LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE Ha emesso la seguente sentenza sull'appello n. 784/01 depositato il 12 ottobre 2001 avverso la sentenza n. 1219/04/2000 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Cagliari proposto dall'ufficio: Agenzia entrate ufficio Cagliari 1 controparte: Boy Verina, via Dante 74 - 09100 Cagliari difeso da: Erby Sandro dottore commercialista, via Favonio, 28 - 09100 Cagliari. Atti impugnati: Silenzio rifiuto istanza rimb. n. prot. 22595/1998 D.R.E. S.S.N. + IRPEF 1995. La Commissione tributaria regionale di Cagliari ha emesso la seguente ordinanza sciogliendo la riserva formulata in data 11 dicembre 2002 nel procedimento in grado d'appello promosso dall'Agenzia delle entrate di Cagliari 1 la quale ricorreva a questa Commissione chiedendo la riforma della decisione pronunciata in data 7 luglio 2000 con la quale la Commissione tributaria provinciale di Cagliari aveva accolto, riunendoli, i ricorsi proposti dalla signora Boy Verina, rappresentata e difesa dal dott. Sandro Erby, dottore commercialista, avverso il diniego dell'istanza di rimborso delle imposte versate in eccedenza a titolo IRPEF e CSSN sia per l'anno 1995 che per l'anno 1996. Il procedimento venne discusso in pubblica udienza il giorno 11 dicembre 2002 avendo il contribuente presentato la prescritta istanza. Questo collegio in tale data si riservo' di decidere. Premesso in fatto La signora Verina Boy, residente in Cagliari, rappresentata e difesa dal dott. Sandro Erby, dottore commercialista, ricorreva con diversi ricorsi, successivamente riuniti, alla Commissione trbutaria provinciale di Cagliari avverso il mancato accoglimento dell'istanza di rimborso IRPEF/CSSN da parte della Direzione regionale delle entrate relativo all'anno 1995 ed all'anno 1996. La ricorrente, proprietaria di un immobile sito in Cagliari, via Dante 72, locato a tale Ignazio Ghiani successivamente sfrattato per morosita', provvedeva ad inserire fra i redditi imponibili i canoni anche se non ancora percepiti, in ossequio alle disposizioni di legge che, per il principio di competenza previsto per i redditi fondiari, danno per incassati i canoni di locazione previsti in contratto. Successivamente la signora Boy, non essendo riuscita a recuperare i canoni insoluti neppure con il ricorso all'Autorita' giudiziaria, provvedeva a chiedere all'amministrazione finanziaria il rimborso delle imposte versate in eccedenza; La Direzione regionale respingeva tale richiesta in quanto presentata oltre il terme perentorio di diciotto mesi dalla data dei versamenti, cosi' come prescritto dall'art. 38 del d.P.R. n. 602/1973; Avverso tale diniego la signora Boy provvedeva a ricorrere alla Commissione tributaria provinciale eccependo, preliminarmente, l'incostituzionalita' dell'operato dell'amministrazione finanziaria per la violazione dell'art. 53 per l'inosservanza del principio della partecipazione dei cittadini alle spese pubbliche in ragione della loro effettiva capacita' contributiva. La ricorrente, in via principale, contestava l'interpretazione data dall'Ufficio dell'art. 36 del succitato decreto facendo rilevare che il limite invalicabile dei diciotto mesi si riferisce soltanto alle ipotesi di pagamento effettuato in eccedenza per errore materiale, per duplicazione e per inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versamento. E' evidente, proseguiva la signora Boy, che nessuna delle ipotesi sopra citate sussistevano nel caso de quo. Il versamento venne effettuato in ossequio alle disposizioni di legge sopra specificati, per cui, a detta del ricorrente, non si poteva disattendere la richiesta di restituzione di quanto indebitamente versato oltre agli interessi e con vittoria di spese e d'onorari. L'amministrazione finanziaria resistendo al ricorso chiedeva alla Commissione di prima istanza, in via preliminare, che venisse, per i canoni versati relativamente al 1995, dichiarato inammissibile il ricorso in quanto la Direzione regionale, parte in giudizio, non era stata ritualmente citata in giudizio ed, inoltre, perche' l'istanza di rimborso era stata presentata oltre il termine perentorio di diciotto mesi. In subordine, con riferimento agli anni 1995 e 1996, l'Ufficio chiedeva il rigetto dei ricorsi in quanto infondati nel merito e con la condanna al pagamento delle spese e degli onorari. La Commissione tributaria provinciale di Cagliari, con la sentenza in data 7 luglio 2000, accoglieva nel merito i ricorsi compensando tra le parti le spese del giudizio. Avverso tale decisione l'amministrazione finanziaria - l'Agenzia delle entrate, Ufficio di Cagliari 1 - non condividendo quanto argomentato dai giudici di prime cure, proponeva l'impugnazione