IL TRIBUNALE

    In data 30 marzo 2001, ha pronunziato la seguente ordinanza:
        «Il  giudice,  letto  il ricorso, depositato in data 16 marzo
1999,  con  cui  Pianeselli  Angelica chiede dichiararsi irripetibile
dall'INPS  la  somma  di  lire  8.886.150,  indebitamente erogata nel
periodo  1° gennaio  1986  -  31 dicembre 1994, in applicazione degli
artt. 80   r.d.l.   n. 1422/24,   52  legge  n. 88/1989  e  13  legge
n. 412/1991;
    Rilevato  che l'INPS sostiene essere ripetibile la predetta somma
nei  limiti  dei  3\4  (lire 6.664.690), in applicazione dell'art. 1,
commi 260 e sgg., della legge n. 662/1996, in quanto la Pianeselli ha
conseguito nel 1995 un reddito superiore a lire 16.000.000,

                            O s s e r v a

    1)  Il  regime dell'indebito di cui all'art. 2033 c.c. in materia
previdenziale   e'   stato  nel  tempo  derogato  dalle  norme  sopra
menzionate;
    2)  il  S.C.  ha  affermato  che  l'applicazione  delle  suddette
eccezioni  all'art. 2033  deve essere affermata "con riferimento alla
data  di  esecuzione  del  pagamento  delle  somme  delle quali e' in
contestazione  la  restituzione,  essendo  esclusa  la retroattivita'
delle  indicate  norme succedutesi nel tempo, aventi per contenuto la
disciplina  della fattispecie `indebito' come fatto costitutivo della
sola obbligazione ex lege restitutoria, e dei limiti di quest'ultima,
e  non  anche  di effetti duraturi della fattispecie medesima" (Cass.
SSUU 3 febbraio 1995, n. 1315; Cass. SSUU 22 febbraio 1995, n. 1966);
    3)  recentemente e' stata emanata la citata legge n. 662/1996, il
cui  art. 1,  commi  260, 261, 262 e 263 stabilisce che nei confronti
dei  soggetti  che  nel  periodo  anteriore  al 1° gennaio 1966 hanno
percepito indebitamente prestazioni pensionistiche non si fa luogo al
recupero  dell'indebito  se  i soggetti medesimi (salva l'ipotesi del
loro  dolo) siano percettori di un reddito personale imponibile IRPEF
per l'anno 1995 di importo pari o inferiore a lire 16.000.000, mentre
il recupero avviene nei limiti dei 3\4 dell'indebito per i percettori
di reddito superiore a tale limite;
    4)  inizialmente  il S.C. ritenne (almeno con la sentenza n. 6369
del  14 luglio  1997,  salve  altre)  che "L'art. 1, commi 260 e sgg.
della  legge  n. 662/1996,  con  riferimento alle indebite erogazioni
verificatesi  prima  del  1° gennaio 1996, non prevede, con efficacia
retroattiva   e   in  via  transitoria,  una  disciplina  globalmente
sostitutiva  di  quella  contenuta  nelle leggi anteriori in materia;
pertanto  anche  gli  indebiti verificatisi prima del 1° gennaio 1996
restano  soggetti  alla  disciplina  previgente, potendo applicarsi i
criteri previsti dalla legge n. 662/1996 citata solo se, alla stregua
della  precedente  disciplina  (con  la  quale la nuova normativa non
risulta    incompatibile)    possa    configurarsi    un'obbligazione
restitutoria a carico dell'assicurato";
    5)  tale orientamento giurisprudenziale, cui questo giudice si e'
a  suo  tempo  adeguato,  appare  razionale  e  conforme  al  dettato
costituzionale;
    6)   peraltro   si   e'   ben   presto  affermato  e  consolidato
l'orientamento  contrario,  culminato  con  la  sentenza delle SS.UU.
