IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile n. 1318/02 R.G., promossa da Rizzolli Thomas, rappresentato e difeso, giusta delega a margine del ricorso introduttivo, dall'avv. R. Volgger, presso lo studio del quale ha eletto domicilio, parte ricorrente; Nei confronti di Clementi Johann e De Paoli Bruno, entrambi rappresentati e difesi, giuste deleghe a margine della comparsa di costituzione e risposta, dagli avv. A. Loner e C. Bertacchi, presso lo studio dei quali hanno eletto domicilio, parte convenuta. In punto: ricorso in materia di contratti agrari; In fatto Con ricorso per reintegrazione del possesso e/o ex art. 700 c.p.c. del 17 gennaio 2002 Rizzolli Thomas ha adito la sezione specializzata per le controversie agrarie al fine di ottenere la reintegrazione nel possesso dei beni di proprieta' di Clementi Johann affittati formalmente a De Paoli Bruno giusta contratto di affitto agrario dd. 3 agosto 20001. A sostegno della propria istanza il ricorrente ha dedotto di avere prestato attivita' lavorativa subordinata per lo zio, Clementi Johann (attuale convenuto), dall'anno 1992 all'anno 1999 in relazione agli immobili di proprieta' di quest'ultimo (e, precisamente delle pp.ff. 391, 392/1, 392/2, 398/3, 398/7, 398/8, 398/9 e 398/4 e p.ed. 210, tranne la parte di detta p.ed. adibita ad abitazione, tutte in C.C. Laives); che a partire da Martini di tale anno il rapporto con lo zio era stato tramutato in contratto di colonia parziaria secondo il quale al ricorrente spettava la quota dell'80% ed a questi il 20% del ricavo lordo; che Clementi Johann, desideroso di vendergli i fondi di cui sopra, aveva stipulato, in data 3 agosto 2001, un ulteriore contratto d'affitto con De Paoli Bruno, il quale ultimo, pero', aveva iniziato la coltivazione solo a partire dai primi giorni del gennaio 2001 e che a fronte del rifiuto di questi di lasciare i fondi si era reso necessario il ricorso all'autorita' giudiziaria. Dal momento che da parte di entrambi i convenuti e' stata notificata richiesta di traduzione del ricorso in lingua italiana, all'udienza del 15 febbraio 2002 e' stata fissata nuova udienza per provvedere all'incombente relativo. Vi e' stata, poi, rinuncia da parte del ricorrente all'uso della lingua tedesca per la fase cautelare. Costituitisi in giudizio Clementi Johann e De Paoli Bruno hanno eccepito l'incompetenza della sezione specializzata per le controversie agrarie alla trattazione del ricorso possessorio nonche' l'inammissibilita' dell'istanza ex art. 700 c.p.c. ed hanno dedotto nel merito l'infondatezza delle deduzioni attoree. Previa audizione di alcuni testi il Collegio si e' dichiarato incompetente in relazione alla controversia possessoria ma, in accoglimento del ricorso ex art. 700 c.p.c., ha inibito al convenuto, De Paoli, qualsiasi attivita' agricola sui fondi per cui e' causa e, a Clementi Johann, di vendere i macchinari e le attrezzature necessari per la coltivazione dei detti fondi. Avverso tale provvedimento cautelare e' stato proposto reclamo conclusosi con declaratoria di incompetenza. Previo esperimento del tentativo di conciliazione, Rizzolli Thomas ha proposto il procedimento di merito (scegliendo la lingua italiana), adducendo motivi in fatto ed in diritto sostanzialmente eguali a quelli di cui al ricorso cautelare, salva la richiesta di declaratoria di simulazione del negozio di compravendita dei macchinari ed attrezzature agricole, in quanto gli stessi erano stati asseritamente alienati in epoca anteriore all'emissione del provvedimento cautelare di cui sopra. Con il ricorso introduttivo del processo di merito Rizzolli Thomas ha, altresi', chiesto l'accertamento dell'ammontare del canone di affitto da lui dovuto sulla base della legislazione vincolistica vigente. Costituitisi anche nel giudizio di merito, i convenuti hanno chiesto il rigetto delle domande del ricorrente. Sulla base di un'istruzione meramente documentale il collegio ha emesso sentenza parziale con la quale, previo accertamento che il negozio in essere tra Rizzolli Thomas e Clementi Johann (avente, per oggetto, la concessione di fondi rustici e, per corrispettivo, la divisione del ricavato lordo della vendita dei prodotti) costituisce un contratto agrario atipico soggetto per legge a conversione in contratto di affitto agrario (art. 27 della legge n. 203/1982), ha statuito che lo stesso verra' a scadenza (salvo proroghe o futura diversa disciplina) il giorno 11 novembre 2014 (art. 1 della n. 203/1982). Il collegio ha, infine, rimesso in istruttoria la causa con separata ordinanza