Ricorso della Provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale pro tempore Lorenzo Dellai, autorizzato con deliberazione della giunta provinciale 19 dicembre 2003, n. 3306 reg. del (doc. 1), rappresentata e difesa - come da procura del 22 dicembre 2003, n. rep. 25988 (doc. 2), autenticata dal dott. Tommaso Sussarellu, ufficiale rogante della provincia - dal prof. avv. Giandomenico Falcon e dall'avv. Luigi Manzi di Roma, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell'avv. Manzi, via Confalonieri, n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 27 ottobre 2003, n. 290 (conversione in legge, con modificazione del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, recante disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica. Delega al Governo in materia di remunerazione della capacita' produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilita), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 28 ottobre 2003, n. 251, in quanto introduce nel decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, gli artt. 1-ter, comma 2, e 1-sexies, commi da 1 a 6, per violazione: dell'art. 117, commi 3 e 6, Cost., in correlazione con l'art. 10, legge cost. n. 3/2001; dell'art. 8, nn. 5, 6, 17, 19 e 22, e dell'art. 16 dello statuto di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670; delle norme di attuazione dello statuto, e in particolare degli artt. 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266; degli artt. 95, comma 3, e 97, commi 1 e 2, Cost.; del principio di sussidiarieta' e di leale cooperazione, anche in relazione a quanto stabilito nella sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003; nei modi e per i profili di seguito illustrati. F a t t o La legge n. 290 del 2003 reca: disposizioni urgenti per la sicurezza del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica e contiene altresi' una delega al Governo in materia di remunerazione della capacita' produttiva di energia elettrica e di espropriazione per pubblica utilita'. La disciplina cosi' posta rientra dunque, in primo luogo, nella materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». In tale materia, accanto agli specifici poteri riconosciuti dal d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235 (norme d'attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di energia), modificato dal decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, la ricorrente provincia ha ora la generale potesta' legislativa concorrente, ai sensi del terzo comma dell'art. 117 della Costituzione (che l'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 rende applicabile anche ad essa in quanto, come in questo caso, ne risultino forme di autonomia piu' ampie rispetto a quelle gia' previste dallo statuto speciale e dalle relative norme di attuazione). Quanto poi agli strumenti con cui gli interventi previsti dalla legge si attuano, non c'e' dubbio che essi incidano profondamente sull'assetto territoriale: e sotto questo profilo essi ricadono nella materia urbanistica, nella quale la ricorrente provincia dispone di potesta' primaria ai sensi dell'art. 8, n. 5, dello statuto. Inoltre, la provincia ha competenza legislativa primaria in altre materie connesse, quali la tutela del paesaggio (art. 8, n. 6), i lavori pubblici di interesse provinciale (art. 8, n. 17), l'assunzione diretta di servizi pubblici (art. 8, n. 19), l'espropriazione per pubblica utilita' (art. 8, n. 22). Alle Regioni ordinarie e' data poi potesta' concorrente in materia di governo del territorio. La legge 27 ottobre 2003, n. 290, detta misure urgenti per la sicurezza e per il recupero di potenza del sistema elettrico, al fine di evitare l'imminente pericolo di interruzione di fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale e di garantire la necessaria copertura del fabbisogno nazionale. Con il presente ricorso la Provincia autonoma di Trento non intende certo opporsi al conseguimento di tali obbiettivi, che essa ovviamente condivide; essa intende bensi' partecipare al conseguimento di tali obbiettivi nei termini che lo statuto e la Costituzione assegnano alle regioni ed alle province autonome. Quanto alla sua applicazione nel territorio della Provincia di Trento, la normativa statale qui considerata non prende posizione alcuna; essa non formula alcuna salvaguardia espressa delle competenze provinciali, ne' opera un riferimento diretto alla Provincia autonoma di Trento. La ricorrente Provincia e' ben consapevole che, di regola, dovrebbe da cio' inferirsi che rimangono salve, in quanto non