ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34 del codice di
procedura  penale,  promossi, nell'ambito di due diversi procedimenti
penali,  dal Tribunale di Reggio Calabria con ordinanze del 29 aprile
e  del  15 luglio  2003,  iscritte al n. 612 e al n. 755 del registro
ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 35 e n. 38, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio dell'11 febbraio 2004 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che con due ordinanze di identico contenuto il Tribunale
di  Reggio  Calabria  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24,
secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 34  del  codice  di procedura
penale,  «nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al
giudizio  direttissimo  il giudice che abbia convalidato l'arresto ed
applicato una misura cautelare nei confronti dell'imputato»;
        che  il  rimettente  premette  che  l'imputato,  arrestato in
flagranza  di  reato, e' stato presentato ai sensi dell'art. 449 cod.
proc.  pen. al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto
e  per  il  contestuale  giudizio  direttissimo  e  che,  convalidato
l'arresto  ed  applicata  la misura cautelare, nella prima udienza di
trattazione  la  difesa  dell'imputato  ha  eccepito l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in
cui  non  include  tra  i  casi  di incompatibilita' alle funzioni di
giudizio   quello   del   giudice  che  abbia  convalidato  l'arresto
dell'imputato presentato direttamente a dibattimento;
        che  il rimettente non ignora che la Corte costituzionale con
la  sentenza  n. 177  del  1996  ha  dichiarato  non  fondata analoga
questione,  in  quanto  «non  puo' essere configurata una menomazione
dell'imparzialita'  del  giudice, che adotta decisioni preordinate al
proprio  giudizio  o  incidentali  rispetto  ad  esso», e richiama la
giurisprudenza  di  legittimita'  e le ulteriori pronunce della Corte
che hanno ribadito il principio affermato nella menzionata sentenza;
        che, peraltro, ad avviso del giudice a quo le «significative»
modifiche   normative   intervenute   successivamente  alle  predette
decisioni,  costituite  dal comma 2-bis dell'art. 34 cod. proc. pen.,
introdotto  dal  decreto  legislativo  19 febbraio 1998, n. 51, e dal
nuovo   art. 111   Cost.,  inducono  a  riproporre  la  questione  di
legittimita' costituzionale;
        che  con  il  comma 2-bis  dell'art. 34  cod.  proc.  pen. il
legislatore  avrebbe  «scandito  all'interno  della stessa fase delle
indagini preliminari due sub-fasi», quella delle indagini preliminari
in  senso  stretto  e  quella dell'udienza preliminare, introducendo,
anche  fuori dei casi previsti dal comma 2 dell'art. 34 del codice di
rito,  una  nuova  ipotesi  di  incompatibilita'  tra  le funzioni di
giudice  per  le  indagini  preliminari  e  le  funzioni  di  giudice
dell'udienza preliminare e del giudizio;
        che  la  nuova ipotesi di incompatibilita' troverebbe «il suo
aggancio  proprio nell'art. 111 della Costituzione appena novellato»,
dal  momento  che  il principio dell'imparzialita' del giudice «opera
attraverso   l'istituto  della  incompatibilita'  in  relazione  allo
svolgimento  di  attivita' valutative e decisionali nell'ambito dello
stesso procedimento penale»;
        che  ad  avviso  del  rimettente  una ratio affatto analoga a
quella  ora  esposta  ricorrerebbe  nell'ipotesi  del  «rito speciale
direttissimo,   avuto  riguardo  alla  scansione  delle  due  diverse
sub-fasi  che  lo  costituiscono, quella introduttiva del giudizio di
convalida  e  dell'eventuale  deliberazione  in  materia  cautelare e
