IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  presente ordinanza nella camera di Consiglio
del 26 novembre 2003;
    Visto  l'art. 21  della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo
modificato  dalla  legge  21 luglio  2000,  n. 205  e  l'art. 36  del
regolamento 17 agosto 1907, n. 642;
    Visto  il  ricorso  n. 1557/03  proposto  dall'Immobiliare  Lucar
S.r.l.  in  persona  del  legale  rappresentante  sig.  Luca Tonatto,
rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Portigliotti, elettivamente
domiciliata  in  Torino,  via  Assarotti,  7,  presso lo studio dello
stesso;
    Contro  il  comune  di  Pino Torinese, in persona del sindaco pro
tempore,  rappresentato e difeso dall'avv. Gianni Martino, presso cui
domicilia  in Torino, via S. Clemente, 22; per l'annullamento, previa
sospensione dell'esecuzione, dell'ordinanza n. 53/03 del 25 settembre
2003, con cui il responsabile del servizio tecnico del comune di Pino
ordina  la  demolizione  delle  opere  eseguite in totale difformita'
dalla  concessione edilizia 242/01 successiva D.I.A. n. 62/02 nonche'
e di ogni atto connesso ed in particolare del decreto n. 3 del 2003 e
del  decreto  n. 30  del  2003, nonche' dell'ordinanza di sospensione
lavori  n. 34  del  2003,  e  delle  relazioni  del  servizio tecnico
urbanistico.
    Visti gli atti e documenti depositati col ricorso;
    Vista  la  domanda  cautelare  presentata  in via incidentale dal
ricorrente;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio  del comune di Pino
Torinese;
    Uditi nella camera di consiglio del 26 novembre 2003, relatore il
consigliere  Roberta  Vigotti,  l'avv.  Giuseppe  Portigliotti per la
ricorrente  e l'avv. Alessandra Golinelli per delega dell'avv. Gianni
Martino per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato quanto segue:

                                Fatto

    La   ricorrente,   destinataria  dell'ordine  di  demolizione  in
epigrafe  indicato,  espone  che l'ordinanza impugnata e' illegittima
per i seguenti motivi:
        1) Violazione art. 7 legge n. 241 del 1990, eccesso di potere
per  difetto  di  istruttoria  e sviamento, perche' non e' stato dato
avviso di avvio del procedimento;
        2)  Eccesso  di  potere  sotto  diversi profili in quanto non
vengono  indicate le difformita' riscontrate; nessuna delle relazioni
di  sopralluogo  citate  nel  provvedimento  (ed  effettuate  da  una
societa' privata, la cui veste giuridica rimane sconosciuta) e' stata
resa nota all'interessata;
        3)  Violazione  artt. 31 e 32 d.p.r. n. 380 del 2001 e art. 7
legge  n. 47  del  1985;  eccesso di potere sotto diversi profili, in
quanto  il  provvedimento  non e' frutto di valida istruttoria, ma di
totale trasvisamento dei fatti;
        4)  Violazione artt. 31 e 32 d.p.r. n. 380 del 2001 e artt. 7
e  segg.  legge  n. 47  del  1985;  eccesso  di potere sotto, diversi
profili  perche'  il  provvedimento  non  precisa  ne'  il  contrasto
rilevato, ne' la fattispecie normativa;
        5)   Violazione   legge  n. 241  del  1990,  per  carenza  di
motivazione.
    La ricorrente concludeva per l'annullamento degli atti impugnati,
previa sospensione dell'ordine di demolizione.
    La fase cautelare si e' tenuta nell'odierna camera di consiglio.

                               Diritto

    Nell'odierna  camera  di consiglio, nella quale e' stata chiamata
la   trattazione   dell'incidente   cautelare,   il  difensore  della
ricorrente   ha   rappresentato  che  la  propria  assistita  intende
avvalesrsi della sospensione del procedimento sanzionatorio, in forza
del  disposto  dell'art. 32  decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269,
conv,  nella legge 24 novembre 2003, n. 326, che richiama, sul punto,
l'art. 44 legge n. 47 del 1985.
