IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 12227/2001,
proposto  da  Moriconi  Gianfrancesco  rappresentato  e  difeso dagli
avv.ti  Francesco  e  Paola  Morbiducci  e  dall'avv.  Marco  Claudio
Ramazzotti  ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma,
viale Liegi n. 7;
    Contro  il  Ministero  delle  politiche  agricole  e  forestali -
Direzione generale per le politiche strutturali e lo sviluppo rurale,
in   persona   del   Ministro   in  carica,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ivi ope legis domiciliato in
Roma, via dei Portoghesi n. 12; per l'annullamento:
        1)  dell'atto  in  data  28 giugno 2001, con cui il Ministero
delle politiche agricole e forestali ha rigettato l'istanza del socio
Moriconi Gianfrancesco intesa ad ottenere, ai sensi dell'articolo 126
della  legge finanziaria per l'anno 2001, l'assunzione a carico dello
Stato  delle garanzie da esso prestate a favore della Cooperativa «La
Collina»;
        2)   di   ogni  atto  correlato  a  quello  sopra  descritto:
precedente, contestuale e successivo;
        3)   e   per   quanto   occorrer  possa  per  l'eccezione  di
incostituzionalita'  dell'art.  126  della  legge  finanziaria per il
2001,  per quella parte in cui si porrebbe in contrasto con gli artt.
3 e 97 della Costituzione;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'Amministrazione
intimata;
    Visti gli atti di causa;
    Relatore  alla pubblica udienza del 28 aprile 2003 il consigliere
Giancarlo Luttazi;
    Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    1. - Il ricorrente prospetta quanto segue.
    Egli,  prima del 19 maggio 1993 [giorno immediatamente precedente
la  data  di  entrata  in  vigore  del  decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 149, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge  19  luglio  1993,  n. 237  (v.  subito  infra, n.d.r.)]
garanti'  personalmente  in qualita' di socio alcuni debiti contratti
dalla cooperativa agricola «La Collina».
    Il   citato   decreto-legge  n. 149/1993  stabiliva  (art. 1-bis,
n.d.r.) l'assunzione a carico del bilancio dello Stato delle garanzie
concesse,  prima  della  data  di  entrata  in  vigore  dello  stesso
decreto-legge,  da  soci  di  cooperative  agricole  a  favore  delle
cooperative   stesse,   di  cui  fosse  stata  previamente  accertata
l'insolvenza.
    Il  decreto  ministeriale  2  febbraio  1994  (recante «Criteri e
procedure  per  l'assunzione  a  carico  del bilancio dello Stato, ai
sensi  della legge 19 luglio 1993, n. 237, art. 1-bis, delle garanzie
concesse  da  soci di cooperative agricole a favore delle cooperative
stesse,  di cui sia stata previamente accertata l'insolvenza») ha poi
previsto  (art. 1,  comma  1),  tra l'altro, che le suddette garanzie
fossero  assunte  a  carico  del  bilancio dello Stato a favore delle
cooperative   il   cui   stato  d'insolvenza  fosse  stato  accertato
dall'autorita'  giudiziaria alla data del medesimo decreto 2 febbraio
1994;  o  per  le  quali  l'autorita'  vigilante  governativa  avesse
disposto,  alla  data  dello  stesso  decreto, la liquidazione coatta
amministrativa ai sensi dell'art. 2540 del codice civile.
    Pertanto  il  ricorrente,  vistasi  preclusa  la  possibilita' di
accedere   all'agevolazione  (perche'  la  cooperativa  agricola  «La
Collina»  veniva  posta in liquidazione coatta amministrativa solo in
data 19 luglio 1994), non presenta domanda di ammissione al beneficio
nel  termine  richiesto  (fissato  al 22 settembre 1994 dal punto 3.1
della  circolare  del  Ministero  delle risorse agricole, forestali e
ambientali  14 luglio 1994, n. 17, avente come oggetto: «Legge n. 237
del  19  luglio  1993,  art. 1-bis  - Istruzioni per la presentazione
delle  istanze  e  da  parte  dei  soci-garanti,  e per la successiva
trasmissione   da   parte  dei  curatori  fallimentari  e  commissari
liquidatori»).
    Successivamente  il tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sede di Roma, Sezione II, con la sentenza n. 266 del 29 gennaio 1997,
ha  annullato  il  citato  decreto ministeriale 2 febbraio 1994 nella
parte  in  cui  ha fissato alla data della sua emanazione (2 febbraio
1994),  ai fini del beneficio in esame, il termine di riferimento per
l'accertamento  dell'insolvenza  della  cooperativa, ritenendo invece
quel  giudice  piu' corretta una fissazione dello stesso termine alla
data  di scadenza del termine di presentazione della domanda da parte
del  soci  garanti  (nella specie il 22 settembre 1994, termine posto
dal  citato  punto  3.1  della  circolare del Ministero delle risorse
agricole, forestali e ambientali 14 luglio 1994, n. 17: v. supra).