alla Commissione tributaria regionale di Cagliari. L'Ufficio appellante chiedeva la riforma della decisione dei giudici di primo grado per tre ordini di motivi: violazione dell'art. 122 c.p.c. per omessa pronuncia sull'eccezione relativa alla mancata notifica del ricorso per l'anno 1995 all'Ufficio competente che era la Direzione regionale delle entrate, ai sensi dell'artt. 20 e 22 del d.lgs. n. 546/1992; per violazione dell'art. 122 c.p.c. per omessa pronuncia sull'eccepita decadenza del termine perentorio di diciotto mesi per la presentazione della domanda di rimborso, per l'anno 1995, stabilito dall'art. 38 del d.P.R. n. 602/1973; per la falsa applicazione dell'art. 23 TUIR. Con vittoria di spese e di onorari. La signora Verina Boy, rappresentata e difesa dal dott. Sandro Erby, si costituiva in giudizio chiedendo alla Commissione tributaria regionale di Cagliari la conferma della decisione impugnata con vittoria di spese e di onorari ritenendo le argomentazioni esposte dall'Ufficio a sostegno dell'impugnazione sostanzialmente pretestuose e fuorvianti e, pertanto, non meritevoli di accoglimento. Il dott. Sandro Erby, per conto della signora Boy, richiedeva ritualmente la pubblica udienza. All'udienza pubblica dell'11 dicembre 2002, le parti hanno ribadito le richieste formulate nella dichiarazione d'impugnazione e nelle deduzioni all'appello. In particolare il rappresentante della contribuente ha sollevato pregiudizialmente l'eccezione d'incostituzionalita' dell'art. 23 del TUIR in quella parte che non estende ai locatori di locali commerciali di poter usufruire, nei confronti del fisco, del credito d'imposta concesso ai proprietari di case d'abitazione nell'ipotesi di canoni non soluti. Questa Commissione in tale udienza si riservava la decisione. Tale riserva viene sciolta in data odierna con ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale; O s s e r v a Il dubbio di legittimita' sollevato dal rappresentante del contribuente all'udienza pubblica dell'11 dicembre 2002 appare non manifestamente infondato. L'art 23 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, prima della modifica, disponeva che: «i redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla loro percezione a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprieta', ...». Successivamente, al predetto articolo venne aggiunta una modifica che riparo', ma soltanto in parte l'ingiustizia che si verificava, nei confronti dei locatori di beni immobili, con l'applicazione delle norme suddette che violavano la parita' dei cittadini di fronte alla legge e l'obbligo di contribuire alle spese pubbliche in ragione della propria capacita' contributiva. Con l'art. 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, venne modificato il sopra citato art. 23 precisando che: «I redditi derivanti da contratti di locazione d'immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosita' del conduttore. Per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti....... e' riconosciuto un credito d'imposta di pari ammontare». Con tale norma, pertanto, il locatore d'immobili ad uso abitativo non era piu' obbligato a dichiarare, come percepiti, redditi inesistenti ma poteva vantare nei confronti dell'erario, per le imposte versate sui canoni insoluti, un credito d'imposta di pari ammontare. Tale norma, pero', non era completa. Infatti, restavano fuori dal beneficio i locatori di locali commerciali che continuavano - e continuano - a dover dichiarare, anche se non percepiti, i canoni d'affitto i quali, concorrendo a formare il reddito, impongono il pagamento di imposte sicuramente non dovute. E' evidente la violazione sia dell'art. 3 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini devono essere uguali di fronte alla legge, sia dell'art. 53 della Costituzione in base al quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva. L'amministrazione finanziaria ha chiesto nella dichiarazione d'impugnazione che questa Commissione tributaria regionale dichiarasse l'inammissibilita' del ricorso relativo all'anno 1995 perche' non presentato secondo le modalita' previste dall'art. 20 e 22 del decreto legislativo n. 546/1992. Questo Collegio giudicante ritiene di dover sospendere il procedimento anche su questo punto poiche' ritiene che, sia per la mutata politica fiscale improntata a rafforzare la fiducia del cittadino nei confronti del fisco e sia per la maggior autonomia che il legislatore ha concesso all'amministrazione finanziaria con l'esercizio dell'autotutela, non sia conveniente dover applicare, soltanto per un'irregolarita' procedurale, una norma che potrebbe anche essere dichiarata incostituzionale. La Commissione tributaria regionale di Cagliari,