Ricorso  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona del
presidente  della  giunta  provinciale  pro  tempore  Lorenzo Dellai,
autorizzato  con  deliberazione  della giunta provinciale 20 febbraio
2004,  n. 371  (doc. 1), rappresentata e difesa - come la procura del
23  febbraio  2004,  n. rep.  26022  (doc.  2), autenticata dal dott.
Tommaso  Sussarellu,  ufficiale  rogante  della Provincia - dal prof.
avv.  Giandomenico  Falcon  e  dall'  avv.  Luigi  Manzi di Roma, con
domicilio  eletto  in  Roma  presso  lo  studio  dall'avv. Manzi, via
Confalonieri, n. 5,

    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  del  ministri  per  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale:
        dell'art. 3,  comma 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350,
recante  «Disposizioni  per  la  formazione  dal  bilancio  annuale e
pluriennale  dello  Stato  (legge finanziaria 2004)» pubblicata nella
Gazzetta  Ufficiale  n. 299  del  27  dicembre 2003, Suppl. ordinario
n. 196/L,  in  quanto  dispone la diretta applicazione dei precedenti
commi da 16 a 20;
        dell'art. 3, commi 17, 18 e 20,
per violazione:
    degli  articoli  116,  117, 119 e 120 della Costituzione, nonche'
dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;
        dello  Statuto di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ed in
particolare  del  titolo  VI  di esso, come modificato dalla legge 30
novembre 1989, n. 386;
        delle  norme  d'attuazione  dello  Statuto,  e in particolare
degli artt. 2 e 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266;
        del principio di leale cooperazione,
nei modi e per i profili di seguito illustrati.

                              F a t t o

    La  legge  24 dicembre 2003, n. 350 concernente «Disposizioni per
la  formazione  del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria  2004)»  detta  varie  disposizioni  concernente  materie
varie,   accomunate   dalla   sola   circostanza   del  loro  rilievo
finanziario.
    All'art. 4,  comma 249, tale legge contiene una generale clausola
di  salvaguardia  per le regioni a statuto speciale e per le Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano, disponendo che «le disposizioni
della  presente  legge  sono  applicabili  nelle  regioni  a  statuto
speciale   e   nelle   province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
compatibilmente   con   le  norme  del  rispettivi  statuti»  (enfasi
aggiunta).
    Per la generalita' delle disposizioni della legge n. 350, dunque,
la   Provincia   di  Trento  non  ha  ragione  di  censurare  neppure
disposizioni  che  essa  riterrebbe  lesive  ed  illegittime, qualora
dovessero    trovare   applicazione:   perche'   ove   effettivamente
incompatibili   con  il  sistema  dell'autonomia  speciale  esse  non
troverebbero, per cio' stesso, applicazione.
    Diverso  discorso  tuttavia  va  fatto per talune disposizioni in
materia  strettamente  finanziaria,  concernenti  la  capacita' delle
regioni  e  degli  enti  locali  di  ricorrere  all'indebitamento. La
materia  finanziaria, nel sistema dello statuto, trova disciplina, in
relazione  alla  provincia stessa, nel titolo VI del d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, a. 386, e
nelle  relative  norme  d'attuazione.  Per  quanto riguarda invece la
finanza   locale,  la  competenza  provinciale,  quale  competenza  a
disciplinare  con  legge  i  criteri  per  assicurare  un equilibrato
sviluppo  dalla  finanza locale, ivi compresi i limiti all'assunzione
di  personale, le modalita' del ricorso all'indebitamento, nonche' le
procedure per l'attivita' contrattuale, trova fondamento nell'art. 80
dello  statuto  speciale  e  nell'art.  17  del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 268   (Norme   di   attuazione   dello  Statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale).
    In  entrambi  gli  ambiti  la Provincia ha legiferato: per quanto
riguarda  la  provincia  stessa con la legge provinciale 14 settembre
1979, n. 7, ed in particolare con il suo art. 31; per quanto riguarda
la finanza locale, con la legge provinciale 15 novembre 1993, n. 36.
    In questo contesto sopravviene ora l'art. 3, comma 21, secondo il
quale  «ai fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica e
nel  quadro  del  coordinamento  della  finanza  pubblica di cui agli
articoli  119  e 120 della Costituzione, le disposizioni dei commi da
16  a 20 si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province
autonome  di  Trento e di Bolzano, nonche' agli enti e agli organismi
individuati nel comma 16 siti nei loro territori».