n. 30 s.u. del 21 febbraio 2000, a tenore della quale "Le prestazioni
indebitamente  erogate  dagli enti di previdenza prima del 1° gennaio
1996 sono ripetibili secondi i criteri posti dall'art. 1, commi 260 e
sgg.  della  legge  n. 662/1996,  che  al  riguardo sostituiscono per
intero la precedente disciplina";
    7)  e'  pertanto  ormai  diritto  vivente  che  la  disciplina in
questione  ha  integralmente  sostituito  entro  il  limite temporale
suddetto tutta la normativa preesistente;
    8)  cosi'  interpretata,  peraltro,  la normativa suddetta non si
sottrae,    a    parere    di   questo   giudice,   a   sospetti   di
incostituzionalita';
    9)  la  questione  di  costituzionalita'  e'  non  manifestamente
infondata;
    10)  la  situazione  e'  invero assai simile a quella gia' decisa
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 39 del 1993, con cui ha
dichiarato  illegittimo,  per  contrasto  con gli artt. 3 e 38 Cost.,
l'art. 13,  comma 1, legge n. 412/1991 "nella parte in cui estende le
innovazioni introdotte nella disciplina della ripetizione di indebito
in  materia pensionistica ai rapporti sorti precedentemente alla data
della sua entrata in vigore o comunque pendenti alla stessa data";
    11)  ha  osservato la Corte che sussiste "una evidente disparita'
di  trattamento  tra  pensionati  a favore dei quali, in applicazione
dell'art. 52 legge n. 88 del 1989, nella interpretazione data ad essa
dalla   Corte   di   cassazione  e  ritenuta  non  costituzionalmente
illegittima  da  questa  Corte  (sentenza  n. 383 del 1990), e' stata
sancita  l'irripetibilita'  delle somme percepite in buona fede nella
sussistenza   di   un  errore  di  fatto  o  di  diritto  come  causa
dell'erogazione della somma ritenuta poi non dovuta ed in mancanza di
dolo,  e  pensionati,  invece,  che  sarebbero  soggetti  alla  nuova
disposizione  nonostante che la situazione che ad essi fa capo si sia
verificata  prima  della  data  della  stessa. La nuova disposizione,
incidendo  sulle situazioni sostanziali poste in essere nella vigenza
di quella precedente, frustra l'affidamento di una vasta categoria di
cittadini   nella   sicurezza   giuridica  che  costituisce  elemento
fondamentale  dello  Stato di diritto (sentenze nn. 349 del 1985, 822
del  1988, 155 del 1990); tanto piu' che sarebbero colpiti pensionati
a  reddito non elevato, i quali hanno destinato ai bisogni alimentari
propri  e  della  famiglia le somme percepite e che dovrebbero essere
restituite. Onde la violazione dell'art. 38 Cost. Ne' la finalita' di
contrazione  della  spesa pubblica sottesa alla disposizione in esame
e'  ragione  sufficiente a giustificare le evidenziate violazioni dei
suddetti precetti costituzionali";
    12)  non  e'  chi  non  veda  che  anche  nel caso di specie v'e'
irrazionale  e  ingiustificabile  disparita' di trattamento (e quindi
violazione  dell'art. 3  Cost.)  tra  i  pensionati nei confronti dei
quali  l'ente previdenziale abbia agito per il recupero dell'indebito
prima  dell'entrata  in vigore della norma impugnata, con conseguente
dichiarazione  di  non  ripetibilita'  ai sensi degli artt. 80 r.d.l.
