IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nel procedimento civile in
primo  grado  iscritto al n. 236659 del RGAC dell'anno 2001, vertente
tra:  Corsi  Antonella, elett.nte domiciliata in Roma, Piazza Cola di
Rienzo  n. 69, presso l'avv. R. Maffei, che la rappresenta e difende,
e  I.N.P.S.  - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, elett.nte
domiciliato   in  Roma,  via  dell'Amba  Aradam  n. 5  (sede  Appio),
rappresentato e difeso dall'avv. P. Ciacci;
    Ritenuto  che  con  ricorso  depositato il 28 dicembre 2001 Corsi
Antonella  conveniva  qui in giudizio l'INPS per sentirsi riconoscere
il  diritto  al  trattamento  ordinario  di disoccupazione ex art. 45
r.d.l.  n. 1827/35  per  il  periodo di non occupazione derivante dal
fatto  di  aver lavorato, nel 1999, alle dipendenze di CAMST S.c.r.l.
come addetta al servizio mensa, con contratto di lavoro subordinato a
tempo  parziale verticale nei mesi da gennaio a giugno e da settembre
a dicembre;
        che  l'INPS  ha resistito in giudizio eccependo: la decadenza
ex  art. 4  legge  n. 438/1992  e  la  prescrizione;  contestando  la
sussistenza del requisito contributivo; e sostenendo che i periodi di
non occupazione interni ai contratti di part-time verticale non danno
luogo a disoccupazione involontaria;
        che  l'eccezione  di  decadenza  risulta infondata perche' la
ricorrente  risulta  aver  presentato la domanda amministrativa il 24
marzo 2000, sicche' risulta aver agito entro il termine di legge che,
rispetto  a  tale  domanda,  era  di  un  anno  (termine decadenziale
applicabile  nella  specie)  e  300  giorni (termine complessivamente
previsto   per   l'esaurimento   del   procedimento   amministrativo,
costituente  il  dies  a  quo);  e risulta aver presentato il ricorso
amministrativo il 24 ottobre 2001;
        che   l'eccezione   di  prescrizione  risulta  manifestamente
infondata   stante   l'ordinario  termine  decennale  applicabile  in
materia;
        che  il  requisito  contributivo risulta documentato in atti,
essendo denunciate 197 giornate lavorative nel 1998 e 186 nel 1999;
        che  e'  altresi'  documentato  in  atti che la ricorrente ha
mantenuto  l'iscrizione  al collocamento nel periodo di occupazione a
tempo parziale;
        che in ordine alla questione di merito della configurabilita'
dello   stato   di  disoccupazione  involontaria  per  il  lavoratore
impiegato  a  tempo  parziale  secondo  il tipo c.d. verticale a base
annua,  in  relazione  al  quale  si erano formati, presso la S.C. di
Cassazione,  orientamenti  contrastanti, e' di recente intervenuta, a
dirimere  il  contrasto,  Cass.  S.U. n. 1732/2003, che ha risolto la
questione in senso negativo;
        che il supremo consesso, in particolare (ed in sintesi):
          a)  ha  (condivisibilmente,  per  il  giudicante) disatteso
l'orientamento  espresso  da  Cass. 2804/2001, 3746/2000 e 2802/2000,
secondo  il  quale  l'estensione, introdotta dalla legge n. 169/1991,
dell'assicurazione   contro   la  disoccupazione,  agli  occupati  in
lavorazioni  di  durata non superiore a sei mesi nel corso dell'anno,
precedentemente  esclusi ai sensi dell'art. 40 del r.d.l. n. 1837/35,
avrebbe  carattere limitativo, osservando che la legge del 1991 aveva
piuttosto  ampliato  l'area  dell'assicurazione  e  della  tutela  ai
lavoratori    «infrasemestrali»,    giacche'   per   gli   stagionali
ultrasemestrali l'obbligo assicurativo ed il diritto alla prestazione
erano  gia'  garantiti, in difetto di previsione di esenzione ex art.
