IL GIUDICE DI PACE

    Nella causa promossa da Cuomo Augusto contro prefettura di Forli'
e  Cesena  in  persona  del  prefetto  pro tempore, r.g. 765/2003, ha
emesso la seguente ordinanza.

                              In fatto

    Con  ricorso  depositato  a  mezzo del servizio postale presso la
cancelleria  dell'ufficio  del  giudice  di pace di Cesena in data 21
luglio 2003, il sig. Augusto Cuomo, stando in giudizio personalmente,
presentava  opposizione ai sensi dell'art. 22 della legge n. 689/1981
avverso  il  verbale di contestazione n. ATX0000035414, relativo alla
violazione  dell'art. 142 del c.ds. avvenuta in data 13 febbraio 2003
mentre  il  ricorrente era alla giuda della autovettura tg BD758LV di
sua proprieta'.
    Ritenuto    che   sussistano   profili   di   incostituzionalita'
dell'art. 22  della  legge n. 689/1981 rispetto gli art. 3 e 24 della
Costituzione   della  Repubblica  italiana,  questo  giudice  solleva
d'ufficio  questione di legittimita' costituzionale della norma sopra
richiamata per i motivi che qui di seguito si espongono.

                             In diritto

    In  base  all'orientamento consolidato della Corte di cassazione,
l'art. 22  della  legge  n. 689/1981  viene interpretata nel senso di
ritenere  inammissibile  il deposito dei ricorsi a mezzo del servizio
postale.
    Infatti,  la  Corte di cassazione con una giurisprudenza costante
(Cass.  SU 1988, n. 4130; Cass. civ. sez. I, 25 luglio 1997, n. 6968;
Cass.  civ.  sez.  I, 18 marzo 1999, n. 2450; Cass. civ. sez. III, 30
agosto  1999,  n. 9122  e  Cass.  civ.  sez.  III,  8  novembre 1999,
n. 12438) ha sempre ritenuto inammissibile il deposito del ricorso ai
sensi  dell'art. 22  della  legge  n. 689/1981  a  mezzo del servizio
postale;  cio'  sulla  base dell'assunto che il deposito degli atti a
mezzo  del  servizio  postale  sia  possibile  solo  quando una norma
specifica  dell'ordinamento  giuridico  lo  ammetta,  cosi'  come, ad
esempio,  avviene  nell'ipotesi  prevista  dall'art. 134  disp.  att.
c.p.c.;  norma,  pero',  ritenuta  non  suscettibile  di applicazione
analogica.
    Il  giudice  di legittimita' rileva, inoltre, come il deposito in
cancelleria  costituisca  il  mezzo  normale  e  necessario affinche'
l'opposizione  ai  sensi  dell'art. 22  della  legge n. 689/281 possa
considerarsi  come  proposta.  Senza,  peraltro,  che possa ritenersi
applicabile la particolare forma di sanatoria prevista dall'art. 156,
comma 3, c.p.c. (Cass. civ., sez. II, 8 novembre 1999, n. 12438).
    Ora,  risulta  evidente, perquanto qui di interesse rispetto alla
sussistenza del requisito della rilevanza della presente questione di
legittimita'  costituzionale,  come  questo giudice, sulla scorta del
richiamato  indirizzo  della  Corte suprema, non avrebbe altra scelta
che  dichiarare  inammissibile  il  ricorso proposto dal sig. Augusto
Cuomo.
    Per  quanto,  invece,  attiene  al  requisito della non manifesta
infondatezza,  ad  avviso  di  questo  giudice, tale orientamento del
giudice  di  legittimita'  risulta essere in contrasto con il dettato
costituzionale sotto un duplice profilo:
        a)  In  primo luogo appare contrastare con l'art. 3 Cost., in
quanto  crea  una disparita' di trattamento tra i cittadini residenti
nel  luogo  ove  ha  sede  il giudice competente a pronunciarsi sulle
opposizioni  proposte ai sensi della legge n. 689/1981 ed i cittadini