    Cosi'  facendo  tale  comma  dispone la diretta applicazione alla
Provincia  di  Trento  delle disposizioni di cui ai commi da 16 a 20,
eliminando   per   esse   il   generale  effetto  della  clausola  di
salvaguardia.
    Il  comma  16  dispone  che «ai sensi dell'art. 119, sesto comma,
della  Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali,
le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1,
lettera  b), del testo unico di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267,
...  possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di
investimento».
    Posta  tale  premessa,  che  coincide  con quanto disposto per le
regioni ordinarie dall'art. 119 Cost., i commi 17 e 18 sono rivolti a
determinare  l'uno  le  fittispecie  che costituiscono indebitamento,
l'altro le fattispecie che costituiscono investimento.
    Inoltre il comma 17, che definisce le tipologie di indebitamento,
attribuisce  al  Ministro dell' economia e delle finanze il potere di
adottare  modifiche  alle  predette  tipologie  di indebitamento. Con
analoga  disposizione  contenuta  nel  comma  20,  e' riconosciuto al
Ministro   dell'economia  e  delle  finanze  il  potere  di  disporre
modificazioni  non  solo  alle  tipologie  di indebitamento di cui al
comma  17  di  cui  sopra,  ma  anche  alle tipologie di investimenti
definite nel comma 18.
    La  attribuzione dei suddetti poteri ministeriali, che consentono
di  determinare unilateralmente le tipologie sia di indebitamento sia
di  investimento ammesso per le regioni a statuto ordinario, gli enti
locali,  aziende ed altri organismi di cui al comma 16, determina una
incidenza diretta sulla autonomia finanziaria degli enti interessati,
in assenza di qualsiasi forma di coordinamento e concertazione.
    Gia'  si  e' detto che il comma 21 dispone l'applicazione diretta
delle  disposizioni  dei  commi  da  16  a  20 alle regioni a statuto
speciale  ed  alle  Province autonome di Trento e di Bolzano, nonche'
agli  enti  e  agli  organismi  di  cui  al  comma  16  siti nei loro
territori.
    La   disciplina   statale  verrebbe  dunque  a  sostituirsi  alla
discplina   legislativa   provinciale   nella  materia,  restringendo
l'autonomia finanziaria e la potesta' legislativa provinciale.
    Sennonche',  tale  disciplina  statale, ed in particolare (ma non
esclusivamente)  il  comma  21,  sono arbitrarie e costituzionalmente
illegittime per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1. - Illegittimita' costituzionale della diretta applicazione dei
commi da 16 a 20 dell'art. 3 alla provincia, disposta dal comma 21.
    Come  esposto  in  narrativa, l'art. 3, comma 21, dispone che «ai
fini della tutela dell'unita' economica della Repubblica e nel quadro
del  coordinamento  della finanza pubblica di cui agli articoli 119 e
120  della  Costituzione,  le  disposizioni  dei  commi da 16 a 20 si
applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di
Trento  e  di Bolzano, nonche' agli enti e agli organismi individuati
nel comma 16 siti nei loro territori».
    Cosi'  facendo  tale  comma  dispone la diretta applicazione alla
Provincia  di  Trento  delle disposizioni di cui ai commi da 16 a 20,
facendo  venire  meno  in  relazione  ad  esse  l'operativita'  della
clausola   di   salvaguardia   posta   dall'art. 4,  comma  249  («le
disposizioni  della  presente  legge sono applicabili nelle regioni a
statuto  speciale  e  nelle  Province autonome di Trento e di Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti»).
    L'illegittimita'    della    disposizione   del   comma   21   e'
immediatamente evidente.
    Va  notato  in  primo  luogo  che la clausola di salvaguardia ora
ricordata non e' una speciale concessione del legislatore statale, ma
semplicemente    il    riconoscimento    della   speciale   posizione
costituzionale delle regioni speciali e delle province autonome. Essa
non  puo'  essere  fatta  venire  meno  in  relazione ad alcuna delle
disposizioni  di  legge,  perche'  per  tutte e' evidente che esse si
applicano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti.
    Gia'   questa   sola   constatazione   basterebbe   a  dimostrare
l'illegittimita'   costituzionale   del  comma  21:  ma  alla  stessa
conclusione si giunge alla piu' ravvicinata considerazione di esso.
    Esso stesso infatti richiama, a fondamento della applicazione dei
commi  da  16  a 20, gli articoli 119 e 120 della costituzione, cioe'
due  disposizioni che, nei loro contenuti specifici, non si applicano
alle regioni speciali ed alla ricorrente provincia.