40  cit.,  per  effetto  della  sentenza  della  Corte costituzionale
n. 160/1974,  alle  condizioni  di  legge  (anzianita'  e consistenza
contributiva) e da essa sentenza stabiliti (iscrizione nelle liste di
collocamento);
          b)  ha peraltro disatteso anche l'orientamento contrastante
gia'  espresso  da  Cass.  1141/1999,  che, sulla base delle sentenze
della  Corte  costituzionale  nn. 160/1974 e 132/1991, aveva ritenuto
che  il  lavoratore  a  tempo parziale verticale avesse diritto, alle
medesime  condizioni  gia' riconosciute per i lavoratori propriamente
stagionali,   per   i   periodi  di  inattivita',  all'indennita'  di
disoccupazione,  stante la sostanziale analogia tra le due situazioni
giuridiche,  essendo  predicabile anche per i lavoratori in questione
che  «...  la disoccupazione ... non puo' considerarsi volontaria per
il  lavoratore  in  conseguenza  del  fatto  di avere volontariamente
scelto  ed  accettato  quel  tipo  di  attivita', il piu' delle volte
imposta  dalle  condizioni del mercato del lavoro, ma puo' diventarlo
successivamente,  se  ed in quanto il lavoratore stesso non si faccia
parte  diligente  per  essere avviato, nel periodo di sospensione, ad
altra occupazione» (Cass. n. 160/1974 cit.).
    Le  sezioni  unite  hanno disatteso la tesi per i seguenti motivi
(qui solo sommariamente riportati):
        a) la clausola del tempo parziale sarebbe dovuta strettamente
alla  libera  volonta' del lavoratore, come fatto palese dall'art. 5,
comma  1,  legge  n. 726/1984  («lavoratori  disponibili a svolgere»)
vigente pro tempore (anche nel presente giudizio); e conseguentemente
lo   stato   di   disoccupazione   conseguente   non  potrebbe  dirsi
involontario;
        b)  se  e'  vero che tale volonta' e' talvolta coartata dalle
condizioni  del  mercato  del  lavoro  o  dalle caratteristiche della
prestazione,  v'e'  tuttavia  una  differenza,  ostativa al riscontro
della  eadem  ratio,  rispetto  al  lavoro stagionale, perche' questo
investe  le  sole  lavorazioni  tassativamente specificate dalla p.a.
(art. 76,  comma  2,  r.d.l.  n. 1827/35)  mentre  le possibilita' di
realizzare  rapporti  di  lavoro a tempo parziale e' illimitata, cio'
che  comporterebbe  una  illimitata  facolta' dei privati di porre in
essere  rapporti  passibili  di dar luogo periodicamente a periodi di
inoccupazioni  rilevanti  ai  fini  previdenziali  che  qui occupano;
mentre spetta al legislatore «scegliere se ed in che modo favorire la
conclusione  dei  contratti  a tempo parziale ... in modo tuttavia da
evitare  un  ampliamento  degli  indennizzi rimesso sostanzialmente a
scelte   dei  privati  e  tale  da  risolversi  in  un  finanziamento
permanente della sottoccupazione (Cass. S.U. n. 1732/2003 cit.);
    Ritenuto  che  la  decisione  delle  SS.UU. meriti condivisione a
condizione  che  si trascuri il canone esegetico dell'interpretazione
adeguatrice in relazione a Corte cost. n. 160/1974 cit.;
        che,  infatti,  con  tale  sentenza il Giudice delle leggi ha
dichiarato  «non  fondata,  nel  senso  di  cui  in  motivazione»  la
questione  di legittimita' costituzionale sollevata, in riferimento a
Cost.  38,  sull'art. 76,  comma  1, r.d.l. n. 1837/35, sulla base di
tale «iter» logico-giuridico (che si riporta in sintesi):
          a)   l'art.   38,   comma   2,  della  Costituzione  tutela
imperativamente  lo  stato  di  disoccupazione,  chiedendo  che siano
