ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4, comma 1,
della  legge 12 febbraio 1955, n. 77 (Pubblicazione degli elenchi dei
protesti  cambiari),  sostituito  dall'art. 2,  comma 1,  della legge
18 agosto 2000, n. 235 (Nuove norme in materia di cancellazione dagli
elenchi   dei   protesti   cambiari),   promosso  con  ordinanza  del
17 febbraio  2003  dal  giudice  di  pace di Ferrara nel procedimento
vertente  tra  Pulga  Angelo  e  la  Camera  di commercio, industria,
artigianato e agricoltura di Ferrara, iscritta al n. 387 del registro
ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 26, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 21 gennaio 2004 il giudice
relatore Romano Vaccarella.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  procedimento civile, promosso
davanti  al  giudice di pace di Ferrara da Angelo Pulga nei confronti
della  Camera  di  commercio, industria, artigianato e agricoltura di
Ferrara, ai sensi dell'art. 4, comma 4, della legge 12 febbraio 1955,
n. 77   (Pubblicazione   degli   elenchi  dei  protesti  cambiari)  -
sostituito  dall'art. 2,  comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235
(Nuove  norme  in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti
cambiari)  -,  a  seguito della reiezione, da parte del presidente di
detto  ente  camerale,  dell'istanza  di  cancellazione  dal registro
informatico  di  cui  all'art. 3-bis  del  decreto-legge 18 settembre
1995,  n. 381 (Disposizioni urgenti in materia di finanziamento delle
camere  di  commercio)  -  convertito  in  legge,  con modificazioni,
dall'art. 1,   comma 1,   della   legge   15 novembre   1995,  n. 480
(Conversione   in   legge,   con   modificazioni,  del  decreto-legge
18 settembre 1995, n. 381, recante disposizioni urgenti in materia di
finanziamento  delle camere di commercio) -, dell'iscrizione avvenuta
per  mancato  pagamento di due assegni bancari, il giudice adito, con
ordinanza   del   17 febbraio   2003,   ha   sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale, in riferimento agli artt. 2, 3, 4, 41 e
47 della Costituzione, dell'art. 4, comma 1, della citata legge n. 77
del 1955, nella parte in cui - mentre prevede che il debitore, contro
cui sia stato levato protesto per mancato pagamento di una cambiale o
di  un  vaglia cambiario, ha diritto di ottenere la cancellazione del
proprio  nome  dal  predetto  registro informatico, qualora, entro il
termine  di  dodici  mesi  dalla  levata  del  protesto,  provveda al
pagamento   della   cambiale   o  del  vaglia  cambiario  protestato,
unitamente  agli interessi maturati e alle spese per il protesto, per
il  precetto e per il processo esecutivo eventualmente promosso - non
consente,  invece,  al traente di un assegno bancario protestato, che
abbia  pagato  capitale, interessi, penale e spese nel termine di cui
all'art. 8  della  legge  15 dicembre  1990, n. 386 (Nuova disciplina
sanzionatoria  degli  assegni  bancari) - sostituito dall'art. 33 del
decreto  legislativo  30 dicembre  1999, n. 507 (Depenalizzazione dei
reati   minori   e   riforma  del  sistema  sanzionatorio,  ai  sensi
dell'articolo 1  della  legge  25 giugno 1999, n. 205) -, di ottenere
anch'egli  la  cancellazione  del  proprio nome dal medesimo registro
informatico;
        che,  quanto  alla  rilevanza  della  questione,  il  giudice
rimettente  riferisce  che l'attore, avendo subito il protesto di due
assegni  bancari,  il  cui  pagamento era stato rifiutato dalla banca
trattaria  per mancanza di fondi, aveva successivamente provveduto al
pagamento  a  favore  del  prenditore delle somme portate dai titoli,
oltre  agli interessi legali, alle spese di protesto e alla penale di
cui  all'art. 3  della  legge  n. 386  del  1990  nel termine fissato
dall'art. 8 della stessa legge n. 386 del 1990 (sessanta giorni dalla
data di scadenza del termine di presentazione del titolo);
        che  l'attore aveva, quindi, presentato istanza al presidente
della   locale   Camera   di   commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura, chiedendo la cancellazione del proprio nome dal registro
informatico  dei  protesti, ma si era visto respingere l'istanza, con
la motivazione che non ricorreva alcuna delle ipotesi in cui la legge
consente  la  cancellazione  del  protesto di un assegno bancario, ai
sensi dell'art. 4, comma 2, della legge n. 77 del 1955 (illegittima o
erronea  levata del protesto), non essendo estensibile al protesto di
assegno  bancario la disposizione del comma 1 dello stesso art. 4, il
quale  prevede  la  cancellazione  del protesto per mancato pagamento
soltanto con riferimento alla cambiale o al vaglia cambiario;
        che,  quanto alla non manifesta infondatezza della questione,
il  giudice a quo sostiene che la norma dell'art. 4 della legge n. 77
del  1955, nella parte in cui nega al traente di un assegno bancario,
protestato  per  mancato  pagamento,  la  possibilita' di ottenere la
cancellazione del proprio nome dal registro informatico dei protesti,
e' in contrasto:
          a) con l'art. 3 Cost., poiche' determina una ingiustificata
disparita'  di  trattamento  fra il debitore che abbia provveduto nel
termine  «di grazia» al pagamento di un assegno bancario protestato e