    Da  ultimo  l'art. 126,  comma  5,  della legge 23 dicembre 2000,
n. 388  [«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale e
pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria  2001)»]  ha disposto:
«Subordinatamente  alle  cooperative  ammesse  a  godere dei benefici
previsti  dall'art.  1,  comma  1  del  decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 149,  convertito,  con  modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 237,  possono  essere  ammessi  a  godere degli stessi benefici le
cooperative ed i consorzi tra cooperative che alla data del 19 luglio
1993  si  trovavano  nelle condizioni previste dal suddetto articolo,
che  abbiano presentato domanda entro i termini previsti dalla citata
legge,  per  i  quali  sia  intervenuta,  almeno  in  primo grado, la
pronuncia  da  parte  del tribunale attestante lo stato di insolvenza
oppure  che  si  trovino  in  stato  di  liquidazione.  Le  procedure
esecutive  nei  confronti  dei  soci  garanti  per l'escussione delle
garanzie    sono   sospese   sino   alla   comunicazione   da   parte
dell'amministrazione   della   messa   a   disposizione  della  somma
spettante».
    In  esito  a  questa  disposizione il ricorrente, pel tramite del
Commissario liquidatore della Cooperativa «La Collina», presentava al
Ministero  istanza  di  assunzione  a carico del bilancio dello Stato
delle   garanzie   prestate   a  fronte  di  debiti  contratti  dalla
Cooperativa, per un totale di L. 2.433.854.002.
    In  particolare  l'istanza era formulata «ai sensi della legge 19
luglio  1993, n. 237, art. 1-bis, del decreto ministeriale 2 febbraio
1994  e  dell'art. 126 della legge finanziaria 2001, che ha esteso la
possibilita'  di  accedere  ai  benefici  della  legge 237 anche alle
Cooperative  il cui stato di insolvenza sia stato dichiarato tra il 2
febbraio 1994 e il 22 settembre 1994».
    Con  l'impugnato  atto  in data 28 giugno 2001 il Ministero delle
politiche agricole e forestali ha respinto l'istanza rilevando che il
citato  art. 126,  comma 5, della legge n. 388/2000 non ha riaperto i
termini  per  l'accesso  al  beneficio in argomento, riferendosi alle
cooperative  ed  ai  consorzi  tra cooperative che abbiano presentato
domanda entro i termini previsti dalla citata legge n. 237/1993.
    2.  -  Avverso  questa determinazione ministeriale e' proposto il
presente  gravame,  che  denuncia:  «Violazione  di legge. Violazione
dell'art. 12   delle  preleggi.  Eccesso  di  potere  per  vizio  del
procedimento  e  per difetto dei presupposti, nonche' per illogicita'
ed  irrazionalita'.  Violazione dei principi di cui agli artt. 3 e 97
della Costituzione».
    Il  ricorrente  rileva  che  sebbene  le disposizioni della legge
finanziaria 2001 applicate dall'Amministrazione siano «maldestre» si'
da  ingenerare  quantomeno  dubbi  ed  equivoci  esse  debbono essere
interpretate  alla  luce  dei principi costituzionali di eguaglianza,
imparzialita' e buon andamento dell'Amministrazione.
    Egli  richiama  i  commi  1  e 2 del citato art. 126 della citata
legge  finanziaria  («1.  A  titolo  di  riconoscimento di somme gia'
maturate  e  dovute  per le finalita' di cui all'art. 1, comma 1-bis,
del   decreto-legge   20   maggio   1993,   n. 149,  convertito,  con
modificazioni,  dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, e' autorizzata la
spesa  di  lire  230  miliardi  per  l'anno  2001,  fermo restando lo
stanziamento  finanziario  gia'  previsto  dal  citato  art. 1, comma
1-bis.  2.  Il  pagamento da parte dello Stato delle garanzie ammesse
per le finalita' di cui all'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20
maggio  1993,  n. 149,  convertito, con modificazioni, dalla legge 19
luglio   1993,  n. 237,  e'  effettuato  secondo  l'ordine  stabilito
nell'elenco  n. 1 di cui al decreto ministeriale 18 dicembre 1995 del
Ministero  delle  risorse agricole, alimentari e forestali pubblicato
nel  supplemento  ordinario  n. 1  alla Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2
gennaio  1996,  e  sulla  base  dei  criteri  contenuti  nel  decreto
ministeriale  2  febbraio 1994, del Ministero delle risorse agricole,
alimentari e forestali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 39 del
17  febbraio  1994,  salve  le  successive  modifiche  conseguenti  a
pronunce  definitive  in  sede  amministrativa o giurisdizionale»). E
rileva  che  con queste disposizioni il legislatore ha in primo luogo
confermato  la  lista degli ammessi al beneficio compilata secondo le
indicazioni del citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 (v. supra
il   capo  1),  integrata  e  modificata  dalle  successive  pronunce
amministrative e giurisdizionali.
    Col successivo comma 5 (riportato al capo 1 che precede) la legge
avrebbe  poi  inteso,  per  ragioni  di  giustizia,  disciplinare  la
riammissione al beneficio di coloro che (come il ricorrente), indotti
in  errore  dalle  disposizioni  del  citato  decreto  ministeriale 2
febbraio  1994  poi  dichiarate  illegittime, non avevano a suo tempo
presentato domanda pur avendo pieno diritto di accedere al beneficio.
