LA CORTE DI CASSAZIONE

    Vista  la  richiesta  di referendum per il distacco del Comune di
San  Michele  al  Tagliamento  dalla  Regione  Veneto  e  per  la sua
aggregazione  alla  regione  Friuli  Venezia  Giulia  -  di  cui alla
delibera  del  consiglio  di  detto comune n. 53 del 2 ottobre 2002 -
prodotta,  a mente degli artt. 132, comma 2, della Costituzione, come
novellato  dall'art. 9,  comma 1, legge cost. 18 ottobre 2001 n. 3, e
42,  comma  2,  legge  25  maggio  1970  n. 352, da Sergio Bornancin,
designato  delegato  effettivo  per  la presentazione della richiesta
cennata ex art. 42, comma 3, legge n. 352 del 1970, cit.;
    Lette  le  proprie  precedenti  ordinanze in data 26 novembre - 5
dicembre  2002,  13-17  febbraio  2003  e  28-30 maggio 2003, recanti
pronunce interlocutorie sulla richiesta considerata;
    Rilevato  che  nel testo dell'esaminata richiesta si dichiara che
«a  corredo»  di  essa  «non  saranno  presentate altre delibere come
prescritto  dall'art. 42  della  legge n. 352/1970 in quanto superato
dalla   modificazione   apportata   al   succitato   art. 132   della
Costituzione,   cosi'   come   modificato   dall'art. 9  della  legge
Costituzionale  n. 3 del 19 ottobre 2001 in merito al procedimento di
variazione  territoriale  per  distacco  aggregazione che ha chiarito
definitivamente quanto segue:
        l'attribuzione   dell'iniziativa   spetta  ai  soli  soggetti
interessati, individuati nelle popolazioni dei comuni che chiedono la
variazione  territoriale  (rendendo  di  fatto  incostituzionale e di
conseguenza  inapplicabile  ed  abrogata  la parte dell'art. 42 della
legge  n. 352/1970  con  essa  in  contrasto); di conseguenza solo le
popolazioni  dei  comuni  che  chiedono  la  variazione  territoriale
partecipano  al  referendum  (rendendo di fatto incostituzionale e di
conseguenza   inapplicabile   la   parte   dell'art. 44  della  legge
n. 352/1970 con essa in contrasto);
    Rilevato,  altresi,  che  nella  ripetuta  richiesta, sul dedotto
presupposto che «essendo conclamata dallo stesso nuovo articolo della
Costituzione  l'incostituzionalita'  della  legge n. 352/1970», si fa
istanza  perche'  «essa  sia  impugnata  per  la  parte  in contrasto
direttamemte da codesta Corte (rectius da questo Ufficio centrale per
il referendum) presso gli organi di competenza»;
    Constatato,    quindi,    che,   nell'omessa   ottemperanza,   in
particolare,  alle  disposizioni  di  cui  alla seconda ed alla terza
delle  ordinanze  interlocutorie  dianzi  ricordate,  la richiesta di
referendum  in  argomento,  in  contrasto con quanto prescritto dalla
lettera  dell'art. 42,  comma  2,  legge  25  maggio 1970 n. 352, non
risulta   corredata   di  un  sufficiente  numero  di  deliberazioni,
identiche  nell'oggetto,  di  tanti  consigli di comuni della Regione
Veneto,  dalla  quale  viene  proposto  il distacco del Comune di San
Michele al Tagliamento, rappresentanti almeno un terzo della restante
popolazione di detta regione;
    Vista l'ordinanza n. 342 del 13/25 novembre 2003, con la quale la
Corte      costituzionale      ha      pronunciato,     dichiarandone
l'inammissibilita',  sul  «conflitto tra poteri dello Stato a seguito
dell'art. 42  e seguenti della legge 25 maggio 1970 n. 352 (Norme sui
referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa
