ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. da 235 a 239
e  299  (quest'ultimo nella parte in cui abroga l'art. 660 del codice
di  procedura  penale) del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113
(Testo  unico  delle  disposizioni legislative in materia di spese di
giustizia),   come   riprodotti  nel  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  30 maggio  2002,  n. 115  (Testo unico delle disposizioni
legislative  e  regolamentari  in  materia  di spese di giustizia), e
dell'art. 7  della legge 8 marzo 1999, n. 50 (Delegificazione e testi
unici  di  norme  concernenti  procedimenti amministrativi - Legge di
semplificazione 1998), promosso con ordinanza del 28 gennaio 2003 dal
giudice  per  le  indagini  preliminari  del  Tribunale di Verona nel
procedimento penale a carico di Mattei Davide, iscritta al n. 260 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 17 dicembre 2003 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di  Verona,  in  qualita'  di  giudice dell'esecuzione, con ordinanza
depositata il 28 gennaio 2003, ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale  «degli  artt.  da 235 a 239 e 299 (quest'ultimo nella
parte  in  cui  abroga  l'art. 660  cod.  proc.  pen.)»  del  decreto
legislativo  30 maggio  2002,  n. 113 (Testo unico delle disposizioni
legislative  in  materia  di spese di giustizia), come riprodotti nel
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo
unico  delle  disposizioni  legislative e regolamentari in materia di
spese  di giustizia), con riferimento agli artt. 76, 97, primo comma,
e   111,   secondo   comma,   della  Costituzione,  nonche',  in  via
subordinata,    dell'art. 7   della   legge   8 marzo   1999,   n. 50
(Delegificazione  e  testi  unici  di  norme concernenti procedimenti
amministrativi  -  Legge  di  semplificazione 1998),  con riferimento
all'art. 76 della Costituzione;
        che,  ad avviso del rimettente, le suddette norme del decreto
legislativo  n. 113  del  2002,  con  le quali e' stata attribuita al
giudice  dell'esecuzione  la competenza, precedentemente spettante al
magistrato di sorveglianza, in tema di rateizzazione e conversione di
pene  pecuniarie,  si  porrebbero  in  contrasto  con l'art. 76 della
Costituzione  per  la mancanza di una valida delega a disciplinare la
materia  delle  sanzioni  pecuniarie e, in ogni caso, quella relativa
alle regole processuali e alla competenza;
        che,   diversamente   opinando,   dovrebbe  allora  ritenersi
illegittima,  per  violazione  dell'art. 76  della  Costituzione,  la
stessa  norma di delega di cui all'art. 7 della legge n. 50 del 1999,
per  la  genericita'  e la mancata indicazione, in materia, di idonei
principi e criteri direttivi;
        che  le  richiamate  norme del decreto legislativo n. 113 del
2002,  attribuendo all'organo della cognizione incombenze ulteriori e
marginali  rispetto  a  quelle  proprie  della  giurisdizione penale,
determinerebbero  inoltre  una  inevitabile perdita di efficienza del
sistema  giudiziario,  tale da violare il principio di buon andamento
dell'amministrazione,   di   cui   all'art. 97,  primo  comma,  della
Costituzione,  e  quello  di  ragionevole durata del processo, di cui
all'art. 111, secondo comma, della Costituzione;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo per la declaratoria di manifesta inammissibilita'
o, comunque, di infondatezza della questione;
        che  l'art. 239  del d.P.R. n. 115 del 2002 sarebbe - secondo
l'Avvocatura  -  norma di rango non legislativo, percio' sottratta al
sindacato  di  legittimita' costituzionale, derivando dal decreto del
Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 114 (Testo unico delle
disposizioni regolamentari in materia di spese di giustizia);
        che  la  questione  riguardante  gli artt. 235, 236 e 237 del
decreto  legislativo  n. 113  del  2002  sarebbe  priva di rilevanza,
trattandosi  di  norme  delle  quali  il  giudice a quo non deve fare
applicazione;
        che, nel merito, l'intervenuta modifica in tema di competenza
sarebbe  frutto  di  una  scelta non arbitraria ne' irragionevole del
legislatore,  in quanto volta a soddisfare un'esigenza di coerenza ed
uniformita'  del  sistema  con  riferimento a principi gia' esistenti
nell'ordinamento,  quali  quelli  espressi  nell'art. 42  del decreto
legislativo  28 agosto  2000,  n. 274  (Disposizioni sulla competenza
penale  del  giudice  di  pace,  a norma dell'articolo 14 della legge
24 novembre 1999, n. 468), che attribuisce appunto al giudice di pace
competente  per  l'esecuzione  l'adozione dei provvedimenti in ordine
alla rateizzazione e alla conversione della pena pecuniaria;
        che  non  sussisterebbe  il  prospettato eccesso di delega in
quanto  -  secondo  la giurisprudenza della Corte - il silenzio della
legge  di  delegazione  non  osterebbe  all'emanazione  di  norme che
rappresentino  un  coerente  sviluppo  e  completamento  della scelta
espressa dal legislatore delegante e delle ragioni ad essa sottese;
        che  il  parametro  di  cui  all'art. 97  della  Costituzione
sarebbe    inconferente,    in   quanto   riferibile   esclusivamente
all'attivita' legislativa e non anche a quella giurisdizionale;
        che  il riferimento al parametro di cui all'art. 111, secondo
comma,  della  Costituzione  sarebbe  infine - secondo l'Avvocatura -
«contraddittorio ed inammissibile per manifesta non rilevanza».
    Considerato  che  questa  Corte, con sentenza n. 212 del 2003, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 237, 238 e 299
-  quest'ultimo  nella  parte  in cui abroga l'art. 660 del codice di
procedura  penale  -  del  decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113
(Testo  unico  delle  disposizioni legislative in materia di spese di
giustizia);
        che   vanno,   pertanto,   restituiti  gli  atti  al  giudice
rimettente per un nuovo esame della rilevanza della questione.