    La  diversa  interpretazione adottata dall'atto impugnato sarebbe
illegittima  perche'  porrebbe il disposto del citato art. 126, comma
5,   della  legge  n. 388/2000  in  contrasto  coi  principi  fissati
dall'art. 3  della  Costituzione  e coi canoni di razionalita' e buon
andamento  dell'Amministrazione  sanciti dal successivo art. 97 della
Carta  costituzionale,  posto  che  - come affermato piu' volte dalla
Corte  costituzionale  e dalla Corte di cassazione - a fronte di piu'
significati   possibili   della   stessa   disposizione   e'  compito
dell'interprete  escludere  quello  che  difetti  di  coerenza  con i
dettami della Costituzione.
    In  particolare  -  rileva  il  ricorrente - l'art. 126, comma 5,
legge n. 388/2000 ha testualmente previsto che possono essere ammessi
a  godere  del  beneficio  in  esame  coloro  che «abbiano presentato
domanda  entro i termini previsti dalla citata legge» n. 237/1993. Ma
questo termine (fissato al 22 settembre 1996: v. supra al capo 1) non
fu stabilito dalla legge n. 237/1993 bensi' dalla circolare 14 luglio
1994,  n. 17, successiva al decreto ministeriale 2 febbraio 1994 (che
aveva  posto  il  termine  del  2  febbraio  1994 per l'esistenza del
presupposto  dello  stato di insolvenza: v. supra il citato capo 1) e
anteriore alla citata sentenza del Tribunale amministrativo regionale
del   Lazio  n. 266/1997  (che  aveva  annullato  il  citato  decreto
ministeriale  2  febbraio  1994  nella  parte in cui aveva fissato il
suddetto termine del 2 febbraio 1994: v. supra il ripetuto capo 1).
    Pertanto,  conclude il ricorrente, la sua istanza al Ministero di
assunzione  a carico del bilancio dello Stato delle garanzie prestate
a  fronte di debiti contratti dalla Cooperativa doveva essere accolta
perche'  allo  stato  non  sussiste ancora nessun termine validamente
fissato dalla legge e/o dal Ministero per il deposito dell'istanza in
questione.
    E  nella  denegata  ipotesi  che  questo giudice ritenesse valida
l'interpretazione  dell'art.  126 della legge finanziaria per il 2001
fatta  propria  dall'atto impugnato il ricorrente chiede che gli atti
siano  rimessi alla Corte costituzionae perche' vagli la legittimita'
della  disposizione  alla  luce dei citati principi costituzionali di
cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    3. - L'Amministrazione si e' costituita per resistere.
    Con memoria depositata il 12 ottobre 2002, essa ha prospettato:
        1)  che  in  nessun  caso  sara'  possibile la riapertura dei
termini perseguita dal ricorrente, giacche':
          a)  non  vi  e' certezza che i finanziamenti disponibili al
sensi  della  legge  n. 237/1993  e  della legge n. 388/2000 potranno
consentire l'accollo di tutte le garanzie dichiarate ammissibili;
          b)  e'  in  corso  una procedura di infrazione aperta dalla
Commissione   europea   nei   confronti   dell'art. 126  della  legge
n. 388/2000;
        2) l'infondatezza del ricorso nel merito;
        3)     l'inutilita'    di    qualsiasi    dichiarazione    di
incostituzionalita',  stanti  i  limiti  di rispetto della precedente
decisione  del  Consiglio  U.E.  del  22  dicembre  1997,  la  quale,
relativamente  al  finanziamenti  di cui all'art. 1, comma 1-bis, del
decreto-legge  n. 149/1993,  aveva  dichiarato quella disposizione di
finanziamento  compatibile  con  la  normativa comunitaria nei limiti
esplicitamente definiti nell'articolo stesso, ossia per un importo di
lire 200 miliardi e per un periodo di dieci anni.
    Con  sentenza  n. 653  del  2003  sono  stati disposti incombenti
istruttori, che l'Amministrazione ha eseguito.
    La ricorrente ha depositato documenti e due memorie.
    Anche l'Amministrazione ha depositato documenti.
    La causa e' passata in decisione all'udienza del 28 aprile 2003.

                            D i r i t t o

    Appare  rilevante e - nei termini di seguito indicati al capo 2.2
-   non   manifestamente   infondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  sollevata  dal  ricorrente  come  seconda  ed  ultima
censura.
    Il  Collegio,  peraltro, e' giunto a questa conclusione dopo aver
valutato e respinto le eccezioni pregiudiziali dell'Amministrazione e
la prima censura del ricorso, che vanno dunque delibate.
    1.1.  -  L'Amministrazione eccepisce in primo luogo che non vi e'
certezza  che  i  finanziamenti  disponibili  ai  sensi  della  legge
n. 237/1993  e  della legge n. 388/2000 potranno consentire l'accollo
di tutte le garanzie dichiarate ammissibili.
    Cio'  equivale  ad  affermare  l'inammissibilita' del ricorso per
carenza  di  interesse;  ma  si tratta di assunto infondato, poiche',
come  e'  noto, il ricorso giurisdizionale amministrativo puo' essere
attivato  non solo per il perseguimento di un bene della vita certo e
determinato,  ma  anche  per  tutelare un interesse c.d. strumentale,
cioe'  l'interesse  al perseguimento anche della sola possibilita' di
un risultato favorevole, attraverso un corretto procedimento (confr.,
da ultimo, C.d.S., Sez. IV, 30 aprile 2003, n. 2327).
