IL TRIBUNALE A scioglimento della riserva espressa all'udienza del 27 novembre 2003 nel procedimento avente ad oggetto il reclamo del pubblico ministero avvero l'ordinanza in data 23 settembre 2003 del magistrato di sorveglianza di Bari di concessione del beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della pena detentiva ai sensi della legge n. 207/2003 nei confronti di Martinelli Giovanni, nato a Bari il 15 ottobre 1967, residente in Ceglie del Campo, v. S. Pietro Martire n. 50; Sentite le parti, Su conforme parere del S.P.G.; Ha emesso la seguente ordinanza. In fatto Con ordinanza in data 20.20.2003, il magistrato di sorveglianza di Bari concedeva a Martinelli Giovanni, in epigrafe generalizzato, il beneficio della sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, ai sensi della legge n. 207/2003, in relazione alla condanna di cui al provv. cum. 3.8.99 p.g. Corte app. Bari. Con atto pervenuto in data 24 ottobre 2003, il p.m. presso il Tribunale di Bari proponeva reclamo avverso la predetta ordinanza ai sensi dell'art. 2, comma 2, legge succitata, lamentando l'errata applicazione della legge in questione nella parte in cui il magistrato di sorveglianza aveva ritenuto di applicare il beneficio anche a soggetto nei confronti del quale fosse intervenuto un provvedimento di revoca di misura alternativa; e cio', in contrasto con l'art. 1, comma 3, lett. d) della legge n. 204/2003 che, escludendo dal beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva le persone che, dopo la condanna, fossero state ammesse a misure alternative alla detenzione, poneva una preclusione anche nei confronti di coloro che - come il Ferrara - pur ammessi a misure alternative, ne avessero successivamente subito la revoca. Per tali motivi il p.m. reclamate chiedeva al Tribunale di sorveglianza la riforma del provvedimento impugnato o, in subordine, la proposizione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 3, lett. d), nella parte in cui consente che la sospensione condizionata dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva operi anche nei confronti della persona condannata che abbia subito la revoca di una misura alternativa alla detenzione. In diritto Ad avviso del collegio, la questione appare rilevante e non manifestamente infondata. Invero, l'art. 1, comma 3, lett. d), della legge n. 207/2003 esclude dalla concessione del beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva le persone che, dopo la condanna, siano state ammesse a misure alternative alla detenzione; e' il caso del Martinelli che, con ordinanza di questo Tribunale di sorveglianza in data 10 ottobre 2002, fu ammesso al regime della semiliberta', subendo poi la revoca del beneficio. Ora, l'art. 7 della legge n. 207/2003 (che testualmente prevede che «Le disposizioni della presente legge si applicano nei confronti dei condannati in stato di detenzione ovvero in attesa di esecuzione della pena alla data di entrata in vigore della medesima»), ha solo il valore di norma di chiusura, destinata ad individuare il criterio temporale per l'applicazione del beneficio di nuova istituzione, ma non anche di individuare le condizioni sostanziali, soggettive ed oggettive, per l'ammissione e/o l'esclusione del beneficio, che sono invece previste dall'art. 1 della legge in questione. La lettera d) di tale articolo prevede, tra le condizioni ostative, l'ammissione del condannato ad una misura alternativa alla detenzione, ma non anche l'attualita' di tale condizione: pertanto, la condizione ostativa deve ritenersi integrata anche nei confronti dei condannati nei cui confronti la misura alternativa alla detenzione sia stata revocata successivamente all'ammissione. Una diversa interpretazione della norma - fondata sul dato meramente letterale - appare in contrasto con la Costituzione, perche' ancora ad un dato meramente temporale (essere o meno sottoposto a misura alternativa alla data di entrata in vigore della legge) l'ammissione al beneficio, la cui applicazione risulterebbe in tal modo dipendente da una circostanza meramente aleatoria, in violazione del principio di ragionevolezza. Per altro verso, poi, essa discrimina, ingiustamente la condizione di chi, essendo stato ammesso a misura alternativa alla detenzione, non abbia subito la revoca della stessa e che pertanto, avendo rispettato le prescrizioni di legge, verrebbe escluso dal beneficio della sospensione dell'esecuzione della parte finale della pena detentiva, a differenza di chi abbia subito la revoca di misura alternativa che, al contrario, potrebbe fruire di detto beneficio. Tale interpretazione appare in contrasto con il principio di uguaglianza dei cittadini di cui all'art. 3 della Costituzione: se e' vero, infatti, che tale principio viene pur sempre rispettato quando le situazioni disciplinate diversamente non siano identiche fra loro, e' anche vero, pero', che nel caso in esame la condizione del condannato cui sia stata revocata una misura alternativa e' diversa, ma senz'altro deteriore, rispetto a quella di chi, ammesso a misura alternativa, non ne abbia subito la revoca. Il primo dunque, pur trovandosi in una situazione soggettivamente deteriore rispetto al secondo, potrebbe pero' ugualmente fruire del beneficio, con una vistosa ed ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a chi, originariamente nella sua stessa condizione, abbia invece tenuto un comportamento osservante delle prescrizioni, come tale in teoria meritevole di maggiore tutela (e che pertanto sarebbe addirittura legittimato al perverso gioco di farsi revocare la misura alternativa pur di fruire in seguito della sospensione condizionata dell'esecuzione della pena!). Ne consegue che il mancato inserimento tra le cause ostative alla concessione del beneficio introdotto dalla legge n. 207/2003, delle ipotesi di cui all'art. 58-quater, legge n. 354/1975 appare per un verso irragionevole (l'art. 58-quater vieta infatti la concessione di misure le cui prescrizioni sono ben piu' rigorose di quelle del beneficio de quo, sicche' non appare razionale un sistema che, a fronte di determinati comportamenti del condannato, gli neghi per in certo periodo dei benefici penitenziari, ma nel contempo gli riconosca il diritto di ottenerne immediatamente un altro piu' favorevole), e per altro verso contrastante con i principi di uguaglianza e di finalita' rieducativa della pena (la legge de qua difatti, pare concedere al condannato autore di trasgressioni agli obblighi o persino di reati in corso di misura alternativa - cioe' ad un soggetto rivelatosi per facta concludentia poco affidabile - un beneficio che, contestualmente, nega invece al condannato che, essendo stato ammesso a misura alternativa e non avendo commesso violazioni, si presenta sicuramente come piu' meritevole), sicche', in definitiva, non manifestamente infondata appare la questione di legittimita' costituzionale della disposizione de qua nella parte in cui consente l'ammissione al beneficio di coloro i quali abbiano subito la revoca, per fatto colpevole, della misura alternativa. Infine, in punto di rilevanza va evidenziato che la decisione della presente questione appare determinante ai fini della pronuncia di questo Collegio in ordine al proposto reclamo.