Ricorso  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato, presso la quale ha il proprio
domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma;

    Nei   confronti  della  Regione  Calabria,  in  persona  del  suo
presidente,  per  l'accertamento  dell'illegittimita'  costituzionale
della  legge  regionale  5  dicembre 2003, n. 26, Dichiarazione della
Calabria  denuclearizzata.  Misure  di prevenzione dall `inquinamento
proveniente  da  materiale  radioattivo.  Monitoraggio e salvaguardia
ambientale e salute dei cittadini (BUR n. 4 del 9 dicembre 2003).
    L'art. l  della  legge  impugnata  ha  dichiarato  il  territorio
regionale  della  Calabria «denuclearizzato e precluso al transito ed
alla  presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti
nel territorio regionale».
    Come  e'  detto  sempre  nell'art. 1  la  legge  e' stata emanata
nell'esercizio  delle competenze regionali «in materia urbanistica ed
ambiente, nonche' delle attribuzioni in via concorrente in materia di
salute pubblica, protezione civile e governo del territorio».
    L'indagine,  pertanto,  si  deve svolgere su diverse linee: quale
sia  la  materia  in  effetti  investita  dalle  legge  impugnata; se
interferisca  con  materie  attribuite  alla legislazione dello Stato
che,  per  essere  tale,  e'  anche  esclusiva; se l'interferenza sia
costituzionalmente consentita.
    Oggetto  della  norma  impugnata  sono  i  materiali nucleari non
prodotti  nel  territorio regionale senza esclusioni, compresi quelli
che costituiscono rifiuti.
    Di  conseguenza  anche  le  norme  sui  rifiuti che hanno rilievo
nell'indagine.
    Se  la  legge  regionale,  come  e'  detto nell'art. 1, ha voluto
effettivamente  provvedere alla tutela dell'ambiente, che l'art. 117,
secondo comma, lett. s), Cost. attribuisce alla legislazione statale,
gia' per questo andrebbe dichiarata costituzionalmente illegittima.
    Sicuramente  la  legge  non attiene alla tutela del territorio ed
all'urbanistica.  Come  noto,  la disciplina urbanistica e' uno degli
strumenti  della  tutela  del  territorio che ha una estensione molto
piu'  ampia.  Qualunque  sia  la nozione che di queste due materie si
voglia  seguire,  dovrebbe essere fuori di dubbio che non attenga ne'
al  territorio  ne',  tanto  meno, all'urbanistica una disciplina che
riguarda beni mobili.
    Quelle  materie  potrebbero  essere  interessate quando venissero
disciplinati   i   criteri   di   localizzazione  degli  impianti  di
conservazione dei materiali nucleari o delle discariche dei rifiuti.
    Il  governo  del  territorio  e  l'urbanistica non possono essere
coinvolti  quando  i materiali sono presi in considerazione come beni
mobili,  anche  per  il loro trasporto, trasporto per il quale non si
richiedono impianti fissi o, quanto meno, impianti fissi appositi.
    In   caso   contrario,  quelle  materie  si  dovrebbero  ritenere
interessate  da  tutte le norme che, per la pericolosita' del carico,
disciplinano le modalita' di trasporto.
    Data  l'evidenza della incongruita' dei riferimenti portati dalla
norma  impugnata,  non  sembra  necessario  soffermarsi ulteriormente
sull'argomento.
    Lo stesso si deve dire per la protezione civile.
    I  materiali  nucleari  di  per  se'  non  provocano  problemi di
protezione civile. Problemi del genere possono sorgere solo quando si
verifichino eventi eccezionali nella loro gestione.
    Seguendo   il   punto  di  vista  regionale  anche  la  ordinaria
regolazione  delle acque investirebbe quella materia per il fatto che
un eventuale grave straripamento potrebbe richiedere l'intervento del
Servizio di protezione civile.
    In  conclusione,  la  competenza  legislativa  che  in  linea  di
principio  e'  profilabile  e'  solo la tutela della salute. Le altre
sono  state  enunciate  nella  legge, come avrebbero detto i giuristi
romani, solo ad pompam.
    Come   noto,  l'ambiente  e'  una  materia  soggetta  anche  alla
disciplina comunitaria, costituita attualmente da piu' direttive, che
hanno trovato attuazione nel d.lgs. n. 230/l995.