preveduti  ed  assicurati mezzi adeguati alle esigenze di vita che ne
conseguono, alla sola condizione che essa sia «involontaria»;
          b) «... Il termine (involontaria) ... puo' apparire vago ed
impreciso,  ma  esso  non  puo'  ...  essere circoscritto nell'ambito
troppo  ristretto  di  un rischio imprevisto o imprevedibile, per cui
ogni  qual  volta  si  sia in presenza di una disoccupazione sia pure
involontaria,  ma  normalmente  prevista e temporaneamente inquadrara
nel  tempo  in  ragione  del  particolare  aspetto di un dato tipo di
attivita'  lavorativa,  questa sarebbe sottratta a tutela ...» (Corte
cost. cit.);
          c)  trattasi ... «di norma giuridicamente imperante, atta a
creare  veri  e  propri  diritti  di  prestazione  ...  in  modo  che
l'assistenza  sia  concretamente  garantita  a  tutte le categorie di
lavoratori   ...   senza  determinare  trattamenti  sperequativi  tra
categoria e categoria, a meno che non sussistano valide e sostanziali
ragioni  atte  a  giustificare  un  diverso trattamento» (Corte cost.
cit.);
          d)  «la  norma  costituzionale  lascia  piena liberta' allo
Stato  di  scegliere i modi, le forme, le strutture organizzative che
ritiene  piu'  idonee  e  piu' efficienti allo scopo, ma la scelta di
essi deve essere tale da costituire piena garanzia, per i lavoratori,
al  conseguimento  delle  previdenze cui hanno diritto»; (Corte cost.
cit);
          e)  «la  norma  impugnata  ...  (che  escludeva  il diritto
all'indennita'   ai  lavoratori  "stagionali"  quali  "tabellati"  al
relativo comma 2) ... non sarebbe idonea, se letteralmente applicata,
a tutelare adeguatamente lo stato di disoccupazione necessitato per i
lavoratori  ...  (in  questione)  ...  in  quanto  la  differenza  di
trattamento  in  essa prevista non presenterebbe valide e sostanziali
ragioni  giustificative,  ma  corrisponderebbe solo ad un criterio di
mera opportunita' tecnico-finanziaria ...» (Corte cost.);
          f)  in  particolare  l'esclusione  assoluta non rispondeva,
secondo  la Corte, al precetto costituzionale, per il suo valorizzare
«particolari   situazioni   di  lavoro,  vere  e  proprie  condizioni
oggettive,  indipendenti  dalla  volonta' del lavoratore, anche se di
esse  questi ha consapevolezza nel momento in cui inizia il rapporto»
(Corte cost. cit.);
          g)  «La disoccupazione ... non puo' considerarsi volontaria
per  il  lavoratore  in  conseguenza  del  fatto  di  aver  scelto ed
accettato  qual  tipo di attivita', il piu' delle volte imposta dalle
condizioni   del   mercato   del  lavoro,  ma  puo'  diventarlo  solo
successivamente  se  ed  in quanto il lavoratore stesso non si faccia
parte  diligente  per  essere avviato, nel periodo di sospensione, ad
altra occupazione» (Corte cost. cit.);
          h) «Solo cosi' intesa, la norma impugnata appare pienamente
legittima» (Corte cost. cit.);
    In   buona   sostanza   la  Corte  disse:  che  la  tutela  della
disoccupazione   involontaria   e'   garantita   direttamente   dalla
Costituzione  per  il  mero fatto di essere involontaria; che ai fini
dell'involontarieta'   basta  che  essa  non  sia  stata  voluta  dal
lavoratore, cosa che non puo' essere tratta dal mero fatto che questi
abbia  scelto  una  attivita'  stagionale e cioe', dal tipo di lavoro
«liberamente»  prescelto,  nei  limiti  che  tale affermazione soffre
nelle  condizioni  del mercato del lavoro; che ai fini dell'effettiva
volontarieta' dello stato di disoccupazione temporanea e preventivata