    Tale   ultima   norma,   com'e'  noto,  pur  riferendo  l'effetto
sospensivo  anche  ai procedimenti giudiziari, esclude esplicitamente
le   procedure  cautelari  dall'ambito  della  propria  applicazione:
pertanto,  il consiglio e' chiamato a decidere sulla domanda proposta
con  il  ricorso,  che  concerne,  in  questa  fase,  la  sospensione
dell'ordinanza di demolizione impugnata.
    A  tale proposito, e proprio al fine di indagare la sussistenza o
meno  del  danno grave e irreparabile la cui imminenza e' presupposto
per  la concessione della misura cautelare, il collegio deve valutare
la  portata  della  sospensione  del  procedimento - amministrativo -
sanzionatorio:  e'  chiaro,  infatti,  che,  ove il risultato sperato
attraverso  la  pronuncia  di questo giudice fosse gia' raggiunto per
legge,  in  questa  sede non rimarrebbe che trarne le conseguenze sul
piano  processuale,  in  termini di sopravvenuta carenza di interesse
alla  pronuncia  cautelare, o per simili constatazioni del venir meno
del contenuto stesso della domanda.
    La  valutazione  della  portata  della  norma  di cui all'art. 32
decreto-legge  citato  e',  pertanto,  rilevante al fine del decidere
l'incidente  cautelare  che  si  sta  trattando, costituendo il primo
passaggio logico da affrontare, mediante l'attestazione dei parametri
normativi  da assumere come riferimento per la valutazione del danno:
e,  a  questo  proposito,  va  rilevato  che  non  solo  la  disposta
sospensione  del procedimento amministrativo deve essere valutata, ma
l'intero   art. 32,  in  quanto  l'esame  della  concreta  entita'  e
sussistenza   del   pregiudizio  addotto  dalla  ricorrente  (che  ha
dichiarato  di volersi avvalere del condono) va condotto alla stregua
delle  norme  che  non  solo  sospendono,  ma  rendono  passibile  di
cancellazione l'abuso commesso: e che tale sia la portata della norma
in  riferimento  emerge  dalla  sua  semplice lettura, in forza della
quale  e'  cosentita  la  sanatoria, entro taluni limiti, delle opere
abusive ultimate entro il 31 marzo 2003, con applicazione, per quanto
compatibile,  della  legge  n. 47 del 1985 e dell'art. 39 della legge
n. 724 del 1994.
    A tal fine del decidere l'incidente cautelare e' quindi rilevante
quanto dispone l'art. 32 decreto-legge n. 269 del 2003.
    Il collegio, chiamato a darne applicazione, dubita tuttavia della
legittimita' costituzionale di tale norma.
    Con  lo  stabilire la condonabilita' delle opere edilizie abusive
non  e'  dubbio  che  la  legge  ha inciso sulla funzione relativa al
governo  del  territorio,  nella  quale  sono  comprese  materie  che
l'art. 117   della   Costituzione   indica   come   di   legislazione
concorrente,  per  la  quale  la  potesta'  legislativa  spetta  alle
regioni,  salvo  che  per la determinazione di principi fondamentali,
riservata alla legge statale.
    L'art. 32 in esame non contiene, tuttavia, principi fondamentali,
ma  disposizioni  che  minutamente  stabiliscono termini, modalita' e
limiti  della  sanatoria  degli  abusi  edilizi,  oltre  a  disporre,
ovviamente,  la  condonabilita'  (evidentemente, in via di eccezione)
degli  stessi:  contiene,  cioe',  disposizioni  eccezionali, che per
definizione sono l'antitesi dei principi generali.
    Neppure sembra, ad avviso del collegio, che la norma possa essere
giustificata  con l'esercizio del sistema di sussidiarieta', che, con
quello  di  adeguatezza, nel sistema del nuovo assetto costituzionale
vale,  come ha rilevato la Corte costituzionale nella sentenza n. 303
del  2003,  a  rendere  piu'  flessibile  un disegno che, altrimenti,
rischierebbe   di   vanificare,   per   l'ampia  articolazione  delle
competenze,  istanze  di  unificazione  che  trovano  sostegno  nella
proclamazione dell'unita' e indivisibilita' della Repubblica.