    Essendo  intervenute  direttive comunitarie che, per loro natura,
sono  destinate a far introdurre negli ordinamenti degli Stati membri
norme  uniformi, la disciplina attuativa trova applicazione a tutti i
rapporti,  anche  a  quelli che non hanno rilievo comunitario, vale a
dire anche a quelli che non investono due o piu' Stati membri.
    La  nozione  di  ambiente,  rilevante  nell'applicazione di norme
attuative  di  disposizioni comunitarie, va ricavata dall'ordinamento
comunitario.
    Come  e'  previsto  espressamente  nell'art.  174 CE, la politica
ambientale  contribuisce  a  perseguire  la  salvaguardia,  tutela  e
miglioramento  della  qualita'  dell'ambiente  e  la protezione della
salute  umana.  In  altre  parole,  le  norme  comunitarie hanno come
obiettivo quello di assicurare un ambiente salubre.
    Secondo  questa  nozione  di ambiente vanno interpretate le norme
attuative,   in  particolare  il  d.lgs.  n. 230  del  1995  che,  in
attuazione  delle  direttive  che  vi  sono  indicate,  nel  campo di
applicazione  delle  sue  norme  ha  riportato  anche il trasporto di
materie radioattive (art. 1, lett. b), 1)). Trattandosi di un settore
della  disciplina  ambientale  sottoposto a normative comunitarie, la
legislazione  nazionale  attuativa,  lo si ripete, va interpretata in
coerenza  con  quelle normative. Di conseguenza, per quanto riguarda,
in  particolare,  le materie radioattive, la disciplina dell'ambiente
comprende anche quella della salute.
    L'art. 117,  primo  comma,  Cost.  impone alla legge regionale il
rispetto  della  normativa  comunitaria.  Nella valutazione della sua
legittimita' costituzionale si deve, pertanto, tenere conto di quanto
e'  previsto  dalla  legge  statale  che ha attuato quella normativa,
trattandosi  di  normativa  alla cui emanazione lo Stato e' tenuto ai
sensi dell'art. 249 CE.
    Se  la  legge  statale ha attuato correttamente quella normativa,
che,  vale  la pena di ribadirlo, fissa anche la nozione di ambiente,
la legge regionale non potra' derogarvi. La deroga sarebbe consentita
se la norma statale avesse male attuato le direttive comunitarie o si
fosse spinta oltre la sua attuazione.
    In questo caso sorgerebbe una questione sulla portata della norma
comunitaria che dovrebbe essere risolta dalla Corte di giustizia.
    Quanto si e' detto vale, naturalmente, solo per quei settori che,
come  quello  in esame, sono stati oggetto di una espressa disciplina
comunitaria.
    Si  puo'  fare  un  esempio  per  chiarire  meglio. Se in materia
ambientale   dovesse  intervenire  un  regolamento  comunitario,  non
dovrebbe   esserci  dubbio  che  nella  sua  applicazione  i  giudici
nazionali  non  potrebbero seguire una nozione di ambiente diversa da
quella portata dell'ordinamento comunitario.
    Il  caso  in  esame  non e' diverso. La disciplina comunitaria ha
avuto  la  forma  della  direttiva e non del regolamento. Se la norma
nazionale   l'ha   attuata   correttamente  e'  sempre  alla  nozione
comunitaria  di ambiente che ci si deve attenere a meno che non sorga
una questione comunitaria sulla correttezza della attuazione.
    Se  nell'ambiente, secondo la nozione comunitaria, e' compresa la
protezione  della  salute  umana  (art. 174.1  CE), la materia ricade
nella  legislazione  esclusiva  dello  Stato  ai sensi dell'art. 117,
secondo comma, lett. s) Cost.
    Le  conclusioni  non  sono  diverse  se  si lascia la prospettiva
comunitaria.
    Recentemente   codesta  Corte  ha  apportato  un  chiarimento  di
principio in materia (sent. n. 536/2002): «L'art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione esprime una esigenza unitaria per cio'
che  concerne  la  tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un
limite  agli  interventi a livello regionale che possano pregiudicare
gli  equilibri  ambientali.  Come  gia' affermato da questa Corte, la
tutela  dell'ambiente  non puo' ritenersi propriamente una «materia»,
essendo   invece   l'ambiente   da   considerarsi  come  un  «valore»
costituzionalmente  protetto  che  non esclude la titolarita' in capo
alle  regioni  di  competenze  legislative  su  materie  (governo del
territorio,  tutela  della  salute,  ecc.)  per  le quali quel valore
costituzionale  assume  rilievo  (sentenza  n. 407  del  2002). E, in
funzione  di  quel  valore, lo Stato puo' dettare standards di tutela
uniformi  sull'intero  territorio  nazionale  anche  incidenti  sulle
competenze legislative regionali ex art. 117 della Costituzione.