n. 1422/24,  52  legge  n. 88/1989  e  13  legge  n. 412/1991,  ed  i
pensionati  nei  confronti  dei  quali  -  a  parita'  di  ogni altra
circostanza,    ed    in   particolare   dell'epoca   di   insorgenza
dell'indebito,   del  reddito  percepito  superiore  a  16.000.000  e
dell'assenza  di dolo - il recupero sia stato promosso dopo l'entrata
in  vigore della legge n. 662/1996, con la conseguente ripetibilita',
sia  pure  limitata  ai 3\4 dell'indebito; altrettanto evidente e' la
conseguente  lesione  dell'art. 38  Cost., per gli stessi motivi gia'
evidenziati dalla Corte nella sentenza sopra riportata;
    13)  la  questione  prospettata e' altresi' rilevante ai fini del
decidere;
    14)  come  si  e'  premesso,  l'indebito  di  cui si tratta si e'
formato  nel periodo dal 1986 al 1994; sarebbero pertanto applicabili
(con  riferimento  alle  singole  erogazioni  e  alle  norme  vigenti
all'epoca  di  ciascuna  di esse) tutte le norme sopra menzionate che
escludono o limitano la ripetizione dell'indebito previdenziale;
    15)  orbene,  potra'  discutersi  circa  la  ripetibilita'  degli
indebiti sorti nel vigore della prima e dell'ultima di tali norme; ma
sicuramente  non  sarebbero  ripetibii  gli indebiti sorti nel vigore
dell'art. 52 legge n. 88 del 1989;
    16)   infatti   sia   la   Corte  di  cassazione,  sia  la  Corte
costituzionale nella citata sentenza n. 383/1990, hanno affermato che
nel  vigore  della norma predetta ai fini dell'irripetibilita' "unica
condizione    richiesta    e'   quella   della   mancanza   di   dolo
dell'interessato";
    17)  nel  caso  di  specie  non  e'  ravvisabile alcun dolo della
ricorrente, ne' l'INPS lo contesta;
    18)  il dolo non puo' consistere nell'aver taciuto la titolarita'
di  altra  pensione  (fatto  peraltro  noto  all'INPS, trattandosi di
pensione  erogata  dallo  stesso  istituto)  in quanto il silenzio e'
stato   equiparato   al   dolo  solo  dalla  legge  n. 412/1991,  non
retroattiva   a   seguito   della  sentenza  n. 39/1993  della  Corte
costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva   d'ufficio   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  commi  260  e  261, legge 23 dicembre 1996, n. 662, per
contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione;
    Sospende il giudizio;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia notificata a cura della
cancelleria  alle  parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato.».
    La  Corte costituzionale, con ordinanza n. 249/02, ha disposto la
restituzione  degli  atti  a  questo  giudice,  per  il riesame della
rilevanza  alla luce della sopravvenienza legislativa (art. 38, commi
7-10, della legge n. 448/2001 e del mutamento del quadro normativo.
    Il  giudice,  riesaminata  la  rilevanza,  ha pronunziato in data
18 luglio 2002 la seguente ordinanza:
        «Tribunale  di  Viterbo  -  Questo  giudice, in data 30 marzo
2001,  ha  pronunziato  la  seguente ordinanza: "Il giudice, letto il
ricorso,  depositato  in  data  16 marzo  1999,  con  cui  Pianeselli
Angelica  chiede  dichiararsi irripetibile dall'INPS la somma di lire
8.886.150,  indebitamente  erogata  nel  periodo  1° gennaio  1986  -
31 dicembre 1994, in applicazione degli artt. 80 r.d.l. n. 1422/1924,
52 legge n. 88/1989 e 13 legge n. 412/1991;
    Rilevato  che l'INPS sostiene essere ripetibile la predetta somma
nei  limiti  dei  3\4  (lire 6.664.690), in applicazione dell'art. 1,
commi 260 e sgg., della legge n. 662/1996, in quanto la Pianeselli ha
conseguito nel 1995 un reddito superiore a lire 16.000.000,

                            O s s e r v a

    1)  Il  regime dell'indebito di cui all'art. 2033 c.c. in materia
previdenziale   e'   stato  nel  tempo  derogato  dalle  norme  sopra
menzionate;
    2)  il  S.C.  ha  affermato  che  l'applicazione  delle  suddette
eccezioni  all'art. 2033  deve  essere affermata con riferimento alla
data  di  esecuzione  del  pagamento  delle  somme  delle quali e' in
contestazione  la  restituzione,  essendo  esclusa  la retroattivita'
delle  indicate  norme succedutesi nel tempo, aventi per contenuto la
disciplina  della fattispecie «indebito» come fatto costitutivo della
sola obbligazione ex lege restitutoria, e dei limiti di quest'ultima,
e  non  anche  di effetti duraturi della fattispecie medesima' (Cass.