apertamente contraddette, le proprie prerogative costituzionali, anche in virtu' del principio dell'interpretazione costituzionalmente conforme, secondo quanto anche di recente confermato dalla sentenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale n. 221 del 2003. Tuttavia, in questo particolare caso due ordini di considerazioni inducono a ritenere che la normativa statale intenda vincolare anche la Provincia di Trento, e nel suo ambito territoriale applicarsi direttamente. In primo luogo, le prerogative che la provincia fa qui valere non sono soltanto quelle derivanti dallo statuto e dalle norme di attuazione, ma e', in particolare, la generale potesta' legislativa concorrente che le deriva in materia di energia dall'art. 117, comma 3, della Costituzione. Si tratta dunque di prerogative che sono stabilite in primo luogo per le regioni a statuto ordinario: ora, se il legislatore statale non ha inteso rispettare tali prerogative in relazione alle regioni ordinarie, sembra difficile supporre che abbia inteso farlo in relazione alle regioni a statuto speciale. In secondo luogo, lo stesso carattere delle opere considerate nella legge n. 290 del 2003 e gli scopi di carattere nazionale cui esse sono collegate, lasciano pensare che le relative disposizioni debbano considerarsi applicabili anche nei confronti della provincia autonoma. In tale prospettiva, risultano in particolare lesive delle prerogative regionali e provinciali le disposizioni degli artt. 1-ter, comma 2, e 1-sexies, commi da 1 a 6, come introdotti dalla legge di conversione. L'art. 1-ter (misure per l'organizzazione e lo sviluppo della rete elettrica e la terzieta' delle reti) prevede, tra l'altro, che il Ministro delle attivita' produttive emani gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e approvi i relativi piani di sviluppo predisposti annualmente dai gestori delle reti di trasporto (comma 2). L'art. 1-sexies (semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per le reti nazionali di trasporto dell'energia e per gli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici) prevede che l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti, facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia, sia rilasciata dalle amministrazioni statali competenti mediante un procedimento unico, entro sei mesi dalla data di presentazione della domanda (comma 1), e che le norme procedimentali e la individuazione della autorita' competente al rilascio della autorizzazione unica siano demandate ad un successivo decreto del Presidente della Repubblica (comma 2). Lo stesso articolo detta inoltre ulteriori disposizioni procedimentali per il caso in cui non sia richiesta la procedura di valutazione di impatto ambientale (comma 3) e prevede infine che la autorizzazione comprenda la dichiarazione di pubblica utilita' (comma 4). Il comma 5 riconosce la potesta' delle regioni di disciplinare i procedimenti di autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio di reti energetiche di competenza regionale, in conformita' ai principi ed ai termini temporali di cui al medesimo articolo, prevedendo, per le opere che ricadono nel territorio di piu' regioni, un sistema di intesa tra le medesime, ed un potere sostitutivo statale ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione in caso di inerzia o di mancata definizione dell'intesa. Ai sensi del comma 6 lo Stato e le Regioni interessate stipulano accordi di programma con i quali si definiscono «le modalita' organizzative e procedimentali per l'acquisizione del parere regionale nell'ambito dei procedimenti autorizzativi delle opere inserite nel programma triennale di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di rilevante importanza che interessano il territorio di piu' regioni anche per quanto attiene al trasporto nazionale del gas naturale e degli oli minerali». Tali attribuzioni di competenza ad organi statali, nei termini in cui sono disciplinate, risultano illegittime e lesive delle competenze costituzionali della ricorrente provincia per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6. Come accennato in narrativa, l'articolo 1-sexies prevede che l'autorizzazione alla costruzione ed all'esercizio degli elettrodotti, degli oleodotti e dei gasdotti, facenti parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia, sia rilasciata dalle amministrazioni statali (comma 1) e che con successivo decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attivita' produttive, siano emanate «norme concernenti il procedimento» e siano «individuati