    E'  ben  noto,  infatti, che l'art. 10 della legge costituzionale
n. 3  del 2001 ha disposto che le nuove disposizioni che formano oggi
il Titolo V della parte seconda della Costituzione si applichino alle
autonomie  speciali  solo in quanto siano per esse piu' favorevoli di
quanto disponga il rispettivo sistema statutario.
    E'  di  immediata  evidenza  che  questo  non  e' il caso, quanto
all'art. 119,  ne' del comma sesto, di cui fondamentalmente si tratta
-  cioe'  del  comma  che  dispone il divieto di indebitamento per le
spese  diverse  da  quelle  relative agli investimenti - ne' di altre
disposizioni  che  comunque  implichino  poteri statali di supremazia
(che  proprio  in  quanto  tali  non possono essere ammessi se non in
quanto  coincidano con il sistema statutario); e quanto all'art. 120,
e'  pure  di  immediata  evidenza  che  l'estensione  alle  autonomie
speciali dei poteri di sostituzione da parte dello Stato non puo' per
definizione  essere  «piu' favorevole» (mentre deve essere rimessa ai
futuri   adeguamenti   statutari  ogni  modificazione  dell'autonomia
regionale  o  provinciale  che  operasse  in  pejus rispetto a quanto
attualmente previsto dagli statuti speciali).
    E'  dunque  inevitabile  concludere che la disposizione di cui al
comma   21,  nei  termini  in  cui  e'  formulata,  e'  completamente
illegittimita', e che anche i commi da 16 a 20 non possono applicarsi
alla provincia autonoma che compatibilmente con le norme statutarie.
    Ne'  e'  qui  il  luogo  di  esaminare tali norme statutarie, per
valutare  preventivamente  ed  in astratto se ed in quale misura esse
consentano l'operare dei vincoli derivanti alle regioni ordinarie dai
commi da 16 a 20, e secondo quali modalita'.
    Infatti,  l'oggetto del presente giudizio non e' la dimostrazione
della  condizione di maggiore autonomia in cui si trovi la ricorrente
provincia (comunque richiamata subito sotto, in relazione ai disposti
statutari),  ma  la dimostrazione della inidoneita' dei fondamenti di
applicazione  invocati  dal  comma 21 a giustificazione della propria
pretesa  applicazione. Solo per completezza di trattazione, pertanto,
si notera' che la pretesa di diretta applicazione - alla provincia ed
agli  enti  che  formano  nel  loro insieme le amministrazioni locali
provinciali  -  delle  regole legislative stabilite dai commi da 16 a
20,  a  prescindere dal loro eventuale recepimento nella legislazione
provinciale,  viola  platealmente  l'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992,
n. 266,  che  prevede  il  ben noto meccanismo in virtu' del quale la
sopravveniente   legislazione   statale   nelle  materie  provinciali
determina  non  la  diretta  applicazione  delle norme statali, ma il
dovere  di  adeguamento  (nei  limiti  in cui statutariamente vi sia)
della  legislazione  provinciale.  Inoltre ai sensi dell'art. 4 dello
stesso  d.lgs.  n. 266/1992,  i medesimi atti legislativi dello Stato
nelle  materie  di  competenza  non  possono  attribuire  agli organi
statali  funzioni  amministrative  diverse  da  quelle spettanti allo
Stato, secondo lo statuto speciale e le relative norme di attuazione.
    Ugualmente per mera completezza di trattazione si ricorda che per
la  Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di
Bolzano  il potere sostitutivo dello Stato e' attualmente previsto in
due  ipotesi,  e  precisamente  da  un  lato  in  caso di persistente
inattivita'  degli  organi  regionali  nell'esercizio  delle funzioni
delegate  (art.  5,  comma  1,  del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526),
dall'altro nel caso di accertata inattivita' degli organi provinciali
che  comporti  inadempimento  agli  obblighi  comunitari  (art. 8 del
d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526).
    Nessuna  norma statutaria prevede o consente che la legge statale
stabilisca   per   quale   ambito   la   provincia   possa  ricorrere
all'indebitamento,  o stabilisca che cosa costituisca indebitamento o
investimento.
    Da    tutte    le   ragioni   esposte   deriva   l'illegittimita'
costituzionale del comma 21, in quanto stabilisce che le disposizioni
dei commi da 16 a 20 si applicano alla ricorrente provincia.