SS.UU.  3 febbraio  1995,  n. 1315;  Cass.  SS.UU.  22 febbraio 1995,
n. 1966);
    3)  recentemente e' stata emanata la citata legge n. 662/1996, il
cui  art. 1,  commi  260, 261, 262 e 263 stabilisce che nei confronti
dei  soggetti  che  nel  periodo  anteriore  al 1° gennaio 1966 hanno
percepito indebitamente prestazioni pensionistiche non si fa luogo al
recupero  dell'indebito  se  i soggetti medesimi (salva l'ipotesi del
loro  dolo) siano percettori di un reddito personale imponibile IRPEF
per l'anno 1995 di importo pari o inferiore a lire 16.000.000, mentre
il recupero avviene nei limiti dei 3\4 dell'indebito per i percettori
di reddito superiore a tale limite;
    4)  inizialmente  il S.C. ritenne (almeno con la sentenza n. 6369
del  14 luglio  1997,  salve  altre)  che `L'art. 1, commi 260 e sgg.
della  legge  n. 662/1996,  con  riferimento alle indebite erogazioni
verificatesi  prima  del  1: gennaio 1996, non prevede, con efficacia
retroattiva   e   in  via  transitoria,  una  disciplina  globalmente
sostitutiva  di  quella  contenuta  nelle leggi anteriori in materia;
pertanto  anche  gli  indebiti verificatisi prima del 1° gennaio 1996
restano  soggetti  alla  disciplina  previgente, potendo applicarsi i
criteri previsti dalla legge n. 662/1996 citata solo se, alla stregua
della  precedente  disciplina  (con  la  quale la nuova normativa non
risulta    incompatibile)    possa    configurarsi    un'obbligazione
restitutoria a carico dell'assicurato';
    5)  tale orientamento giurisprudenziale, cui questo giudice si e'
a  suo  tempo  adeguato,  appare  razionale  e  conforme  al  dettato
costituzionale;
    6)   peraltro   si   e'   ben   presto  affermato  e  consolidato
l'orientamento  contrario,  culminato  con  la  sentenza delle SS.UU.
n. 30 s.u. del 21 febbraio 2000, a tenore della quale `Le prestazioni
indebitamente  erogate  dagli enti di previdenza prima del 1° gennaio
1996 sono ripetibili secondi i criteri posti dall'art. 1, commi 260 e
sgg.  della  legge  n. 662/1996,  che  al  riguardo sostituiscono per
intero la precedente disciplina';
    7)  e'  pertanto  ormai  diritto  vivente  che  la  disciplina in
questione  ha  integralmente  sostituito  entro  il  limite temporale
suddetto tutta la normativa preesistente;
    8)  cosi'  interpretata,  peraltro,  la normativa suddetta non si
sottrae,    a    parere    di   questo   giudice,   a   sospetti   di
incostituzionalita';
    9)  la  questione  di  costituzionalita'  e'  non  manifestamente
infondata;
    10)  la  situazione  e'  invero assai simile a quella gia' decisa
dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 39 del 1993, con cui ha
dichiarato  illegittimo,  per  contrasto  con gli artt. 3 e 38 Cost.,
l'art.  13, comma 1, legge n. 412/1991 `nella parte in cui estende le
innovazioni introdotte nella disciplina della ripetizione di indebito
in  materia pensionistica ai rapporti sorti precedentemente alla data
della sua entrata in vigore o comunque pendenti alla stessa data';
    11)  ha  osservato la Corte che sussiste `una evidente disparita'
di  trattamento  tra  pensionati  a favore dei quali, in applicazione
dell'art. 52 legge n. 88 del 1989, nella interpretazione data ad essa
dalla   Corte   di   cassazione  e  ritenuta  non  costituzionalmente
illegittima  da  questa  Corte  (sentenza  n. 383 del 1990), e' stata
sancita  l'irripetibilita'  delle somme percepite in buona fede nella
sussistenza   di   un  errore  di  fatto  o  di  diritto  come  causa
dell'erogazione della somma ritenuta poi non dovuta ed in mancanza di
dolo,  e  pensionati,  invece,  che  sarebbero  soggetti  alla  nuova
disposizione  nonostante che la situazione che ad essi fa capo si sia
verificata  prima  della  data  della  stessa. La nuova disposizione,
incidendo  sulle situazioni sostanziali poste in essere nella vigenza
di quella precedente, frustra l'affidamento di una vasta categoria di
cittadini   nella   sicurezza   giuridica  che  costituisce  elemento
fondamentale  dello  Stato di diritto (sentenze nn. 349 del 1985, 822
del  1988, 155 del 1990); tanto piu' che sarebbero colpiti pensionati
a  reddito non elevato, i quali hanno destinato ai bisogni alimentari
propri  e  della  famiglia le somme percepite e che dovrebbero essere
restituite. Onde la violazione dell'art. 38 Cost. Ne' la finalita' di
contrazione  della  spesa pubblica sottesa alla disposizione in esame
e'  ragione  sufficiente a giustificare le evidenziate violazioni dei
suddetti precetti costituzionali';
    12)  non  e'  chi  non  veda  che  anche  nel caso di specie v'e'
irrazionale  e  ingiustificabile  disparita' di trattamento (e quindi
violazione  dell'art. 3  Cost.)  tra  i  pensionati nei confronti dei
quali  l'ente previdenziale abbia agito per il recupero dell'indebito
prima  dell'entrata  in vigore della norma inpugnata, con conseguente
dichiarazione  di  non  ripetibilita'  ai sensi degli artt. 80 r.d.l.