l'autorita' competente al rilascio dell'autorizzazione unica e gli atti che sono sostituiti dalla medesima autorizzazione» (comma 2). Il comma 3 dello stesso articolo prevede inoltre che «per i procedimenti relativamente ai quali non sono prescritte le procedure di valutazione di impatto ambientale» il procedimento unico debba «essere concluso nel termine di quattro mesi dalla data di presentazione della domanda», mentre il comma 4 prevede che l'autorizzazione comprenda «la dichiarazione di pubblica utilita», e che ne faccia parte «la valutazione di impatto ambientale, ove prevista dalla normativa vigente». Il comma 5 dispone che «le regioni disciplinano i procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di reti energetiche di competenza regionale in conformita' ai principi e ai termini temporali di cui al presente articolo, prevedendo che, per le opere che ricadono nel territorio di piu' regioni le autorizzazioni siano rilasciate d'intesa tra le regioni interessate», precisando che «in caso di inerzia o di mancata definizione dell'intesa, lo Stato esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'art. 120 della Costituzione». A sua volta, il comma 6 prevede che lo Stato e le regioni interessate stipulino «accordi di programma con i quali sono definite le modalita' organizzative e procedimentali per l'acquisizione del parere regionale nell'ambito dei procedimenti autorizzativi delle opere inserite nel programma triennale di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di rilevante importanza che interessano il territorio di piu' regioni anche per quanto attiene al trasporto nazionale del gas naturale e degli oli minerali». Tali disposizioni presentano tutte, ad avviso della ricorrente provincia, profili di illegittimita' costituzionale, ove raffrontate al parametro costituito dal titolo V della parte seconda della Costituzione, ed in particolare da quello di cui all'art. 117, comma terzo. In effetti, trattandosi, come sopra esposto, di un intervento che ricade fondamentalmente in una materia di potesta' legislativa concorrente - per altri profili incide su materie di potesta' primaria della provincia, e quanto qui osservato vale a maggiore ragione - lo Stato, a termini dell'art. 117, comma terzo, Cost., ha potesta' legislativa limitatamente ai principi fondamentali della materia, spettando per il rimanente ogni potesta' legislativa alle Regioni, alle quali spetta anche la potesta' regolamentare, in virtu' dell'art. 117, comma sesto, Cost. In altre parole, all'interno della disciplina di principio statale spetta alle regioni - ivi compresa la Provincia autonoma di Trento in virtu' dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 - la disciplina della materia, ed in particolare la disciplina delle funzioni amministrative e della relativa titolarita'. L'art. 1-sexies del decreto-legge qui contestato, invece, non solo disciplina direttamente e compiutamente l'esercizio delle funzioni amministrative, ma ai commi 1 e 2 - nonche', in relazione ad aspetti specifici, 3 e 4 - ne prevede la diretta spettanza, in relazione agli impianti che fanno parte delle reti nazionali di trasporto dell'energia, alle amministrazioni statali, anziche' alle regioni. Affermare la necessaria competenza regionale (e provinciale) non significa certo negare il carattere di unitarieta' della rete e delle connesse decisioni: l'atto regionale, ad esempio, potrebbe bene essere, all'occorrenza, il veicolo formale di decisioni maturate e concordate in sede nazionale. Ma se invece dovesse giustificarsi una titolarita' statale delle funzioni amministrative, cio' non potrebbe avvenire che per l'interferenza, sul principio di attribuzione delle competenze legislative, del principio di sussidiarieta', codificato dall'art. 118, comma 1, Cost., secondo i criteri affermati da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 303 del 2003. In questo caso, tuttavia, varrebbero nei termini esatti gli ulteriori principi affermati in tale sentenza. Con essa codesta Corte costituzionale ha infatti stabilito che al fine di garantire l'esercizio unitario possono essere attratte dallo Stato, in attuazione dei principi di sussidiarieta' e di adeguatezza, ai sensi dell'art. 118, primo comma, della Costituzione, le funzioni amministrative nelle materie di competenza concorrente, con la conseguenza che la legge statale e' legittimata a disciplinare, organizzare e regolare l'esercizio concreto delle predette funzioni in forza del principio di legalita' della azione amministrativa; e che tuttavia