Ricorso del Presidente del consiglio dei ministri p.t., rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  generale dello Stato, presso i cui uffici
domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
    Contro  la Regione Puglia, in persona del presidente della giunta
regionale pro tempore, per l'annullamento degli articoli 2, comma 2 e
8, 3, comma 2 e 3, 4, comma 1, lett. b), della legge regionale Puglia
del  23  dicembre  2003,  n. 29,  recante  «Disciplina delle funzioni
amministrative  in  materia di tratturi», pubblicata nel B.U.R. della
Regione  Puglia  n. 152  del  29 dicembre  2003,  in  relazione  agli
artt. 9,  117,  comma  2, lett. s) e l), 118 Cost. nonche' art. 2 del
d.P.R.  n. 283/2000,  nonche'  dell'art. 117, comma 2, Cost. relativo
alle materie di legislazione concorrente.
    1.  -  La  Regione  Puglia  con  legge 23 dicembre 2003, n. 29 ha
disciplinato  le  funzioni  amministrative  in  materia  di  tratturi
prevedendo  la  loro conservazione al demanio armentizio regionale di
cui  all'art. 1  della  l.r. 9 giugno 1980, n. 67 e la inclusione nel
«parco dei tratturi della Puglia».
    La legge prevede: la formazione di un piano comunale dei tratturi
(art. 2);  la  regolamentazione  delle  aree  tratturali di interesse
archeologico  (art. 3)  e  delle  aree  tratturali prive di interesse
archeologico   (art. 4);   la   costituzione   dell'ufficio   demanio
armentizio  (art. 5);  le norme finanziarie relative al reimpiego dei
proventi dall'alienazione (art. 6).
    2.  - Prima di procedere all'esame puntuale delle disposizioni di
legge  che  presentano  profili  di legittimita' costituzionale giova
evidenziare  che  la  conservazione  e la tutela dei tratturi riveste
importanza  notevolissima  per  la  storia  della  cultura del nostro
Paese,  in  quanto  essi  costituiscono  la preziosa testimonianza di
percorsi  formatisi  in  epoca  protostorica  in relazione a forme di
produzione  economica  e  di conseguente assetto sociale basate sulla
pastorizia.   Tali   strade   sono  perdurate  nell'uso  ininterrotto
attraverso  ogni  successivo  svolgimento storico, come risulta dalle
testimonianze  archeologiche, lungo il loro percorso, di insediamenti
preromani,  di centri urbani di epoca romana, di abitati longobardi e
normanni  ed,  infine,  di  centri tuttora esistenti i quali, fino ad
epoca  recente,  hanno  tratto dalla transumanza le loro fondamentali
risorse   economiche.  Insomma,  i  tratturi  sono  un  frammento  di
preistoria   conservatosi   pressoche'  intatto  nel  tempo  ed  anzi
arrichitosi  delle  ulteriori stratificazioni storiche sedimentatesi,
nel  corso  dei secoli, tanto da renderlo il piu' imponente monumento
della   storia  economica  e  sociale  dei  territori  dell'Appennino
abruzzese-molisano e delle Pianure epule.
    3.   -   La   disciplina  dei  tratturi,  qualificati  come  beni
archeologici  e  soggetti  alla tutela propria dei beni culturali, ai
sensi  del decreto legislativo n. 490/1999 e dei decreti ministeriali
15 giugno  1976,  20 marzo  1980  e  22 dicembre  1983, rientra nella
competenza  esclusiva  statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett.
s), Cost.
    La  legge  regionale  23 dicembre  2003 n. 29 e' invasiva di tale
competenza nelle disposizioni sotto specificate.
    4.  -  L'art. 2  della  legge  regionale  prevede  che  sul piano
comunale  dei  tratturi,  da  redigersi  obbligatoriamente al fine di
regolare  (con disposizioni aventi valenza urbanistica e carattere di
variante rispetto allo strumento urbanistico vigente) l'utilizzazione
delle  aree tratturali, la soprintendenza archeologica competente per
territorio e preposta alla tutela del vincolo archeologico insistente
sulle  medesime  aree  sia  chiamata  ad  esprimere  un  mero  parere
(peraltro da rendersi in sede di conferenza dei servizi: v. commi 5 e
7  dell'articolo  medesimo)  in merito alla divisata utilizzazione di
dette  aree  (commi  2  e 8) l'utilizzazione puo' spingersi fino alla
sottrazione  di  parte di esse a regime di tutela loro imposto e alla
successiva  alienazione  o  destinazione  ad  altri fini pubblici non
meglio precisati, a parte la destinazione a strade.
    In attuazione dell'art. 9 Cost. e in coerenza con le attribuzioni
di  cui  all'art. 117,  comma  2,  lett.  s) Cost., l'esercizio della
tutela  costituisce  prerogativa dello Stato e puo' essere oggetto di
intesa   e   coordinamento   con  le  Regioni  solo  entro  i  limiti
eventualmente fissati dalla legge statale (art. 118, comma 3, Cost.).
    Cio'  posto,  l'assetto  vigente  della tutela dei tratturi, come
determinatosi  per  effetto  delle  leggi di tutela e dei conseguenti
provvedimenti e' il seguente.
    I tratturi sono stati dichiarati di interesse archeologico, sulla
base  della  legge n. 1089/1939 (ora decreto legislativo n. 490/1999)
con   i   decreti   ministeriali  15 giugno  1976,  20 marzo  1980  e
22 dicembre 1983.
    In  quanto  beni  archeologici,  le aree tratturali costituiscono
beni  demaniali,  ai sensi degli artt. 822 e 824 codice civile e sono
inalienabili   per   effetto  del  disposto  dell'art. 2  del  d.P.R.