n. 1422/24,  52  legge  n. 88/1989  e  13  legge  n. 412/1991,  ed  i
pensionati  nei  confronti  dei  quali  -  a  parita'  di  ogni altra
circostanza,    ed    in   particolare   dell'epoca   di   insorgenza
dell'indebito,   del  reddito  percepito  superiore  a  16.000.000  e
dell'assenza  di dolo - il recupero sia stato promosso dopo l'entrata
in  vigore della legge n. 662/1996, con la conseguente ripetibilita',
sia  pure  limitata  ai 3\4 dell'indebito; altrettanto evidente e' la
conseguente  lesione  dell'art. 38  Cost., per gli stessi motivi gia'
evidenziati dalla Corte nella sentenza sopra riportata;
    13)  la  questione  prospettata e' altresi' rilevante ai fini del
decidere;
    14)  come  si  e'  premesso,  l'indebito  di  cui si tratta si e'
formato  nel periodo dal 1986 al 1994; sarebbero pertanto applicabili
(con  riferimento  alle  singole  erogazioni  e  alle  norme  vigenti
all'epoca  di  ciascuna  di esse) tutte le norme sopra menzionate che
escludono o limitano la ripetizione dell'indebito previdenziale;
    15)  orbene,  potra'  discutersi  circa  la  ripetibilita'  degli
indebiti sorti nel vigore della prima e dell'ultima di tali norme; ma
sicuramente  non  sarebbero  ripetibili gli indebiti sorti nel vigore
dell'art. 52 legge n. 88 del 1989;
    16)   infatti   sia   la   Corte  di  cassazione,  sia  la  Corte
costituzionale nella citata sentenza n. 383/1990, hanno affermato che
nel  vigore  della norma predetta ai fini dell'irripetibilita' `unica
condizione    richiesta    e'   quella   della   mancanza   di   dolo
dell'interessato';
    17)  nel  caso  di  specie  non  e'  ravvisabile alcun dolo della
ricorrente, ne' l'INPS lo contesta;
    18)  il dolo non puo' consistere nell'aver taciuto la titolarita'
di  altra  pensione  (fatto  peraltro  noto  all'INPS, trattandosi di
pensione  erogata  dallo  stesso  istituto)  in quanto il silenzio e'
stato   equiparato   al   dolo  solo  dalla  legge  n. 412/1991,  non
retroattiva   a   seguito   della  sentenza  n. 39/1993  della  Corte
costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva   d'ufficio   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  commi  260  e  261  legge  23 dicembre 1996, n. 662 per
contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione;
    Sospende il giudizio;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia notificata a cura della
cancelleria  alle  parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato.".
    La  Corte costituzionale, con ordinanza n. 249/02, ha disposto la
restituzione  degli  atti  a  questo  giudice,  per  il riesame della
rilevanza  alla luce della sopravvenienza legislativa (art. 38, commi
7-10, della legge n. 448/2001 e del mutamento del quadro normativo.
    Cio'  premesso  in  fatto,  osserva il giudice che il testo della
norma  impugnata  (art. 1,  commi 260 e 261, legge n. 662/1996) e' il
seguente:
    "260.   Nei   confronti   dei   soggetti   che   hanno  percepito
indebitamente  prestazioni  pensionistiche  o  quote  di  prestazioni
pensionistiche  o  trattamenti  di famiglia nonche' rendite, anche se
liquidate  in  capitale,  a  carico degli enti pubblici di previdenza
obbligatoria,  per  periodi  anteriori  al 1° gennaio 1996, non si fa
luogo  al  recupero  dell'indebito  qualora i soggetti medesimi siano
percettori  di  un reddito personale imponibile IRPEF per l'anno 1995
di importo pari o inferiore a lire 16.000.000.