rileva  piuttosto  il fatto che il lavoratore abbia o meno chiesto di
rimanere iscritto al collocamento; che il legislatore puo' variamente
disciplinare  il  diritto,  ma  non negarlo a disoccupati involontari
anche temporanei e preventivati;
    Ritenuto  che  in  tale  quadro  costituzionale  le differenze di
struttura  tra  disoccupazione  stagionale e nel part-time verticale,
pur  sussistenti, non abbiano una consistenza idonea a scansare dubbi
di  legittimita'  costituzionale  sull'esclusione  dei  lavoratori in
questione dal diritto alla tutela previdenziale;
    Ritenuto,   invero,   che  quando,  come  per  la  ricorrente  in
questione,  la  disponibilita'  ad  essere occupata a tempo pieno sia
conclamata   dalla   richiesta   di   mantenimento   nelle  liste  di
collocamento,   il  fatto  che  la  medesima  abbia  «liberamente»  e
«volontariamente»  accettato  un  «part-time»  verticale annuo non si
presti ad essere ascritto ad indice di volontarieta' della condizione
di  non  occupazione per il periodo contrattuale di inattivita', piu'
di  quanto  non si presti allo scopo, di per se' l'accettazione di un
lavoro stagionale;
        che l'affermazione di Cass s.u. n. 1732/2003 secondo la quale
spetterebbe  alla  discrezionalita'  del  legislatore stabilire a chi
spetti  il  trattamento  di  disoccupazione  a seconda della gravita'
della  condizione  di chi ha bisogno (e che si risolve in una lettura
restrittiva   dell'espressione   «disoccupazione   involontaria   per
mancanza  di  lavoro»  contenuta  nell'art. 45 del r.d.l. n. 1837/35)
appare   porsi   in   aperto   contrasto   col   diretto   fondamento
costituzionale  che  Corte cost. n. 160/1974 ha attribuito al diritto
dei  disoccupati involontari a ricevere mezzi adeguati a tener fronte
alle  esigenze di vita derivanti da tale stato (salva, ovviamente, la
possibilita'  di  graduazione  dei trattamenti); la Corte, sul punto,
sembra  esser  stata  chiara:  l'an  va riconosciuto: il quantum e il
quomodo sono rimessi alla discrezionalita' del legislatore;
        che  peraltro  l'estensione  analogica refutata dalle sezioni
unite   fu   recepita   dalla  Corte  costituzionale  nella  sentenza
n. 132/1991,  nella  quale  si  dichiaro' illegittimo l'art. 17 della
legge  n. 1204/1971,  nella  quale si dichiaro' illegittimo l'art. 17
della  legge  n. 1204/1971,  nella  parte in cui escludeva il diritto
all'indennita' giornaliera di malattia delle lavoratrici a «part-time
verticale  annuo», quando il periodo di astensione obbligatoria fosse
iniziato  piu'  di 60 giorni dopo la cessazione della precedente fase
di lavoro;
        che  la  rilevanza  della distinzione tra lavoro stagionale e
«part-time verticale annuo» appare particolarmente debole nel caso di
specie,  risultando  dallo  stesso prodotto contratto di lavoro della
ricorrente  che il periodo di «sospensione contrattuale» in questione
andava  dalla seconda decade di giugno alla prima decade di settembre
in  espressa  relazione  al  periodo  intercorrente  tra  la chiusura
dell'anno   scolastico   e  la  sua  riapertura,  cio'  che  conclama
ulteriormente  trattarsi  di «part time verticale» imposto dal datore
secondo  la  propria convenienza in relazione allo svolgimento di una
attivita' per sua natura stagionale ma non tabellata;
        che  questo  giudice e' pienamente consapevole del fatto che,
nel  costante  insegnamento  del  Giudice delle leggi, recepito anche
