aspettativa, tenuto conto della durata della vacanza del
posto  direttivo  da  coprire,  senza  che  sia  stata  raggiunta una
soluzione comune.
    Il  punto  essenziale  del  dissidio  di  valutazione  tra  CSM e
Ministro  della  giustizia  e'  stato  quello  della  sussistenza  di
incompatibilita' per vincolo di parentela tra magistrati della stessa
sede.  Il  CSM  ha compiuto, al riguardo, un adeguato approfondimento
delle  ragioni  addotte  dal Ministro, giungendo, con motivazione non
implausibile, alla conclusione di applicare una deroga, espressamente
prevista  dall'ordinamento  giudiziario  ed  attribuita al «giudizio»
dello  stesso  Consiglio  (e non piu' del Ministro, per effetto delle
norme della Costituzione repubblicana, della sopravvenuta istituzione
del   CSM,  ed  in  puntuale  applicazione  dell'art. 65  del  d.P.R.
16 settembre  1958,  n. 916  recante «Disposizioni di attuazione e di
coordinamento  della  legge  24 marzo  1958,  n. 195,  concernente la
costituzione   e  il  funzionamento  del  Consiglio  superiore  della
magistratura  e disposizioni transitorie»). Detta deroga rimette alla
scelta  discrezionale  del  CSM  la valutazione se «per il numero dei
componenti  il  collegio  o  l'ufficio  giudiziario, sia da escludere
qualsiasi  intralcio al regolare andamento del servizio» (art. 19 del
r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 recante «Ordinamento giudiziario»).
    Infine,  deve essere rilevato che neppure puo' essere consentito,
in  questa  sede  di  conflitto  di  attribuzione  proposto dal CSM e
relativo  alla  spettanza al Ministro del potere di non dare corso ad
una  delibera  dello stesso CSM di conferimento di ufficio direttivo,
un sindacato sul merito della valutazione discrezionale affidata alla
competenza  del  CSM in ordine alla applicabilita' della deroga. Tali
ultimi  profili  -  cosi' come quello della legittimita' del giudizio
sulla  deroga,  che si richiama, tra l'altro, ad una dichiarazione di
impegno a conferire in via permanente una delega per affari civili ai
sostituti  -  sono  irrilevanti  nel  presente giudizio e potranno in
ipotesi,  ove  ne  sussistano  gli  estremi,  essere suscettibili, su
iniziativa di soggetti legittimati, di esame in sede di giurisdizione
sulla legittimita' degli atti amministrativi.
    5.  -  In  conclusione, sulla base delle predette considerazioni,
deve essere dichiarato che non spetta al Ministro della giustizia non
dare   corso  alla  controfirma  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  di  conferimento  di  ufficio  direttivo  sulla  base  di
deliberazione  del  CSM,  quando,  nonostante  sia  stata  svolta una
adeguata  attivita'  di  concertazione ispirata al principio di leale
collaborazione,  non  si  sia  convenuto tra CSM e Ministro, in tempi
ragionevoli, sulla relativa proposta.