ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 120, comma 1,
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  promosso  con  ordinanza  del 21 ottobre 2002 dal Tribunale
amministrativo   regionale   della  Lombardia,  sezione  staccata  di
Brescia, sul ricorso proposto da Giorgio Natali contro il Prefetto di
Bergamo,  iscritta al n. 547 del registro ordinanze 2002 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, edizione straordinaria, 1ª
serie speciale, del 27 dicembre 2002.
    Udito  nella camera di consiglio del 24 settembre 2003 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  21 ottobre  2002 il Tribunale
amministrativo   regionale   della  Lombardia,  sezione  staccata  di
Brescia, ha sollevato, in riferimento all'art. 76 della Costituzione,
questione   di   costituzionalita'   dell'art. 120,  comma 1  (recte:
comma 2),  del  decreto  legislativo  30 aprile  1992,  n. 285 (Nuovo
codice  della  strada),  nella  parte  in cui prevede la revoca della
patente  alle persone condannate a pena detentiva non inferiore a tre
anni,  quando  l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare
la commissione di reati della stessa natura;
        che  il  giudizio principale ha per oggetto l'impugnazione di
un  decreto  prefettizio di revoca della patente di guida emesso - in
applicazione   della   citata  disposizione  -  perche'  il  relativo
titolare,  successivamente  al  rilascio  della  patente,  era  stato
condannato  a  pena  detentiva  superiore  a  tre anni di reclusione,
risultando, inoltre, persona socialmente pericolosa;
        che  il Tribunale amministrativo regionale rimettente osserva
che  il dubbio di costituzionalita' investe la norma del codice della
strada  nella  versione  legislativa, anteriore alla sua sostituzione
con   altra   norma,   di   contenuto  corrispondente  ma  di  natura
regolamentare,   ad   opera   del   d.P.R.   19 aprile  1994,  n. 575
(Regolamento recante la disciplina dei procedimenti per il rilascio e
la  duplicazione  della  patente  di  guida  di  veicoli),  dovendosi
ritenere  - anche alla luce di una serie di pronunce rese dalla Corte
nella materia - gli articoli 120 (comma 2) e 130 (comma 1, lettera b)
del codice della strada tuttora vigenti nella loro veste originaria;
        che,  sotto  questo  profilo,  il  giudice  a  quo rileva che
l'autorizzazione  all'intervento  di «delegificazione», conferita con
l'art. 2,  comma 7,  della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi
correttivi di finanza pubblica), concerneva esclusivamente la materia
dei   «procedimenti»   amministrativi  indicati  in  apposito  elenco
allegato,  tra  i  quali appunto il procedimento per il rilascio e la
duplicazione  della  patente  di  guida,  e che pertanto, stante tale
delimitazione  alla sola materia dei procedimenti, il regolamento del
1994,  in  quanto  ha disposto in una materia sostanziale come quella
dei  requisiti  per il rilascio e per la revoca della patente, e' per
questa  parte  inidoneo  a  sostituire,  «delegificandole»,  le norme
primarie,  risultando  inoperante  la  clausola  di abrogazione delle
norme    di   legge   anteriori   prevista   (quale   effetto   della
delegificazione)  dall'art. 2,  comma 8, della legge n. 537 del 1993:
potendosi   in   conclusione   affermare   -  prosegue  il  Tribunale
amministrativo regionale - che «la disposizione in questione continua
a  mantenere  il  rango  di  legge,  al  di  la'  della vista formale
sostituzione»;
        che,   nel  merito,  il  Tribunale  amministrativo  regionale
prospetta   l'incostituzionalita'  della  disposizione  censurata  in
riferimento   all'art. 76   della  Costituzione,  richiamandosi  alla
giurisprudenza  costituzionale  che  ha  piu'  volte rilevato come la
legge  delega (legge 13 giugno 1991, n. 190), abilitando il Governo a
emanare  disposizioni  aventi valore di legge destinate a «rivedere e
riordinare»  la  legislazione  vigente  in  materia  di  circolazione
stradale  (art. 1,  comma 1),  e  identificando in tal modo il codice
della   strada  previgente  quale  base  di  partenza  dell'attivita'
delegata  da  svolgere nell'ambito degli specifici principi e criteri
direttivi,  si  sia  pero'  limitata,  con specifico riferimento alla
revoca della patente di guida, ad autorizzare il mero «riesame» della
disciplina anteriore (art. 2, comma 1, lettera t), precludendo in tal
modo  al  legislatore  delegato  interventi  innovativi  quale quello
oggetto della questione in esame;
        che, non trovando la previsione della revoca della patente di
guida  quale effetto di una condanna a pena detentiva non inferiore a
tre  anni alcun riscontro nella disciplina anteriore, ne consegue, ad
avviso  del  Tribunale  amministrativo  regionale,  la violazione del
parametro costituzionale invocato, secondo la medesima argomentazione
che   ha   condotto  alla  dichiarazione  di  incostituzionalita'  in
altrettanti  casi di innovazione della stessa disciplina da parte del
legislatore  delegato,  in  assenza  di  uno specifico sostegno nella
legge  di  delegazione  (quali la revoca della patente per precedente
sottoposizione a misura di sicurezza: sentenza n. 354 del 1998, o per
precedente  sottoposizione  a  misura di prevenzione: sentenza n. 251
del 2001).
    Considerato  che  il  Tribunale  amministrativo  regionale  della
Lombardia,  sezione staccata di Brescia, ha sollevato, in riferimento
all'art. 76   della   Costituzione,  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 120,  comma 1  (recte:  comma 2),  del  decreto legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della  strada),  nella  sua
versione  legislativa  anteriore  all'intervento di «delegificazione»
effettuato con il d.P.R. 19 aprile 1994, n. 575, nella parte in cui -
in  combinato  disposto  con  l'art. 130,  comma 1, lettera b), dello
stesso  codice  -  prevede  la  revoca  della  patente  alle  persone
condannate  a  pena  detentiva  non  inferiore  a  tre  anni,  quando
l'utilizzazione del documento di guida possa agevolare la commissione
di reati della stessa natura;
        che,  successivamente  all'ordinanza  di  rimessione,  questa
Corte  -  chiamata  a  pronunciarsi  su questione identica, sollevata
dallo  stesso  Tribunale  amministrativo  regionale  sulla  base  del
medesimo  presupposto,  plausibilmente  motivato  dal  giudice a quo,
della   persistente   vigenza   della   disposizione  nella  versione
legislativa,   nonostante   la  prevista  «delegificazione»  (v.,  al
riguardo,  sentenza  n. 251  del  2001  e ordinanze n. 440 del 2001 e
n. 230    del   1999)   -   ha   gia'   dichiarato   l'illegittimita'
costituzionale,  per  eccesso  di  delega, della norma ora censurata,
nella  parte  in  cui, in combinato disposto con l'art. 130, comma 1,
lettera b),   dello  stesso  decreto  legislativo  n. 285  del  1992,
prevedeva  la  revoca  della  patente  nei  confronti  delle  persone
condannate  a  pena  detentiva  non  inferiore  a  tre  anni,  quando
l'utilizzazione   del   documento   di  guida  potesse  agevolare  la
commissione di reati della stessa natura (sentenza n. 239 del 2003);
        che,  pertanto,  essendo  la  disciplina impugnata gia' stata
dichiarata   integralmente   incostituzionale  - onde  non  residuano
valutazioni  da  svolgere da parte del giudice rimettente, ai fini di
una    nuova   prospettazione   della   questione   di   legittimita'
costituzionale  -, la questione deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.