    Tale  elemento  di  flessibilita', contenuto nell'art. 118, primo
comma,   Cost.   (che   si  riferisce  esplicitamente  alle  funzioni
amministrative,  ma  che  la  Corte  costituzionale,  nella  sentenza
citata,  individua  quale meccanismo dinamico che finisce col rendere
meno  rigida  la  stessa distribuzione delle competenze legislative),
puo'   consentire   una  deroga  al  normale  riparto  di  competenze
legislative   contenuto   nel   Titolo   V  solo  se  (ragionevole  e
proporzionato) e' oggetto di intesa con le regioni.
    La  fondamentale,  citata  sentenza della Corte costituzionale ha
chiarito  che  dal  congiunto  disposto  degli artt. 117 e 118, primo
comma, e' desumibile anche il principio dell'intesa, come conseguenza
della  peculiare  funzione attribuita alla sussidiarieta', alla quale
deve essere attribuita valenza squisitamente procedimentale.
    L'esigenza  di  esercizio  unitario  «che  consente  di attrarre,
insieme  alla funzione amministrativa, anche quella legislativa, puo'
aspirare  a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in
presenza  di  una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il
dovuto   risalto   le   attivita'  concertative  e  di  coordinamento
orizzontale,  ovverosia le intese, che devono essere condotte in base
al principio di lealta».
    Se  cosi'  e',  non  si  puo'  non  dubitare  che  l'art. 32 cit.
costituisca  infrazione  al  sistema  costituzionale. Nel testo della
norma,  infatti,  non  e'  traccia di concertazione, o intese, con le
regioni;  ed  anzi,  alcune di esse hanno gia' sollevato davanti alla
Corte la questione dell'invasione delle proprie competenze.
    Ne'  puo'  ravvisarsi  nel  riferimento  operato dal terzo comma,
(oltre  a quanto stabilito nella legge statale, anche) alla normativa
regionale per cio' che riguarda le condizioni i limiti e le modalita'
del  rilascio  del  titolo  abilitativo,  una clausola di sostanziale
salvezza  per le competenze regionali: trattasi infatti (come ha gia'
rilevato  il  Tribunale amministrativo regionale Emilia Romagna, sez.
Parma,  nella  ordinanza  20 novembre  2003,  n. 27),  nonostante  la
ridondanza   dell'espressione,  di  aspetti  di  mero  dettaglio  del
procedimento.
    E  neppure  puo'  trarre  a  diverse  conclusioni  la prospettata
transitorieta' della disciplina, che il secondo comma dichiara valida
fino  all'adeguamento  della legislazione regionale alle disposizioni
di  cui  al  d.p.r.  n. 380  del  2000, giacche' tale normativa, come
rileva  la  predetta ordinanza del Tribunale amministrativo regionale
Parma,  non  sembra  pertinente alla materia in esame; a cio' si deve
aggiungere  che  certamente  non  transitorio  e'  l'effetto  che  la
sanatoria   di   opere   gia'   abusivamente  edificate  produce  sul
territorio,  il  cui governo, percio', risulta sottratto, per lo meno
nel periodo considerato, in maniera irrevocabile all'ente competente.
    Cosi'  mera  formula  verbale, incapace di modificare a vantaggio
della   legge   nazionale  il  riparto  costituzionalmente  garantito
(perche'  cio'  equivarrebbe  a  negare  la  stessa  rigidita'  della
Costituzione)  sono  le  dichiarazioni  di  salvezza delle competenze
regionali  contenute  nei  primi  commi dell'art. 32, la cui portata,
come  si  e'  detto,  appare poi invece interamente e sostanzialmente
invasiva ditali competenze.
    La  questione  della  legittimita' costituzionale, per infrazione
degli artt. 117 e 118 della Costituzione, appare pertanto rilevante e
non  manifestamente  infondata; la sezione deve percio' rimetterne la
soluzione alla Corte costituzionale, sospendendo il giudizio.