ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 269, secondo
comma,  del codice di procedura civile, promosso con ordinanza del 23
giugno 2003  dal Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento civile
vertente  tra  Nicolo'  Francesco  e  la  Crisauto  s.r.l.  ed altra,
iscritta  al  n. 710  del  registro ordinanze 2003 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 37,  1ยช  serie  speciale,
dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 10 marzo 2004 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Reggio  Calabria, con ordinanza
emessa  il 23 giugno 2003, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
24 e 111 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 269,  secondo  comma, del codice di procedura civile, nella
parte in cui non prevede la fissazione di un termine perentorio entro
il  quale il convenuto deve notificare la citazione al terzo chiamato
in causa;
        che,   come   espone   il  rimettente,  la  parte  convenuta,
costituitasi  regolarmente,  ha  chiesto  ed  ottenuto lo spostamento
della  prima  udienza  per  chiamare  terzi  in causa, senza tuttavia
provvedere  alla  notifica  della citazione al terzo e, in ragione di
cio',  la  parte attrice ha eccepito la decadenza della convenuta dal
potere di chiamare terzi in causa;
        che,  ad  avviso del giudice a quo, la predetta omissione non
potrebbe  provocare  la  decadenza  dal  potere di chiamare terzi, in
assenza di una espressa previsione legislativa;
        che l'art. 269, secondo comma, cod. proc. civ., darebbe luogo
ad  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra le parti in
relazione alla chiamata in causa, poiche', pur in presenza di un atto
con  identica  funzione  processuale,  soltanto l'attore e' tenuto, a
pena  di  decadenza, al rispetto di un termine perentorio fissato dal
giudice,  mentre  il  convenuto  potrebbe  reiterare  la richiesta di
differimento dell'udienza;
        che,  inoltre,  la  norma,  consentendo la reiterazione della
istanza di fissazione di una nuova udienza per la chiamata del terzo,
renderebbe  il  convenuto  arbitro  dei  tempi  e  della dinamica del
processo,  in  violazione  del  principio  di  ragionevole durata del
giudizio e del diritto di difesa dell'attore;
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile;
        che  la  difesa  erariale  osserva come analoga questione sia
stata  gia'  dichiarata  manifestamente  inammissibile  con ordinanza
n. 117  del  2003  e  come  nel  presente giudizio sussista lo stesso
difetto di rilevanza allora evidenziato, poiche' anche in questo caso
il   convenuto,   dopo   la  scadenza  del  termine,  ha  chiesto  il
differimento  dell'udienza  per la citazione del terzo ed il medesimo
deve percio' ritenersi decaduto dal relativo potere.
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Reggio  Calabria  lamenta la
mancata  previsione  nell'art. 269,  secondo  comma,  del  codice  di
procedura  civile,  della  fissazione di un termine perentorio per la
chiamata in causa del terzo ad opera del convenuto;
        che    la    questione   sollevata   risulta   manifestamente
inammissibile per difetto di rilevanza;
        che,  come  questa  Corte aveva gia' osservato nell'ordinanza
n. 117  del 2003, relativa a questione del tutto analoga, l'art. 269,
secondo  comma,  cod. proc. civ., pur non prevedendo la fissazione di
un  termine  giudiziale  per  la  notifica  della citazione al terzo,
impone  tuttavia  l'osservanza  del  termine  a  comparire,  ai sensi
dell'art. 163-bis,  cod. proc. civ., onde la notifica della citazione
al   terzo  deve  essere  eseguita  entro  il  sessantunesimo  giorno
anteriore all'udienza di comparizione a tal fine fissata;
        che  la  richiesta  di  proroga  dei termini ordinatori, come
quello  in  esame,  puo'  utilmente  formularsi solo prima della loro
scadenza,   ai   sensi   dell'art. 154,   cod.   proc.   civ.,  nella
interpretazione tuttora prevalente della Corte di cassazione;
        che,   invece,  come  riferisce  il  giudice  rimettente,  la
richiesta  di  concessione  di  un nuovo termine per la citazione del
terzo e' stata formulata dal convenuto alla prima udienza, quando era
gia'  decorso  il  termine,  ormai  non piu' prorogabile, che avrebbe
consentito  la  citazione  nel rispetto dell'art. 163-bis, cod. proc.
civ;
        che  la  intervenuta  decadenza  del  convenuto dal potere di
chiamare  in  causa  terzi  determina  quindi il difetto di rilevanza
della questione nel giudizio a quo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.