ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 231,
della  legge  28 dicembre  1995,  n. 549 (Misure di razionalizzazione
della  finanza pubblica), come sostituito dall'articolo 24, comma 26,
della  legge  27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione
della  finanza  pubblica)  e  dell'art. 4,  comma 1,  lettera b), del
decreto  legislativo  23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell'imposta
unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell'art. 1,
comma 2,  della  legge  3 agosto 1998, n. 288) promosso con ordinanza
del  30 settembre  2002  dalla  Commissione tributaria provinciale di
Pistoia  sul  ricorso  proposto  dalla  Giada  -  Bet  S.r.l.  contro
l'Agenzia  delle  Entrate - Ufficio di Pescia, iscritta al n. 225 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 18, 1ยช serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  costituzione della Giada - Bet S.r.l., nonche'
gli atti di intervento del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, CONI
e del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 novembre  2003  il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi  gli  avvocati Nicolo' Zanon e Andrea Manzi per Giada - Bet
S.r.l.,  Giuseppe  Morbidelli  e  Massimo  Ranieri  per  il  Comitato
Olimpico Nazionale, CONI e l'Avvocato dello Stato Massimo Mari per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  la Commissione Tributaria Provinciale di Pistoia -
con  ordinanza  del  30 settembre  2002  -  ha sollevato questione di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 3,  comma 231,  della  legge
28 dicembre  1995,  n. 549 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica),  come  sostituito  dall'articolo 24, comma 26, della legge
27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza
pubblica),  nonche'  dell'art. 4,  comma 1,  lett.  b),  del  decreto
legislativo 23 dicembre 1998, n. 504 (Riordino dell'imposta unica sui
concorsi  pronostici e sulle scommesse, a norma dell'art. 1, comma 2,
della  legge 3 agosto 1998, n. 288), in riferimento all'art. 23 della
Costituzione,  per  contrasto  con  la  riserva  relativa di legge in
materia di prestazioni patrimoniali;
        che  il  remittente  - investito del ricorso presentato dalla
Giada  -  Bet  S.r.l.  (concessionaria del servizio di scommesse) per
l'annullamento   del   provvedimento   (atto   n. 26572/2002)  emesso
dall'Agenzia  delle  Entrate  di Pescia, contenente la determinazione
degli   omessi   e  ritardati  versamenti  dell'imposta  unica  sulle
scommesse  relativamente  all'anno 2001  e la contestuale irrogazione
della  sanzione  -  si  sofferma preliminarmente sulla ammissibilita'
della  proposizione del ricorso dinanzi a se' e, quindi, sulla natura
dell'atto impugnato;
        che in proposito sottolinea che si tratta di atto impositivo,
impugnabile ai sensi dell'art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546
(Disposizioni  sul  processo tributario in attuazione della delega al
Governo contenuta nell'art. 32 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
poiche'  costituisce  la  premessa sufficiente per l'escussione della
garanzia  prestata  dal  contribuente, restando invece irrilevante la
forma  e  la  denominazione dello stesso e l'omissione in calce delle
modalita'  per il ricorso; omissione che avrebbe potuto eventualmente
rilevare  solo ai fini dell'irregolarita' e conseguente remissione in
termini per l'instaurazione del giudizio;
        che,   sotto  il  profilo  della  rilevanza,  la  Commissione
Tributaria  argomenta  che  se  -  in accoglimento della eccezione di
costituzionalita'   prospettata  dalla  parte  -  non  sollevasse  la
questione,    dovrebbe    rigettare    il    ricorso    atteso   che:
l'amministrazione  finanziaria ha correttamente applicato le norme di
legge  e  regolamento  in  materia  di imposta unica sulle scommesse,
essendo  l'atto  sufficientemente motivato, senza che rilevino, nella
specie, le vicende relative al d.m. 13 dicembre 2001;
        che,  con  riferimento  alla  non  manifesta infondatezza, il
giudice  a  quo  sostiene  che  l'art. 3, comma 231, legge n. 549 del
1995,  il  quale  disciplina  le  quote  di  prelievo sulle scommesse
sportive  spettanti  al  CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano),
viola direttamente il principio costituzionale della riserva relativa
di  legge  per  le  prestazioni  patrimoniali  imposte  e che, in via
derivata,  lo stesso principio e' violato dall'art. 4, comma 1, lett.