7 settembre 2000, n. 283.
    Fatti  salvi  i  tratturi  ricadenti nel demanio statale, per gli
altri  suoli  tratturali  ricadenti  nel demanio degli enti locali, a
detti   enti   e'   riconosciuta   la  facolta'  di  provvedere  alla
perimetrazione  delle aree interessate dai percorsi dei tratturi e di
ricomprendere le aree prossime ai centri urbani o gia' urbanizzate in
un  Piano  comunale  quadro-tratturi,  da sottoporre all'approvazione
della competente Soprintendenza archeologica.
    Rispetto  a  tale  assetto  i  commi 2 ed 8 della legge regionale
n. 29  del  2003  realizza  le  seguenti soluzioni di continuita': il
piano  comunale  dei  tratturi  puo'  prevedere  la  destinazione  «a
soddisfare  riconosciute  esigenze  di  carattere  pubblico»  di aree
tratturali  anche  non  contigue  a  centri  abitati o gia' manomesse
dall'intervento    dell'uomo;    il   potere   autorizzatorio   della
Soprintendenza  viene ridotto a mero potere consultivo; il piano puo'
prevedere  anche  la  vendita  a  privati  di  tali  beni  demaniali,
riconoscendo  in tal caso alla soprintendenza la sola possibilita' di
esprimere un parere.
    La  norma  si  pone  in contrasto con gli artt. 9 e 117, comma 2,
lett.  s),  Cost., in quanto puo' determinare una utilizzazione delle
aree  tratturali  in  deroga  al regime di tutela loro imposto ed una
conseguente  successiva  alienazione  o  destinazione  ad  altri fini
pubblici   non   precisati.  Inoltre,  l'esercizio  della  tutela  e'
prerogativa   dello   Stato   e  puo'  essere  oggetto  di  intesa  e
coordinamento  con le regioni solo entro i limiti fissati dalla legge
statale,  che  nel  caso  e'  stata  violata  con  l'effetto  che  la
disposizione  risulta  in  contrasto  anche  con l'art. 118, comma 3,
Cost.
    5.  -  L'art. 3,  comma  2,  dispone  che  la  «giunta regionale,
acquisito  il  parere  favorevole  della soprintendenza archeologica,
puo'  autorizzare la realizzazione da parte di enti pubblici di opere
pubbliche  e  di  pubblico  interesse» nelle aree tratturali indicati
all'art. 2,   comma   2,   lett.   a),   e   definite  «di  interesse
archeologico».
    L'assetto vigente in materia di tutela di beni archeologici e' di
diretta   derivazione   costituzionale,   ed   esso  prevede  che  la
Soprintendenza archeologica ha un potere di approvazione dei progetti
«delle  opere  di  qualunque genere» da eseguirsi in area vincolata e
non  rientranti  nei  casi sottoposti ad autorizzazione del Ministero
(artt. 21 e 23 del decreto legislativo n. 490/1999).
    Il  predetto  assetto  di  tutela  comporta  inoltre  che le aree
tratturali   sono   sottoposte,   in   quanto   zone   di   interesse
archeologiche,  anche  a  vincolo  paesaggistico  ope legis, ai sensi
dell'art. 146,  comma 1, lett. m), del testo unico. Pure tale vincolo
impone  l'obbligo  di  acquisire una preventiva autorizzazione per la
manomissione  del  bene  vincolato,  ai  sensi  dell'art. 151  t.u. e
secondo la procedura ivi indicata.
    La  disposizione viola gli artt. 9, 117, comma 2, lett. s), e 118
Cost.
    6.  -  L'art. 3,  comma  3,  della  legge  regionale  consente la
sanatoria   delle   opere   abusivamente   eseguite   successivamente
all'imposizione   del   vincolo  archeologico,  previo  parere  della
Soprintendenza archeologica.
    In  base  alla  normativa  vigente  la  sottoposizione  dell'area
tratturale  anche  al  vincolo  paesaggistico  ex  art. 146, comma 1,
lett. m),  impone  l'applicazione  dell'art. 151  t.u.  e, dunque, il
rilascio  dell'autorizzazione  sottoposta  a  successivo controllo di
legittimita'  da  parte  della competente soprintendenza. Inoltre, la
sanatoria  di  abusi  edilizi  comporta  il venir meno delle sanzioni
collegate  all'abuso e, dunque, coinvolge anche la materia penale, di
esclusiva competenza statale.
    La  norma  contrasta  con  l'art. 117,  comma  2, lett. s) ed 1),
Cost.,  potendo  la sanatoria comportare il venir meno delle sanzioni
penali collegate all'abuso.
    7.  -  L'art. 4,  comma  1,  lett. b), legge regionale prevede la
possibilita'  che  i  tronchi  tratturali  possano essere alienati «a
favore  del  soggetto  utilizzatore, comunque possessore alla data di
entrata in vigore della presente legge».
    Cio'  e'  in  palese contrasto con l'art. 2 d.P.R. n. 283/2000 da
ritenere norma interposta.
    Detta   norma   dispone,   invero,   l'inalienabilita'  dei  beni
archeologici,  consentendone  solo  il  trasferimento da uno ad altro
soggetto titolare di demanio.
    8. - Se le norme sopra richiamate fossero interpretate come norme
di  valorizzazione,  con  la  conseguente applicazione dell'art. 117,
comma  2,  Cost.  relativo  alle materie di legislazione concorrente,
dovrebbero  ritenersi,  comunque, illegittime in quanto si pongono in
contrasto  con  l'art. 97  t.u.,  secondo  il quale gli interventi di
valorizzazione  sono comunque soggetti alle disposizioni di tutela, e
tale  norma  e' da considerare principio fondamentale alla competenza
dello Stato.