del  popolo), promosso da Bornancin Sergio nella qualita' di delegato
effettivo  del  Comune  di  San  Michele  al  Tagliamento con ricorso
presentato il 23 marzo 2003»;

                            O s s e r v a

    In  funzione  della  pronuncia  da adottare, a mente dell'art. 43
legge  23  maggio  1970  n. 352,  sulla  legittimita',  o  non, della
richiesta  di referendum in esame, assume, rilevanza pregiudiziale la
soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 42
legge  n. 352  del 1970, cit., per contrasto con l'art. 132, comma 2,
della  Costituzione,  come  modificato  dall'art. 9,  comma  1, legge
costituzionale  18  ottobre  2001 n. 3, nella parte in cui tale norma
attribuisce  un ruolo nella promozione dell'iniziativa referendaria a
soggetti  diversi  dal  comune che chiede la variazione territoriale,
questione  espressamente  sollevata  con  l'atto  introduttivo  della
discussa   richiesta   di  referendum  e  dichiarata,  a  suo  tempo,
manifestamente  infondata  con  la  piu'  sopra  ricordata  ordinanza
interlocutoria  del 26 novembre - 5 dicembre 2002 sul rilievo che «la
Costituzione,  nel  disciplinare l'istituto del referendum, lascia al
legislatore  ordinario  ampi margini di discrezionalita' con riguardo
alla  regolamentazione  del  rito  di  avvio  e  di svolgimento delle
consultazioni   referendarie,   sicche'   le  disposizioni  da  detto
legislatore  adottate  al  riguardo  non possono essere sospettate di
illegittimita'  costituzionale  quando  non  risulti  che  esse siano
suscettibili  di  importare irragionevoli e non facilmente superabili
ostacoli  alla  promozione ed al corso delle inziative referendarie»,
di  guisa  che  con  riferimento  alla  fattispecie, ... non puo', in
nessun  modo, dubitarsi della ragionevolezza di una disposizione, del
genere  di  quella»  in discorso «che abbia subordinato l'avvio di un
procedimento  referendario  -  senz'altro  costoso  per  il sistema e
passibile  di  incidere  in  misura  rilevante  sul funzionamento del
potere   esecutivo   e  di  quello  legislativo  (coartando  l'uno  a
predisporre  ed a presentare e l'altro ad esaminare disegni di legge:
art. 45,  comma  4,  legge  25 maggio 1970 n. 352), nonche' di alcuni
consigli  regionali  - ad una previa verifica della rispondenza della
richiesta referendaria anche alle esigenze di una qualche parte degli
enti locali rappresentativi delle popolazioni, comunque, direttamente
coinvolte,  da  valutarsi tramite consultazione degli enti medesimi»,
tanto  piu'  che  non  «puo'  intravedersi  la  predisposizione di un
meccanismo   integrante  ostacolo  non  agevolmente  superabile  alla
promozione   del   referendum  con  riferimento  alla  determinazione
dell'entita'  del  richiesto  previo  assenso esterno alla iniziativa
referendaria,  posto  che  quando questa dovesse rivelarsi fornita di
una qualche giustificazione e di una adeguata rispondenza ad esigenze
ed interessi diffusi nel corpo sociale sarebbe sicuramente facile per
i  promotori  procurarsi  il  consenso  degli enti rappresentativi di
almeno  un  terzo  della  popolazione»  delle  regioni  investite dai
sollecitati distacco ed aggregazione;
    La  soluzione  negli  esposti  termini  data  alla  questione  di
legittimita'   costituzionale   in  argomento,  senz'altro  utilmente
prospettabile nella presente sede (cfr., in merito, Corte cost., ord.