b),  d.lgs.  n. 504  del 1998, essendo le aliquote dell'imposta unica
sulle scommesse individuate quale percentuale delle suddette quote di
prelievo;
        che   le   predette   quote   hanno   natura  di  prestazione
patrimoniale  imposta,  nella  quale  hanno peso decisivo gli aspetti
pubblicistici dell'intervento delle autorita' e che cio' che conta e'
la  disciplina della destinazione e dell'uso di beni o servizi, per i
quali   -  in  considerazione  della  loro  natura  giuridica,  della
situazione  di  monopolio  pubblico  o  della essenzialita' di alcuni
bisogni della vita soddisfatti da quei beni o servizi - accade che la
determinazione  della prestazione e' unilateralmente imposta con atti
autoritativi   i   quali,   incidendo   sostanzialmente  sulla  sfera
dell'autonomia  privata, giustificano la previsione di una riserva di
legge;
        che, rispetto alla disciplina che impone ai concessionari del
servizio  di  scommesse  il  versamento  delle  quote,  il remittente
sottolinea:  la  situazione  di  monopolio  del  servizio,  riservato
all'autorita'  e affidato ai privati solo tramite concessioni; la non
contrattabilita'   nella  convenzione  stipulata  dal  privato  della
percentuale   del   prelievo,   imposta   da   fonti  pubblicistiche;
l'irrilevanza  della  qualificazione  delle  quote  di prelievo quali
corrispettivo  della  concessione, atteso che la Corte costituzionale
non   attribuisce   rilievo   alla   qualificazione   formale   della
prestazione,   ne'   alla   natura   negoziale  o  meno  della  fonte
dell'obbligazione, ne' alla circostanza che l'obbligazione imposta ex
lege si inserisca in uno schema negoziale;
        che  il  remittente argomenta in ordine alla violazione della
riserva   relativa   di   legge  e  che,  secondo  la  giurisprudenza
costituzionale  (sent.  n. 129  del  1969, n. 27 del 1979, n. 157 del
1996,  nn. 7  e  323  del  2001),  il  legislatore  ha  l'obbligo  di
determinare  preventivamente  e sufficientemente criteri direttivi di
base   o   linee  generali  idonee  a  limitare  la  discrezionalita'
amministrativa  nella  produzione  di fonti secondarie e che la norma
censurata  relativa  alle quote di prelievo (art. 3, comma 231, della
legge   n. 549  del  1995)  si  limita  ad  individuare  il  soggetto
competente  alla  decisione (Ministro delle finanze con decreto) e la
destinazione  al CONI, al netto dell'imposta unica e delle spese, con
la  conseguenza  che, non solo le percentuali, ma anche i criteri per
stabilirle  sono  contenuti  nella fonte secondaria (d.m. 15 febbraio
1999);
        che  le  aliquote  dell'imposta  unica  sulle  scommesse sono
individuate  quale  percentuale  delle  suddette  quote  di prelievo,
sicche'  lo  stesso principio e' violato in via derivata dall'art. 4,
comma 1, lett. b), d.lgs. n. 504 del 1998;
        che,  anche  a non voler riconoscere la natura di prestazione
patrimoniale  imposta  all'art. 3,  comma 231, della legge n. 549 del
1995)  e,  quindi  a non pervenire per questa via al mancato rispetto
dell'art. 23    della    Costituzione,   comunque   la   disposizione
sull'imposta  unica  (art. 4,  comma 1,  lett.  b), cit.) viola anche
direttamente  lo  stesso principio costituzionale poiche' un elemento
essenziale  della  prestazione  tributaria e' comunque desunto da una
fonte  secondaria  e  non  primaria, sicche', in sostanza, l'aliquota
dell'imposta  unica  sulle  scommesse sportive non e' determinata con
riferimento  a  criteri  e  parametri  chiaramente prestabiliti nella
legge,  ma  dipende di fatto da decisioni amministrative (sulle quote
di  prelievo) a loro volta non ancorate a parametri e criteri fissati
in fonte primaria;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile e, comunque,
infondata, perche' l'attivita' inerente alla raccolta delle scommesse
sportive  e'  -  contrariamente  a  quanto ritenuto dall'ordinanza di
rimessione  -  pienamente  libera, ricadendo nella sfera di autonomia
contrattuale  del  soggetto  concessionario (Tribunale amministrativo
regionale Lazio, sez. II, 10 novembre 1984, n. 1592), con conseguente
non operativita' dell'art. 23 della Costituzione, poiche' si versa in
una  di  quelle ipotesi in cui la prestazione patrimoniale richiesta,
comprese le modalita' per la sua determinazione, e' stata previamente
e  liberamente  accettata  dal soggetto sul quale grava, e perche' il
legislatore,   nel   rimettere   al   Ministro   delle   finanze   la
determinazione  delle  quote di prelievo, ha delimitato compiutamente
l'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione rispettando
la  riserva  relativa  di  legge  (c.d.s., sez. VI. 13 febbraio 1984,
n. 72);
        che   e'  legittimo  disciplinare  l'entita'  di  un  tributo
attraverso  il ricorso alla normazione secondaria sulla base di norma
primaria  che  individui i principi generali relativi all'imposizione
(Corte  dei conti, sez. I, 19 settembre 1983, n. 113) e che, nel caso
di  specie, il d.m. 15 febbraio 1999 e' stato adottato sulla base dei
criteri  previsti  dall'art. 1  della  legge 3 agosto 1998, n. 288, e
cioe' l'esigenza del mantenimento del livello complessivo del gettito
e la differenziazione delle aliquote percentuali sulla base del grado
di  difficolta'  e  della  propensione degli scommettitori ai diversi
tipi di scommesse;
        che si e' costituita la societa' Giada-Bet. S.r.l., parte nel
giudizio   a   quo,   chiedendo  l'accoglimento  della  questione  di
costituzionalita' e riservando le motivazioni ad una futura memoria;
        che  e'  intervenuto  il  CONI  il  quale  -  premesso che il
giudizio  di  merito  ha per oggetto il provvedimento con il quale e'
stato  richiesto  il pagamento di poste creditorie dovute a titolo di
quote  di  prelievo e di avere un interesse diretto ed immediato alla
questione,  essendo il destinatario di dette quote, nonche' di essere
parte  nel  giudizio  a  quo - chiede che la questione sia dichiarata
infondata;
        che,  sostiene  il  CONI,  la  quota  di  prelievo non e' una
prestazione  patrimoniale  imposta  e,  quindi,  non  e'  soggetta al
rispetto   dell'art. 23  della  Costituzione,  e  che,  comunque,  in
subordine,  la  riserva  di  legge  e'  rispettata, dal momento che i
criteri  per  delimitare  la  discrezionalita'  dell'ente  impositore
possono  essere  desunti,  secondo  la giurisprudenza costituzionale,
dalla   destinazione   della   prestazione  o  dalla  composizione  e
funzionamento  degli organi competenti a determinare la misura (sent.