    Gia'  prima  della riforma del titolo V della parte seconda della
Costituzione,  la  protezione dell'ambiente aveva assunto una propria
autonoma  consistenza  che,  in  ragione  degli  specifici ed unitari
obiettivi  perseguiti,  non  si esauriva ne' rimaneva assorbita nelle
competenze  di  settore  (sentenza  n. 356  del 1994), configurandosi
l'ambiente  come  bene unitario, che puo' risultare compromesso anche
da  interventi  minori  e  che  va  pertanto  salvaguardato nella sua
interezza (sentenza n. 67 del 1992). La natura di valore trasversale,
idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella
forma degli standards minimi di tutela, gia' ricavabile dagli artt. 9
e   32  della  Costituzione,  trova  ora  conferma  nella  previsione
contenuta  nella lettera s) del secondo comma della Costituzione, che
affida  allo  Stato il compito di garantire la tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema».
    Gli  standards  di  tutela  sono  stati  fissati  dalla normativa
statale  gia'  richiamata,  che ha disciplinato anche il trasporto di
materie radioattive ( art. 21), per il quale sono state confermate le
disposizioni  della legge 31 dicembre 1962, n. 1860 (art. 5), secondo
le  quali  e'  necessaria  una  apposita autorizzazione ministeriale,
rilasciata  sentiti  l'ANPA  e il Ministero dell'interno, nella quale
possono essere stabilite particolari prescrizioni definite dall'ANPA,
valide  per  l'intero  viaggio e da attuare sui territori di tutte le
regioni interessate.
    Il  divieto di transito nell'ambito di una regione, incidendo sui
rischi  connessi  al  viaggio,  puo'  rendere  non  piu'  adeguate le
prescrizioni  imposte, pregiudicando le possibilita' di prevenzione e
di controllo dello Stato.
    Questi    rilievi   mettono   in   evidenza   la   illegittimita'
costituzionale della norma anche da un diverso punto di vista.
    Codesta  Corte, dopo averlo chiarito in una occasione precedente,
ha  ribadito che «la valutazione della necessita' del conferimento di
una  funzione  amministrativa  ad  un  livello territoriale superiore
rispetto  a  quello  comunale  deve essere necessariamente effettuata
dall'organo legislativo corrispondente almeno al livello territoriale
interessato  e  non  certo  da  un  organo legislativo operante ad un
livello  territoriale  inferiore (come sarebbe un consiglio regionale
in relazione ad una funzione da affidare - per l'esercizio unitario -
al  livello  nazionale).  Questa scelta legislativa che trova sicuro,
seppure implicito, fondamento costituzionale nell'art.  118 Cost., in
relazione  al  principio  di legalita', deve giustificarsi in base ai
principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza».
    Un  trasporto  di materie radioattive, che interessi territori di
piu' regioni, non puo' essere disciplinato se non da una fonte capace
di produrre effetti giuridici al di la' dei singoli territori.
    Secondo   l'ordinamento  italiano  e'  solo  lo  Stato  che  puo'
provvedere  con  effetti ultraregionali con la capacita di coordinare
gli  interessi  dei  vari  enti  interessati e con la garanzia di una
tutela adeguata e bilanciata di tutti.
    Trasporti  di un tale genere, come e' stato colto dalla normativa
richiamata,  non possono essere lasciati alla iniziativa dei soggetti
interessati,  ma  richiedono  l'intervento  preventivo  di  un organo
aniministrativo  capace  di  stabilire  le  prescrizioni particolari,
necessane per prevenirne i pericoli.
    L'organo,   in   base   ai  criteri  enunciati  nel  primo  comma
dell'art. 118  Cost., non puo' essere che statale. Secondo i principi
gia'   richiamati,   enunciati  da  codesta  Corte,  anche  la  fonte
legislativa non puo' essere che statale.
    Da qui l'illegittimita' della norma impugnata.
    A  questo  proposito va tenuto presente che la norma impugnata e'
la riproduzione, quasi letterale, di una norma della Regione Sardegna
(legge  regionale  3  luglio 2003, n. 8, Dichiarazione della Sardegna
territorio  denuclearizzato  (BUR  n. 20 dell'8 luglio 2003) e di una
norma  della Regione Basilicata 21 novembre 2003, n. 21, Modifiche ed
integrazioni  della  l.r.  31  agosto  1995,  n. 59 (BUR n. 8l del 22
novembre 2003). Entrambe queste leggi sono state impugnate.
