IL GIUDICE DI PACE

    Esaminati gli atti del procedimento n. 1851/03 R.G.;
    Letto  il  ricorso  proposto  in  data  5  novembre 2003 da Pitis
Alessandro  avverso il verbale n. 2003/0010474 dd. 21 agosto 2003 del
Corpo  di  polizia  municipale  del  Comune  di Udine con il quale il
comando  accertatore  contesta  la violazione dell'art. 180, comma 8,
c.d.s.;
    Rilevato  che  il  ricorrente, a causa di una riferita situazione
economica  precaria, ha dichiarato di trovarsi nell'impossibilita' di
versare la somma, pari alla meta' del massimo edittale della sanzione
inflitta  dall'organo  accertatore  (nel caso di specie euro 688,28),
imposta  a titolo di deposito cauzionale dall'art. 204-bis del codice
della strada a pena di inammissibilita' del ricorso stesso;
    Rilevato  altresi'  che  la  sanzione  di  inammissibilita' cosi'
prevista  impedisce  a  questo  giudice,  cui  il  fascicolo e' stato
ritualmente  rimesso  dalla cancelleria dell'ufficio per la decisione
di  competenza,  finanche  di fissare l'udienza di comparizione delle
parti prevista dall'art. 23 della legge 689/1981, stante il carattere
pregiudiziale  ed  assorbente della rilevata decadenza, ed imporrebbe
allo  stesso  di dichiarare senz'altro l'improcedibilita' del ricorso
de quo;
    Osservato, peraltro, che la disposizione di cui all'art. 204-bis,
terzo  comma,  c.d.s., introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214,
nel  prevedere  che «all'atto del deposito del ricorso, il ricorrente
deve  versare,  presso  la cancelleria del giudice di pace, a pena di
inammissibilita'  del  ricorso, una somma pari alla meta' del massimo
edittale della sanzione inflitta dall'organo accertatore. Detta somma
in  caso di accoglimento del ricorso, e' restituita al ricorrente» si
pone  in  evidente  contrasto  con  gli  artt. 3  e  24  della nostra
Costituzione;
    Ritenuto  infatti,  sul  punto,  che,  reintroducendo  nel nostro
ordinamento  il  principio  del  solve et repete gia' abrogato da una
lontana  sentenza di questa Corte (sent. n. 21 dd. 31 marzo 1961), la
disposizione  sopracitata  contrasta  con il principio d'uguaglianza,
introducendo  una evidente disparita' di trattamento tra cittadini in
grado  di pagare immediatamente la cauzione e dunque in condizione di
poter  rivolgere  le  proprie  istanze  all'autorita'  giudiziaria, e
cittadini  meno  abbienti,  per i quali il versamento di una cauzione
(di    importo   peraltro   addirittura   superiore   alla   sanzione
effettivamente  irrogata  con  il  provvedimento  che dovrebbe essere
oggetto  di  gravame) risulta eccessivamente oneroso, favorendo cosi'
inammissibilmente i primi e penalizzando i secondi;
    Ritenuto  ancora che risulta del pari violato lo stesso principio
dall'art. 24  della  Carta  costituzionale,  in  quanto, ponendo come
presupposto processuale il previo versamento della cauzione, viene ad
incidere,  menomandolo  gravemente,  sullo stesso diritto di agire in
giudizio  per  la  tutela  dei  propri diritti e interessi legittimi,
diritto  inviolabile  e garantito a tutti cittadini. Peraltro, tenuto
conto del fatto che la cauzione imposta dalla norma citata, pari alla
meta' del massimo edittale previsto dalla sanzione inflitta, viene ad
essere addirittura superiore alla sanzione amministrativa in concreto
irrogata  dall'organo  accertatore  (come  nel  caso  di specie), una
siffatta  limitazione  del  diritto  di  difesa  non potrebbe neppure
trovare    giustificazione   nella   considerazione   della   normale
esecutorieta' dei provvedimenti amministrativi;