il  debitore che, a seguito del protesto, abbia pagato una cambiale o
un  vaglia  cambiario,  potendo quest'ultimo, a differenza del primo,
ottenere  la  cancellazione del proprio nome dal registro informatico
dei protesti;
          b) con  gli artt. 2, 4 e 41 Cost., poiche' al traente di un
assegno   bancario   protestato   e'   sostanzialmente   preclusa  la
possibilita'  di  esercitare  una  qualsiasi  attivita' commerciale o
professionale, essendogli negato l'accesso al credito, in conseguenza
del protesto;
          c) con  l'art. 47  Cost., poiche' l'attribuzione allo Stato
del  potere  di  coordinare e controllare l'esercizio del credito non
puo'  comportare  che  norme sanzionatorie pregiudichino l'accesso al
credito di soggetti che con il loro comportamento hanno dimostrato di
aver  riparato  il danno sociale solo temporaneamente causato, per di
piu'  discriminando  fra  alcuni  debitori  (cui l'accesso al credito
resta consentito) e altri (cui, invece, e' precluso);
        che  il rimettente, ricordato che la Corte costituzionale, in
precedenti occasioni, ha gia' dichiarato infondate analoghe questioni
di  legittimita' costituzionale della norma impugnata, osserva che la
diversita' di regime giuridico e sanzionatorio fra cambiale e assegno
bancario,  in  considerazione  della  quale  la  Corte ha respinto le
censure  di  incostituzionalita',  e', nel frattempo, quasi del tutto
venuta   meno,   in  conseguenza  di  talune  sopravvenute  modifiche
legislative, per effetto delle quali:
          e'  stata  abrogata ogni sanzione penale per l'emissione di
assegni  senza  autorizzazione  o  senza provvista, prevedendosi solo
sanzioni amministrative e una sanzione civilistica, qual e' la penale
di cui all'art. 3 della legge n. 386 del 1990;
          non  vi  e'  alcuna  differenza qualitativa nel trattamento
sanzionatorio   fra   l'assegno   privo   di   copertura  al  momento
dell'emissione   e   quello  privo  di  copertura  al  momento  della
presentazione per l'incasso;
          il  regime  del pagamento tardivo (cosiddetto «ravvedimento
operoso»)  non  tiene  conto  del  fatto  che  l'assegno fosse o meno
scoperto al momento dell'emissione;
          e'  prevista la cancellazione del protesto, nel caso in cui
esso   sia   stato  levato  illegittimamente  o  erroneamente,  senza
distinzione fra cambiale e assegno;
          e'  prevista la riabilitazione del debitore protestato, che
abbia  adempiuto  l'obbligazione  per  la  quale  e'  stato levato il
protesto,  decorso  un  anno, sempre senza distinzione fra cambiale e
assegno;
        che,  in conclusione, ad avviso del rimettente, il regime del
protesto sia della cambiale sia dell'assegno e' identico, differendo,
ormai senza piu' giustificazione, soltanto quanto alla cancellazione;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale  ha  concluso per la declaratoria di non fondatezza
della  questione,  in  quanto  -  come  e' stato rilevato dalla Corte
costituzionale  in  precedenti  pronunzie  -  tuttora  diversa  e' la
funzione  tipica  dei  due  titoli  di credito, costituendo l'assegno
bancario  un  mezzo di pagamento e la cambiale, invece, uno strumento
di   credito,   sicche'  si  giustifica  ancor  oggi  una  disciplina
differenziata quanto alla cancellazione del protesto.
    Considerato  che  il  giudice  di  pace  di  Ferrara  dubita,  in
riferimento  agli  artt. 2,  3,  4, 41 e 47 Cost., della legittimita'
costituzionale  dell'art. 4,  comma 1,  della legge 12 febbraio 1955,
n. 77  (Pubblicazione  degli  elenchi  dei  protesti  cambiari), come
sostituito  dall'art. 2,  comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235
(Nuove  norme  in materia di cancellazione dagli elenchi dei protesti
cambiari),  nella  parte in cui non consente al traente di un assegno
bancario,   protestato   per   mancato   pagamento,  di  ottenere  la
cancellazione  del proprio nome dal registro informatico dei protesti
a  seguito  del  pagamento,  nel  termine di cui all'art. 8, comma 1,
della  legge 15 dicembre 1990, n. 386 (Nuova disciplina sanzionatoria
degli  assegni  bancari)  -  come sostituito dall'art. 33 del decreto
legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507  (Depenalizzazione  dei reati
minori  e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'articolo 1
della  legge  25  giugno 1999, n. 205) - di quanto (sorte, interessi,
spese, penale) dalla legge stessa previsto;
        che questa Corte ha gia' esaminato, con la sentenza n. 70 del
2003,  la  questione  -  posta  come  centrale  dal  rimettente - del
rilevante   avvicinamento,   sotto  piu'  profili,  della  disciplina
dell'assegno  a  quella della cambiale, concludendo che, tuttavia, la
peculiare  natura  di  mezzo  di  pagamento  conservata  dall'assegno
giustifica  la  diversa  disciplina  che, quanto alle conseguenze del
protesto, il legislatore ha dettato rispetto alla cambiale;
        che,  essendo  palesemente  incongrui gli ulteriori parametri
costituzionali  indicati  dal rimettente - in quanto invocati al fine
di  denunciare  inconvenienti  di  fatto  e  non  certamente  effetti
giuridici  contrari  a  Costituzione  -,  la questione sollevata deve
essere dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.