n. 343  del 2003, cit.), nonche' incontestabilmente rilevante ai fini
dell'adottanda  pronuncia  sulla  considerata richiesta di referendum
(che nella ritenuta conformita' alla Costituzione dell'art. 42, comma
2,  legge  25  maggio  1970,  n. 352  andrebbe dichiarata illegittima
perche'  non  corredata dall'allegazione di tutte le deliberazioni di
consigli  comunali  alle  quali  detta  norma  fa riferimento, mentre
risulterebbe      pacificamente     legittima     nella     ravvisata
incostituzionalita',  e nella correlata inapplicabilita', della norma
medesima    pur    nella   piu'   sopra   evidenziata   insufficienza
dell'allegazione  cennata), va rimediata alla luce della osservazione
contenuta  nella motivazione della citata ordinanza del Giudice delle
leggi  circa la portata «significativa» della «riforma dell'art. 132,
secondo    comma,   della   Costituzione   introdotta   dalla   legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3»;
    In  proposito,  giova  evidenziare che l'art. 132, comma 2, della
Carta  costituzionale, nel suo dettato originario, recitava «si puo',
con  referendum  e  con  legge  della  Repubblica, sentiti i consigli
regionali,   consentire  che  province  e  comuni,  che  ne  facciano
richiesta, siano staccati da una regione ed aggregati ad un altra», e
che  la stessa norma, nel testo novellato dall'art. 9, comma 1, legge
costituzionale   n. 3   del   2001,   reca,  invece,  «si  puo',  con
l'approvazione  della maggioranza delle popolazioni della provincia o
delle  province  interessate  e  del  comune o dei comuni interessati
espressa  mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i
consigli regionali, consentire che province e comuni, che ne facciano
richiesta, siano staccati da una regione ed aggregati ad un'altra»;
    Il  tenore  della  cosi'  modificata  disposizione costituzionale
consente  di  ipotizzare  che  l'intento  perseguito  dal legislatore
costituente nel dar corso alla relativa approvazione sia stato quello
di  riservare  unicamente  agli  enti  territoriali,  richiedenti  il
proprio  distacco  da  una  regione  e  l'aggregazione  ad  un'altra,
l'iniziativa  della  promozione  del  referendum  prodromico  a detto
distacco   ed   aggregazione,   e  di  escludere,  quindi,  qualsiasi
partecipazione  a  tale iniziativa di ogni altro ente rappresentativo
di   popolazioni   solo  indirettamente  interessate  al  sollecitato
cambiamento dell'assetto territoriale regionale;
    E   cio'   ponendo  mente  che  l'eventuale  esito  positivo  del
referendum  non  ha  efficacia  automatica  in  ordine  alla modifica
dell'assetto   territoriale   delle  regioni  coinvolte,  ma  integra
soltanto il presupposto necessario ma non vincolante di un successivo
procedimento  legislativo  con  il  quale  il  Parlamento, sentito il
parere  obbligatorio dei consigli regionali, valuta discrezionalmente
la  praticabilita'  del  proposto  mutamento  territoriale;  per  cui
l'interesse indiretto delle parti delle Regioni non coinvolte in tale
modifica  trova  adeguata  tutela  e considerazione proprio in questa
ulteriore fase legislativa;
    Se   la   portata   precettiva  dell'art.  132,  comma  2,  della
Costituzione  nel  testo attualmente vigente dovesse essere realmente
quella come sopra individuata potrebbe configurarsi una soppravvenuta
incompatibilita' con tale norma costituzionale dell'art. 42, comma 2,
legge   25  maggio  1970,  n. 352,  nella  parte  in  cui  questo,  -
prescrivendo  che  le richieste di referendum del genere di quella di
che  trattasi debbano essere corredate delle deliberazioni, identiche
nell'oggetto,   di  tanti  consigli  di  province  o  di  comuni  che
rappresentino  almeno  un  terzo  delle  (restanti) popolazioni delle
regioni  investite dall'avviato procedimento di distacco-aggregazione
-   riserva   anche  ad  enti  diversi  da  quelli  richiedenti  tale
distacco-aggregazioni   una,   indispensabile,   partecipazione  alla
promozioni delle iniziative referendarie;
    Nel   contesto   illustrato,   a   mente   degli  artt.  1  legge
costituzionale  9  febbraio 1948 n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87,
previa   sospensiooe  del  procedimento,  la  posta  questione  della
legittimita'  costituzionale  del  ridetto art. 42, comma 2, legge 25
maggio   1970  n. 352  in  relazione  all'art. 132,  comma  2,  della
Costituzione, siccome non manifestamente infondata, va rimessa per la
decisione alla Corte costituzionale;