    2.  -  Illegittimita'  costituzionale dei commi 17, 18 e 20 sotto
profili specifici.
    La  legge  n. 350 del 2003, ribadita al comma 16 la regola, posta
per le regioni ordinarie dall'art. 119, sesto comma, secondo la quale
le  regioni  possono  ricorrere all'indebitamento solo per finanziare
spese  di  investimento,  stabilisce  al  comma  17  quali operazioni
costituiscano   indebitamento   e   rientrino   cosi'   nel  divieto.
Precisamente,  esso  dispone (primo periodo) che «per gli enti di cui
al  comma 16 costituiscono indebitamento, agli effetti dell'art. 119,
sesto  comma,  della Costituzione, l'assunzione di mutui, l'emissione
di  prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni di flussi futuri di
entrata  non  collegati a un'attivita' patrimoniale preesistente e le
cartolarizzazioni  con  corrispettivo  iniziale  inferiore all'85 per
cento    del    prezzo   di   mercato   dell'attivita'   oggetto   di
cartolarizzazione    valutato    da    un'unita'    indipendente    e
specializzata».  Aggiunge  poi  (secondo periodo) che «costituiscono,
inoltre,    indebitamento    le   operazioni   di   cartolarizzazione
accompagnate  da  garanzie  fornite da amministrazioni pubbliche e le
cartolarizzazioni  e  le  cessioni  di  crediti  vantati  verso altre
amministrazioni  pubbliche»,  mentre  non costituiscono indebitamento
(terzo periodo) «le operazioni che non comportano risorse aggiuntive,
ma  consentono  di  superare, entro il limite massimo stabilito dalla
normativa  statale vigente, una momentanea carenza di liquidita' e di
effettuare  spese  per  le quali e' gia' prevista idonea copertura di
bilancio».
    L'ultimo  periodo  del  comma  17  statuisce  che «modifiche alle
predette  tipologie  di  indebitamento  sono disposte con decreto del
Ministro  dell'economia  e delle finanze, sentito l'ISTAT, sulla base
dei criteri definiti in sede europea».
    A  sua  volta,  il  comma  18 stabilisce quali operazioni possano
rientrare nel concetto di «investimento» ai fini di cui all'art. 119,
sesto comma, della Costituzione.
    Precisamente,    secondo    tale    disposizione    costituiscono
investimenti:
          a)  l'acquisto,  la  costruzione,  la ristrutturazione e la
manutenzione straordinaria di beni immobili, costituiti da fabbricati
sia residenziali che non residenziali;
        b)  la  costruzione,  la demolizione, la ristrutturazione, il
recupero e la manutenzione straordinaria di opere e impianti;
        c)   l'acquisto   di   impianti,   macchinari,   attrezzature
tecnico-scientifiche,  mezzi  di  trasporto  e  altri  beni mobili ad
utilizzo pluriennale;
        d) gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;
        e) l'acquisizione di aree, espropri e servitu' onerose;
        f)  le partecipazioni azionarie e i conferimenti di capitale,
nei  limiti della facolta' di partecipazione concessa ai singoli enti
mutuatari dai rispettivi ordinamenti;
        g) i trasferimenti in conto capitale destinati specificamente
alla  realizzazione  degli  investimenti  a  cura di un altro ente od
organismo appartenente al settore delle pubbliche amministrazioni;
        h)  i  trasferimenti  in conto capitale in favore di soggetti
concessionari  di  lavori  pubblici  o  di  proprietario  gestori  di
impianti, di reti o di dotazioni funzionali all'erogazione di servizi
pubblici   o  di  soggetti  che  erogano  servizi  pubblici,  le  cui
concessioni  o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli
investimenti   agli   enti  committenti  alla  loro  scadenza,  anche
anticipata.  In  tale  fattispecie rientra l'intervento finanziario a
favore  del concessionario di cui al comma 2 dell'art. 19 della legge
11 febbraio 1994, n. 109;
        i)  gli interventi contenuti in programmi generali relativi a
piani  urbanistici  attuativi,  esecutivi,  dichiarati  di preminente
interesse  regionale  aventi  finalita'  pubblica volti al recupero e
alla valorizzazione del territorio».
    Il comma 20, poi, dispone che «le modifiche alle tipologie di cui
ai commi 17 e 18 sono disposte con decreto del Ministro dell'economia
e  delle  finanze,  sentito  l'ISTAT». Il riferimento al comma 17, si
notera',  e'  meramente  ripetitivo  dell'ultimo periodo dello stesso
comma,  il quale inoltre era piu' ampio, riferendosi per le modifiche
al parametro dei criteri definiti in sede europea.
