IL TRIBUNALE

    Sulla richiesta del p.m. di convalida dell'arresto di Yaich Mongi
per  la  contravvenzione  prevista e punita dall'art. 14, comma 5-ter
d.lgs. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002.
    Premesso   che   l'arrestato   e'   stato  espulso  con  regolare
provvedimento   del  prefetto  di  Bologna,  che  successivamente  il
questore  di  Bologna  gli ha ordinato di allontanarsi dal territorio
dello Stato entro 5 giorni ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs.
n. 286/1998  come  modificato dalla legge 189/2002, e che egli non ha
ottemperato   all'ordine,   venendo  arrestato  a  Bologna  ai  sensi
dell'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. 286/1998.
    Rilevato   che   l'ordine   di   espulsione  del  prefetto  e  di
allontanamento   del   questore   risultano  regolarmente  notificati
all'arrestato.
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato o eventualmente con diverse generalita' - non ha precedenti
penali  definitivi  a  carico  ne'  pendenze  giudiziarie, il che non
consente  di  ritenere  sussistenti  indici concreti di pericolosita'
dell'arrestato.
    Osservato  che sussistono dubbi sulla legittimita' costituzionale
dell'arresto   obbligatorio   come   previsto   dall'art. 14,   comma
5-quinquies,   d.lgs. n. 286/1998   -  come  modificato  dalla  legge
n. 189/2002  -  e  che  la  questione  di legittimita' di tale norma,
sollevata  dalla  difesa,  appare non manifestamente infondata per le
ragioni   che   seguono,  con  essenziale  riferimento  ai  parametri
costituzionali di cui agli artt. 13 e 3 della Costituzione.
    Quanto    al   parametro   dell'art. 13,   terzo   comma,   della
Costituzione,  che  consente  provvedimenti limitativi della liberta'
personale da parte della p.s. solo «in casi eccezionali di necessita'
ed  urgenza  indicati  tassativamente  dalla  legge»,  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio  contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies
appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma, al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad   opera   della   p.s.   solo   se   successivamente   convalidata
dall'autorita'  giudiziaria  e nei casi «eccezionali di necessita' ed
urgenza»  previsti  dalla  legge.  Al  terzo comma - diversamente dal
secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche'
al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi
in  cui  la  liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata
dalla  p.s., ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed
urgenza;
        la  giurisprudenza  costituzionale  ha chiarito le nozioni di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche'  l'art. 14, comma 5-quinquies prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma-ter,  le  condizioni  di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto;
        la  condotta  contravvenzionale  a cui e' collegato l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente  pericoloso  (vedi C. cost. n. 64/1977 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente accertamento
giudiziale  delle  condizioni di pericolosita' sociale), ne' versa in
una  condizione  di  pericolosita'  specifica  per  le sue condizioni
personali   (vedi   C.  cost.  n. 126/1972  in  cui  la  legittimita'
dell'arresto  era  collegata  all'ubriachezza  in  atto):  va infatti
considerato  che  la clandestinita' sul territorio dello Stato, cioe'
la  permanenza  dello  straniero  in  Italia senza i documenti che la
legittimano  formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione ma
che  non integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata alla
formale  assenza  di  documenti, non puo' essere indice di per se' di
una  specifica  pericolosita' del soggetto (si pensi all'innumerevole
numero   di   «badanti»   che   per   periodi   lunghissimi  lavorano
irregolarmente    nelle    famiglie   italiane   in   condizioni   di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale  da  parte della p.s. ai sensi del terzo comma dell'art. 13
Cost.;
        l'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per
una  contravvenzione  punita  con  l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il
sistema  processuale  vigente  non  consente l'applicazione di misure
cautelari  personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il
che  rende  evidente  come  in questo caso l'arresto non sia in alcun
modo  collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare.
Esso  si  affianca  ad  altri  eccezionali  casi in cui e' consentito
l'arresto  a  prescindere  dalla  successiva  applicazione  di misura
cautelare,   ma  si  discosta  da  tali  ipotesi  per  aspetti  molto
rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in
flagranza  previsto  per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s. (la cui
pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di
misure  cautelari)  e  per  le  contravvenzioni  p.p. dai commi 1 e 2
art. 4  legge  110/1975  o  dai comma 4 e 5 dello stesso articolo, in
questo  caso  se  aggravate dalla finalita' di discriminazione o odio
etnico, razziale ecc. Nella prima ipotesi l'arresto e' consentito per
consentire  «la possibilita' di un intervento immediato di chi si sia
dato  alla fuga, abbia abbandonato le vittime di incidenti stradali a
lui riconducibili, abbia messo in pericolo la sicurezza individuale e
collettiva»  (C.  cost.  n. 305/1996).  Nel  secondo  caso  l'arresto
consente  che  le  forze  di  p.s.  limitino la liberta' personale di
soggetti in possesso di armi o oggetti atti ad offendere nel corso di
riunioni  pubbliche  (commi  4  e  5)  o  con armi od oggetti atti ad
offendere   fuori  dalla  propria  abitazione  il  cui  possesso  sia
destinato  specificamente  a  finalita'  di  discriminazione  o  odio
razziale   (commi   1  e  2,  aggravati  dall'art. 3,  comma  1  d.l.
