IL GIUDICE DI PACE

    Ha  emesso  la  seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 463
R.G.  degli  affari  contenziosi  civili dell'anno 2003, vertente tra
Biscaldi  Gianni Pasquino, residente in Remondo' (Pavia), via Mortara
n. 61,  elettivamente  domiciliato in Vigevano in via De Amicis n. 33
presso  lo  studio  dell'avv.  Salvatore Panella che lo rappresenta e
difende,  unitamente e disgiuntamente alle dott.sse Alessia Panella e
Valeria  Bovini,  giusta  procura a margine del ricorso introduttivo,
opponente,  e  prefettura  di  Pavia, in persona del prefetto, legale
rappresentante pro tempore, amm.ne opposta.
    Premesso che:
        la  Sezione  della  Polizia  stradale  di  Pavia, con verbale
n. 662009  del  6 ottobre  2003, contestava al signor Biscaldi Gianni
Pasquino la violazione dell'art. 141/2-3-8 del codice della strada in
quanto  «alle ore 3 e 45 del giorno 5 ottobre 2003 nel centro abitato
di  Garlasco,  sulla  s.s.  596 all'altezza del km 16+200, mentre era
alla  guida  del  proprio  veicolo,  nell'attraversamento  del centro
abitato,  in  ora  notturna,  in  corrispondenza  d'incrocio,  non ne
regolava la velocita' alle predette caratteristiche della strada»;
        avverso  detto verbale, con ricorso depositato in cancelleria
il  14 novembre  2003,  il  Biscaldi  proponeva  opposizione ai sensi
dell'art. 204-bis  del  d.lgs.  n. 285/1992, chiedendo l'annullamento
del  provvedimento  e deducendo, in via preliminare, l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 204-bis, commi 3 e 4, del predetto decreto,
cosi'  come introdotto dall'art. 4, comma 1-sexies della legge n. 214
del  1° agosto 2003 di conversione del d.l. n. 151 del 27 giugno 2003
recante  «modifiche  ed  integazioni  del  codice  della  strada» per
violazione  degli  artt. 2,  3  e 24 della Costituzione e nel merito,
l'erronea ricostruzione della dinamica del sinistro, per essere stato
la  sbandamento  del  veicolo  causato  da un incendio verificatosi a
bordo dello stesso;
        all'atto   di  presentazione  del  ricorso,  l'opponente  non
provvedeva  ad  effettuare  il  versamento  della  cauzione  previsto
dall'art. 204-bis,  comma  3,  introdotto con la legge n. 214/2003 in
vigore  dal  13 agosto  2003  - il quale espressamente stabilisce che
«all'atto del deposito del ricorso, il ricorrente deve versare presso
la  cancelleria  del  giudice di pace, a pena di inammissibilita' del
ricorso,  una  somma  pari  alla  meta'  del  massimo  edittale della
sanzione inflitta dall'organo accertatore;
        questo  giudice,  fissava l'udienza per la comparizione delle
parti,   nella   quale  affrontare  la  questione  di  illegittimita'
costituzionale  dell'art. 204-bis  c.d.s.,  avendo  questa, efficacia
preliminare  determinante  nella  definizione  del presente giudizio,
posto che, come si evince dal comma 3 del citato articolo, il mancato
versamento della cauzione comporta l'inammissibilita' del ricorso.
    Tutto  cio'  premesso,  osserva il giudicante che l'art. 204-bis,
d.lgs. n. 285/1992, introdotto dalla legge 1° agosto 2003, n. 214 che
ha  convertito  in  legge,  con modificazioni il d.l. 27 giugno 2003,
n. 151,  non  appare  conforme  ai  principi  contenuti  nella  Carta
costituzionale.   in   ordine  alla  liberta'  di  adire  l'autorita'
giudiziaria per la tutela dei diritti e degli interessi legittimi del
cittadino, senza restrizioni di sorta.
    Pertanto,   la  questione  sollevata  non  appare  manifestamente
infondata.
    Dal  disposto degli artt. 3 e 24 della Costituzione, puo' dedursi
che  costituisce  principio  consolidato  nel  nostro ordinamento che
tutti  possono  agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed
interessi  legittimi  e  che  la difesa - diritto inviolabile in ogni
stato  e  grado  del  processo  -  deve trovare attuazione uguale per
tutti,  indipendentemente  dalle  condizioni  personali  e sociali di
ognuna.
    L'imposizione, dunque, di un preventivo pagamento della meta' del
massimo della sanzione inflitta quale presupposto per l'esperibilita'
dell'azione giudiziaria diretta ad ottenere la tutela dei diritto del
cittadino,  appare  in  stridente  contrasto con i principi contenuti
negli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Contrasta con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della
Cost.   perche'   favorisce   il   cittadino   in  grado  di  versare
immediatamente  la  cauzione  e  penalizza  quello  privo  dei  mezzi
necessari  per  tale  pagamento:  al  primo,  dunque,  e' consentito,
proprio  in  conseguenza  delle  sue  condizioni economiche, chiedere
giustizia  ed  ottenerla,  ove  possa  provare  di  avere ragione; al
secondo,  questa  facolta'  e' resa difficile, se non impossibile, in
forza   di   un  presupposto  processuale  stabilito  dalla  legge  e
consistente  nell'onere  di versare una somma che, nel caso di specie
e' pari al doppio del minimo della sanzione irrogata.
    Contrasta  altresi',  con  il  disposto  di cui all'art. 24 della
Cost.,  posto  lede o limita il diritto di agire in giudizio, diritto
che  e'  garantito  a tutti allo scopo di assicurare l'uguaglianza di
fatto  dei  cittadini  in ordine alla possibilita' di ottenere tutela
giurisdizionale.  Il  fondamentale  diritto alla difesa, infatti, non
puo' essere condizionato al pagamento di una cauzione.
    La disposizione sopra richiamata, evidenzia una palese violazione
degli artt. 3 e 24 della nostra Carta costituzionale, anche alla luce
delle   numerose  pronunce  della  Corte  costituzionale,  quali,  ad
esempio,  la  n. 21  del  1961 che ha portato a cancellare dal nostro
ordinamento  il  famoso  principio  del solve et repete o, ancora, la
n. 67  del  1960  sulla  cauzione  prevista  dall'art. 98  c.p.c.,  o
l'art. 80  del  1966  sul  rilascio  di copie conformi uso appello di
sentenze non registrate.
    In   conclusione,   poiche'  l'imposizione  posta  a  carico  del
ricorrente  dall'art. 204-bis  c.d.s.  appare  in  contrasto  con  il
diritto  di  adire  l'autorita'  giudiziaria  conferito al cittadino,
senza  limiti, dall'art. 24 e con il principio di uguaglianza sancito
dall'art. 3 della Costituzione.