IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunziato  la  seguente  ordinanza di rimessione alla Corte
costituzionale  nella  causa  n. 234/03/C  R.G.  avente  ad  oggetto:
opposizione  a  sanzione  amministrativa  ex  artt. 204-bis d.lgs. 30
aprile 1992, n. 285 e 21 e ss. legge n. 689/1981, promossa da Valenti
Roberto,  rappresentato  e difeso dall'avv. Francesco Giusto del foro
di  Savona,  giusta delega a margine del ricorso, contro il Comune di
Celle   Ligure   (Savona),   per   l'annullamento   del   verbale  di
accertamento,  n. 3525/2003 della Polizia municipale di Celle Ligure,
intestato  a Valenti Roberto e notificato in data 17 agosto 2003, per
la  violazione  dell'art. 21,  commi  1 e 4, c.d.s., per avere svolto
lavori  sulla  sede  stradale  in  Celle  Ligure,  in  assenza  della
prescritta autorizzazione.

                         Osservato in fatto

    In  sede  di  ricorso, depositato presso la cancelleria di questo
ufficio  in  data 15 ottobre 2003, l'opponente contestava la nullita'
dell'accertamento,  sostenendo  che il luogo ove erano stati svolti i
lavori non potesse considerarsi «sede stradale» ai sensi dell'art. 21
c.d.s.,  in  quanto strada privata e come tale non soggetta, ai sensi
e,  per l'effetto dell'art. 2 c.d.s., alla normativa del codice della
strada.
    Come  noto,  a  seguito  della  entrata  in  vigore  della  legge
1° agosto  2003, n. 214, in virtu' del disposto del dell'art. 204-bis
(comma  3)  del  d.lgs.  30 aprile  1992,  n. 285 (nuovo codice della
strada),  introdotto dall'art. 4, comma 1-septies, di predetta legge,
il  ricorrente e' tenuto, contestualmente al deposito del ricorso, al
«versamento»  presso  la cancelleria di una somma pari alla meta' del
massimo  edittale della sanzione impugnata, a pena di irricevibilita'
del ricorso stesso.
    Nel  caso  di  specie  pero'  l'istante ometteva di effettuare il
versamento  prescritto,  insistendo  tuttavia  per  la  ricezione del
ricorso    proposto,   ed   avanzando   questione   di   legittimita'
costituzionale  della norma in oggetto, assumendo la violazione degli
artt. 3, 24 e 113 della Costituzione.

