IL TRIBUNALE Vista la richiesta del p.m. di convalida dell'arresto di Djili Seye per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 e successive modifiche; Vista la richiesta di non convalida presentata dalla difesa, che ha sollevato questione di legittimita' costituzionale con riferimento alla suddetta norma per contrasto con gli artt. 3, 10, 13, 14, 27, 97, 101, 111 Cost., osserva quanto segue. Va, in primo luogo, ritenuta la rilevanza della questione (invero: l'imputato e' stato arrestato perche' sorpreso nella flagranza del reato contestatogli; sono stati rispettati da parte della p.g. che ha proceduto all'arresto gli obblighi previsti dall'art. 336 c.p.p., cosi' come le prescrizioni normative poste dagli artt. 390 e 391 c.p.p. al fine di procedersi alla convalida, per cui non vi e' dubbio sull'efficacia della misura). Ritiene, altresi', questo giudice la non manifesta infondatezza dell'eccezione sollevata con riguardo alla norma in esame innanzi tutto rispetto all'art. 13 della Costituzione. Deve premettersi che l'istituto dell'arresto, in quanto mezzo di coazione della liberta' personale - di un bene, quindi, tutelato dall'art. 13 Cost. che ne prevede la comprimibilita' solo in presenza di atti motivati dell'a.g., e con l'adozione di provvedimenti provvisori da parte della p.g. solo in casi eccezionali di necessita' ed urgenza e' disciplinato dagli artt. 380 e 381 c.p.p. Le ipotesi previste da tali norme devono dunque considerarsi tassative e non suscettibili di estensione analogica. Va altresi' rilevato che l'arresto appare strettamente correlato all'applicazione di misure coercitive. Prova di tale assunto si rinviene nell'art. 391, quinto comma, c.p.p., che prevede, quale sviluppo funzionale della misura dell'arresto, l'eventuale applicazione di misure coercitive. La norma nella parte seconda, poi, ribadisce ancor di piu' tale correlazione, prevedendo che, allorquando l'arresto sia stato eseguito per uno dei delitti previsti dall'art. 381, secondo comma c.p.p. - ovvero per uno dei delitti per i quali e' consentito anche fuori dei casi di flagranza - l'applicazione della misura coercitiva e' disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli artt. 274, I lett. c) e 280 c.p.p. Ne costituisce, poi, evidente conferma, l'art. 121, I disp. att. c.p.p., che prevede l'emissione da parte del p.m. di un decreto di liberazione immediata dell'arrestato, quando non ritenga di dover chiedere l'applicazione di misure coercitive. Cio' premesso, e rilevato che il reato per cui si procede, sia per le previsioni edittali (essendo punito con l'arresto da sei mesi ad un anno), sia per la tipologia (trattandosi di contravvenzione e non di delitto), non rientra nelle ipotesi di applicabilita' delle misure coercitive, risulta del tutto irragionevole la compressione della liberta' personale. E' da sottolineare, poi, che l'arresto non appare ragionevole neppure in funzione dell'immediata espulsione dello straniero. Invero, la mancata sottopizione alla custodia cautelare in carcere comporta, ex art. 13, III d.lgs. 286/1998 che, salvo il ricorrere di inderogabili esigenze processuali, venga rilasciato da parte dell'a.g. procedente, il nullaosta al provvedimento di espulsione, onde e' comunque assicurata l'esecuzione dell'espulsione ad opera del questore. La norma oggetto dell'eccezione difensiva non sembra quindi sottrarsi, neppure sotto questo aspetto a profili di irragionevolezza e di non conformita' al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, dettati dagli artt. 3 e 97 Cost.