ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 148,
della  legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2006),  promosso  con  ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia
notificato  il 27 febbraio 2006, depositato in cancelleria il 4 marzo
2006 ed iscritto al n. 41 del registro ricorsi 2006.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  20 febbraio  2007  il giudice
relatore Luigi Mazzella;
    Uditi l'avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Fiuli-Venezia
Giulia  e  l'avvocato dello Stato Antonio Tallarida per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  Con  ricorso  notificato  il 27 febbraio 2006 e depositato il
4 marzo  2006,  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  ha promosso, tra
numerose altre, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 148,  della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria   2006),   per   violazione  della  legge  costituzionale
31 febbraio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia), e delle relative norme di attuazione e delle norme contenute
nel  Titolo V della parte seconda della Costituzione, in collegamento
con  l'art. 10  della  legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
    2. Come riferisce la Regione, la norma censurata dispone che «per
gli  anni 2006,  2007  e  2008,  le  Regioni  a statuto speciale e le
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  concordano,  entro il
31 marzo  di  ciascun  anno,  con  il Ministero dell'economia e delle
finanze, il livello delle spese correnti e in conto capitale, nonche'
dei  relativi  pagamenti,  in  coerenza  con gli obiettivi di finanza
pubblica  per il periodo 2006-2008, anche con riferimento, per quanto
riguarda  le  spese  di  personale, a quanto previsto ai punti 7 e 12
dell'accordo  sottoscritto tra Governo, Regioni e autonomie locali in
sede  di  Conferenza  unificata il 28 luglio 2005»; e che «in caso di
mancato accordo si applicano le disposizioni stabilite per le Regioni
a statuto ordinario».
    3.  La  ricorrente,  dopo  aver premesso di non contestare ne' il
proprio  dovere  di  partecipare  ai  vincoli conseguenti al patto di
stabilita',  ne'  il  principio  dell'accordo,  che vale per tutte le
Regioni  a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di
Bolzano, censura, da un lato, la disposizione che pone il termine del
«31 marzo   di  ciascun  anno»  per  il  conseguimento  dell'accordo,
dall'altro,  la  disposizione  secondo  la  quale «in caso di mancato
accordo  si  applicano  le  disposizioni  stabilite  per le Regioni a
statuto  ordinario».  Essa sostiene che il principio dell'accordo tra
la  Regione interessata ed il Ministero dell'economia e delle finanze
ha  il suo fondamento nella specialita' della finanza delle Regioni a
statuto  speciale, cui si correla anche la specifica dimensione delle
funzioni  legislative  ed amministrative affidate a ciascuna di esse.
In  tale prospettiva, detto principio sarebbe svuotato di significato
dalla  norma  censurata,  la quale, disponendo che in caso di mancato
accordo  si  applichino  alle  autonomie  speciali  i limiti di spesa
dettati  per  le  Regioni  ordinarie,  anche  qualora  risulti che la
responsabilita'  del  mancato accordo non sia della Regione stessa ma
di   un   possibile   atteggiamento  ostruzionistico,  o  almeno  non
collaborativo,  del  Ministero,  consentirebbe  al  Governo  di  «far
scattare»  per  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  il  regime delle
Regioni   ordinarie   «trascinando   inutilmente  le  trattative  per
l'accordo».
    4.  Con  atto di costituzione depositato in data 14 marzo 2006 il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  chiesto  il rigetto del
ricorso.  L'Avvocatura, dopo aver rilevato che oggetto del ricorso e'
soltanto  l'inciso  «entro il 31 marzo di ciascun anno» ed il periodo
secondo  cui «in caso di mancato accordo si applicano le disposizioni
stabilite   per   le  Regioni  a  statuto  ordinario»,  osserva  che,
diversamente  da quanto sostenuto dalla ricorrente, il riferimento al
31 marzo   non   pone   un   termine  perentorio  e  che  il  mancato
raggiungimento  dell'accordo  era eventualita' gia' considerata dalla
normativa di attuazione.
    5.  Con memorie depositate nei termini la Regione ricorrente e la
Presidenza del Consiglio dei ministri, hanno sviluppato ulteriormente
le argomentazioni rispettivamente svolte negli atti introduttivi.

                       Considerato in diritto

    1.  Con  ricorso  notificato  il 27 febbraio 2006 e depositato il
4 marzo  2006, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha promosso questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 148, della legge
23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  - legge finanziaria 2006), per
violazione dello Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia
e  delle  relative  norme  di  attuazione e delle norme contenute nel
Titolo  V della parte seconda della Costituzione, in collegamento con
l'art. 10,  legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo V della parte seconda della Costituzione).
    La  disposizione impugnata prevede che, per gli anni 2006, 2007 e
2008,  le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento
e  di  Bolzano  concordino  con  il  Ministero  dell'economia e delle
finanze,  entro  il  31 marzo di ciascun anno, il livello delle spese
correnti e in conto capitale, nonche' dei relativi pagamenti e che in
caso  di  mancato accordo si applichino le disposizioni stabilite per
le Regioni a statuto ordinario.