    261.  Qualora  i  soggetti  che  hanno  indebitamente percepito i
trattamenti  di  cui  al  comma  260  siano  percettori di un reddito
personale  imponibile  IRPEF  per  l'anno 1995 di importo superiore a
lire  16.000.000 non si fa luogo al recupero dell'indebito nei limiti
di un quarto dell'importo riscosso.".
    Il testo della sopravvenienza legislativa (art. 38, commi 7 ed 8,
della legge n. 448/2001) invece il seguente:
    "7.  Nei confronti dei soggetti che hanno percepito indebitamente
prestazioni  pensionistiche  o  quote di prestazioni pensionistiche o
trattamenti di famiglia, a carico dell'INPS, per periodi anteriori al
1° gennaio  2001, non si fa luogo al recupero dell'indebito qualora i
soggetti medesimi siano percettori di un reddito personale imponibile
IRPEF per l'anno 2000 di importo pari o inferiore a euro 8.263,31.
    8.  Qualora  i  soggetti  che  hanno  indebitamente  percepito  i
trattamenti  di  cui  al  comma 7  siano  percettori  di  un  reddito
personale  imponibile  IRPEF  per  l'anno 2000 di importo superiore a
euro 8.263,31 non si fa luogo al recupero dell'indebito nei limiti di
un quarto dell'importo riscosso.".
    Come   si   vede,   la   differenza  tra  i  due  testi  concerne
esclusivamente:
        A)  il  fatto che l'ultima norma ha riguardo solo all'INPS, e
non  in  genere  agli  enti  pubblici  di  previdenza obbligatoria, e
correlativamente  ai  soli  trattamenti pensionistici e di famiglia e
non anche alle rendite (a carico dell'INAIL);
        B)  il  periodo  di  maturazione  dell'indebito (anteriore al
1° gennaio  2001 anziche' al 1° gennaio 1996) e l'anno di riferimento
del reddito imponibile (2000 anziche' 1995);
        C) l'espressione   del  reddito  in  euro  anziche'  in  lire
(peraltro a parita' di importo).
    E'  del  tutto  ovvia  l'irrilevanza  della  differenza  sub  C),
nonche',  nel  caso  di specie, di quella sub A), controvertendosi in
materia di indebita percezione di "prestazioni pensionistiche o quote
di prestazioni pensionistiche" a carico dell'INPS.
    Quanto  alla  differenza  sub B), non si vede come lo spostamento
dal  1995  al 2000 dell'anno di riferimento del reddito imponibile, e
dal   1° gennaio  1996  al  1° gennaio  2001  della  data  limite  di
maturazione   dell'indebito,   possa,   in   presenza   di   identica
formulazione,   modificare   l'interpretazione   delle   SS.UU.,   in
particolare in relazione alla natura transitoria o meno degli effetti
sulle ripetizioni di indebito pregresso.
    E  pertanto  tutte  le  considerazioni svolte dianzi in relazione
all'art. 1,   commi   260  e  261  della  legge  n. 662/1996  possono
integralmente  ripetersi,  con  riferimento  al  caso  di  specie, in
relazione all'art. 38, commi 7 ed 8 della legge n. 448/2001.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva   d'ufficio   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 38,  commi  7  e  8,  legge  28 dicembre  2001,  n. 448 per
contrasto con gli artt. 3 e 38 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia notificata a cura della
cancelleria  alle  parti costituite e al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato.
        Viterbo, addi' 18 luglio 2002».
    Trasmessi  nuovamente  gli atti alla Corte costituzionale questa,
per  evidente  disguido, ha deciso in ordine alla prima ordinanza del
30 marzo  2001,  e  non alla seconda del 18 luglio 2002, pronunziando
l'ordinanza  n. 68/2004, di tenore identico a quella n. 249/2002, con
cui  nuovamente  si  invita  il  giudice  remittente a riesaminare la
rilevanza della questione alla luce della sopravvenienza legislativa.
    Poiche'  tale  riesame  e'  gia'  stato effettuato, non resta che
disporre   nuovamente   la   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
costituzionale.