quella dei giudizi di merito»;
        che la situazione del giudice per le indagini preliminari che
nella  «sub-fase  procedimentale»  convalida  l'arresto  e  decide in
materia  cautelare  e  del giudice dell'udienza preliminare che nella
«sub-fase processuale» celebra l'udienza sarebbe analoga a quella del
giudice   del   giudizio  direttissimo  «che  nella  prima  sub-fase»
convalida  l'arresto  e decide in materia cautelare e poi «nell'altra
sub-fase» celebra il giudizio di merito;
        che sarebbero percio' violati gli artt. 3, 24, secondo comma,
e  111,  secondo comma, Cost., in quanto «la specialita' del rito non
giustifica  ragionevolmente  una diversa disciplina rispetto a quella
prevista  nell'ambito  della  fase  delle  indagini preliminari» e il
principio   dell'imparzialita'   del   giudice   «non   puo'  trovare
applicazione diversa in situazioni simili»;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile o
comunque infondata;
        che,   quanto   alla   rilevanza,   secondo  l'Avvocatura  il
rimettente  omette  di precisare «se la questione sia stata sollevata
nel corso di un dibattimento instaurato con giudizio direttissimo»;
        che,  nel  merito, l'Avvocatura richiama le numerose pronunce
con  le  quali  la Corte costituzionale, sulla base di argomentazioni
dalle  quali  «non  e'  possibile  discostarsi  neppure a seguito dei
mutamenti   di   legge»   menzionati   dal   rimettente,  ha  escluso
l'incompatibilita'  del  giudice del dibattimento che abbia proceduto
alla  convalida  dell'arresto  contestuale  al giudizio direttissimo,
trattandosi   di   ipotesi   in  cui  il  giudice  «adotta  decisioni
preordinate  al  proprio  giudizio  e  rispetto  ad esso incidentali,
attratte nella competenza per cognizione del merito».
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Reggio  Calabria  dubita, in
riferimento  agli  artt. 3,  24, secondo comma, e 111, secondo comma,
della  Costituzione,  della  legittimita' costituzionale dell'art. 34
del  codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in cui non prevede
l'incompatibilita'  alle  funzioni  di  giudizio  del  giudice che ha
convalidato  l'arresto e applicato una misura cautelare nei confronti
dell'imputato presentato a dibattimento per il giudizio direttissimo;
        che,  essendo  la  stessa questione sollevata in due distinti
procedimenti   con  ordinanze  di  identico  contenuto,  deve  essere
disposta la riunione dei relativi giudizi;
        che  il  rimettente,  pur  menzionando  le  decisioni con cui
questa   Corte  ha  ripetutamente  escluso  che  il  giudice  che  ha
convalidato  l'arresto  e disposto una misura cautelare nei confronti
dell'imputato  presentato  a dibattimento per il contestuale giudizio
direttissimo sia incompatibile alle funzioni di giudizio, ritiene che
la  nuova  ipotesi  di  incompatibilita'  del giudice per le indagini
preliminari   a   svolgere   le   funzioni  di  giudice  dell'udienza
preliminare  e  del giudizio, introdotta dal comma 2-bis dell'art. 34
cod.  proc.  pen.  anche  fuori  dei  casi gia' previsti dal comma 2,
imponga di riproporre la questione di legittimita' costituzionale;
        che dall'art. 34, comma 2-bis, cod. proc. pen. si desumerebbe
che  il  legislatore  ha  «scandito»  all'interno  della  fase  delle
indagini  preliminari le due «sub-fasi» delle indagini preliminari in
senso stretto e dell'udienza preliminare, introducendo, alla luce del
principio  di  imparzialita'  sancito  dall'art. 111,  secondo comma,
Cost.,   una   nuova   ipotesi  di  incompatibilita'  tra  «attivita'
valutative   e  decisionali  nell'ambito  dello  stesso  procedimento
penale»;
