IL TRIBUNALE

    Chiamato il presente procedimento;
    Verificata la costituzione delle parti;
    Rilevato   che   il   difensore  dell'imputato  non  e'  presente
all'odierna udienza;
    Considerato  che,  a norma dell'art. 97, comma 4, c.p.p., occorre
provvedere alla sua sostituzione con altro difensore - immediatamente
reperibile  -  iscritto  nell'elenco  di  cui al comma 2 del medesimo
articolo;
    Rilevato  che,  tra  i  vari  avvocati  presenti in aula, nessuno
risulta iscritto nell'elenco suddetto;

                            O s s e r v a

    Secondo  il  sistema  inequivocabilmente  introdotto  dal vigente
art. 97,  comma  4,  c.p.p., in caso di situazioni come quella appena
verificatasi,  il giudice del dibattimento dovrebbe - a quanto pare -
incaricare   l'ufficiale   giudiudiziario  di  reperire,  nelle  aule
adiacenti   o  nei  corridoi  del  tribunale,  un  avvocato  iscritto
nell'elenco  di  cui  all'art. 97,  comma  2, c.p.p. poiche', secondo
l'ultimo  periodo del citato art. 97, comma 4, c.p.p., «nel corso del
giudizio  puo'  essere  nominato sostituto solo un difensore iscritto
nell'elenco  di  cui  al  comma  2»  e  cio'  impedisce al giudice di
avvalersi,  ai  fini  della  sostituzione, di uno dei tanti difensori
presenti  in aula, non iscritti nell'elenco in questione: infatti, la
violazione   di   tale   norma   processuale   mediante   l'eventuale
designazione   di   un   sostituto  non  iscritto  in  detto  elenco,
concretando  un'ipotesi  di  inosservanza di disposizione concernente
«l'assistenza  e  la  rappresentanza  dell'imputato», produrrebbe una
nullita' di ordine generale ex art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p.
    Sennonche',   appare   esser   sfuggito   al   legislatore   che,
specialmente  in  tribunali  di  dimensioni ridotte come questo, tale
ricerca   di  un  avvocato  iscritto  nell'elenco  si  rivela  spesso
infruttuosa,  soprattutto  se  effettuata  ad  un'ora  tarda,  in cui
l'unico  processo ancora da celebrare e' proprio quello che necessita
la presenza di un avvocato iscritto nell'elenco in questione.
    Ne  consegue che, in tale ipotesi, il giudice dovrebbe sospendere
il   processo   e   chiedere,  tramite  la  cancelleria,  all'ufficio
centralizzato  di cui al comma 2 dell'art. 97 c.p.p. il nominativo di
un avvocato cui spetta - in quella data - il turno di reperibilita' a
norma del medesimo comma 2.
    Tale  soluzione,  comunque  di per se' estremamente farraginosa e
defatigante.  non  appare  pero'  conforme alla disciplina introdotta
dalla legge n. 60/2001 in materia di difesa d'ufficio.
    Ed invero, non puo' farsi a meno di rilevare, in primo luogo, che
l'avvocato  cosi' eventualmente rintracciato non riveste certamente i
requisiti  richiesti  dall'art. 97,  comma  4,  c.p.p.,  non  potendo
evidentemente definirsi «immediato» il suo reperimento.
    In  secondo  luogo,  e  decisivamente,  occorre evidenziare che i
nominativi  dell'elenco  di cui al comma 2 dell'art. 97 c.p.p. sono a
disposizione  su  richiesta  dell'autorita' giudiziaria solo «ai fini
della  nomina»  a  difensore  d'ufficio  ex  art. 97 comma 1 - 2 - 3,
c.p.p. e non anche per la chiamata a sostituire il difensore titolare
(di  fiducia  o d'ufficio) gia' nominato; ne consegue che non esiste,
secondo  l'attuale  sistema,  un  loro  onere di reperibilita' per la
sostituzione ex art. 97, comma 4, cp.p.
    A  questo punto, in mancanza di difensore abilitato, non resta al
giudice  che  rinviare  il  processo  ad  altra data, con le seguenti
aberranti conseguenze:
        l'attivita' processuale prevista per l'udienza prefissata non
puo' essere svolta;
        gli  eventuali  testimoni non possono essere esaminati e sono
costretti a tornare un'altra volta;
        la   trattazione  del  processo  subisce  un  incontrollabile
slittamento  sino  a  che  la descritta situazione ostativa non viene
rimossa;
        infine,  occorre  dare  avviso  della  data  del rinvio - con
ulteriore   perdita   di   tempo   e   di   energie,   attesa   anche
l'imprevedibilita'  degli  esiti  delle  notifiche - sia al difensore
assente, sia all'imputato eventualmente non comparso.