residenti  in comuni diversi; questi ultimi, infatti, risultano cosi'
essere  sottoposti  a  disagi  non giustificati da alcuna ragionevole
esigenza.  Questa  disparita'  di  trattamento  e'  resa  ancora piu'
evidente dal fatto che, in base alla lettera dell'art. 23 della legge
sopra  richiamata,  la  parte  opponente  non  ha  l'obbligo di farsi
assistere   da  un  difensore  tecnico,  potendo  stare  in  giudizio
personalmente.
        b)  In secondo luogo, l'art. 22 della legge n. 689/1981, come
interpretato   dalla  Corte  di  cassazione,  risulta  violare  anche
l'art. 24  Cost..  Tale  interpretazione,  infatti, pare frapporre un
ostacolo   all'accesso  alla  giustizia  non  giustificato  da  alcun
interesse  pubblico;  questo  ostacolo e' costituito dal fatto che il
cittadino  residente  in  comuni  diversi dal luogo in cui ha sede il
giudice,  si  deve  recare  personalmente  presso  la cancelleria del
giudice competente per il deposito del ricorso.
    In  questa sede bisogna ricordare come la Corte costituzionale ha
piu'  volte  stabilito  che  le  norme  che conducono al risultato di
precludere   o   ostacolare  gravemente  l'esperimento  della  tutela
giurisdizionale, ivi incluso le norme che prevedono oneri o modalita'
tali  da  rendere  estremamente  difficile l'esercizio del diritto di
difesa  o  lo svolgimento dell'attivita' processuale, incorrono nella
sanzione  di incostituzionalita' (Corte cost. sentenze n. 80 del 1966
e n. 63 del 1977).
    Ad  avviso  di  questo  giudice,  considerata  la  semplicita'  e
snellezza  delle  forme  caratterizzanti  la procedura prevista dalla
legge  n. 689/1981,  l'inammissibilita'  del  deposito  del ricorso a
mezzo  del  servizio  postale  ha l'effetto di rendere eccessivamente
difficile  la  possibilita'  di  ricevere  una tutela giurisdizionale
effettiva,  per  un cittadino non residente nel luogo dove abbia sede
il giudice competente.
    Occorre  a  questo  punto  ricordare  che  gia'  la  stessa Corte
costituzionale  si  era  occupata  della  presente  questione  con la
sentenza  17  giugno 1996, n. 199, ma aveva ritenuto inammissibile la
questione  di  legittimita'  costituzionale sollevata. La motivazione
era  basata  sul  fatto che il giudice a quo richiedeva alla Corte di
valutare   non  solo  la  ragionevolezza  della  scelta  operata  dal
legislatore  in  relazione  alla  modalita' del deposito, ma anche di
adottare   una   nuova  forma  di  deposito  del  ricorso  attraverso
l'indicazione   specifica  di  modalita'  ed  effetti  del  mezzo  di
trasmissione  prescelto.  A  tale  riguardo,  la  stessa  Corte aveva
ritenuto:  «inammissibile la questione quando sia dirette ad ottenere
una  sentenza  di  tipo  additivo  che,  in mancanza di una soluzione
costituzionalmente   obbligata  miri  ad  introdurre  un  determinato
modello  normativo  a  fronte  di una pluralita' di scelte, invadendo
cosi' la sfera riservata alla discrezionalita' del legislatore».
    La  posizione  assunta dalla Corte costituzionale con la sentenza
sopra  richiamata deve essere riveduta alla luce della sentenza della
stessa  Corte  n. 520  del  2002,  che ha dichiarato incostituzionale
l'art. 22  del  d.lgs.  546  del  1992,  che  disciplina  il processo
tributario,  proprio  nella parte in cui non consente per il deposito
degli  atti  ai  fini  della costituzione in giudizio, l'utilizzo del
servizio postale.
    In  tale  pronuncia  il  giudice costituzionale rileva che appare