sulla base delle seguenti argomentazioni: «Per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto, il collegio ritiene di dovere riconsiderare l'affermazione effettuata con ordinanza endoprocessuale in ordine agli effetti della recente pronuncia della Corte cstituzionale n. 318/2002. Corrisponde, infatti, al vero che con tale pronuncia e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli artt. 9 e 62 della legge n. 203/1982 con consequenziale "liberalizzazione" del canone d'affitto. E' altrettanto certo, pero', che per i territori del catasto derivanti dall'ex catasto austro-ungarico (tra i quali va annoverata la Provincia autonoma di Bolzano-Bozen), il canone vincolato viene determinato, ai sensi del disposto dell'art. 14 legge n. 203/1982, con riferimento a criteri normativi e di fatto diversi da quelli adottati nel resto del territorio nazionale, che come tali sfuggono alla declaratoria di incostituzionalita». Il processo e', quindi, proseguito per la determinazione del cosiddetto equo canone a mezzo di consulenza tecnica. All'udienza del 26 settembre 2003 (fissata per la lettura del dispositivo) il collegio, previo esame delle deduzioni dei convenuti, si e' riservato di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14 della legge n. 203/1982. In diritto Ai sensi delle originarie previsioni della legge n. 203/1982 il canone di affitto dei fondi rustici era predeterminato per legge in base a due distinti criteri, consistenti, per i territori del catasto derivante dall'ex catasto austro-ungarico (e fino alla revisione e all'aggiornamento delle tariffe catastali), dalle tabelle determinate in base alle disposizioni di cui alla legge n. 567/1962 (vigenti nell'annata agraria anteriore all'entrata in vigore della legge n. 11/1971) rivalutate ma ridotte del 20% (art. 14 della normativa citata) e, per il restante territorio italiano, dal reddito dominicale stabilito a norma del r.d. n. 589/1939 rivalutato in base a meri coefficienti di moltiplicazione (artt. 9 e 62 della legge citata). Con sentenza n. 318/2002 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' degli articoli 9 e 62 della legge n. 203/1982, ritenendo che il meccanismo di determinazione del canone di equo affitto dagli stessi stabilito, risulti ormai «privo di qualsiasi razionale giustificazione, sia perche' esistono dati catastali piu' recenti ed attendibili ai quali fare eventualmente riferimento, sia perche' in ogni caso, a distanza di oltre un sessantennio dal suo impianto, quel catasto ha perso qualsiasi idoneita' a rappresentare le effettive e diverse caratteristiche dei terreni agricoli, cosicche' non puo' sicuramente essere posto a base di una disciplina dei contratti agrari rispettosa della garanzia costituzionale della proprieta' terriera privata e tale da soddisfare, nello stesso tempo, la finalita' di equi rapporti sociali, imposta dall'art. 44 della Costituzione». Alla luce di tale intervento del Giudice delle leggi, il sistema di determinazione del canone di affitto dei fondi rustici risulta attualmente libero per tutto il territorio italiano (nella sentenza si e', infatti, dato atto dell'impossibilita' per la Corte costituzionale di scelta di un diverso criterio di calcolo), ad eccezione dei territori in cui vige l'ex catasto austro ungarico (tra i quali rientra la Provincia autonoma Alto Adige-Suedtirol). La disposizione di cui all'art. 14 della legge n. 203/1982 non e', infatti, stata neppure menzionata nella sopra citata sentenza e va, pertanto, considerata ancora in vigore. A parere di questo collegio l'art. 14 della legge n. 203/1982 nella parte in cui prevede che «Nei territori del catasto derivante dall'ex catasto austro-ungarico, fino alla revisione e all'aggiornamento delle tariffe catastali, si applicano le tabelle determinate in base alle disposizioni di cui alla legge 12 giugno 1962 n. 567, vigenti nell'annata agraria anteriore all'entrata in vigore della legge 11 febbraio 1971 n. 11, rivalutate in base al tasso di svalutazione della lira nel frattempo intervenuta. Sui valori cosi' ottenuti si opera una riduzione pari al 20 per cento» si pone in contrasto con gli artt. 3, 42 e 44 della Costituzione per i seguenti motivi: la norma di cui all'art. 14 della citata legge rinvia per la determinazione del canone di affitto di fondi rustici nei territori dell'ex catasto austro-ungarico (fino alla revisione ed all'aggiornamento delle tariffe catastali) alle tabelle di cui alla legge n. 567/1962, vigenti nell'annata agraria anteriore all'entrata in vigore della legge n. 11/1971. Il