IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento civile
iscritto  al  n. 801/C/03  del  ruolo  generale, promosso con ricorso
depositato/pervenuto  in  cancelleria  il 12 novembre 2003 tra Marino
Jennifer   da  Amendolara,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Elio
Barletta per mandato a margine del ricorso introduttivo con domicilio
in  Amendolara,  via  Nazionale n. 23 e Comando Carabinieri di Roseto
Capo Spulico;
    Oggetto:  Opposizione  a  verbale  d'infrazione  al  codice della
strada.

                              F a t t o

    Con ricorso del 12 novembre 2003, depositato in pari data, Marino
Jennifer   chiedeva   a   questo   Ufficio   di   volere   dichiarare
l'annullamento  della  violazione  amministrativa  di  cui al verbale
n. 140339618 elevato il 19 luglio 2003 dai Carabinieri di Rosato Capo
Spulico in ordine alla violazione dell'art. 148, commi 2 e 15, codice
della  strada,  per  la  sanzione di euro 89,63 perche' alla guida di
ciclomotore   effettuava   manovra   di  sorpasso  di  altro  veicolo
nonostante il divieto imposto dalla segnaletica verticale.
    Deduceva  a sostegno la ricorrente di essere stata, al contrario,
urtata  dalla  detta  autovettura  in un primo momento ferma che, con
immediata  manovra  e  senza  alcuna segnalazione, praticava svolta a
sinistra cosi' tamponando il ciclomotore.
    Concludeva,  quindi,  eccependo  la  mancanza di fondamento della
contestazione e l'annullamento dell'opposto verbale.
    Dall'esame  degli atti e dalla documentazione allegata, rileva il
giudice  che  il  ricorso e' stato depositato in cancelleria senza il
versamento  della  somma  pari  alla meta' del massimo edittale della
sanzione   inflitta   dall'organo  accertatore  cosi'  come  previsto
dall'art. 204-bis  del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285,
introdotto  dalla  legge 1° agosto 2003, n. 214, che ha convertito in
legge, con modificazioni, il decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151.
    Tale  omissione,  conformemente  al disposto del citato articolo,
determinerebbe   l'inammissibilita'   del   ricorso   a   seguito  di
provvedimento  che,  all'esito  del  preliminare  controllo in ordine
all'effettivo  versamento,  il  giudice  di  pace  dovrebbe  adottare
d'ufficio.
    La citata legge, pubblicata in supplemento odinario alla Gazzetta
Ufficiale  n. 166  del 12 agosto 2003, e' entrata in vigore il giorno
successivo  a  quello della sua pubblicazione e poiche' il ricorso e'
stato depositato in cancelleria di questo ufficio in data 12 novembre
2003, lo stesso e' soggetto alla nuova disciplina legislativa.
    Senonche', ritiene il giudice, di ravvisare la non conformita' al
dettato  costituzionale  dell'art. 204-bis  del  decreto  n. 285/1992
cosi' come introdotto dall'art. 1-septies della legge 1° agosto 2003,
n. 214,  ritenendo  sussistenti i presupposti per sollevare questione
di legittimita' costituzionale del citato articolo nella parte in cui
(comma  tre)  prevede  che  «all'atto  del  deposito  del ricorso, il
ricorrente  deve versare presso la cancelleria del giudice di pace, a
pena  di  inammissibilita' del ricorso, una somma pari alla meta' del
massimo  edittale  della  sanzione  inflitta dall'organo accertatore»
sottoponendo  l'ammissibilita' del medesimo al versamento della detta
cauzione, per i motivi e nei termini che seguono.
    Sulla rilevanza della questione.
    Nel  caso  che  ci  occupa,  il collegamento giuridico tra la res
judicanda  e  la  norma  ritenuta  incostituzionale, appare del tutto
evidente.
    Invero,  ove si ritenesse l'art. 204-bis conforme a Costituzione,
il  ricorso andrebbe dichiarato inammissibile mentre ove si decidesse
che   il   predetto  disposto  sarebbe  in  contrasto  con  le  norme
costituzionali, la violazione esaminata nel merito.
    Sulla  non  manifesta  infondatezza. Violazione artt. 2 e 3 della
Costituzione.
    La  normativa in esame, secondo il giudice di pace adito, lede il
diritto    fondamentale    dell'individuo    espressamente   tutelato
dall'art. 3  della  Costituzione  in  quanto  pone  i soggetti aventi
diverso status economico su di un piano di disuguaglianza permettendo
solo  al  soggetto  facoltoso, quindi in grado di pagare una cauzione
addirittura  doppia  rispetto  a  quella  che  gli  consentirebbe  di
definire  la pendenza mediante pagamento in misura ridotta, di potere
tutelare  i  propri  diritti proponendo appunto ricorso al giudice di
pace.
    Ne'  e'  sostenibile,  al contrario, la tesi che al soggetto piu'
debole   (economicamente)   sarebbe  comunque  consentito  presentare
ricorso  al  prefetto  ove  la procedura non prevede il versamento di
alcuna  cauzione,  sia in quanto cio' evidenzierebbe, ancora di piu',
come  il  ricorso al giudice di pace si trasformerebbe in un mezzo di
tutela riservato esclusivamente a soggetti facoltosi sia in quanto la
scelta  della  sede  ove  tutelare  i propri diritti distinguerebbe o
discriminerebbe  i  cittadini sul piano economico e sociale limitando
di  fatto la liberta' e l'uguaglianza degli stessi e ledendo altresi'
il disposto costituzionale di cui all'art. 2.
    Del tutto evidente appare la censura d'incostituzionalita' che si
ravvisa  nelle  norme  citate  in  quanto l'art. 3 della Costituzione
prevede  che compito della Repubblica e' rimuovere ostacoli di ordine
economico   o   sociale   che,  limitando  di  fatto  la  liberta'  e
l'uguaglianza  dei  cittadini,  impediscono  il  pieno sviluppo della
persona umana.
    Violazione art. 24 della Costituzione.
    Proprio  l'ostacolo creato dal legislatore con le norme descritte
che  impone il versamento di una cauzione per potere adire il giudice
di  pace,  contrasta anche con l'art. 24 della Costituzione, il quale
espressamente  prevede  che  tutti  possono  agire in giudizio per la
tutela  dei  propri  diritti  ed aggiunge che la difesa e' un diritto
inviolabile  in  ogni  stato  e  grado  del  procedimento. Le esposte
considerazioni  sono  tali da giustificare detta censura posto che la
norma  incriminata,  come  la Corte costituzionale ha riconosciuto in
piu'  riprese  in  altre  fattispecie  simili, n. 522/2002 - 7/1999 -
111/1971  - 157/1969, lede o limita fortemente il diritto di agire in
giudizio,  diritto che e' garantito a tutti i cittadini allo scopo di
assicurare  l'uguaglianza  di  fatto  dei  medesimi  in  ordine  alla
possibilita' di ottenere tutela giurisdizionale.
    Il  fondamentale  diritta  alla  difesa  infatti  non puo' essere
condizionato  al  pagamento  di  una somma di denaro: la cauzione per
accedere  ad  un servizio primario come quello della giustizia non e'
nei principi costituzionali.