    Se,   insieme   a   questa   ora  impugnata,  fossero  dichiarate
costituzionalmente  legittime,  una  potesta' analoga dovrebbe essere
riconosciuta  a  tutte  le  altre  regioni  con la conseguenza che le
materie  radioattive,  salvi  i  casi  esclusi, non potrebbero uscire
dalla  regione  in  cui  sono state prodotte. L'unico mezzo possibile
potrebbe  essere solo l'aereo, con i rischi ambientali ed alla salute
che e' facile immaginare.
    Ma  nemmeno questa sarebbe una possibilita' sicura se il transito
nel  territorio  regionale non fosse solo quello per terra ma dovesse
essere inteso, come non e' da escludersi, come transito attraverso lo
spazio regionale nella sua integrita'.
    La norma sarebbe illegittima anche se valutata dal punto di vista
della tutela della salute, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    La  normativa  regionale, infatti, dovrebbe attenersi ai principi
fondamentali posti dalla legge dello Stato.
      Questi  principi  vanno  dedotti dal d.lgs. n. 230 del 1995, in
particolare, per quanto riguarda la materia interessata, dall'art. 21
che, nel disciplinare il trasporto di materie radioattive, prevede il
regime dell'autorizzazione con prescrizioni.
    Come  noto, i principi fondamentali sono quelli che assicurano il
coordinamento  tra  le  normative  regionali  e  l'equilibrio tra gli
interessi  rispettivi, in particolare degli interessi che vanno al di
la' del territorio delle singole regioni.
    Imponendo  il  divieto di transito e non attenendosi al regime di
autorizzazione,   la  Regione  Basilicata  ha  violato  il  principio
suindicato, squilibrando il sistema normativo complessivo.
    Per  quanto  poi  riguarda  i  rifiuti radioattivi, che rientrano
anche essi nella disciplina della legge impugnata, risulta violato il
principio fissato dall'art. 102 del d.lgs. n. 230 del 1995.
    Questa  norma,  per il fatto che gli interessi rilevanti vanno al
di  la'  del  territorio  delle  singole  regioni,  ha  attribuito ai
Ministeri  dell'ambiente  e della salute il potere, nell'ambito delle
rispettive  competenze  e fornendosi reciproche informazioni, sentita
l'ANPA,   di   prescrivere   l'adozione  di  adeguati  dispositivi  e
provvedimenti,  nonche'  di  ulteriori  mezzi  di  rilevamento  e  di
sorveglianza necessari ai fini della protezione sanitaria.
    Debbono,  inoltre,  essere  sentite  anche  le  autorita'  di cui
all'art. 29,  comma  2, e all'art. 30, comma 2, autorita' individuate
da  leggi  delle regioni o delle province autonome, in modo che siano
adeguatamente    valutati    anche   gli   interessi   intraregionali
eventualmente   coinvolti.  Sul  carattere  di  principio  di  questa
normativa non dovrebbero esserci dubbi.
    La  legge  impugnata  e' costituzionalmente illegittima anche per
violazione  dell'art.  117, primo comma, Cost. sotto un secondo punto
di vista. La materia, come si e' visto, e' disciplinata dal d.lgs. 17
marzo   1995,  n. 230,  Attuazione  delle  direttive  89/618/Euratom,
90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni
ionizzanti.
    Nell'art. 1.1   che   delimita   il  campo  di  applicazione,  le
disposizioni  del  decreto  sono  dichiarate  applicabili  (  1) alla
«produzione,   trattamento,   manipolazione   detenzione,   deposito,
trasporto, importazione, esportazione, impiego, commercio, cessazione
della detenzione, raccolta e smaltimento di materie radioattive».
    Il testo normativo, in attuazione delle direttive comunitarie, ha
posto  la disciplina completa della materia che, rivolta a realizzare
in  forma  coordinata  e  compatibile  gli interessi del mercato e la
tutela  dell'ambiente  e della salute, investe tutte le attivita' che
rientrano nel suo Campo di applicazione (art. 1).