    2.   Secondo   la   Regione   ricorrente,   la  norma  censurata,
sottoponendo le trattative finalizzate a detto accordo al termine del
31 marzo  e  disponendo,  in  caso di mancato accordo, l'applicazione
alle  autonomie  speciali  dei limiti di spesa dettati per le Regioni
ordinarie,  anche  qualora risulti che la responsabilita' del mancato
accordo non sia della Regione stessa ma di un possibile atteggiamento
non  collaborativo  del  Ministero,  consentirebbe  al Governo di far
scattare per la Regione Friuli-Venezia Giulia il regime delle Regioni
ordinarie.  In  tale  modo,  la disposizione censurata svuoterebbe di
significato il principio di specialita' della finanza delle Regioni a
statuto  speciale, cui si correla anche la specifica dimensione delle
funzioni legislative ed amministrative affidate a ciascuna di esse.
    3.  Preliminarmente,  deve  essere  disposta la separazione della
questione   di   legittimita'  costituzionale  concernente  l'art. 1,
comma 148,  della  legge  n. 266  del 2005, dalle altre che investono
diversi   commi   dello   stesso   art. 1,   promosse  dalla  Regione
Friuli-Venezia  Giulia  con il medesimo ricorso e che formano oggetto
di distinte pronunce.
    4. La questione non e' fondata.
    5.  La  disposizione  impugnata  si  inserisce nel contesto delle
norme  sul  cosiddetto  patto  di  stabilita'  interno  per  gli enti
territoriali,   contenute   negli  ultimi  anni  in  tutte  le  leggi
finanziarie  dello  Stato. Essa stabilisce limiti alla crescita della
spesa   complessiva   e   ai   pagamenti   degli  enti  territoriali,
relativamente  sia  alle  spese  correnti,  sia  a  quelle  in  conto
capitale,   ivi   comprese   le   spese  di  personale,  proponendosi
l'obiettivo  di coinvolgere anche Regioni ed enti locali nelle misure
dirette  ad  assicurare  il  rispetto  dei  vincoli  anche di origine
comunitaria in ordine al disavanzo pubblico.
    In  proposito,  questa  Corte ha gia' avuto modo di affermare che
non  e'  contestabile  «il  potere del legislatore statale di imporre
agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse
ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari,
vincoli  alle  politiche  di  bilancio, anche se questi si traducono,
inevitabilmente,  in  limitazioni  indirette  all'autonomia  di spesa
degli  enti»,  e  che, «in via transitoria e in vista degli specifici
obiettivi  di  riequilibrio  della  finanza  pubblica  perseguiti dal
legislatore  statale»,  possono anche imporsi limiti complessivi alla
crescita della spesa corrente degli enti autonomi (sentenza n. 36 del
2004).
    Tali  vincoli,  come  questa  Corte  da  tempo  ha  avuto modo di
chiarire, devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali,
in considerazione dell'obbligo generale di partecipazione di tutte le
Regioni,  ivi  comprese  quelle  a  statuto  speciale,  all'azione di
risanamento  della  finanza  pubblica  (sentenza  n. 416  del  1995 e
successivamente,  anche se non con specifico riferimento alle Regioni
a  statuto  speciale, le sentenze n. 417 del 2005 e nn. 353, 345 e 36
del 2004).
    6.  Un tale obbligo, pero', deve essere contemperato e coordinato
con  la  speciale  autonomia  in materia finanziaria di cui godono le
predette  Regioni,  in  forza  dei loro statuti. In tale prospettiva,
come  questa  Corte  ha  avuto  occasione di affermare, la previsione
normativa del metodo dell'accordo tra le Regioni a statuto speciale e
il  Ministero  dell'economia  e  delle finanze, per la determinazione
delle  spese  correnti  e  in  conto  capitale,  nonche' dei relativi
pagamenti, deve considerarsi un'espressione della descritta autonomia
finanziaria  e  del  contemperamento di tale principio con quello del
rispetto  dei  limiti  alla  spesa  imposti  dal cosiddetto «patto di
stabilita» (sentenza n. 353 del 2004).
    Nella  predetta decisione questa Corte ha affermato che il metodo
dell'accordo,  introdotto  per la prima volta dalla legge 27 dicembre
1997,  n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica),
seguito  dall'art. 28, comma 15, della legge 23 dicembre 1998, n. 448
(Misure  di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), e
riprodotto  in  tutte  le leggi finanziarie successivamente adottate,
dalla  legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge finanziaria
2000),  fino alla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la
formazione  del  bilancio  annuale  e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria  2007),  deve  essere tendenzialmente preferito ad altri,
dato  che  «la  necessita'  di  un accordo tra lo Stato e gli enti ad
autonomia  speciale  nasce  dall'esigenza  di  rispettare l'autonomia
finanziaria di questi ultimi».