    1.2.  -  Parimenti  da  respingere  e'  l'ulteriore eccezione che
allega  essere  in  corso  una  procedura  di infrazione aperta dalla
Commissione   europea   nei   confronti   dell'art. 126  della  legge
n. 388/2000.
    Come   risulta   dalle  acquisizioni  istruttorie  si  tratta  di
procedura  tutt'ora  in  corso  (relativa  ai  commi 1 e 2 del citato
art. 126,   legge   n. 388/2000,   concernenti   il   rifinanziamento
l'originario   finanziamento   cui   all'art. 1,   comma  1-bis,  del
decreto-legge  n. 149/1993,  ed  incidenti  sugli interventi, che qui
interessano,   di   cui   al   successivo   comma  5  perche'  questo
espressamente  subordina  questi  ultimi  interventi  a  quelli  gia'
previsti  dai  ripetuti artt. 1, comma 1-bis, d.l. n. 149/1993 e 126,
commi  1 e 2, legge n. 388/2000: v. supra i capi 1 e 2 della parte in
fatto  della  presente  ordinanza); a questa procedura comunitaria la
stessa  Amministrazione  sta  resistendo  con motivata richiesta alla
Commissione  di  un riesame delle determinazioni di avvio (v. la nota
del  Ministero delle politiche agricole e forestali prot. n. 5249 del
16 novembre 2001).
    Pertanto  un  avvenimento  futuro  ed  incerto  [e  per  di  piu'
eventualmente incidente non in via immediata, ma solo in via riflessa
sull'art. 126,  comma 5, legge n. 388/2000 (v. supra quanto indicato,
fra  parentesi, nel periodo precedente), il quale manterebbe comunque
una  sua  autonoma valenza (v. infra al capo 2.1)], e avversato dalla
stessa  Amministrazione,  quale  risulta  essere  allo  stato l'esito
sfavorevole della procedura di infrazione relativamente all'art. 126,
commi  1  e 2, legge n. 388/2000, non puo' determinare una carenza di
interesse   a  chiedere,  con  ricorso  al  Tribunale  amministrativo
regionale,  che il connesso e successivo comma 5 venga dalla medesima
Amministrazione applicato in un certo modo.
    1.3.  -  Quanto alla infondatezza del primo rilievo in ricorso si
osserva quanto segue.
    Il  ricorrente, socio della cooperativa agricola «La Collina», ne
garanti' personalmente alcuni debiti da essa contratti.
    Egli  sottolinea  di  aver  prestato queste garanzie prima del 19
maggio  1993,  giorno immediatamente precedente la data di entrata in
vigore del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 149, convertito in legge,
con  modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 19 luglio 1993,
n. 237,  il quale all'art. 1-bis, stabiliva l'assunzione a carico del
bilancio  dello  Stato  delle  garanzie concesse, per l'appunto prima
della sua entrata in vigore, da soci di cooperative agricole a favore
delle  cooperative  stesse,  di cui fosse stata previamente accertata
l'insolvenza.
    Relativamente    a   quest'ultimo   ulteriore   presupposto   (il
previamente accertato stato di insolvenza), il decreto ministeriale 2
febbraio 1994 (recante «Criteri e procedure per l'assunzione a carico
del  bilancio  dello  Stato,  ai  sensi  della  legge 19 luglio 1993,
n. 237,  art. 1-bis,  delle  garanzie concesse da soci di cooperative
agricole  a  favore  delle  cooperative  stesse,  di  cui  sia  stata
previamente  accertata  l'insolvenza») ha poi previsto (art. 1, comma
1),  tra l'altro, che lo stato d'insolvenza dovesse essersi accertato
dall'autorita'  giudiziaria  (o che l'autorita' vigilante governativa
avesse  disposto  la  liquidazione  coatta  amministrativa  ai  sensi
dell'art. 2540  del  codice  civile) alla data del medesimo decreto 2
febbraio 1994.
    Un  ulteriore  termine,  per  la  presentazione  della domanda di
ammissione  al  beneficio,  e' stato poi fissato al 22 settembre 1994
dal  punto  3.1 della circolare del Ministero delle risorse agricole,
forestali  e  ambientali  14 luglio 1994, n. 17 (avente come oggetto:
«Legge  n. 237  del  19  luglio  1993, art. 1-bis - Istruzioni per la
presentazione  delle  istanze  e  da parte del soci-garanti, e per la
successiva   trasmissione   da  parte  del  curatori  fallimentari  e
commissari liquidatori»).
    Prospetta  il  ricorrente  che, per effetto della fissazione alla
data  del  2  febbraio  1994  del  termine  per  la  sussistenza  del
presupposto  dello  stato di insolvenza, egli si e' vista preclusa la
possibilita'  di  accedere  all'agevolazione  (perche' la cooperativa
agricola   «La   Collina»   veniva   posta   in  liquidazione  coatta
amministrativa  solo  in  data  19 luglio  1994),  e  pertanto non ha
presentato domanda di ammissione al beneficio entro il termine del 22
settembre 1994 imposto dalla citata circolare n. 14/1994.