i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza convivono con il normale riparto di competenze stabilito dall'art. 117 della Costituzione e possono giustificarne una deroga solo se la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio stretto di costituzionalita', e sia oggetto di un accordo stipulato con le regioni o con le province autonome interessate. Al contrario, invece, le disposizioni qui impugnate non prevedono alcun processo di concertazione tra Stato e regioni e province autonome interessate. Se e' vero, infatti, che, ai sensi del comma 6, lo Stato e le regioni interessate «stipulano accordi di programma», e' tuttavia da osservare che tali «accordi» sono del tutto incongruamente riferiti, anziche' alla sostanza delle decisioni da assumere, alle «modalita' organizzative e procedimentali per l'acquisizione del parere regionale nell'ambito dei procedimenti autorizzativi delle opere inserite nel programma triennale di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di rilevante importanza che interessano il territorio di piu' regioni». Non solo dunque tali accordi riguardano i procedimenti relativi alle sole opere inserite nei piani triennali di sviluppo, ma soprattutto e' evidente che un accordo sulle modalita' di acquisizione di un parere non trasforma certo, al fondo della questione, il parere in qualcosa di diverso. Rimane dunque confermata - anche nell'ipotesi che la competenza statale per i procedimenti autorizzatori delle opere delle reti nazionali potesse trovare giustificazione costituzionale alla stregua dei criteri elaborati con la sentenza n. 303 del 2003 - l'illegittimita' delle disposizioni che ne prevedono l'esercizio al di fuori di una procedura di intesa sia con la Conferenza Stato-Regioni, per i profili indivisibili, che con le regioni interessate, per quanto riguarda i profili di conformazione e localizzazione territoriale che coinvolgono la singola specifica comunita'. Il comma 2 prevede poi, ulteriormente, che le «norme concernenti il procedimento» siano emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle attivita' produttive, e che con lo stesso atti siano «individuati l'autorita' competente al rilascio dell'autorizzazione unica e gli atti che sono sostituiti dalla medesima autorizzazione». Ad avviso della ricorrente provincia, tale disposizione viola sia il riparto di competenze tra Stato e regioni, sia il principio di legalita' e di riserva di legge in materia di determinazione delle competenze e dei provvedimenti amministrativi. Sotto il primo profilo, intanto, sembra evidente che le norme che dovrebbero emanarsi con decreto presidenziale su proposta ministeriale altro non sono che norme regolamentari: in pieno contrasto con l'art. 117, commi 3 e 6, che nelle materie di potesta' concorrente rispettivamente limitano la potesta' legislativa statale alla statuizione dei principi fondamentali ed escludono la titolarita' della potesta' regolamentare. E se pure - in denegata ipotesi - anche alla normazione secondaria dovesse applicarsi il criterio di una possibile deroga al riparto costituzionale ordinario delle competenze, in virtu' del principio di sussidiarieta', ne risulterebbe comunque l'illegittimita' della previsione qui contestata in quanto essa non prevede che i poteri cosi' portati eccezionalmente al centro siano esercitati insieme alle Regioni mediante lo strumento dell'accordo o dell'intesa. Inoltre, la disposizione del comma 2 risulta illegittima anche sotto il profilo della violazione della riserva di legge posta dagli artt. 95, comma 3, e 97, commi 1 e 2, Cost., in quanto essa prevede che l'atto di normazione secondaria non solo detti le norme procedimentali, ma anche individui le autorita' competenti e stabilisca quali diversi provvedimenti sono sostituiti dalle autorizzazioni. In questo modo l'atto di normazione secondaria va ad incidere sia nelle sfere di competenza e nelle attribuzioni degli organi, sia (quanto alla individuazione dei provvedimenti assorbiti dalla autorizzazione) nella delimitazione fondamentale del rapporto tra le pubbliche autorita' e le liberta' dei soggetti, delimitazione fondamentale che e' riservata alla legge. Il comma 5 prevede che le regioni disciplinino «i procedimenti di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di reti energetiche di competenza regionale in conformita' ai principi e ai termini temporali di cui al presente articolo, prevedendo che, per le opere che ricadono nel territorio di piu' regioni le autorizzazioni siano rilasciate d'intesa tra le regioni interessate». Esso prevede inoltre che, «in