        che   tale   ipotesi  sarebbe  del  tutto  analoga  a  quella
riscontrabile tra le funzioni svolte dal giudice nelle due «sub-fasi»
del   giudizio  direttissimo,  quella  introduttiva  della  convalida
dell'arresto  e  dell'eventuale  deliberazione in materia cautelare e
quella del giudizio di merito;
        che   ad   avviso  del  rimettente  la  disciplina  censurata
violerebbe  pertanto  gli  artt. 3, 24, secondo comma, e 111, secondo
comma, Cost., in quanto la specialita' del rito direttissimo non puo'
ragionevolmente giustificare una disciplina diversa rispetto a quella
prevista  per  la  fase  delle  indagini  preliminari  e il principio
dell'imparzialita'  del  giudice  non  puo'  trovare  un'applicazione
diversa in situazioni simili;
        che,   in   via   preliminare,  va  respinta  l'eccezione  di
inammissibilita'  prospettata  dall'Avvocatura dello Stato, posto che
il  rimettente  precisa,  sia  pure sinteticamente, che l'imputato e'
stato  presentato  al  giudice  ex  art. 449  cod.  proc. pen. per la
convalida dell'arresto e il giudizio di merito;
        che  la  specifica questione oggetto del presente giudizio e'
stata  ripetutamente  dichiarata infondata e manifestamente infondata
da  questa  Corte  (v.  sentenza  n. 177 del 1996 e ordinanze n. 267,
n. 316  e  n. 433  del 1996, n. 286 del 1998 e n. 40 del 1999), sulla
base   del   rilievo   che  «non  e'  configurabile  una  menomazione
dell'imparzialita'  del  giudice  che adotta decisioni preordinate al
proprio  giudizio  o  rispetto  ad  esso  incidentali, attratte nella
competenza per la cognizione del merito»;
        che,  da  un  punto  di vista piu' generale, questa Corte con
giurisprudenza  costante  ha  escluso  la  sussistenza  di ipotesi di
incompatibilita'  quando  la  funzione  pregiudicante  e  la funzione
pregiudicata   si  collocano  all'interno  della  medesima  fase  del
processo  (v.,  tra  le  tante,  sentenze n. 155 del 1996 e n. 51 del
1997, ordinanze n. 24 del 1996 e n. 232 del 1999);
        che  le argomentazioni, poste dal rimettente a sostegno della
riproposizione  della  questione,  circa l'analogia tra le «sub-fasi»
della  convalida  dell'arresto  e  del giudizio di merito nell'ambito
della  fase  del giudizio direttissimo e le «sub-fasi» delle indagini
preliminari  in  senso stretto e dell'udienza preliminare nell'ambito
di  una  «fase»  unica  delle  indagini  preliminari,  sono  prive di
fondamento, posto che le indagini preliminari, destinate ad esaurirsi
nell'alternativa   tra   richiesta   di  archiviazione  ed  esercizio
dell'azione  penale,  costituiscono  una  vera  e  propria  fase  del
procedimento   del   tutto   autonoma   rispetto  alla  successiva  e
altrettanto  autonoma  fase  dell'udienza  preliminare, avente natura
processuale (sulla udienza preliminare quale «momento di «giudizio»»,
v.  sentenze  n. 224 del 2001 e n. 335 del 2002, ordinanze n. 367 del
2002 e n. 271 del 2003);
        che, infine, questa Corte ha avuto occasione di precisare che
l'art. 111,  secondo  comma,  Cost.  non  ha  introdotto  sostanziali
elementi  di  novita' circa la portata del principio di imparzialita'
del  giudice  gia'  desumibile  dagli  artt. 3 e 24 Cost., cosi' come
interpretati   dalla   giurisprudenza   costituzionale   in  tema  di
incompatibilita'  (v., tra molte, sentenza n. 134 del 2002, ordinanze
n. 112 del 2001, n. 54 e n. 218 del 2003);
        che  pertanto,  non  essendovi  motivi  per discostarsi dalle
conclusioni   raggiunte  da  questa  Corte  con  le  decisioni  sopra
menzionate,  le  questioni  devono  essere  dichiarate manifestamente
infondate.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.