    In  seguito,  relativamente  al  termine  del 2 febbraio 1994, la
situazione  e'  mutata per effetto della sentenza di questo Tribunale
amministrativo regionale n. 266 del 29 gennaio 1997, che ha annullato
il  citato decreto ministeriale 2 febbraio 1994 nella parte in cui ha
fissato alla data della sua emanazione l'accertamento dell'insolvenza
delle  cooperative  (ritenendo  invece  il  Tribunale  amministrativo
regionale piu' corretta una fissazione dello stesso termine alla data
di  scadenza  del termine di presentazione della domanda da parte dei
soci  garanti:  nella specie la scadenza del 22 settembre 1994 di cui
alla citata circolare n. 17/1994).
    Un  ulteriore  mutamento della situazione si e' avuto, da ultimo,
per  effetto  dell'art. 126,  comma  5, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388  [«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale e
pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria  2001)»],  il quale ha
disposto:  «Subordinatamente  alle  cooperative  ammesse a godere dei
benefici  previsti  dall'art.  1,  comma  1-bis, del decreto-legge 20
maggio  1993,  n. 149,  convertito, con modificazioni, dalla legge 19
luglio  1993,  n. 237,  possono  essere ammessi a godere degli stessi
benefici  le  cooperative ed i consorzi tra cooperative che alla data
del  19  luglio  1993  si  trovavano  nelle  condizioni  previste dal
suddetto  articolo,  che  abbiano  presentato domanda entro i termini
previsti  dalla  citata legge, per i quali sia intervenuta, almeno in
primo  grado, la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato
di  insolvenza  oppure  che  si  trovino in stato di liquidazione. Le
procedure  esecutive  nel confronti dei soci garanti per l'escussione
delle   garanzie  sono  sospese  sino  alla  comunicazione  da  parte
dell'amministrazione   della   messa   a   disposizione  della  somma
spettante».
    In  esito  a  questa  disposizione  il ricorrente ha formulato la
propria istanza di assunzione a carico del bilancio dello Stato delle
garanzie   prestate  a  fronte  di  debiti  contratti  dalla  propria
Cooperativa,   prospettando   che  il  citato  art. 126  della  legge
finanziaria  2001  avrebbe  esteso  la  possibilita'  di  accedere al
beneficio  anche  per  le  cooperative il cui stato di insolvenza sia
stato  dichiarato  tra  i  ripetuti  termini  del 2 febbraio 1994 (di
accertamento  dell'insolvenza,  ai  sensi  del decreto ministeriale 2
febbraio  1994)  e  del  22  settembre  1994  (di presentazione della
domanda, ai sensi della circolare n. 17/1994).
    L'istanza e' stata respinta dall'impugnato atto in data 28 giugno
2001  in  base  alla  considerazione che il citato art. 126, comma 5,
della  legge  n. 388/2000  non ha riaperto i termini per l'accesso al
beneficio  in  argomento, riferendosi alle cooperative ed ai consorzi
tra  cooperative  che  abbiano  presentato  domanda  entro  i termini
previsti dalla citata legge n. 237/1993.
    Il primo rilievo in ricorso asserisce:
        che il ripetuto art. 126, comma 5, della legge n. 388/2000 va
interpretato  alla  luce  dei principi costituzionali di eguaglianza,
imparzialita' e buon andamento dell'Amministrazione;
        che  i  precedenti  commi  1  e 2 della stesso art. 126 fanno
salve   le   successive  modifiche  delle  disposizioni  ministeriali
conseguenti   a   pronunce   definitive   in  sede  amministrativa  o
giurisdizionale;
        che  dal  successivo  comma  5  la  legge avrebbe inteso, per
ragioni  di  giustizia,  disciplinare la riammissione al beneficio di
coloro che (come il ricorrente), indotti in errore dalle disposizioni
del  citato  decreto  ministeriale  2  febbraio  1994  poi dichiarate
illegittime  con  pronuncia  giurisdizionale, non avevano a suo tempo
presentato domanda pur avendo pieno titolo al beneficio;
        che  la  diversa interpretazione adottata dall'atto impugnato
sarebbe   illegittima   anche   perche'   in   contrasto  coi  canoni
interpretativi   secondo  i  quali,  a  fronte  di  piu'  significati
possibili   della  stessa  disposizione  e'  compito  dell'interprete
escludere  quello  che  difetti  di  coerenza  con  i  dettami  della
Costituzione.
    Ciascuno  di questi assunti va respinto perche' incompatibile col
testo letterale dell'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000.
    La  disposizione,  laddove  afferma  che  possono  essere  ancora
ammessi  a godere dei benefici previsti dall'art. 1, comma 1-bis, del
decreto-legge  n. 149/1993  i  soggetti  che,  tra  l'altro  «abbiano
presentato  domanda entro i termini previsti dalla citata legge», non
puo' lasciare adito a dubbi: pur nel suo erroneo rinvio a termini che
sarebbero stati posti dal legislatore (v. infra il capo 2.2), essa e'
inequivocabilmente  indirizzata  a coloro che abbiano gia' presentato
domanda  di accesso nel vigore della precedente normativa, sicche' e'
da  escludere  che  il comma 5 in esame abbia introdotta in proposito
una riapertura dei termini.
