IL GIUDICE DI PACE Sulle eccezioni di illegittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 5-ter e 5-quinquies del d.lgs. n. 286/1998, sollevate dal difensore di Dahani Adil, osserva quanto segue. La difesa ritiene che il comma 5-ter della suddetta norma si ponga in contrasto con l'art. 25 Cost. e, precisamente, con il precetto di tassativita' della norma incriminatrice penale. La questione appare non manifestamente infondata. In effetti, la norma introduce una nuova forma di reato contravvenzionale punendo lo straniero che si trattenga sul territorio nazionale, senza giustificato motivo, in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del precedente comma 5-bis. E' proprio la nozione di «giustificato motivo» a legittimare i dubbi sulla costituzionalita' della norma: va premesso che appare corretto ritenere l'assenza di tale requisito, con la giurisprudenza di merito maggioritaria, come vero e proprio elemento costitutivo della fattispecie, con tutto cio' che ne consegue in tema di onere della prova. Cio' detto, va osservato che e' agevole far rientrare nell'ambito di tale espressione i casi di mancata osservanza del precetto penale per il ricorrere di cause di giustificazione ovvero di cause di esclusione della suitas o dell'elemento psicologico del reato: basti pensare che piu' volte in casi analoghi l'imputato del reato in questione e' stato assolto per la dimostrata indisponibilita' di documenti validi per l'espatrio, fattispecie che e' agevole far rifluire nel concetto di «giustificato motivo» sub specie, appunto, di causa di esclusione della responsabilita' o dell'elemento soggettivo. Ed e' il caso di aggiungere, comunque, che a tale conclusione si arriverebbe verosimilmente in base alle sole norme generali e, dunque, anche a prescindere dall'indicazione di questo ulteriore elemento della norma penale. Ora, la questione diviene piu' complessa quando si consideri che il legislatore ha pero' usato un'espressione dalla latitudine estremamente ampia, nella quale, per il suo stesso tenore letterale, e' suscettibile di rientrare una gamma di ipotesi a priori non solo determinata ma neppure determinabile in base a criteri obiettivi e precisi. E' pur vero che l'adozione di concetti c.d. «polmone» e' frequente nel diritto positivo, soprattutto in quello civile, ma e' anche evidente che tale tecnica di redazione non puo' prescindere dai requisiti essenziali della norma penale: ebbene, in questo caso la latitudine del concetto e' talmente vasta da rimettere integralmente all'interprete la definizione dei suoi limiti. Il che, ad avviso del giudice, si risolve in una violazione dell'art. 25 Cost. con riguardo al principio di tassativita' della norma penale. La difesa deduce inoltre la violazione dell'art. 13 Cost. da parte del comma 5-quinquies, osservando che la legislazione penale non contempla l'arresto obbligatorio in flagranza per ipotesi contravvenzionali, se non in questo caso, e inoltre, configura l'arresto stesso come volto all'adozione di misure cautelari che qui pacificamente non possono essere applicate dal giudice perche', analogamente, non previste dalla legge per le contravvenzioni. Anche tale questione appare non manifestamente infondata. Da un lato, infatti, si osserva che il potere della polizia giudiziaria di comprimere provvisoriamente la liberta' personale e' ancorata dall'art. 13, secondo comma, Cost., a «casi eccezionali di necessita' ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge»: nel caso di specie, invece, non si riesce a comprendere quali siano le eccezionali ragioni di urgenza e necessita' che impongano di procedere all'arresto obbligatorio dello straniero per il reato in questione, soprattutto quando si consideri che tale arresto e' stato configurato (unicum nel nostro sistema processuale) come destinato a rimanere del tutto fine a se stesso; in effetti, e' vero che tale forma di restrizione della liberta' personale dell'individuo e' sempre rivolta alla possibile applicazione di misure cautelari, mentre nel nostro caso tale possibilita' e' esclusa dallo stesso legislatore che mai la prevede in relazione a meri reati contravvenzionali. Si deve allora ritenere che la vera fmalita' dell'arresto sia quella di consentire l'esecuzione dell'espulsione dello straniero e, dunque, di attuare un provvedimento amministrativo: ma in questo caso, appunto, non si vede come possano dirsi rispettati i rigorosi criteri dettati dall'art. 13 Cost, quando, al contrario, appare evidente che una figura tipica del processo penale viene strumentalizzata dal legislatore per conseguire fini del tutto estranei ad esso e cioe' il rispetto dei provvedimenti dell'autorita' amministrativa. Le questioni sono evidentemente rilevanti in questa fase di convalida: da un lato, l'eventuale dichiarazione di illegittimita' della previsione dell'arresto non consentirebbe di convalidare l'arresto eseguito dalla p.g. e di concedere il nulla osta all'espulsione; ad analoga conseguenza, in tema di convalida, porterebbe la dichiarazione di illegittimita' del comma 5-ter. Deve quindi sospendersi il processo e ordinarsi la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Nel contempo, l'imputato deve essere liberato se non detenuto per alta causa, dovendosi escludere che la sospensione del processo possa incidere sui termini tassativamente previsti per la restrizione della liberta' personale conseguente ad arresto.