n. 122/1993),  condotte  entrambe  evidentemente  riconducibili ad un
pericolo per la sicurezza individuale e collettiva evitabile soltanto
con   la   materiale  apprensione  del  soggetto  armato  ed  il  suo
allontanamento dal luogo pericoloso. In entrambi i casi, l'arresto e'
previsto  come facoltativo e non come obbligatorio (art. 189, comma 6
c.s.d.  e  art. 6  comma  2  legge  654/1975). In entrambe le ipotesi
citate   di   arresto  consentito  a  prescindere  dalla  conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose,  mentre  l'arresto  previsto  dall'art. 14, comma 5-quinquies
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  p.s.  che  lo  sorprenda  in flagranza, nel caso di cui
all'art. 14,  comma  5-quinquies  non  emerge  alcuna  necessita'  ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita'  dell'arresto  previsto dall'art. 189 c.d.s. ancorandola
alla  sua facoltativita', in quanto tale arresto «richiede pur sempre
la  sussistenza,  nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali
l'art. 381  comma  4  subordina  in  via  generale l'adozione di tale
misura».  Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto
prescinde  da  ogni  valutazione  sulla  concreta pericolosita' della
condotta  e nella sua generale ed astratta necessita' di applicazione
si  pone in contrasto con i requisiti della eccezionale necessita' ed
urgenza   della   misura  imposti  dall'art. 13,  terzo  comma  della
Costituzione;
        l'arresto  obbligatorio  non potrebbe neppure trovare ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14,  comma 5-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450  c.p.p.  comma  2  che  espressamente dispone le regole
processuali  per  l'ipotesi  di  citazione a giudizio dell'imputato a
piede  libero,  oltre  che  nei  casi  previsti  dallo  stesso d.lgs.
n. 286/1998  come  modificato  dalla legge 189/2002, che all'art. 13,
comma 13-ter prevede ipotesi di arresto facoltativo disponendo che in
ogni  caso - e quindi anche quando la facoltativita' dell'arresto non
sia  stata  esercitata  e  quindi  l'imputato  resti  libero - contro
l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo;
        non  puo'  infine  ritenersi  che l'eccezionale necessita' ed
urgenza  dell'arresto  sia  collegata  alla  necessita'  di  eseguire
l'espulsione  dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo ed indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma 4
d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge 189/2002;
        l'arresto   obbligatorio   qui   previsto   potrebbe   essere
costituzionalmente  rientrante  nella  previsione dell'art. 13, terzo
comma  Cost.  solo  se  si  ritenesse  eccezionalmente  necessario ed
urgente  limitare  la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui
egli abbia violato l'ordine di allontanamento del questore successivo
alla  sua espulsione dal territorio nazionale. Tale limitazione della
liberta' puo' perdurare comunque soltanto poche ore (e cioe' soltanto
fino  a  che il p.m. non ritenga di avvalersi dei poteri conferitigli
dall'art. 121  disp.  att.  c.p.p.  o  al massimo fino all'udienza di
convalida,  alla quale comunque il p.m. non puo' chiedere l'emissione
di  misure cautelari) e non e' necessaria ne' per l'instaurazione del
giudizio  direttissimo,  ne' per la successiva applicazione di misure
cautelari,  ne'  perche'  in  tale  arco  di  tempo  possa  ottenersi
l'identificazione   dell'arrestato,  ne'  perche'  con  l'arresto  si
interrompe  una  situazione  di  pericolo, ne' perche' sia funzionale
all'espulsione,  che  invece  e'  presupposto  dell'arresto  stesso e
comunque   puo'   essere   autonomamente   disposta:  non  e'  quindi
apprezzabile  alcun  profilo di eccezionale necessita' ed urgenza che
renda l'arresto obbligatorio qui in esame rientrante nella previsione
dell'art. 13,   terzo  comma  della  Costituzione  e  quindi  non  in
contrasto  con  la  inviolabilita'  della  liberta' personale sancita
dall'art. 13 Cost.