    Ne' puo' allegarsi, come fa il ricorrente, che i precedenti commi
1 e 2 dello stesso art. 126 fanno salve le successive modifiche delle
disposizioni  ministeriali  conseguenti a pronunce definitive in sede
amministrativa  o  giurisdizionale, poiche' quelle disposizioni, e in
particolare  il  comma  2, si riferiscono specificamente al pagamento
della   garanzie  ammesse,  e  non  all'ampliamento  -  previsto  nel
successivo  comma 5 - della sfera dei beneficiari dell'assunzione dei
debiti da parte dello Stato.
    2.  - Appare invece rilevante e - nei termini di seguito indicati
al   capo   2.2  -  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale,  sollevata  nel  ricorso da ultimo e in
subordine.
    2.1   La   rilevanza   della   questione   di   costituzionalita'
dell'art. 126,  comma  5, della legge n. 388/2000 emerge con evidenza
dalla  circostanza che si tratta della disposizione da applicare alla
controversia  qui  sottoposta  al Tribunale amministrativo regionale,
sicche'  una  eventuale  pronuncia  cassatoria  (o comunque incidente
sulla disposizione citata) della Corte costituzionale avrebbe effetti
decisivi sul presente giudizio.
    Le  argomentazioni  a contrario dell'Amministrazione non appaiono
fondate.
    Secondo    il   Ministero   resistente   una   dichiarazione   di
incostituzionalita'  della disposizione in esame sarebbe vana perche'
la  precedente  decisione  del  Consiglio  U.E.  del  22 luglio 1997,
pronunciandosi sugli originari finanziamenti di cui all'art. 1, comma
1-bis,  del decreto-legge n. 149/1993 (poi rifinanziati dal commi 1 e
2 dall'art. 126 ora in esame), aveva si' dichiarato quella originaria
disposizione  compatibile con la normativa comunitaria, ma nei limiti
esplicitamente  definiti  nello stesso art. 1, comma 1-bis, ossia per
un  importo  di  lire  200  miliardi  e per un periodo di dieci anni,
nonche'  con  esplicito  riferimento  alle sole garanzie gia' ammesse
all'intervento  e  riportate  nell'elenco  n. 1  allegato  al decreto
ministeriale  18  dicembre  1995.  Ma il rilievo va rigettato perche'
invoca  un precedente che non attiene al caso di specie: la decisione
del  Consiglio  U.E.  del  22  luglio  1997  riguardava gli originari
interventi   di   cui  all'art. 1,  comma  1-bis,  del  decreto-legge
n. 149/1993  (peraltro ulteriormente calibrati dall'art. 126, commi 1
e  2, della legge n. 388/2000), mentre il vaglio di costituzionalita'
riguarda  i  diversi  e successivi interventi previsti dall'art. 126,
comma 5, ora in esame.
    E'  vero  che  risulta  essere  in  corso  una nuova procedura di
infrazione   aperta   dalla   Commissione   europea   nei   confronti
dell'art. 126  della  legge  n. 388/2000;  che si tratta di procedura
relativa  ai  commi  1  e  2  del citato art. 126, legge n. 388/2000,
concernenti  il  rifinanziamento  l'originario  finanziamento  di cui
all'art. 1,  comma  1-bis,  del  decreto-legge  n. 149/1993;  che  la
procedura   potrebbe   avere  incidenza  sugli  interventi,  che  qui
interessano,  di  cui al successivo comma 5 (v. supra al capo 1.2); e
che le relative determinazioni della Commissione europea richiamano e
ribadiscono  quelle  della suddetta precedente procedura poi sfociata
nella  citata  decisione del Consiglio U.E. del 22 luglio 1997; ma e'
anche vero che - come gia' rilevato al citato capo 1.2 - si tratta di
procedura  in  corso,  cui  lo  Stato italiano (in veste della stessa
Amministrazione  qui  intimata)  sta  resistendo,  il  cui  esito  e'
attualmente avvenimento futuro ed incerto, ed eventualmente incidente
non in via immediata, ma solo in via riflessa sull'art. 126, comma 5,
legge  n. 388/2000,  il  quale  mantiene  comunque  una  sua  valenza
autonoma  (v.  infra in questo capo); sicche', come sussiste comunque
un  interesse  ad  una  pronuncia  di questo Tribunale amministrativo
regionale  sulla  corretta applicazione dell'art. 126, comma 5, legge
n. 388/2000,  cosi'  sussiste  la  rilevanza  di  una pronuncia sulla
legittimita' costituzionale della disposizione.
    Ne'  questa rilevanza puo' essere esclusa dall'effetto sospensivo
dell'avvio  della  procedura  comunitaria  di  infrazione (l'art. 88,
paragrafo  3,  del  Trattato CE prevede tra l'altro: «lo Stato membro
interessato non puo' dare esecuzione alle misure progettate prima che
tale  procedura  abbia  condotto a una decisione finale»). Le «misure
progettate»  infatti  (da  sospendere  ai  sensi  del citato art. 88,
paragrafo  3, del Trattato), sono i rifinanziamenti di cui ai commi 1
e  2 dell'art. 126, legge n. 388/2000 e non gli adempimenti di cui al
successivo comma 5.