    Tali  disposizioni  restringono  le  possibilita' di azione delle
regioni  (e,  secondo  il comma 21, anche della ricorrente provincia)
rispetto  alla regola costituzionale, e presentano diversi elementi e
profili di illegittimita'.
    Nel  contenuto,  va  premesso  che  la  regola costituzionale del
divieto  di  indebitamento  se non per investimenti e' per le regioni
ordinarie   direttamente  operativa,  e  non  demanda  alcun  compito
attuativo alla legge statale. Anche se si ammettesse che questa possa
dettare  disposizioni  specificative  ed attuative, e' pero' evidente
che  tali  disposizioni dovrebbero attenersi al concetto economico di
investimenti,   e   non   potrebbero   arbitrariamente  restringerlo,
estendendo  il  divieto  costituzionale  ad  ambiti  che esso non era
destinato a coprire.
    In  particolare,  e'  da sottolineare che il comma 18, lett. g) e
h),  considera  «investimenti» solo i trasferimenti in conto capitale
effettuati  a  favore di determinati soggetti, cosi' precludendo alle
regioni la possibilita' di ricorrere all'indebitamento per effettuare
trasferimenti in conto capitale di altro tipo, cioe', essenzialmente,
per concedere contributi ai privati per i loro investimenti.
    In  questo  modo  la norma statale restringe irragionevolmente un
consolidato  concetto  di  investimento,  escludendo  dal  suo ambito
alcuni  trasferimenti in conto capitale in quanto effettuati a favore
di  privati  anziche' a favore di soggetti pubblici. E' invece chiaro
che  la  tipologia  del  soggetto destinatario non modifica la natura
economica  della  spesa  e  che  i trasferimenti in conto capitale ai
privati  non  possono  ragionevolmente essere esclusi dal concetto di
investimento  (e,  dunque, dalla possibilita' dell'indebitamento). Il
comma   18,   dunque,  incide  sull'autonomia  finanziaria  regionale
restringendo  irragionevolmente il concetto di investimenti, violando
l'art. 119  Cost.  nonche', quanto al carattere discriminatorio della
restrizione, l'art. 3 Cost.
    L'irragionevolezza  della  norma, gia' chiara in assoluto, emerge
anche  all'interno  della  stessa  legge  n. 350 del 2003, se si pone
mente   al   fatto   che   l'art. 4,  intitolato  Finanziamento  agli
investimenti,  contempla  sin dal primo comma contributi a privati (e
poi  ne sono previsti molti altri). Ora - anche tralasciando il fatto
che  finanziare gli investimenti e' ovviamente esso stesso, dal punto
di  vista  dell'ente  finanziatore,  un  investimento  - in ogni caso
l'art.  119, sesto comma, espressamente consente l'indebitamento «per
finanziare  spese  di  investimento».  Del tutto illegittima pertanto
l'esclusione  da  tale categoria, per le regioni, di una tipologia di
spesa che lo stesso legislatore statale qualifica come «finanziamento
agli investimenti».
    Inoltre,  la  definizione  contenuta nel comma 18, lett. g) e b),
non corrisponde alla disciplina dei «trasferimenti in conto capitale»
contenuta  nel  regolamento CE n. 2223/1996 del 25 giugno 1996 (punto
D.9),  relativo  al  sistema  europeo dei conti nazionali e regionali
nella   comunita'.   Tale   regolamento,   fra   l'altro,  comprende,
nell'ambito  dei  trasferimenti in conto capitale, i «contributi agli
investimenti»  (D.92)  e  fra  questi  sono  espressamente menzionati
quelli  alle  imprese  private  o  a  soggetti  privati diversi dalle
imprese.  Dunque,  le norme impugnate violano anche l'art. 117, primo
comma,  Cost.,  ed  anche  tale  illegittimita' si traduce in lesione
dell'autonomia finanziaria regionale e provinciale.
    Infine,  le norme in questione differenziano irragionevolmente le
possibilita'  di  indebitamento  delle regioni da quelle dello Stato,
per  il  quale  continua  a valere la disciplina comunitaria: e anche
questa   illegittimita'   si   traduce   in   lesione  dell'autonomia
finanziaria regionale.
    Illegittime  risultano  anche  le  norme  che  prevedono  che gli
elenchi  di  cui  agli  artt. 17  e  18 possano essere modificati con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentito l'ISTAT.
