IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel ricorso ex art. 204-bis c.d.s. - iscritto al n. 4637/03 R.G., promosso da Ceci Anton, residente a Lesmo (MI), via G. Galilei n. 4, rappresentato e difeso dall'avv. Antonino De Benedetti, presso il cui studio in Monza (MI), p.zza Carrobiolo n. 5, ha eletto domiciliato, opponente; Contro comune di Sovico (MI), in persona del sindaco pro tempore, amministrazione opposta. Oggetto: ricorso ex artt. 22 e 23 legge 689/1981 ed iscritto al n. R.G. 4637/03. Premesso che Anton Ceci, nato a Mirdite (Albania) il 10 giugno 1983 e residente a Lesmo (MI) in via G. Galilei n. 4, avendo presentato ricorso, iscritto al n. R.G. 4637/03, per ottenere l'annullamento del verbale n. 2841, elevato dalla Polizia municipale di Sovico in data 9 luglio 2003 per violazione dell'art. 116, comma 13, del c.d.s., avendo circolato alla guida del veicolo Peugeot 106, tg. M14X9451, di sua proprieta', senza aver conseguito la patente di guida, chiamato a prestare cauzione in ottemperanza al disposto di cui all'art. 204-bis, comma 3, del c.d.s., sollevava questione di legittimita', costituzionale del predetto art. 204-bis, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui impone il versamento di una cauzione quale condizione di ammissibilita' del ricorso. Il Ceci, innanzi tutto, contestava la circostanza che gli agenti di Polizia, pur non avendo avuto la certezza che i documenti di guida da lui esibiti fossero falsi, e pur non avendo svolto alcuna indagine, sequestravano il documento da lui esibito, ritenuto presumibilmente falso, comminandogli la consequenziale sanzione amministrativa. Egli, inoltre, affermava di essere in possesso della patente di guida B/C n. 675198 e di quella internazionale n. 0075424, sennonche' la relativa certificazione, richiesta alla competente autorita' albanese per contrastare le contestazioni mossegli dall'organo accertatore, gli era stata rilasciata solo in data 2 ottobre 2003, e quindi ben oltre il termine utile per la proposizione del ricorso in via amministrativa, costringendolo cosi' al ricorso in via giurisdizionale, col conseguente obbligo di versamento, a titolo di deposito cauzionale, di una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione inflittagli, cosi' come prescritto dal terzo comma dell'art. 204-bis del c.d.s. (nel caso di specie pari a Euro 4.338,07). Poiche' dunque il ricorrente non disponeva della somma necessaria, intendendo coltivare il ricorso per ottenere l'annullamento del verbale impugnato, sollevava, in via preliminare, questione di legittimita' costituzionale della citata norma, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Considerato che La norma di cui all'art. 204-bis del decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 e successive modifiche, cosi' come da ultimo novellato dalla legge 1° agosto 2003 n. 214 di conversione decreto-legge 27 giugno 2003 n. 154 recante modifiche ed integrazioni al codice della strada, individua due specifiche condizioni di ammissibilita' del ricorso ex artt. 22 e 23 legge 24 novembre 1981 n. 689: la prima, negativa, che non sia stato, cioe', presentato ricorso al prefetto in data anteriore alla presentazione del ricorso giurisdizionale (ferma restando, ovviamente, la possibilita' di proporre opposizione avanti al giudice di pace nel caso il Prefetto confermi il verbale), e la seconda, consistente nel deposito cauzionale presso la cancelleria di una somma pari alla meta' del massimo edittale della sanzione oggetto del ricorso, a pena di inammissibilita' del ricorso stesso. Tale ultima disposizione, oltre ad essere poco chiara nella sua funzione (che, se deflattiva, per indurre cioe' l'interessato, in ragione dell'onerosita' della cauzione imposta, a desistere dall'impugnazione, modificherebbe e sopprimerebbe una facolta' espressamente garantita dalla Carta costituzionale), ed oltre ad essere incoerente rispetto al sistema (introduce, infatti, una cauzione per il caso in cui il giudizio verta su un verbale di contestazione, e la esclude quando si tratta invece di ordinanza prefettizia di conferma del verbale medesimo), pone al ricorso giurisdizionale una limitazione assai poco giustificabile (almeno a livello costituzionale). Invero il diaframma costituito dalla subordinazione dell'ammissibilita' del ricorso al versamento di una cauzione e' senz'altro censurabile, sul piano costituzionale, risultando l'omissione del versamento della cauzione discriminatoria in danno di chi non dispone di mezzi economici adeguati, in quanto realizza una disparita' di trattamento tra cittadini in grado di versare la suddetta cauzione (con conseguente facolta' di tutelare i loro diritti in sede giurisdizionale), e cittadini che tale disponibilita' non hanno (con la conseguenza che essi possono proporre esclusivamente ricorso amministrativo, la cui previsione, indubbiamente, pur essendo positiva, non ha identico rilievo costituzionale, ne' puo' costituire uno svuotamento del diritto inviolabile di difesa innanzi al giudice terzo). Tale disparita' appare ancor piu' iniqua e irragionevole se si tiene conto della mancanza di previsioni collaterali che permettano di verificare le effettive disponibilita' e i redditi dell'interessato e, considerata la necessita' di rispettare il criterio di commisurazione dell'importo di ogni cauzione alle reali capacita' economiche del soggetto, e' escluso che si possa prescrivere una cauzione a persona in stato di totale indigenza. Non e' dunque manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis c.d.s., in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto non solo l'entita' della cauzione non viene determinata in base alle condizioni economiche e patrimoniali dell'interessato, ma neppure e' prevista la sostituzione o la revoca della cauzione, che viene imposta quale condizione per l'ammissibilita' del ricorso, dando cosi' per scontata la capacita' economica del ricorrente ed operando sostanziale disparita' di trattamento nei confronti dei non abbienti o dei nullatenenti, mentre e' compito della Repubblica rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini, impediscano il pieno sviluppo della persona umana, come pure e' indispensabile consentire a tutti di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.