ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5-bis  del
decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143 (Disposizioni urgenti in tema di
versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e di gare
indette   dalla   Consip   S.p.a.  nonche'  di  alienazione  di  aree
appartenenti  al  patrimonio  ed  al demanio dello Stato), introdotto
dalla  legge  di  conversione 1° agosto  2003, n. 212 (Conversione in
legge,  con  modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143,
recante  disposizioni  urgenti  in  tema  di versamento e riscossione
tributi,  di  Fondazioni  bancarie  e  di  gare  indette dalla Consip
S.p.a.),  promosso  con  ricorso della Regione Abruzzo, notificato il
9 ottobre  2003,  depositato  in  cancelleria  il  21  successivo  ed
iscritto al n. 75 del registro ricorsi 2003.
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20 gennaio  2004  il  giudice
relatore Riccardo Chieppa.
    Ritenuto che con ricorso notificato all'Avvocatura generale dello
Stato il 9 ottobre del 2003, e depositato presso la cancelleria della
Corte  costituzionale  il  21 ottobre  2003,  la  Regione  Abruzzo ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis
del  decreto-legge  24  giugno 2003,  n. 143 (Disposizioni urgenti in
tema di versamento e riscossione di tributi, di Fondazioni bancarie e
di  gare  indette  dalla Consip S.p.a. nonche' di alienazione di aree
appartenenti  al  patrimonio  e  al  demanio dello Stato), introdotto
dalla  legge  di  conversione 1° agosto  2003, n. 212 (Conversione in
legge,  con  modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143,
recante  disposizioni  urgenti  in  tema  di versamento e riscossione
tributi,  di  Fondazioni  bancarie  e  di  gare  indette dalla Consip
S.p.a.),  per  violazione  degli  artt. 114,  117,  118  e  119 della
Costituzione;
        che,  secondo  la  Regione  ricorrente,  la  norma  impugnata
avrebbe  dato  vita  ad  «una  disciplina  del  tutto spuria relativa
all'alienazione  di  aree  appartenenti  al  patrimonio  dello Stato,
accompagnata    da   una   procedura   di   trasferimento   parimenti
discutibile»,   avendo   introdotto   «un  generalizzato  obbligo  di
dismissione, attraverso alienazione diretta ad opera dell'Agenzia del
demanio  verso  i  proprietari/occupatori, delle aree appartenenti al
suo   patrimonio   o  demanio»,  allorche'  le  stesse  o  «risultino
interessate   dallo   sconfinamento   di  opere  eseguite,  entro  il
31 dicembre  2002,  su  fondi  attigui  di proprieta' altrui», ovvero
«siano divenute aree di pertinenza», oppure, infine, «siano interne a
strumenti urbanistici vigenti»;
        che  la Regione Abruzzo deduce la violazione degli artt. 114,
117  e  118  della  Costituzione  (oltre  che del principio di «leale
collaborazione»  tra  Stato  e  Regioni),  denunciando  che  la norma
impugnata  non  sarebbe  rispettosa della distinzione di funzioni tra
Stato e Regioni nelle materie inerenti al «governo del territorio» ed
alla  «protezione  civile»  (attribuite  dall'art. 117,  terzo comma,
della  Costituzione  alla  competenza  regionale c.d. «concorrente»),
configurandosi «sicuramente quale legislazione di dettaglio»;
        che  inoltre  - ad avviso della ricorrente - «per l'esercizio
delle funzioni amministrative, connesse alle funzioni di legislazione
generale  regionale»  e' «essenziale che i beni (ad oggi) costituenti
il  c.d. patrimonio o demanio idrico statale conservino la originaria
natura»,  di  talche'  ulteriormente  illegittima  -  per  violazione
dell'art. 118  della  Costituzione  e  del  principio  c.d. di «leale
collaborazione»   -   si   presenterebbe  la  scelta  effettuata  dal
legislatore  statale di «sottrarre in via generale, senza valutazione
alcuna  delle singole e particolari situazioni fattuali e di diritto»
i beni in concreto destinati alla «gestione del demanio idrico»;
        che  -  secondo  la ricorrente - la disposizione impugnata si
pone  in  contrasto, infine, anche con l'art. 119 della Costituzione,
atteso  che  la  scelta  statale  di  separare  «i  beni  connessi ed
immanenti  all'esercizio  delle  funzioni  di  gestione  del  demanio
idrico»  dallo  «scopo di destinazione» loro proprio, si risolverebbe
in  una  lesione  della  «autonomia  patrimoniale e finanziaria delle
regioni».
    Considerato  che  l'impugnativa  proposta  dalla  Regione Abruzzo
incorre in un duplice concorrente profilo d'inammissibilita';
        che  il  ricorso  in  esame, infatti, risulta notificato alla
sola   Avvocatura  generale  dello  Stato,  cosi'  contravvenendo  al
principio secondo cui «ai giudizi costituzionali non sono applicabili
le  norme  sulla  rappresentanza  in  giudizio  dello  Stato previste
dall'art. 1   della   legge   25 marzo   1958,   n. 260»   che   reca
«Modificazioni  alle  norme  sulla  rappresentanza  in giudizio dello
Stato»  (v.  anche la legge 3 aprile 1979, n. 103 che reca «Modifiche
dell'ordinamento  dell'Avvocatura  dello  Stato»), con la conseguenza
che  «e'  irrituale  la notificazione del ricorso effettuata soltanto
presso l'Avvocatura dello Stato» (sentenza n. 135 del 1997, ordinanza
n. 266  del 1995 e sentenze n. 295 del 1993, n. 355 del 1992 e n. 548
del 1989);
        che  il  ricorso  della  Regione  Abruzzo,  inoltre,  risulta
depositato  presso  la  cancelleria  della  Corte  costituzionale  il
21 ottobre  2003,  e  dunque  oltre  sessanta  giorni dopo l'avvenuta
pubblicazione della legge 1° agosto 2003, n. 212 che ha introdotto la
norma  sospettata  d'incostituzionalita', essendo detta pubblicazione
avvenuta in data 11 ottobre 2002;
        che,  quindi,  non  risulta  rispettato  il  termine previsto
dall'art. 32,  secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla  costituzione  e sul funzionamento della Corte costituzionale),
termine  stabilito  a  pena  di  decadenza (sentenze n. 303 del 2003,
n. 99  del  2000,  n. 72 del 1981 e n. 191 del 1980; ordinanze n. 126
del 1997, n. 528 e n. 643 del 1988), senza che operi l'istituto della
sospensione  feriale  dei  termini (sentenze 127 del 1997, n. 233 del
1993,  n. 215  del 1986, n. 239 del 1982, n. 174 del 1974 e n. 30 del
1973);
        che,   pertanto,   deve   essere   dichiarata   la  manifesta
inammissibilita'  del  ricorso proposto dalla Regione Abruzzo avverso
l'art. 5-bis  del d.l. 24 giugno 2003, n. 143, introdotto dalla legge
di conversione 1° agosto 2003, n. 212.