dalla  Corte  di  cassazione,  il  canone  della c.d. interpretazione
adeguatrice  si  imponga  come primario rispetto agli altri stabiliti
dalla  legge,  alla  sola condizione che l'esegesi costituzionalmente
conforme  sia  plausibile,  quale  indubbiamente puo' apparire quella
volta  ad  estendere ai lavoratori in part-time verticale in possesso
dei  requisiti  di  assicurazione  e contribuzione e permanenti nelle
liste di collocamento, il diritto all'indennita' di disoccupazione;
        che tuttavia questo giudice ritiene altresi' che quando, come
nella specie, l'interpretazione che espone la disposizione di legge a
dubbi  di  legittimita'  costituzionale  sia  stata  avallata, in una
pronuncia  diretta  a  risolvere  un  contrasto tra sezioni semplici,
dalla  Corte  di cassazione a sezioni unite, nella consapevolezza dei
precedenti di costituzionalita' idonei a suscitare il dubbio, e sulla
base   di  un  apparato  argomentativo  di  aperto  contrasto,  nella
ricostruzione   degli   istituti  giuridici  coinvolti,  rispetto  ai
principi  posti dal Giudice delle leggi (e qui il riferimento e' alla
possibilita',  sulla  quale  il  giudice  non  sente di poter aderire
all'insegnamento della Corte costituzionale, di ricavare direttamente
dall'art. 38  Cost. una nozione di disoccupazione involontaria idonea
a   ricomprendere  necessariamente  qualunque  forma  di  sospensione
periodica  programmata di rapporti di lavoro alla quale si accompagni
la disponibilita' del lavoratore ad occuparsi aliunde, vieppiu' in un
contesto   normativo  che,  per  l'inefficienza  degli  strumenti  di
collocamento  e  la  scarsita'  di offerta di lavori a tempo parziale
ridotto  fruibili,  puo'  prestarsi  anche a strumentalizzazioni), la
Corte  costituzionale  debba  porsi  il  problema della necessita' di
farsi  carico  delle esigenze di certezza del diritto atte a prodursi
da   fenomeni   di   contrasto   tra   precedenti   di   legittimita'
funzionalmente  e  per legge destinati a promuovere l'uniformita' dei
giudizi  ed  istituzionalmente  diretti  a  proporsi  in  termini  di
«diritto  vivente»  e precedenti interpretativi di costituzionalita';
esigenze   destinate   a   rimanere   frustrate   finche'   rimangono
nell'apprezzamento   del   singolo   giudice   riguardo   ai   valori
costituzionali   in   gioco,   sulla   cui  portata  sembra  spettare
istituzionalmente alla corte portare chiarezza;
        che la disposizione di legge sulla quale si appuntano i dubbi
di  costituzionalita'  va ravvisata nell'art. 45, comma 3, del r.d.l.
n. 1827/35,  nella  parte  in  cui,  e  nell'esegesi  cne ne danno le
sezioni unite, ed alla quale qui si ritiene di aderire, non contempla
quale  caso  di «disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro»,
il  caso del lavoratore a tempo parziale verticale ultrasemestrale su
base  annua che abbia chiesto di rimanere iscritto, per il periodo di
inattivita', nelle liste di collocamento;
        che  i  dubbi  vanno  sollevati  con riferimento all'art. 38,
comma  2,  della  Costituzione,  perche'  esso garantisce una qualche
tutela  al  disoccupato  involontario  anche  se  la  sospensione  e'
prevista,  voluta  e  programmata  in  relazione  al tipo di rapporto
instaurato,  se  tale volonta' e' frutto delle condizioni del mercato
del  lavoro;  ed  all'art. 3  della  Costituzione  per  irragionevole
disparita'  di  trattamento rispetto ai lavoratori stagionali ed agli
altri lavoratori assicurati;