irragionevole  escludere  l'ammissibilita'  dei  deposito del ricorso
introduttivo  a mezzo del servizio postale, proprio in considerazione
della semplicita' della struttura del processo tributario.
    Ora,  se  si  compara  la  struttura  del processo tributario con
quello  disciplinato  dalla  legge  n. 689/1981, quest'ultimo risulta
avere  una  struttura assai piu' semplice ed essere caratterizzato da
una  assai  piu'  elevata  snellezza di forma. Si consideri, in primo
luogo,  che  nel  processo  tributario  il  ricorrente  puo' stare in
giudizio  personalmente  solamente  per  le  controversie fino a Euro
2.582,28,  quindi  per  la  maggior parte delle cause necessitera' di
assistenza  tecnica.  Invece,  nel  processo disciplinato dalla legge
n. 689/1981  l'opponente  puo'  stare in giudizio personalmente senza
alcuna  limitazione  in  ordina  al  valore della controversia. Basti
considerare,  inoltre,  le  modalita'  di  introduzione del giudizio,
assai  piu'  complesse  ed  articolate  nel  processo tributario e di
estrema  semplicita'  nel processo ex legge n. 689/1981, nel quale il
ricorrente,   in   sostanza,  si  limita  a  depositare  il  ricorso,
provvedendo  a tutto il resto la cancelleria. Ed ancora, nel processo
tributario  la trattazione avviene, di regola, davanti al collegio ed
il dispositivo della sentenza viene comunicato alle parti entro dieci
giorni dal deposito (artt. 33 e 37 d.lgs. 54671992. Nel rito previsto
dalla  legge n. 689/1981, invece, l'intero giudizio si svolge, sempre
e  solo,  davanti  al  giudice  monocratico,  il  quale  da'  lettura
immediata  del  dispositivo della sentenza, non appena le parti hanno
precisato  le  proprie conclusioni (art. 23, legge n. 689/1981), ed a
volte   puo'  anche,  addirittura,  procedere  all'immediata  lettura
dell'intera  sentenza  (cfr.  art. 23,  comma  8, legge n. 689/1981).
Inoltre  il  giudice del processo ex legge n. 689/1981, c.d. giudizio
di  opposizione  alle  sanzioni  amministrative,  puo' disporre anche
d'Ufficio  dei  mezzi  di  prova  (art. 23,  comma  6).  A  tutte  le
notificazioni  e  comunicazioni  occorrenti  provvede  poi l'ufficio,
(art. 23, comma 9, legge n. 689/1981).
    Da tali elementi non puo' non desumersi come il rito disciplinato
dalla legge n. 689/1981, sia stato concepito dal legislatore come uno
strumento  processuale dove la semplicita' delle forme e la rapidita'
ne  costituiscono  i requisiti salienti; dove l'accesso del cittadino
alla  tutela  giurisdizionale  e'  facilitato  ai massimi livelli, in
considerazione,  evidentemente,  dei rapporti sostanziali azionabili:
si  pensi  solo  che  il processo ex legge n. 689/1981 ha per oggetto
principale  o,  comunque,  di  gran lunga, prevalente, le opposizioni
alle  sanzioni  derivanti  da  violazioni  al codice della strada; la
frequenza   di   queste  ultime,  assai  piu'  rilevante  rispetto  a
controversie di natura tributaria, conferma e giustifica, anche da un
punto  di  vista sostanziale, la maggiore semplicita' del processo di
opposizione   alle   sanzioni   amministrative,   rispetto  a  quello
tributario.
    Per  riassumere, ad avviso di questo giudice, quindi, se la Corte
costituzionale e' giunta alle conclusioni di cui alla citata sentenza
n. 520  del  2002,  per  quanto  concerne  il  processo tributario, a
maggiore  ragione  simili conclusioni dovranno valere per il processo
disciplinato dalla legge n. 689/1981 sopra richiamata.