comma secondo dell'articolo 3 di tale ultima norma prevede, pero', che nella determinazione delle tabelle per i canoni di affitto vanno presi a base i redditi dominicali determinati a norma del regio decreto legge n. 589/1939, convertito nella legge n. 976/1939 con successiva statuizione di coefficienti di moltiplicazione. Pur non essendosi addivenuti per la Provincia autonoma Alto Adige-Suedtirol alla revisione del catasto, vale comunque, a parere del collegio, il secondo ordine di argomentazioni svolte dalla suprema Corte in ordine al combinato disposto degli artt. 9 e 62 della legge n. 203/1982. Il catasto ha, infatti, perso idoneita' a rappresentare le effettive e diverse caratteristiche dei terreni agricoli, cosicche' non puo' piu' essere posto a base di una disciplina dei contratti agrari rispettosa della garanzia costituzionale della proprieta' terriera privata e tale da soddisfare, nello stesso tempo, la finalita' dell'instaurazione di equi rapporti sociali, imposta dall'art. 44 della Costituzione. Si consideri, a mero titolo esemplificativo che, secondo quanto riferito dai membri esperti e confermato dalla commissione tecnica provinciale competente alla riunione del 29 maggio 2003, i canoni determinati sulla base dei suddetti criteri sono sensibilmente inferiori (e, precisamente, di circa la meta) rispetto a quelli determinati liberamente ai sensi dell'art. 45 della legge n. 203/1982 per colture similari; la contemporanea presenza (pur prevedibilmente temporanea ovverosia fino alla determinazione da parte del legislatore di nuovi criteri) sul territorio nazionale non piu' di due criteri vincolistici si' diversi, ma pur sempre non allineati dai valori di mercato, ma, al contrario, di regioni (quelle ove vige l'ex catasto austro ungarico) nelle quali il canone e' predeterminato per legge ed altre regioni, ove, invece, il canone e' lasciato alla libera contrattazione delle parti, costituisce situazione in palese contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), senza che sussista un motivo ragionevole di tale rilevante differenziazione. Il canone determinato ai sensi dell'art. 14 della legge n. 203/1982, pur essendo maggiore di quello fissato ai sensi degli artt. 9 e 62 della stessa legge, e', in ogni caso, di gran lunga inferiore a quello scaturente da libera contrattazione. I proprietari di fondi agricoli siti nei territori dell'ex catasto austro-ungarico sono, pertanto, ancor piu' pregiudicati nei loro diritti costituzionali. Per quanto concerne, infine, la rilevanza della questione di costituzionalita' sollevata si evidenzia quanto segue: la vigenza per i territori dell'ex catasto austro-ungarico dell'art 14 della legge n. 203/1982 comporta la determinazione del canone di affitto dei fondi per cui e' causa secondo i criteri vincolistici ivi indicati. L'eventuale declaratoria di incostituzionalita' della suddetta norma, determinerebbe, invece, la liberalizzazione del relativo canone, con consequenziale superfluita' di accertamento del canone equo da parte del presente collegio e piena legittimita' dell'ammontare del canone fino ad ora corrisposto da Rizzolli Thomas; l'art. 14 della legge n. 203/1982 e' norma distinta e diversa da quelle degli artt. 9 e 62 della stessa legge e, pertanto, pur presentando affinita', non appare possibile a questo collegio una diretta disapplicazione del primo per «analogia» del relativo contenuto con quello delle seconde. Nel caso di specie non si tratta, invero, di interpretare una norma di legge alla luce dei principi costituzionali ma, al contrario, di disattenderla nel suo contenuto precettivo. Ritiene, da ultimo, il collegio che un'eventuale declaratoria di incostituzionailita' dell'art. 14 della legge n. 203/1982 nella parte sopra indicata renda superflua qualsivoglia disamina dell'art. 3 della legge n. 567/1962; atteso che con l'eliminazione della norma «rinviante», verrebbe meno anche la applicabilita' della disposizione cui la prima fa, appunto, rinvio. Dal momento, pero', che le argomentazioni sopra esposte in ordine al contrasto dell'art. 14 della legge n. 203/1982 con gli articoli 3, 42 e 44 della Costituzione ed alla rilevanza della questione di costituzionalita' rimangono identiche anche in relazione all'art. 3 della legge n. 567/1962 (ovverosia alla norma che prevede i criteri di determinazione del canone di affitto a seguito di rinvio dalla prima), il collegio reputa opportuno proporre questione di costituzionalita' di tale ultimo articolo di legge ordinaria, ove la Corte costituzionale lo ritenga necessario.