n. 90 del 1994, n. 507 del 1988, n. 67 del 1973, n. 21 del 1969) o e'
sufficiente    l'individuazione    di    un   modulo   procedimentale
dell'amministrazione  (sent.  n. 34  del  1986),  ed e' consentita la
determinazione   delle   aliquote   dell'imposizione   mediante  atto
amministrativo (sent. n. 21 del 1969);
        che,  nel  caso  di  specie,  la norma impugnata contiene gli
elementi  per escludere che la determinazione del quantum delle quote
di  prelievo sia rimessa all'arbitrio dell'amministrazione, rinviando
ad   un   d.m.   del   Ministro  delle  finanze,  che  e'  ampiamente
procedimentalizzato,  tanto  e'  vero  che ha determinato l'ammontare
tenendo  conto  della propensione degli scommettitori e dell'esigenza
di garantire al CONI lo svolgimento dei compiti istituzionali;
        che,  in  prossimita'  dell'udienza,  la Giada--Bet S.r.l. ha
depositato   memoria  con  la  quale  -  previa  contestazione  della
legittimazione del CONI all'intervento non essendo parte nel processo
dinanzi  al  giudice  a  quo  -  ha sviluppato varie argomentazioni a
sostegno dell'accoglimento della questione di costituzionalita';
        che  le  quote di prelievo sono determinate solo da un organo
politico,  quale  il  Ministro  delle  finanze, che non ha competenza
tecnica  neutrale, ed in assenza di qualunque modulo procedimentale a
mezzo  del  quale  possa  dirsi realizzata la collaborazione tra piu'
organi, come invece richiede la giurisprudenza;
        che  in prossimita' dell'udienza ha pure depositato memoria -
fuori  termine  - il CONI, il quale insiste sulle argomentazioni gia'
sviluppate  con  l'atto  di intervento, osservando in particolare che
manca il requisito della essenzialita', per i bisogni della vita, del
servizio  delle scommesse, in ragione del quale e' dovuta la quota di
prelievo, e che la stessa costituisce il corrispettivo di un rapporto
contrattuale di tipo privatistico, concludendo nel senso che la quota
di  prelievo  non  e'  prestazione  patrimoniale  imposta  (citando a
conferma  Tribunale amministrativo regionale Lombardia, sez. Brescia,
26 febbraio 2003, n. 287);
        che,  per  escludere  che  il quantum delle quote sia rimesso
all'arbitrio  dell'amministrazione,  l'intervenuto  si sofferma sulla
destinazione    al   CONI   e   sui   vincoli   posti   dalla   norma
all'utilizzazione  dei proventi, nonche' sulla procedimentalizzazione
del decreto di determinazione delle quote.
    Considerato   che,  con  ordinanza  allegata,  emessa  nel  corso
dell'udienza  pubblica,  l'intervento  del  CONI  e'  stato  ritenuto
ammissibile:
        che  il  giudice  remittente  ha  sollevato  la  questione di
costituzionalita'  in  modo  contraddittorio,  prospettando cioe' due
diverse  interpretazioni della norma relativa alle quote di prelievo,
sia pure in modo subordinato l'una all'altra, dal momento che secondo
la  prima  interpretazione  le quote di prelievo vengono classificate
come  prestazioni  patrimoniali  imposte  ricadenti  nella  sfera  di
applicabilita'   dell'art. 23   della  Costituzione,  mentre  secondo
l'altra  interpretazione  l'incostituzionalita' viene sostenuta anche
non  accettando  la  tesi  per  cui  le stesse quote di prelievo sono
prestazioni patrimoniali imposte;
        che tale prospettazione contraddittoria rende la questione di
costituzionalita' manifestamente inammissibile (cfr. ordinanza n. 407
del 1991).