IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza di remissione alla Corte costituzionale. Premesso in fatto Con ricorso depositato in data 13 novembre 2003, il sig. Della Ciana Francesco, nella sua qualita' di proprietario della automobile VW Polo targata AZ 146 XG, impugnava il verbale di accertamento di violazione amministrativa n. 778 - Rep. n. 371, elevato dalla Polizia municipale del Comune in Citta' della Pieve in data 19 agosto 2003 e notificato al ricorrente in data 29 ottobre 2003, verbale con il quale veniva irrogata la sanzione di Euro 39,60, perche' la predetta automobile «sostava in zona T.L.» il giorno 19 agosto 2003. Assumeva il ricorrente a fondamento del ricorso che, al momento della contestata violazione, era «regolarmente esposto e ben visibile al centro del cruscotto il talloncino arancione che permette ai portatori di Handicap di sostare anche in zona Z.T.L. nel comune di residenza». Considerato in diritto Il ricorrente, in violazione di quanto disposto dall'art. 204-bis, comma III, del d.lgs. n. 285/1992 (cosi' come introdotto dalla legge n. 214/2003, pubblicata nel S.O. della Gazzetta Ufficiale del 12 agosto 2003 ed entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione), ha depositato il ricorso in data 13 novembre 2003, omettendo di effettuare il versamento «a titolo cauzionale» della somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Il mancato versamento della predetta «cauzione» determinerebbe l'inammissibilita' del ricorso, che questo Giudice dovrebbe dichiarare d'ufficio e senza fissare l'udienza di comparizione delle parti, in analogia a quanto previsto dall'art. 23, comma primo, della legge n. 689/1981. Tuttavia, questo Giudice ritiene che l'art. 204-bis, comma terzo, del d.lgs. n. 285/1992, contrasti con gli artt. 3 e 24 della Costituzione e che la questione di legittimita' costituzionale sia rilevante, per i seguenti motivi: 1) Rilevanza della questione di legittimita' costituzionale. Appare di tutta evidenza che la questione di legittimita' costituzionale sollevata sia rilevante nel caso di specie, atteso che, in assenza, il ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile. 2) Non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale. L'art. 204-bis del d.lgs. n. 285/1992 viola gli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto lede il principio costituzionale di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e il principio costituzionale del diritto alla difesa riconosciuto a tutti i cittadini per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi. La norma infatti, a fronte di una medesima situazione - violazione di una norma prevista dal d.lgs. n. 285/1992 - offre due rimedi tra loro alternativi, quali il ricorso all'Ufficio Territoriale del Governo o il ricorso al Giudice di pace, ma subordina il ricorso a quest'ultimo al pagamento di una «cauzione», non prevista dal primo rimedio. Tale differente regime, in violazione dell'art. 3 della Costituzione, non trova una ragionevole giustificazione e crea una teorica disparita' di trattamento tra cittadini che, in ipotesi, possono economicamente permettersi di effettuare il versamento della «cauzione» e cittadini che non possono permetteri di effettuare tale versamento, con la conseguente compressione del diritto di agire in giudizio sancito dall'art. 24 della Costituzione. L'art. 204-bis del d.lgs. n. 285/1992 appare comunque in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione per il solo fatto di creare un ostacolo, ingiustificato ed immotivato, all'esercizio del diritto di difesa riconosciuto a tutti i cittadini; va infatti rilevato che, nel nostro ordinamento, non esiste altro tipo di giudizio la cui introduzione sia subordinata al versamento di una somma di denaro. Non solo: in nessun altro caso in cui oggetto dell'impugnazione sia una sanzione amministrativa irrogata dalla pubblica autorita' e' previsto che l'introduzione del giudizio sia subordinato al versamento di una cauzione. Anche sotto tale profilo la norma in questione si pone in evidente contrasto con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.