ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 696, 727,
comma 5-bis,  e  729  del codice di procedura penale, come modificati
dagli  articoli 9,  12  e  13  della  legge  5 ottobre  2001,  n. 367
(Ratifica  ed  esecuzione  dell'Accordo  tra  Italia  e  Svizzera che
completa  la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia
penale  del  20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma
il  10 settembre 1998, nonche' conseguenti modifiche al codice penale
ed  al codice di procedura penale), e dell'art. 18 della stessa legge
n. 367 del 2001, promosso con ordinanza del 28 marzo 2002 dal giudice
per  l'udienza  preliminare  del  Tribunale di Cuneo nel procedimento
penale  a  carico  di E. A. ed altri, iscritta al n. 622 del registro
ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 35, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 10 dicembre 2003 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che,  con ordinanza emessa il 28 marzo 2002, il giudice
per  l'udienza  preliminare  del  Tribunale di Cuneo ha sollevato, in
riferimento   agli   articoli 10   e   111,   secondo   comma,  della
Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale  degli
articoli 696, 727, comma 5-bis, e 729 del codice di procedura penale,
come modificati dagli articoli 9, 12 e 13 della legge 5 ottobre 2001,
n. 367 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Italia e Svizzera che
completa  la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia
penale  del  20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma
il  10 settembre 1998, nonche' conseguenti modifiche al codice penale
ed  al codice di procedura penale), nonche' dell'art. 18 della stessa
legge   n. 367   del   2001,   nella   parte   in   cui  stabiliscono
l'inutilizzabilita'  degli  atti  acquisiti o trasmessi per qualsiasi
violazione  delle  norme  di cui all'art. 696, comma 1, del codice di
procedura  penale,  riguardanti  l'acquisizione  o la trasmissione di
documenti  o  di  altri  mezzi  di  prova  a  seguito di rogatoria, e
dispongono l'applicabilita' delle nuove norme ai processi in corso;
        che  il giudice a quo - posto che l'art. 9 della legge n. 367
del  2001  ha  modificato  il primo comma dell'art. 696 del codice di
procedura  penale,  inserendo  tra le fonti di diritto internazionale
dirette   a   disciplinare  la  cooperazione  giudiziaria  l'espresso
richiamo  della  Convenzione  europea  di  assistenza  giudiziaria in
materia  penale  firmata  a  Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata
dall'Italia  con  la  legge  23 febbraio  1961,  n. 215  (Ratifica ed
esecuzione  della  Convenzione  europea  di assistenza giudiziaria in
materia  penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959) - rileva che
la  nuova  disciplina avrebbe imposto l'osservanza anche dell'art. 3,
terzo  comma,  della  Convenzione «anche per le rogatorie espletate a
cura  degli  organi  giudiziari  degli  Stati  con  i  quali esistono
trattati  che  nulla  dispongano  in proposito» come per il trattato,
applicabile   nel  giudizio  a  quo,  tra  l'Italia  ed  il  Marocco,
sottoscritto  a  Roma  il  12 febbraio 1971 e ratificato con la legge
12 dicembre 1973, n. 1043;
        che ad avviso del rimettente tale precetto sarebbe richiamato
espressamente dall'art. 729 del codice di procedura penale, nel testo
modificato  dall'art. 13  della  legge  n. 367  del  2001,  la'  dove
prevede,  per  qualsiasi  violazione delle norme di cui all'art. 696,
comma 1, del codice di procedura penale, riguardanti l'acquisizione o
la  trasmissione  di documenti o di altri mezzi di prova a seguito di
rogatoria all'estero, la sanzione processuale dell'inutilizzabilita',
rilevabile in ogni stato e grado del procedimento;
        che  la nuova disciplina - secondo il giudice a quo - avrebbe
ripristinato  il  significato  originario  del precetto contenuto nel
citato  art. 3,  terzo  comma,  della  Convenzione  di Strasburgo del
20 aprile  1959  e,  in  tal  modo,  avrebbe contraddetto una «prassi
interpretativa» formata tra tutti gli Stati firmatari - da ricondurre
nell'ambito  delle  norme  del  diritto  internazionale  generalmente
riconosciute,   alle   quali,   in  virtu'  del  principio  contenuto
nell'art. 10   della   Costituzione,   l'ordinamento  giuridico  deve
conformarsi  -  in  applicazione  della  quale  gli  atti conseguenti
all'esecuzione,  allorche'  non  siano  formati dall'Autorita' che ha
eseguito la rogatoria, sarebbero sempre restituiti in fotocopia senza
autenticazione  e  con  la  sola attestazione da parte dell'Autorita'
richiesta  -  contenuta  nella  nota  di  accompagnamento  -  che  la
rogatoria  viene  restituita  evasa,  e  cosi'  sarebbe  garantita la
corrispondenza del materiale trasmesso alla domanda rogatoriale;
        che,  cosi'  interpretato,  l'art. 729, comma 1, prima parte,
del  codice  di  procedura  penale sarebbe in contrasto con l'art. 10
della    Costituzione,    poiche'    violerebbe    una   consuetudine
internazionale  invalsa  nell'applicazione  del  citato  art. 3 della
Convenzione  di  Strasburgo del 20 aprile 1959, ed anche in contrasto
con  l'art. 111, secondo comma, della Costituzione, per la violazione
del principio di ragionevole durata del processo;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato,
chiedendo   che   le   questioni  di  legittimita'  siano  dichiarate
inammissibili e, comunque, infondate.