caso di inerzia o di mancata definizione dell'intesa, lo Stato esercita il potere sostitutivo ai sensi dell'art. 120 della Costituzione». Anche tale comma risulta, ad avviso della ricorrente provincia, illegittimo sotto diversi profili ed in diverse parti. In primo luogo, esso presuppone il riparto di competenze autorizzative qui contestato come costituzionalmente illegittimo, limitando la competenza autorizzatoria regionale alle reti di carattere non nazionale. In secondo luogo, esso vincola le stesse riconosciute competenze regionali non solo ai «principi» (da intendersi correttivamente come «fondamentali») dell'art. 1-sexies, ma anche ai «termini temporali» da esso stabiliti: con una illegittimita' tanto piu' evidente in quanto la stessa legge statale li distingue dai principi. In terzo luogo, risulta illegittima la previsione del potere sostitutivo di cui all'art. 120, secondo comma, Cost., e cio' sia per ragioni attinenti in generale allo stesso art. 120 che per ragioni attinenti al regime speciale della Provincia di Trento. Sul piano generale, interno allo stesso art. 120, comma secondo, va infatti osservato che tale disposizione stabilisce essa stessa in termini delimitativi il proprio ambito di applicazione in relazione ad ipotesi tipiche, non suscettibili di estensione tramite legge ordinaria. Il carattere tassativo delle ipotesi costituzionali e' confermato, in via interpretativa, dalla legge n. 131 del 2003 (disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), che all'art. 8, comma 1, espressamente si riferisce ai «casi» ad alle «finalita» previste dall'art. 120, secondo comma. E' dunque palesemente illegittima la disposizione qui censurata, che estende il potere sostitutivo di cui all'art. 120 al di la' del proprio ambito costituzionale di applicazione. Con riferimento poi alla ricorrente provincia, le clausole giustificatrici di un eventuale potere sostitutivo statale vanno ricercate non nell'art. 120, comma secondo, Cost., ma nelle specifiche previsioni statutarie. E' evidente, infatti, che la previsione di un potere sostitutivo non realizza certo quelle piu' ampie condizioni di autonomia rispetto a quanto previsto dallo Statuto speciale e relative norme di attuazione, in relazione alle quali l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 consente l'applicazione delle proprie norme, altrimenti destinate alle sole regioni a statuto ordinario. 2. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 2. Lo stesso ordine di ragioni ora esposto a proposito dell'art. 1-sexies conduce ad affermare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1-ter, comma 2, secondo il quale «il Ministro delle attivita' produttive emana gli indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali di trasporto di energia elettrica e di gas naturale e approva i relativi piani di sviluppo predisposti, annualmente dai gestori delle reti di trasporto». Trattandosi di materia di potesta' legislativa concorrente, eventuali funzioni amministrative statali possono essere giustificate soltanto nei termini ed alle condizioni stabiliti da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella piu' volte citata sentenza n. 303 del 2003. Si impone, in primo luogo, una verifica della necessita' e della proporzionalita' di tali poteri. Con riferimento agli indirizzi, ci si deve chiedere quale sia la loro ragione, dato che gia' l'art. 1-sexies, comma 6, prevede il programma triennale di sviluppo della rete elettrica di trasmissione nazionale e delle opere di rilevante importanza che interessano il territorio di piu' regioni, del quale e' arduo immaginare contenuti diversi dagli «indirizzi per lo sviluppo delle reti nazionali». Con riferimento alla approvazione dei progetti, invece, va verificato che essi debbano necessariamente essere approvati da una autorita' centrale, anziche' da autorita' regionali. Sembra evidente, infatti, che i progetti di sviluppo normalmente investiranno tratte collocate all'interno delle singole regioni, e che la coerenza di tali progetti con il programma puo' bene essere verificata in sede regionale. La riserva allo Stato di tale potere di approvazione viola dunque il principio di sussidiarieta' e di proporzionalita'. Ma anche nella misura nella quale tali poteri statali fossero costituzionalmente ammissibili, condizione di tale ammissibilita' sarebbe pur sempre, alla stregua dei criteri della piu' volte citata sentenza, l'intesa con le regioni o con le regioni interessate. Di qui, in ogni caso, l'illegittimita' della disposizione, nei termini in cui e' formulata.