                         Ritenuto in diritto

    La controversia all'esame di questo giudice, e' stata promossa da
un  cittadino  il  quale  ha depositato presso la cancelleria ricorso
avverso  sanzione  amministrativa  ex artt. 204-bis c.d.s. e 22 e ss.
legge  n. 689/1981,  ritenendo  tuttavia  di  non dover effettuare il
contestuale   versamento   previsto  dal  comma  3  dell'art. 204-bis
medesimo,  cosi'  come  introdotto nel corpo del c.d.s., dall'art. 4,
comma  1-septies,  legge  1° agosto  2003,  in  quanto  contestava la
legittimita'   costituzionale   della  norma  stessa,  a  suo  avviso
contrastante  col  combinato  disposto  degli artt. 3, 24 e 113 della
Costituzione.
    Ai  sensi e per l'effetto della citata normativa, questo giudice,
preso  atto della mancanza del versamento in essa prescritto, avrebbe
dovuto  rigettare  il ricorso, dichiarandolo senz'altro irricevibile,
senza neanche procedere ad un suo eame nel merito.
    Al  riguardo questo organo giudicante, preso atto della questione
di  legittimita'  costituzionale  avanzata,  considerando  la  stessa
rilevante e non manifestamente infondata, ha ritenuto invece di dover
procedere  alla  rimessione degli atti alla Corte costituzionale, per
le pronunzie di sua competenza.
    Ritiene infatti questo giudice, che la questione pregiudiziale di
costituzionalita'  sia  senz'altro  rilevante  per la decisione della
causa de qua in quanto la norma della cui costituzionalita' si dubita
preclude  oggi  al  giudice,  con  la sanzione di irricevibilita' del
ricorso,  ogni  pronuncia sul merito della causa, vincolandolo ad una
decisione  «in  rito»  negativa  per  il  ricorrente  che  non  abbia
effettuato il prescritto deposito cauzionale.
    Questo giudice ritiene, inoltre, che quanto previsto dall'art. 4,
comma   1-septies,   legge   1° agosto  2003,  n. 214,  con  riguardo
all'obbligo  di  deposito cauzionale, sia censurabile con riferimento
agli   artt. 24   e   113  della  Costituzione,  sia  per  la  natura
dell'adempimento  stesso,  spesso  eccezionalmente  gravoso, che esso
introduce,  sia perche' il medesimo adempimento, quando non portato a
termine  entro  i  sessanta giorni prescritti per la proposizione del
ricorso,  si  traduce, in effetti, in una vera e propria preclusione,
che  comprime ingiustamente il diritto, costituzionalmente garantito,
ad ottenere tutela giurisdizionale avverso gli atti e i provvedimenti
della pubblica amministrazione.
    Se  si considera che il codice della strada prevede sanzioni che,
anche  se  relativamente  miti nel minimo, sono sovente superiori nel
massimo  alla  somma  di  6.000  (seimila)  euro,  ed  in alcuni casi
addirittura alla somma di euro 15.000 (quindicimila), appare evidente
che  l'obbligo  di  versare somme tanto rilevanti, (ancorche' ridotte
della  meta)  a  pena  di  irricevibilita' del ricorso, al piu' tardi
entro  il  sessantesimo  giorno dalla contestazione della violazione,
puo'  rendere  difficoltoso,  quando  non  impossibile,  il  concreto
esercizio  dei  diritti  che gli artt. 24 e 113 della Costituzione, e
per  essi  gli  artt. 204-bis  c.d.s.  e  22  e  seguenti della legge
n. 689/1981, intendono tutelare e garantire.
    Ritiene  altresi'  questo  giudice che l'art. 4, comma 1-septies,
legge  1° agosto 2003, n. 214, stante il rilevante importo del previo
deposito  cauzionale da esso richiesto, comporti una grave disparita'
di  trattamento  tra  i  cittadini,  con  conseguente  violazione del
principio  di  uguaglianza  enunciato dall'art. 3 della Costituzione,
discriminando  tra  «abbienti»  e  «non  abbienti»  nell'accesso alla
giustizia  («Tutti  i  cittadini  hanno  pari dignita' sociale e sono
guali  davanti  alla  legge,  senza  distinzione  ...  omissis ... di
condizioni personali e sociali. E' compito della Repubblica rimuovere
gli  ostacoli  di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto
la  liberta'  e  l'uguaglianza  dei  cittadini,  inpediscono il pieno
sviluppo  della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori  all'organizzazione  politica,  economica  e  sociale  del
Paese»).
    Pare  infatti  che  un  tanto  significativo gravame procedurale,
stante l'elevato importo del versamento, la perentorieta' del termine
entro  cui effettuarlo, e le conseguenti gravi decadenze cui andrebbe
incontro  chi  non  riesca  a  reperire  la somma necessaria entro il
termine  previsto  dalla  legge,  comporti  che,  di  fatto, potranno
accedere  alla tutela giurisdizionale accordata attraverso il ricorso
al  giudice  di  pace soltanto i soggetti, benestanti, che abbiano le
possibilita'   economiche  per  effettuare  in  si'  breve  tempo  il
versamento prescritto, restandone per converso escluse le persone non
abbienti, o momentaneamente prive di mezzi.
    E' pertanto ragionevole ritenere che il comma 3 dell'art. 204-bis
c.d.s.,  portato  dell'art. 4, comma 1-septies, legge 1° agosto 2003,
n. 214,  oltre  a  comprimere  immotivatamente il diritto alla tutela
giurisdizionale   avverso   una   determinata  categoria  di  atti  e
provvedimenti  della  pubblica  amministrazione, con violazione degli
artt. 24  e  113 della Costituzione, vada a violare anche il disposto
dell'art. 3,  andando di fatto a precludere la tutela giurisdizionale
a  qualsiasi  cittadino  economicamente  debole,  anche  nell'estrema
ipotesi  in  cui questi avesse titolo per essere ammesso a godere, in
altre circostanze e frangenti, del patrocinio a spese dello Stato.
    Il giudice, ritenendo la questione rilevante e non manifestamente
infondata,  dispone,  pertanto la sospensione del procedimento per la
trasmissione  degli  atti  alla Corte costituzionale. Stante il fumus
boni   iuris   ed   il  periculum  in  mora  accorda  la  sospensione
dell'esecutorieta' dell'impugnato verbale.