    Considerato  che  il  giudice  a  quo dubita, in riferimento agli
artt. 10 e 111, secondo comma, della Costituzione, della legittimita'
costituzionale degli articoli 696, 727, comma 5-bis, e 729 del codice
di  procedura penale, come modificati dagli articoli 9, 12 e 13 della
legge 5 ottobre 2001, n. 367 (Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra
Italia  e  Svizzera che completa la Convenzione europea di assistenza
giudiziaria  in  materia  penale  del  20 aprile  1959  e  ne agevola
l'applicazione,   fatto   a   Roma   il  10 settembre  1998,  nonche'
conseguenti  modifiche  al  codice  penale  ed al codice di procedura
penale), ed altresi' dell'art. 18 della stessa legge n. 367 del 2001,
nella  parte  in  cui  stabiliscono  l'inutilizzabilita'  degli  atti
acquisiti  o  trasmessi  per  qualsiasi violazione delle norme di cui
all'art. 696,  comma 1,  del  codice di procedura penale, riguardanti
l'acquisizione  o  la  trasmissione  di documenti o di altri mezzi di
prova  a  seguito  di  rogatoria, e dispongono l'applicabilita' delle
nuove norme ai processi in corso;
        che,  secondo  il  giudice  a  quo, dall'espresso rinvio, che
risulterebbe   dagli  articoli 729,  comma 1,  prima  parte,  e  696,
comma 1,   del   codice   di  procedura  penale,  alle  regole  della
«Convenzione  europea  di  assistenza  giudiziaria  in materia penale
firmata   a   Strasburgo  il  20 aprile  1959»,  dovrebbe  conseguire
l'inutilizzabilita'  dei  documenti  privi  della  certificazione  di
autenticita',  perche'  trasmessi dallo Stato richiesto in violazione
dell'art. 3   della   Convenzione   del   1959,   che  imporrebbe  la
trasmissione  dei  documenti  «in originale» o, in mancanza, in copia
munita di «certificato di conformita»;
        che  -  ad avviso del rimettente - l'art. 729, comma 1, prima
parte,    del   codice   di   procedura   penale,   come   modificato
dall'articolo 13  della  legge  n. 367 del 2001, avrebbe ripristinato
un'interpretazione   restrittiva  dell'art. 3  della  Convenzione  di
Strasburgo del 1959, contrastante con quella consuetudinaria, in base
alla  quale  gli atti conseguenti all'esecuzione, allorche' non siano
formati dall'Autorita' che ha eseguito la rogatoria, sarebbero sempre
restituiti   in   fotocopia   senza  autenticazione  e  con  la  sola
attestazione da parte dell'Autorita' richiesta - contenuta nella nota
di accompagnamento - che la rogatoria viene restituita evasa, e cosi'
sarebbe  garantita  la  corrispondenza  del  materiale trasmesso alla
domanda rogatoriale;
        che,  con  le  ordinanze n. 315 e n. 487 del 2002 e n. 68 del
2003, questa Corte si e' gia' pronunciata sulla medesima questione di
legittimita'     costituzionale,     dichiarandone    la    manifesta
inammissibilita';
        che  l'ordinanza di rimessione, emessa in data anteriore alle
citate   decisioni,   non   contiene   profili   nuovi  o,  comunque,
argomentazioni  tali  che  possano  condurre  la  Corte a conclusioni
differenti;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.