    Questi  ultimi  certamente  sono  collegati alle suddette «misure
progettate»  di  cui  ai commi 1 e 2 dell'art. 126, legge n. 388/2000
perche' il comma 5 subordina i suoi interventi a quelli gia' previsti
dai  ripetuti  commi  1  e  2, nonche' dall'art. 1, comma 1-bis, d.l.
n. 149/1993  (v.  supra  al  capo  1.2);  ma  il ripetuto comma 5, da
sottoporre  al  vaglio di costituzionalita', ha anche una sua portata
autonoma,  e  necessita anche di autonoma applicazione, a prescindere
dall'applicazione dei precedenti commi 1 e 2.
    In proposito si rileva quanto segue.
    L'art. 126,  comma 5 ora in esame dispone: «Subordinatamente alle
cooperative ammesse a godere dei benefici previsti dall'art. 1, comma
1-bis,  del  decreto-legge  20  maggio  1993, n. 149, convertito, con
modificazioni,  dalla  legge  19  luglio 1993, n. 237, possono essere
ammessi  a  godere degli stessi benefici le cooperative ed i consorzi
tra  cooperative  che alla data del 19 luglio 1993 si trovavano nelle
condizioni  previste  dal  suddetto  articolo, che abbiano presentato
domanda  entro i termini previsti dalla citata legge, per i quali sia
intervenuta,  almeno  in  primo  grado,  la  pronuncia  da  parte del
tribunale  attestante lo stato di insolvenza oppure che si trovino in
stato  di liquidazione. Le procedure esecutive nei confronti del soci
garanti  per  l'escussione  delle  garanzie  sono  sospese  sino alla
comunicazione   da   parte   dell'amministrazione   della   messa   a
disposizione della somma spettante».
    Dalla   lettura   della   disposizione  si  evince  che  essa,  a
prescindere  dagli  interventi  di  cui  al  precedenti  commi 1 e 2,
comporta  in sede applicativa quanto meno un autonomo riconoscimento,
ai nuovi soggetti interessati da essa previsti, della veste giuridica
di  avente titolo alla estensione del beneficio; non solo in vista di
future   provvidenze   o   dell'esito   favorevole   della  procedura
comunitaria  di  infrazione,  ma anche, nell'immediato, ai fini della
sospensione  delle  procedure esecutive in corso prevista nell'ultima
parte della disposizione in esame (v., con riferimento al ricorrente,
l'ordinanza  del G.E. del Tribunale di Ancona in data 16 agosto 2001,
allegato 3 al ricorso).
    Lo  stesso  atto  impugnato,  del  resto, ha applicato - sia pure
negativamente - l'art. 126, comma 5, legge n. 388/2000, senza curarsi
della procedura di infrazione avverso i precedenti commi 1 e 2.
    2.2.  -  Relativamente  alla  non  manifesta  infondatezza  della
questione di costituzionalita' si rileva invece quanto segue.
    L'art. 126,  comma  5,  legge  n. 388/2000,  estende il beneficio
della  assunzione  a  carico  del bilancio dello Stato delle garanzie
prestate dai soci alle «cooperative ed i consorzi tra cooperative che
alla  data  del 19 luglio 1993 si trovavano nelle condizioni previste
dal suddetto articolo, che abbiano presentato domanda entro i termini
previsti  dalla  citata legge, per i quali sia intervenuta, almeno in
primo  grado  la pronuncia da parte del tribunale attestante lo stato
di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione».
    I   presupposti   per   il  nuovo  beneficio  sono  dunque  cosi'
individuati:
        a)  concessione  delle garanzie, alla data del 19 luglio 1993
(data di pubblicazione della citata legge n. 237/1993, di conversione
del  pure  citato  decreto-legge n. 149/1993), da soci di cooperative
agricole,  a  favore  delle  cooperative stesse [le altre «condizioni
previste  dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 20 maggio 1993,
n. 149» (anteriorita' delle garanzie rispetto alla data di entrata in
vigore    del    decreto-legge   n. 149/1993;   previo   accertamento
dell'insolvenza)   sono   assorbite   dalle  nuove  previsioni  della
disposizione in esame (v. infra)];
        b)  aver  presentato  la  domanda  di ammissione al beneficio
«entro i termini previsti dalla citata legge»;
        c)   trattasi   di   soggetti   (cooperative  o  consorzi  di
cooperative)  «per i quali sia intervenuta, almeno in primo grado, la
pronuncia  da  parte  del tribunale attestante lo stato di insolvenza
oppure che si trovino in stato di liquidazione».
    Si osserva in primo luogo, quanto al presupposto sub b), che esso
-  ove  ci  si  limitasse  al  dato  letterale - sarebbe impossibile,
perche'   la   «citata   legge»  (rectius:  il  citato  decreto-legge
n. 149/1993,   convertito,  con  modificazioni,  dalla  citata  legge
n. 237/1993)  non  ha  previsto  il  termine  di  presentazione della
domanda per i benefici di cui trattasi.