    In  primo  luogo e' da segnalare che, come gia' accennato, mentre
l'ultimo  periodo  del comma 17 autorizza il Ministro dell'economia e
delle  finanze  a  modificare  le tipologie di indebitamento, sentito
l'ISTAT,  «sulla base dei criteri definiti in sede europea», il comma
20  prevede, per la modifica sia delle tipologie di indebitamento che
di  quelle  di  investimento, un decreto del Ministro dell'economia e
delle  finanze,  sentito l'ISTAT, ma senza piu' richiamare i «criteri
definiti  in  sede europea». La differenza non e' irrilevante perche'
il  comma  17  potrebbe  essere  inteso  nel senso che il Ministro e'
autorizzato  a  apportare  quelle  modifiche rese necessarie da nuovi
criteri  elaborati  a  livello comunitario, mentre il comma 20 sembra
prevedere  un regolamento ministeriale «in deroga», discrezionalmente
adottabile dal Ministro.
    Entrambe  le norme, comunque, risultano illegittime rispetto alle
stesse  regioni  a  statuto  ordinario. La materia in questione e' Il
«coordinamento  della finanza pubblica», che rientra nella competenza
concorrente  di  Stato e regioni. In tali materie, l'attuazione delle
fonti   comunitarie   non   self-executing   e'   regolata,  tuttora,
dall'art. 9  legge  n. 86 del 1989 (come e' noto, la legge n. 131 del
2003  non  si  e'  occupata  della materia, mentre una apposita legge
modificativa della legge n. 86 del 1989 e' in corso di discussione).
    In  attesa  della  legge regionale di recepimento, e' ammesso che
sia  lo  Stato  ad  attuare  la  direttiva, ma e' necessario che cio'
avvenga,  perlomeno, con un regolamento governativo (v. art. 9, comma
4,  legge  n. 86  del  1989). Dunque, la previsione di un decreto del
Ministro  (sostanzialmente  regolamentare)  per  il  recepimento  dei
«criteri» europei in materia di competenza concorrente risulta lesiva
della  sfera  costituzionale  di  competenza  regionale,  dato che la
competenza  dell'organo  collegiale,  prevista  dalla legge n. 86 del
1989,  deve  ritenersi  costituzionalmente necessaria in relazione al
rango costituzionale dell'autonomia regionale.
    Quanto  al  comma  20, che non fa riferimento ai criteri europei,
esso  e'  ancor  piu'  chiaramente  illegittimo  in quanto prevede un
potere   sostanzialmente   regolamentare  in  materia  di  competenza
concorrente, in violazione dell'art. 117, comma 47 Cost.
    Della    natura   sostanzialmente   regolamentare   del   decreto
ministeriale  previsto  dalle  norme  di cui sopra non sembra potersi
dubitare.  Ma, anche qualora si ritenesse che esse prevedano, invece,
una  funzione  amministrativa  attribuita  al  Ministro in virtu' del
principio di sussidiarieta', non verrebbe meno l'illegittimita', dato
che,  comunque,  mancherebbe  qualsiasi  meccanismo di coinvolgimento
delle  regioni, in contrasto con il principio di leale collaborazione
e secondo quanto richiesto dalla sentenza n. 303 del 2003.
    Per   la   provincia   autonoma,   si   tratterebbe  anche  della
attribuzione  di  funzioni  amministrative  statali (sia in relazione
alla provincia stessa che in relazione agli enti locali) direttamente
vietate  dall'art. 4  del  gia'  ricordato  d.P.R.  n. 266  del 1992.
Infine,  nella  parte  in  cui  si riferisce alle tipologie di cui al
comma 18, il comma 20 risulta illegittimo anche perche' conferisce al
Ministro  un  «nudo»  potere  discrezionale,  senza formulare criteri
idonei  a guidare l'esercizio del potere, in violazione del principio
di  legalita'  sostanziale;  ne' tale mancanza puo' essere compensata
dal parere dell'ISTAT, la cui opinione non ha ne' la funzione ne' gli
effetti giuridici di criteri fissati nella legge. Poiche' al Ministro
e'  affidato  un  potere  del  tutto discrezionale capace di incidere
notevolmente  sull'autonomia  regionale  e provinciale, la violazione
del  principio  di  legalita'  sostanziale  (che si aggiunge a quella
dell'art. 117,  comma  6  e del principio di leale collaborazione) si
traduce in lesione dell'autonomia stessa.