IL GIUDICE DI PACE

    Nel  procedimento  civile n. n.448/2003 R.G.C. avente per oggetto
«opposizione a verbale di contestazione ex legge n. 689/1981 vertente
tra  Ramunno  Dante, rappresentato e difeso, giusta procura a margine
del  ricorso  introduttivo, dall'avv. Alessandro Scelli, presso e nel
cui  studio  in  Sulmona,  Via Ercole Ciofano n. 37, e' elettivamente
domiciliato,  opponente,  e  Comune  di Sulmona - Polizia municipale;
amministrazione     opposta,    sulla    sollevata    questione    di
incostituzionalita'  per  l'obbligo  di deposito di cauzione ai sensi
dell'art. 204-bis  c.d.s.,  cosi'  come introdotto dalla legge n. 214
del 1° agosto 2003, ha emesso la seguente ordinanza.
    Premesso  che,  con  atto  depositato il 24 ottobre 2003, Ramunno
Dante,   rappresentato   come   in  epigrafe,  proponeva  ricorso  in
opposizione,  ai sensi della legge n. 689/1981, avverso il verbale di
accertamento,  n. 11425/2003  prot. 5465/2003 del 31 maggio 2003, con
il  quale  la  Polizia  municipale  del Comune di Sulmona (L'Aquila),
aveva  contestato la violazione dell'art. 7, codice civile 1 e 15 del
d.lgs.  30  aprile  1992,  n. 285 (codice della strada), irrogando la
sanzione amministrativa pecuniaria di euro 19,95;
        che,  contestualmente alla produzione del ricorso, non veniva
effettuato  il  deposito  cauzionale  previsto  dall'art. 204-bis del
c.d.s;
        che  la  cancelleria  di  questo  ufficio  annotava  l'omesso
deposito del libretto postale giudizario portante la cauzione dovuta,
e rimetteva il fascicolo alla decisione di questo giudicante;
        che  nel  ricorso  veniva  sollevata,  preliminarmente  ed in
relazione  alla  dichiaranda  inammissibilita' per mancato versamento
della cauzione, questione di legittimita' costituzionale in relazione
al surriferito art. 204-bis c.d.s., cosi' come introdotto dalla legge
n. 214  del 1° agosto 2003, per violazione degli artt. 2, 3, 24 della
Carta costituzionale;
        che,  pertanto,  veniva richiesta, in via preliminare, stante
la  rilevanza  della  sollevata  questione di incostituzionalita', la
sospensione del giudizio e la rimessione della questione dinanzi alla
suprema Corte costituzionale.

                            D i r i t t o

    La nuova normativa, introdotta dalla legge n. 214/2003, in vigore
dal  13 agosto 2003, all'art. 204-bis comma 3 del c.d.s., prevede che
all'atto  del deposito del ricorso, il ricorrente deve versare presso
la  cancelleria  del  giudice di pace, a pena di inammissibilita' del
ricorso,  una  somma  pari  alla  meta'  del  massimo  edittale della
sanzione pecuniaria inflitta dall'organo accertatore.
    Detta  somma,  in  caso di accoglimento del ricorso, deve essere,
poi, restituita al ricorrente.
    Stante,  pertanto,  l'omesso  versamento  di detta prevista somma
all'atto  del deposito del ricorso in trattazione, questo giudicante,
preliminarmente, ne dovrebbe dichiarare l'inammissibilita'.
    Se  non  che,  la  disposizione  surrichiamata,  comparata con le
numerose  pronunce  della  Corte costituzionale, evidenzia una palese
violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana, violazione
che richiama il famoso principio del solve et repete, gia' dichiarato
incostituzionale  con  sentenza  della suprema Corte, n. 21 dell'anno
1961.
    L'obbligo   di  versare  anticipatamente,  mediante  un  deposito
cauzionale,  meta'  dell'importo  massimo  della  sanzione  prevista,
contrasta  con  il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della
Costituzione,  perche'  favorisce  il  cittadino  in grado di versare
immediatamente  la  cauzione  imposta  dalla  disposizione  citata  e
penalizza il cittadino non abbiente.
    Contrasta, poi, anche con l'art. 24 della Costituzione, in quanto
lede  o  limita il diritto di agire in giudizio, diritto che da detta
norma e' garantito a tutti, allo scopo di assicurare l'uguaglianza di
fatto  dei  cittadini  in ordine alla possibilita' di ottenere tutela
giurisdizionale,    violando,    di   conseguenza,   l'art. 2   della
Costituzione   che  riconosce  e  garantisce  i  diritti  inviolabili
dell'uomo.
    Peraltro,  cosi'  come  il  mancato  od  omesso versamento di una
imposta di bollo non puo' essere ostativo alla produzione in giudizio
di  documenti  e  di  difese  scritte (Corte cost., sent. n. 8/1993),
parimenti non puo' essere precluso o pregiudicato il diritto di agire
in  giudizio, riconosciuto dal richiamato art. 24 della Costituzione,
dal deposito di una cauzione.
    L'onere  di  versare  la  cauzione prevista dall'art. 204-bis del
c.d.s.  resta  estraneo al giudizio in se stesso, poiche' al massimo,
l'unico   onere   fiscale  razionalmente  collegato  al  giudizio  da
promuovere  sarebbe  quello relativo al pagamento del c.d. contributo
unificato  per le spese degli atti giudiziari di cui all'art. 9 della
legge n. 488 del 23 dicembre 1999.
    La  stessa  Corte  costituzionale ha piu' volte affermato (v. per
tutte  sent.  n. 45/1993) che occorre distinguere tra oneri che siano
razionalmente  collegati alla pretesa dedotta in giudizio, allo scopo
di  assicurare  al  processo uno svolgimento meglio conforme alla sua
funzione  - da ritenersi consentiti - e oneri che invece tendano alla
soddisfazione di interessi del tutto estranei alle finalita' predette
e,  conducendo  al  risultato  di  precludere o ostacolare gravemente
l'esperimento  della tutela giurisdizionale, incorrono nella sanzione
di incostituzionalita'.
    Appare,   quindi,   evidente   che   la   disposizione   di   cui
all'art. 204-bis  del  c.d.s.  si risolve in una lesione dell'art. 24
della Costituzione, in quanto la cauzione per accedere ad un servizio
primario come quello della giustizia non e' nei principi della nostra
Costituzione.