    Con uno sforzo interpretativo, dovuto dal giudice in applicazione
del  principio  di conservazione dei mezzi giuridici, puo' ritenersi,
con la difesa erariale, che il rinvio di cui al citato punto b) debba
intendersi  al termine del 22 settembre 1994, fissato non dalla legge
ma  dall'Amministrazione  nel punto 3.1 della circolare del Ministero
delle risorse agricole, forestali e ambientali 14 luglio 1994, n. 17,
avente  come  oggetto: «Legge n. 237 del 19 luglio 1993, art. 1-bis -
Istruzioni  per  la  presentazione  delle  istanze  e  da  parte  dei
soci-garanti,  e per la successiva trasmissione da parte dei curatori
fallimentari  e  commissari liquidatori» (v. il capo 1 della parte in
fatto della presente ordinanza).
    Ma  una  volta  superata  in  questo  modo l'erroneita' del testo
legislativo,  esso  appare in contrasto con i principi costituzionali
ove  si  consideri  la  previsione  dei presupposti sopra indicati al
punto c).
    Questi, nel disegno del comma 5 in esame, consentono il beneficio
di  cui  trattasi  che vengano a trovarsi in stato di insolvenza o di
liquidazione  anche successivamente al termine di presentazione della
domanda di accesso al beneficio.
    L'esame letterale del testo non pare consenta dubbi in proposito.
In  particolare  rileva  il raffronto fra il tempo «imperfetto» usato
per  indicare  la  data  di  possesso del requisito sub a) ed i tempi
«passato  prossimo»  e  «presente»  usati  per  indicare  la  data di
possesso dei presupposti sub c).
    Rileva  inoltre la stessa previsione a parte di detti presupposti
nonostante  il  richiamo  onnicomprensivo  che il comma 5 in esame fa
alle «condizioni previste dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge
20  maggio  1993,  n. 149».  Queste condizioni infatti, in quel comma
1-bis, erano si ai presupposti sub a) (assunzione dei debiti da parte
dei soci) sia i presupposti sub c) (insolvenza), sicche' ove in detto
comma  5  fosse ritenuto di mantenere per il requisito dello stato di
insolvenza  (o  per  lo stato di liquidazione) il presente termine la
espressa  locuzione del comma 5 («per i quali sia intervenuta, almeno
in  primo  grado,  la  pronuncia da parte del tribunale attestante lo
stato  di insolvenza oppure che si trovino in stato di liquidazione»)
sarebbe stata superflua.
    Ne'  il  comma 5 in esame prevede per detto presupposto sub c) un
qualsivoglia altro riferimento temporale.
    Se  dunque  l'art.  126,  comma  5, legge n. 388/2000 consente il
beneficio  di  cui  trattasi a soggetti societari o consortili che si
trovino   in   stato   di   insolvenza   o   di   liquidazione  anche
successivamente all'originario termine di presentazione della domanda
di   accesso   al  beneficio  (22  settembre  1993)  ne  risulta  una
illogicita'    ed    un    contrasto   con   la   pregressa   vicenda
giuridico-fatturale sulla quale detto comma 5 viene ad innestarsi.
    In particolare:
        possono  essere sanate dalla disposizione in esame istanze di
accesso  al beneficio ormai datate (anteriori al 22 settembre 1994) e
prive ab origine di fondamento, perche' prodotte in totale assenza di
un  presupposto  che,  nel sistema dell'art. 1-bis, del decreto-legge
n. 149/1993,   era  imprescindibile:  lo  stato  di  insolvenza,  che
produrrebbe   gli   effetti   positivi  riconosciutigli  dalla  legge
nonostante   si   sia  concretato  soltanto  molti  anni  dopo  dalla
(infondata) istanza del soggetto interessato;
        per  contro  la  stessa  disposizione,  nulla  prevedendo  in
proposito,  non consente l'accesso al beneficio a soggetti che - come
il   ricorrente   -   pure   in  tempestivo  possesso  del  requisito
dell'insolvenza  societaria  alla  originaria scadenza del termine di
presentazione   della   domanda   (22   settembre  1994),  non  hanno
tempestivamente  formulato  quella  domanda  per  ragioni ad essi non
imputabili, e addirittura, come nel caso del ricorrente, imputabili a
disposizioni  ministeriali e annullate dal giudice amministrativo (v.
supra il capo 1.3).
    Per  questo  appare  non  manifestamente  infondato il dubbio che
l'art.  126,  comma  5, della legge n. 388/2000 violi il principio di
uguaglianza  di cui all'art. 3 della Costituzione, oltre al principio
di ragionevolezza che ne deriva.
    Analogo   dubbio   sorge   con   riferimento  all'art.  45  della
Costituzione,  posto  che  esso  riconosce  la funzione sociale della
cooperazione,  e questa funzione risulta dalle irrazionali previsioni
qui contestate.
    3.  -  In  conclusione  questo Tribunale amministrativo regionale
ritiene  rilevante e - cosi' come precisato al capo 2.2 che precede -
non   manifestamente   informata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 126, comma 5, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388, in relazione agli artt. 3 e 45 della Costituzione.
    Pertanto  ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
va sospeso il giudizio in corso e vanno ordinate alla segreteria:
        la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
        la  comunicazione  della  presente  ordinanza  alle  parti in
causa;
        la  comunicazione  della presente ordinanza al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ed  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.