    7.  Dalla  sentenza citata si desume che, tuttavia, in materia di
controlli  di  spesa  delle  Regioni ad autonomia speciale, il metodo
dell'accordo   deve  risultare  compatibile  con  il  rispetto  degli
obiettivi  del  patto  di stabilita', della cui salvaguardia anche le
Regioni  speciali devono farsi carico. Il necessario inquadramento di
tale  metodo  in  un assetto piu' complesso di condizioni, del resto,
discende  dalla  previsione,  contenuta  nell'art. 48,  Statuto  Reg.
Friuli-Venezia Giulia, della necessaria armonizzazione dell'autonomia
finanziaria  di  tale  Regione  con  i  principi  della  solidarieta'
nazionale.
    In  coerenza  con  tale  premessa,  questa  Corte, nella sentenza
citata,  ha  ritenuto  legittima la previsione, contenuta nella legge
finanziaria  2002,  di  un decreto del Ministro dell'economia e delle
finanze, da adottare in pendenza delle trattative tra Stato e Regioni
a  statuto  speciale,  per  la determinazione, fino al raggiungimento
dell'accordo,   dei   flussi   di  cassa  verso  gli  enti  predetti,
ancorandoli  ai  limiti  di  spesa  previsti per le Regioni a statuto
ordinario.  Tale  regime,  infatti, e' da considerarsi, a giudizio di
questa  Corte,  non  solo  rispettoso  del  principio  di tendenziale
preferenza  del  metodo dell'accordo, fino a quel momento attuato, ma
anche  non  arbitrario, proprio per effetto del predetto collegamento
del provvedimento ministeriale ad un preciso dato normativo.
    8. Nella disposizione qui impugnata, come nelle leggi finanziarie
successive a quella scrutinata dalla Corte nella citata pronuncia, il
legislatore  ha  sostituito  la previsione del potere unilaterale del
Ministro  di  determinare  i  flussi  di  spesa  - che la Corte aveva
ritenuto  legittimo  solo in quanto legato al regime legislativamente
previsto  per  le  Regioni ordinarie - con la statuizione che debbano
ritenersi  direttamente  operanti,  senza  l'intermediazione di alcun
provvedimento amministrativo, i limiti di spesa previsti dalla stessa
legge  finanziaria  per le Regioni ordinarie. Si aggiunge, pero', «in
caso di mancato accordo».
    E'  tuttavia da escludere che, con questa ultima formulazione, il
legislatore  abbia  inteso  trasformare  il  termine  del 31 marzo da
ordinatorio  in perentorio. La mancata conclusione dell'accordo entro
il  termine  previsto  non  comporta,  a giudizio di questa Corte, la
definitiva  applicazione  del regime di spesa delle Regioni a statuto
ordinario.   Tale   interpretazione   trova   conferma  nella  prassi
applicativa,  dato che fino al 2006 gli accordi in concreto stipulati
da Stato e Regioni a statuto speciale sono stati conclusi quasi tutti
alcuni  mesi  dopo  lo  scadere del termine del 31 marzo. Deve dunque
ritenersi che, in base alla norma censurata, sostanzialmente omogenea
a quella gia' scrutinata da questa Corte, e dalla stessa ritenuta non
contraria  a  Costituzione, in caso di mancata tempestiva definizione
dell'accordo  entro  il termine del 31 marzo si applicano i limiti di
spesa  previsti  per  le Regioni a statuto ordinario, ma cio' solo in
via   provvisoria,  fino  alla  conclusione  dell'accordo,  che  puo'
intervenire anche successivamente.
    9.  In  tale  prospettiva,  l'applicazione alle Regioni a statuto
speciale dei limiti di spesa previsti per quelle a statuto ordinario,
proprio  perche'  transitoria,  non  comporta  quello svuotamento del
principio  dell'accordo  denunciato  dalla  ricorrente.  Allo  Stato,
infatti,  non  potrebbe  bastare  far  scadere il termine per imporre
definitivamente  alle  Regioni  a  statuto speciale i limiti previsti
dalla  finanziaria  per  le  Regioni ordinarie, perche' le trattative
possono ben proseguire dopo la scadenza del termine.
    10.  Per  converso,  l'ablazione  della norma impugnata richiesta
dalla  Regione  ricorrente determinerebbe inevitabilmente, in caso di
inutile  decorso  del termine del 31 marzo, la proroga dell'efficacia
della  norma  sui  limiti  di spesa contenuta nella legge finanziaria
dell'anno precedente.
    11.  Del  resto,  la  lamentata,  astratta possibilita' di un uso
distorto  del  potere  pubblico,  quale  potrebbe  essere  il  temuto
comportamento   ostruzionistico  posto  in  essere  dallo  Stato  per
impedire l'accordo, non e' argomento idoneo a rendere tale potere per
cio'  solo  costituzionalmente  illegittimo.  Infatti,  nel  caso  si
verificasse una simile eventualita', la Regione ben potrebbe, per far
valere   concrete   lesioni   della  propria  autonomia  finanziaria,
utilizzare, oltre ai rimedi giurisdizionali a sua disposizione, anche
il conflitto di attribuzione innanzi a questa Corte.