    E'  di  tutta  evidenza come tali conseguenze siano assolutamente
inaccettabili  e,  soprattutto,  incompatibili con il principio della
«ragionevole  durata  del processo» sancito dal comma 2 dell'art. 111
Cost.
    Ed  invero,  vigente  tale  principio di rango costituzionale, la
legge  ordinaria  (nella  specie l'art. 97, comma 4, c.p.p.) non puo'
far  dipendere  i  tempi  del processo dall'occasionale reperimento o
meno di un soggetto qualificato (avvocato iscritto nell'elenco di cui
all'art. 97,  comma 2, c.p.p.) che non e' tenuto ad essere presente e
non ha alcun onere di immediata reperibilita'.
    Certo,  e'  pur  vero  che  sarebbe  tenuto ad essere presente il
difensore   titolare   dell'imputato,   il   quale  rimane  il  primo
responsabile  della  situazione  di stallo determinatasi, ma tale sua
condotta  non  viene adeguatamente presa in considerazione dal nostro
codice  di  rito,  che si limita a prendere atto della possibilita' -
tutt'altro  che  infrequente  - che egli «non sia stato reperito, non
sia comparso o abbia abbandonato la difesa»; il titolare della difesa
che,  ingiustificatamente,  non  compaia  all'udienza sara', al piu',
passibile  di  sanzioni  disciplinari  ex  art. 105  c.p.p.,  ma tale
rimedio  appare  del tutto inadeguato rispetto all'obiettivo primario
di   garantire   la   costante   presenza  del  difensore,  anche  in
considerazione  del  fatto  che  ogni sanzione e' comunque rimessa al
consiglio  dell'ordine  e,  cioe',  all'organo  rappresentativo degli
stessi  avvocati,  i  quali,  a  loro  volta, rappresentano una parte
processuale  (imputato)  che  puo'  avere  interesse  a prolungare la
durata  del  processo,  sia, in genere, per ottenere una pronuncia di
proscioglimento a seguito dell'estinzione del reato per prescrizione,
sia   per   allontanare   l'esecuzione  della  pena  definitiva,  nei
particolari   casi  di  quadro  probatorio  a  carico  del  prevenuto
estremamente evidente e difficilmente controvertibile.
    Pertanto,  in  assenza di un sistema di turnazione degli avvocati
che  preveda  la  loro immediata reperibilita' per le sostituzioni ex
art. 97, comma 4, c.p.p. (avvocato iscritto nell'elenco costantemente
presente  in aula, pronto all'immediata sostituzione e retribuito per
tale  suo  servizio),  l'attuale  empirico sistema delle sostituzioni
affidate   alla   buona   sorte   puo'   rientrare  nell'alveo  della
legittimita'  costituzionale  solo  ove  si  elimini l'ultimo periodo
dell'art. 97,   comma   4,   c.p.p.   (che   richiede   il  requisito
dell'iscrizione  nell'  elenco  di  cui al precedente comma 2 ai fini
della  sostituzione  del difensore assente nel giudizio), sicuramente
incostituzionale  per  contrasto  con  il  citato  principio  di  cui
all'art. 111 Cost.
    Del  resto,  gia'  in  altre occasioni la Corte costituzionale ha
fatto   riferimento   al  principio  della  «ragionevole  durata  del
processo»  di  cui  all'art. 111  Cost.  come parametro alla luce del
quale  vagliare  la  legittimita'  costituzionale  di  norme di legge
ordinaria:  cfr. sentenze nn. 78/2002, 336/2002 e n. 69/2003, nonche'
ordinanze n. 486/2002, n. 305/2001 e 501/2000.
    Mutando  prospettiva,  il suddetto periodo dell'art. 97, comma 4,
c.p.p.  si  appalesa  contrastante  con  la nostra Costituzione anche
sotto altro e diverso profilo.
    Ed invero, rileva questo giudice che il requisito dell'iscrizione
nell'elenco  di  cui  al  comma  2  dell'art. 97 c.p.p. ai fini della
sostituzione e' dalla norma in questione richiesto esclusivamente per
la  fase del «giudizio» e non anche per le fasi antecedenti (indagini
ed udienza preliminare) o susseguenti (esecuzione).
    Orbene,   non   puo'   farsi   a  meno  di  osservare  come  tale
differenziazione   sia   priva   di  qualsivoglia  valido  fondamento
giustificativo.
    Se, infatti, il legislatore - come sembra doversi ipotizzare - ha
voluto  assicurare  all'imputato  una  difesa tecnica dotata di certi
standards  qualitativi (quelli necessari per l'iscrizione nell'elenco
in  questione)  in  una  determinata  fase,  perche' considerata piu'
«delicata» e impegnativa delle altre, non si comprende la ragione per
cui  ha  individuato tale fase nel giudizio, che racchiude - in senso
stretto  e  proprio  -  tutta  l'attivita'  processuale  che  va  dai
provvedimenti  di  cui  all'art. 465  c.p.p. sino all'emissione della
sentenza.
