ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
24 novembre  1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con
ordinanza  del  24 marzo  2003  dal  giudice  di  pace  di Bovino nel
procedimento   civile   vertente  tra  Roberta  Serra  e  la  Polizia
municipale  di Napoli, iscritta al n. 549 del registro ordinanze 2003
e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 33, 1ª
serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 10 dicembre 2003 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  giudizio,  proposto  ai  sensi
dell'art. 22  della  legge  24 novembre  1981,  n. 689  (Modifiche al
sistema  penale), in opposizione avverso un avviso di accertamento di
violazione  di  norma  del  codice della strada, commessa fuori dalla
circoscrizione  territoriale  del  giudice  adito,  nel  cui  ambito,
invece,  risiede l'opponente, il giudice di pace di Bovino (a seguito
della   conseguente  eccezione  di  incompetenza  territoriale  mossa
dall'amministrazione  convenuta),  con  ordinanza  emessa il 24 marzo
2003,  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 3, 11, 24, 25 e 111,
secondo   comma,   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  del  menzionato  art. 22, «che attribuisce al giudice
del luogo in cui e' stata commessa la violazione, individuato a norma
dell'art. 22-bis,   la   competenza   sulle  controversie  contro  le
ordinanze-ingiunzione»;
        che il rimettente osserva come tale previsione non sia idonea
a  garantire  agli  interessati,  ove  non assistiti da un legale, la
concreta   possibilita'   di   difendersi  (con  conseguente  lesione
dell'art. 24   Cost.),   giacche'  la  necessita'  per  la  parte  di
presentare  personalmente  nella  cancelleria del giudice di pace del
forum   delicti   il   suo   ricorso   e   quindi  di  ivi  comparire
successivamente in udienza, anche al fine di rendere l'interrogatorio
libero,  determinerebbe la sopportazione di un notevole costo, sia in
termini  economici  che  di  tempo,  che le sarebbe risparmiato se la
competenza  in  materia fosse del giudice del suo luogo di residenza;
laddove  l'ammontare della sanzione di solito e' tale da sconsigliare
la spesa per l'assistenza di un legale anche nei casi di macroscopica
insussistenza   della  responsabilita',  in  ragione  della  tendenza
giudiziale  a  compensare  le spese o a liquidarle equitativamente in
via simbolica;
        che,  inoltre, l'attribuzione della competenza al giudice del
luogo  della  commessa  violazione si porrebbe in contrasto anche con
gli artt. 3 e 111, secondo comma, Cost., per lesione dei principi del
giusto  processo  e  della  buona ed imparziale amministrazione della
giustizia,  di cui anche alla Convenzione di Roma per la salvaguardia
dei  diritti  dell'uomo  e  delle liberta' fondamentali, in quanto al
presunto  incolpato  non  sarebbe garantita una posizione processuale
paritaria  rispetto all'amministrazione e mancherebbero i presupposti
perche'  il  suo  ricorso  abbia  una  valenza  effettiva  e non solo
teorica, tanto piu' considerando che le pretese dell'autorita' che ha
irrogato la sanzione sono immediatamente esecutive;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
concluso per la declaratoria di manifesta inammissibilita' e comunque
di manifesta infondatezza della sollevata questione.
    Considerato  che  questa Corte e' gia' stata investita del vaglio
di   identiche   questioni   -   riguardanti  l'art. 22  della  legge
24 novembre  1981, n. 689, censurato, in riferimento agli artt. 3, 24
e  111,  secondo  comma,  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
attribuisce  la  cognizione  dell'opposizione  in materia di sanzioni
amministrative  alla  competenza per territorio del giudice del luogo
in  cui  e'  stata  commessa  la  violazione,  anziche'  di quello di
residenza   dell'opponente   -  e  le  ha  dichiarate  manifestamente
infondate,  con le ordinanze n. 459 del 2002 e n. 75, n. 193 e n. 259
del 2003;
        che,  in  assenza  di  una  prospettazione di nuovi o diversi
profili di incostituzionalita', anche l'odierna questione deve essere
decisa nello stesso modo;
        che,  in  ordine agli ulteriori parametri evocati (artt. 11 e
25 della Costituzione), l'ordinanza di rimessione non contiene alcuna
motivazione  circa  la non manifesta infondatezza del relativo dubbio
di  costituzionalita' della norma impugnata, onde la questione, sotto
questo  aspetto,  deve essere dichiarata manifestamente inammissibile
(ordinanza n. 459 del 2002, citata).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.