    Disciplina,  in  particolare, il trasporto di materie radioattive
(art.  21),  le  spedizioni,  importazioni ed esportazioni di rifiuti
radioattivi   (art. 32),   i   limiti  di  esposizione  (art. 6);  ha
introdotto   disposizioni   particolari  per  i  rifiuti  radioattivi
(art. 102),   e   sul   controllo   sulla  radioattivita'  ambientale
(art. 104)  e particolari disposizioni per le attivita' di protezione
civile  e  polizia giudiziaria (art. 126-quater). Le legge impugnata,
precludendo  in  via generale il transito e la presenza nella Regione
di  materiale  nucleare, viola il d.lgs. nel suo complesso, in quanto
fonte   di  origine  comunitaria  della  disciplina  integrale  della
materia.
    A questa violazione di sistema si aggiunge anche la violazione di
norme singole.
    I  materiali  nucleari, compresi i rifiuti, costituiscono merce e
per  essi  vige  il principio di libera circolazione, che comporta il
divieto di qualsiasi restrizione quantitativa (art. 28 CE).
    La   norma   impugnata  costituisce  un  ostacolo  evidente  alla
circolazione di una merce, oggetto di commercio intracomunitario.
    L'art.  30 CE consente divieti e restrizioni al transito di merci
giustificati,  tra  gli altri, anche da motivi di ordine pubblico, di
pubblica sicurezza e di tutela della salute.
    La giurisprudenza comunitaria, peraltro, e' costante nel ribadire
che  le limitazioni debbono essere proporzionate e indispensabili per
la tutela dell'interesse rilevante.
    Il  divieto  di  transito  e'  sicuramente non proporzionato. Gli
interessi   rilevanti   sono  tutelati  adeguatamente  attraverso  le
particolari  prescrizioni  consentite  dall'art. 21 d.lgs. n. 230 del
1995.
    Viene in questo modo a risultare ancora piu' evidente l'obiettivo
perseguito  dalla  norma  impugnata,  che  non e' quello della tutela
della salute.
    Una  tale  tutela,  infatti,  si  realizza  attraverso misure che
investano   tutte  le  materie  radioattive,  anche  quelle  prodotte
all'interno della Regione.
    Il  fatto  che  si  precluda  il  semplice  transito  di  materie
provenienti  da  altre regioni, indipendentemente dalle condizioni di
sicurezza  secondo  le quali sono trasportate, sta ad indicare che si
sono  voluti  evitare  oneri  di controllo ed eventuali necessita' di
intervento,   vale  a  dire  che  si  e'  mirato  alla  tranquillita'
amministrativa  degli  organi  intraregionali e non alla tutela della
salute   che,   una   volta   rispettate   le   apposite  particolari
prescrizioni, e' adeguatamente realizzata.
    Si  potra'  obiettare  che  il  transito  aumenta  il  rischio di
incidenti;  la  Regione,  in  altre parole, avrebbe voluto evitare il
rischio del fortuito.
    Ancora  una  volta e' la giurisprudenza comunitaria che chiarisce
il  punto.  Il  fatto  che una certa operazione su merci comporti dei
rischi  non  ne giustifica la preclusione perche' la proporzionalita'
va  valutata  anche in relazione alla percentuale di rischio e non e'
proporzionale  quella misura che, per sola tranquillita' ed al di la'
del rischio effettivo, ne preveda il divieto.
    Va  ricordato,  a  questo riguardo, che il trasporto di materiale
radioattivo  si  svolge  con  particolare  cautela  anche  per quanto
riguarda la circolazione stradale.
    In   ogni  caso,  anche  se  si  seguisse  la  via  argomentativa
esaminata,  sorgerebbe una questione comunitaria che andrebbe risolta
dalla Corte di giustizia.
    La norma impugnata, in conclusione, e' illegittima per violazione
dell'art. 117,  primo comma, o dell'art. 117, secondo comma, lett. s)
o dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    Dalla   illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1  della  legge
regionale deriva quella degli articoli seguenti.
    Nell'art. 2  e'  disciplinata  una  Conferenza  per la sicurezza,
concepita come organo di coordinamento tra le regioni del sud «tesa a
rilanciare  la  denuclearizzazione  di  territori»,  sul presupposto,
pertanto,   della   legittimita'   costituzionale   delle  iniziative
legislative regionali in materia.
    Nell'art. 3 e' disciplinato un Collegio referente con funzioni di
monitoraggio,  strumentali  all'esercizio  della potesta' legislativa
della Regione.
    La stessa funzione strumentale vengono ad avere le Misure urgenti
di vigilanza e controllo, disciplinate nell'art. 4.