    Certo,  e'  pur  vero  che  all'esito del giudizio, nei suoi vari
gradi,   verra'   emessa  la  definitiva  pronuncia  in  ordine  alla
responsabilita' penale dell'imputato, tuttavia non va sottaciuto che,
sovente,  l'oggetto  delle  altre  fasi  riveste  un'importanza anche
maggiore di quella del giudizio stesso.
    In   particolare,   dell'estrema   importanza   -  ad  esempio  -
dell'udienza  preliminare  nell'attuale  sistema  processuale nessuno
puo'  oggi  seriamente dubitare, tanto che lo stesso legislatore, con
la  legge  n. 479/1999,  ha  anticipato  a  tale  fase  -  proprio in
considerazione  del  ruolo  di grande rilievo rivestito in essa dalla
difesa  tecnica  -  l'operativita'  di  tutta  la disciplina inerente
l'assoluta impossibilita' a comparire del difensore e dell'imputato.
    In  proposito,  senza  dilungarsi  circa  il vigente regime delle
preclusioni  per  la deducibilita' di questioni ed eccezioni di vario
tipo  in  udienza  preliminare,  basti  osservare  che  -  a parte la
temporanea  e  transitoria  deroga  prevista  dall'art. 5 della legge
n. 134/2003  -  proprio  con  la  presentazione  delle conclusioni in
chiusura  di udienza preliminare medesima scadono i termini, previsti
a pena di decadenza dagli artt. 438, comma 2, e 446, comma 1, c.p.p.,
per  la  presentazione delle richieste di definizione del processo ex
artt. 438-442  c.p.p.  o  ex  art. 444  c.p.p.:  e'  evidente come la
presentazione  (o  la  mancata presentazione) di istanze di tal fatta
sia  idonea  a  produrre effetti irreversibili che la successiva fase
del  giudizio  non potra' mai modificare, per l'ovvia ragione che, se
nessuna  di tali istanze viene presentata, nel giudizio esse non sono
piu'  proponibili,  mentre,  nel  caso  contrario  che alcuna di tali
istanze venga presentata, allora il giudizio non ha proprio luogo.
    A  differenza  del  carattere  irreversibile  delle  molte scelte
effettuate  in  udienza  preliminare, gli esiti del giudizio di primo
grado  potranno  invece  essere  sempre  contestati  e  sottoposti  a
rivisitazione  dalla  difesa, tramite lo strumento dell'impugnazione,
che  potra'  essere  proposta  sia  dall'imputato  che  dal difensore
titolare non comparso nel precedente grado di giudizio.
    Parimenti,  non puo' essere sottovalutata l'importanza della fase
dell'esecuzione  (nella  quale  pure  non  e'  richiesta l'iscrizione
nell'elenco  dell'art. 97,  comma  2, c.p.p. del difensore chiamato a
sostituire il titolare assente), ove si consideri che i provvedimenti
emessi  ex  art. 666 c.p.p. vanno spesso ad incidere in maniera anche
profonda  sulle  sentenze irrevocabili: basti pensare, fra gli esempi
di  modifica  piu'  incisiva,  al  riconoscimento  del  vincolo della
continuazione  ex  art. 671  cp.p.,  alla revoca di benefici quali la
sospensione   condizionale   della   pena   ex   art. 674  c.p.p.  e,
soprattutto,  alla revoca totale della sentenza stessa di condanna ex
art. 673 c.p.p.
    Pertanto, l'ultimo periodo dell'art. 97, comma 4, (che prevede un
regime  particolare  per  la sostituzione del difensore nel giudizio,
diverso  rispetto  a  quello relativo alle altri fasi procedimentali)
appare  sicuramente  incostituzionale  anche  per  contrasto  con  il
principio  di  ragionevolezza  di cui all'art. 3 Cost., che impone al
legislatore  ordinario  di  trattare  in  modo  uguale  le situazioni
omogenee  fra  loro  ed  in  modo  razionalmente  e giustificatamente
differente le situazioni disomogenee fra loro.
    Alla  luce  di  tutte  le  suesposte  considerazioni,  essendo la
prospettata   questione   senza  dubbio  rilevante  per  il  presente
giudizio,  che  non  puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla
risoluzione   della   medesima,   in  quanto  giunto  in  un  momento
processuale  in  cui occorre fare applicazione dell'art. 97, comma 4,
c.p.p.,  questo  giudice  ritiene  di  dover  sollevare  d'ufficio la
questione  di legittimita' costituzionale relativa all'ultimo periodo
dell'art. 97,  comma  4,  c.p.p.  per contrasto con i principi di cui
agli  artt. 3 e 111, comma 2, Cost. e, pertanto, di dover trasmettere
gli  atti  alla  Corte  costituzionale  per  la  risoluzione di detta
questione.