    Quanto al parametro dell'art. 3 della Costituzione, che impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato   nelle   sentenze   C.  cost.  n. 26/1979;  n. 103/1982;
n. 409/1989;  n. 341/1994  (vedi  anche C. cost. n. 53/58 secondo cui
«non  si  controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se
si  dichiara  che  il principio dell'uguaglianza e' violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che   esso  stesso  considera  e  dichiara  diverse),  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio  contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies
appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        l'art. 13, comma 13 del d.lgs. 286/1998 come modificato daila
legge 189/2002   prevede  la  contravvenzione  dello  straniero  che,
espulso  e  materialmente  accompagnato  alla  frontiera, rientri nel
territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi ad 1 anno (si
tratta  della  prima  disobbedienza  ad  un ordine, ma la condotta di
rientro  e'  attiva  e  manifesta una intenzionalita' particolarmente
forte  dello  straniero  poiche' segue alla materiale attivita' della
pubblica  amministrazione  che  lo  ha  accompagnato  alla  frontiera
coattivamente,  con  rilevante impegno di risorse umane e materiali).
Tale  contravvenzione  e'  punita  con  l'arresto nella stessa misura
rispetto  alla  contravvenzione  prevista  dall'art. 14,  comma 5-ter
(disobbedienza  reiterata  di  due  ordini, ma con condotta meramente
omissiva  e  anche  colposa),  il  che  e'  indice  inequivoco  della
valutazione   del   legislatore   di  pari  gravita'  delle  condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  (art. 13,  comma  13-ter),  nel  secondo  caso  esso  e'
previsto come obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies);
        l'art. 13,  comma  13-bis del d.lgs. 286/1998 come modificato
dalla  legge 189/02 prevede il delitto dello straniero che rientri in
Italia  dopo  l'espulsione disposta in sede giudiziale, punendolo con
la  reclusione  da  1  a  4  anni. In questo caso di delitto con pena
edittale  fino  a  4  anni  e'  previsto  l'arresto  come facoltativo
dall'art. 13,   coma   13-ter,  mentre  nel  caso  piu'  lieve  della
contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter punita con l'arresto fino a
1  anno  l'arresto  e' previsto come obbligatorio dal citato art. 14,
comma 5-quinquies.
    Dall'esame  delle  disposizioni  sopra  citate  emerge quindi che
anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge
189/2002, la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nel comma
5-quinquies  dell'art. 14  e' irragionevole, sia poiche' a situazioni
di   analoga   gravita'  (art. 13,  comma  13)  conseguono  modalita'
d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  emergano
apprezzabili  ragioni  che  giustifichino  il  differente trattamento
della  liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due  ipotesi,  sia
perche'  a  situazioni  di  maggiore gravita' (art. 13, comma 13-bis)
conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative e quindi piu'
lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che giustifichino il
piu'   lieve  trattamento  di  reati  piu'  gravi  nella  fase  della
previsione delle misure precautelari.
    Che  la  questione  e' rilevante per la pronuncia sulla convalida
dell'arresto   poiche'  l'eventuale  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale   dello   stesso  farebbe  venir  meno  il  fondamento
normativo  della  richiesta  di  convalida  proposta dal p.m. Infatti
nella  fattispecie l'indagato e' stato tratto in arresto perche' tale
misura e' prevista come obbligatoria dall'art. 14, comma 5-quinquies,
d.lgs.  n. 286/1998,  mentre  egli  non  sarebbe  stato  passibile di
arresto  se  tale  misura  fosse  stata  prevista come facoltativa in
quanto non sussistono nella fattispecie le condizioni richieste dall'
art. 381,  comma 4  della  gravita' del fatto (il reato contestato e'
una   contravvenzione   punita  da  6  mesi  a  1  anno),  ne'  della
pericolosita'   del   soggetto   desunta   dalla   sua   personalita'
(l'arrestato  e'  privo  di  pregiudizi penali ed e' qui per la prima
volta  accusato  di  una  contravvenzione;  il  fatto  che  egli  sia
clandestino  sul  territorio nazionale non e' previsto come reato dal
nostro  ordinamento)  o  dalle  circostanze  del  fatto  (la condotta
contestata  e'  meramente  passiva,  di  disobbedienza  ad  un ordine
dell'autorita).
    Osservato  che la rilevanza della questione permane nonostante la
necessaria  liberazione dell'arrestato imposta dall'art. 391, settimo
comma  c.p.p.  e « (...) trova ragione nell'interesse generale ad una
pronuncia   sulla   legittimita'  dell'arresto,  che  ha  pur  sempre
determinato   una  privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della
questione,   dunque,   permane,   trattandosi   di  stabilire  se  la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione dell'art. 391 settimo comma ovvero piu' radicalmente
alla  caducazione  con effetto retroattivo della disposizione in base
alla quale gli arresti furono eseguiti» (C. cost. n. 54/1993).
    Ritenuto  quindi  conclusivamente  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma  5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998
come modificato dalla legge 189/2002, nella parte in cui prevede come
obbligatorio   l'arresto   per   il   reato   previsto  dall'art. 14,
comma 5-ter,  appare  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel
giudizio  di  convalida in corso, per cui va sollevata per le ragioni
sopra esposte