ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli articoli 10; 11,
comma  5,  limitatamente  all'inciso  «appartenenti  alle  altre  due
fasce»; 12, commi 3 e 4; 16, limitatamente alla parola «diretto»; 30,
comma  3, limitatamente all'inciso «e da soggetti a costoro collegati
a  qualunque  titolo»;  31;  34; 35, commi 3 e 5; 36, comma 2, ultimo
periodo;  38;  39,  comma  5,  limitatamente all'inciso «e le aziende
sanitarie»;  54;  59;  60; 61; 62 e 76, comma 7, del disegno di legge
n. 699,  approvato  dall'Assemblea regionale siciliana il 13 novembre
2003  (Norme  finanziarie  urgenti  e  variazioni  al  bilancio della
Regione  per  l'anno  finanziario 2003. Norme di razionalizzazione in
materia  di  organizzazione  amministrativa e di sviluppo economico),
promosso  con  ricorso  del  Commissario  dello  Stato per la Regione
Siciliana,  notificato il 21 novembre 2003, depositato in cancelleria
il 26 successivo ed iscritto al n. 84 del registro ricorsi 2003.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 10 marzo 2004 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
    Ritenuto che il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana,
con ricorso notificato il 21 novembre 2003 e depositato il successivo
26 novembre  (registro  ricorsi  n. 84  del 2003), ai sensi e per gli
effetti  dell'art. 28  del  regio decreto legislativo 15 maggio 1946,
n. 455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione  siciliana), ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale degli articoli 10,
11,  comma 5, 12, commi 3 e 4, 16, 30, comma 3, 31, 34, 35, commi 3 e
5,  36,  comma  2, 38, 39, comma 5, 54, 59, 60, 61, 62 e 76, comma 7,
della   legge   approvata   dall'Assemblea   regionale  siciliana  il
13 novembre  2003, recante «Norme finanziarie urgenti e variazioni al
bilancio   della  Regione  per  l'anno  finanziario  2003.  Norme  di
razionalizzazione  in  materia  di organizzazione amministrativa e di
sviluppo  economico»,  in  riferimento  agli  articoli  3, 5, 32, 81,
quarto  comma,  97,  119,  sesto  comma,  della  Costituzione  e agli
articoli  14  e  17,  lettere  c)  e  f)  dello  statuto regionale in
relazione all'art. 27 della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per
la  protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e per il prelievo
venatorio),  all'art. 78,  comma  6,  della  legge  23 dicembre 2000,
n. 388  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria  2001),  e  al decreto
legislativo  30 dicembre  1992,  n. 502 (Riordino della disciplina in
materia  sanitaria,  a  norma  dell'articolo 1 della legge 23 ottobre
1992, n. 421);
    Che secondo il ricorrente:
        l'art. 10  della  legge  approvata  dalla Assemblea regionale
siciliana  il  13 novembre  2003,  nel  prevedere il differimento del
pagamento  delle  rate  dei  finanziamenti  agevolati  ottenuti dalle
imprese  operanti  nel settore lapideo senza alcuna giustificazione a
sostegno  del  beneficio  concesso,  si  porrebbe  in  contrasto  con
l'art. 3  della  Costituzione,  sia perche' recherebbe nocumento agli
enti  erogatori  del credito (Istituto regionale per il finanziamento
alle  industrie  in  Sicilia  --  IRFIS  e  Istituto regionale per il
credito  e  la  cooperazione  --  IRCAC,  entrambi  finanziati  dalla
Regione),  i  quali  subirebbero  una  dilazione nella percezione dei
predetti finanziamenti senza ottenere la corresponsione di interessi,
sia  perche'  la contrazione dei fondi di dotazione dei suddetti enti
erogatori  comporterebbe  una  limitazione della capacita' di credito
degli stessi in favore della rimanente parte di imprenditori;
        l'art. 11,  comma  5,  limitatamente all'inciso «appartenenti
alle  due  fasce»,  si  porrebbe  in  contrasto  con  l'art. 97 della
Costituzione  sotto  il  profilo  del  buon  andamento della pubblica
amministrazione,   in  quanto  consentirebbe  il  conferimento  delle
funzioni  di  dirigente generale anche ai dirigenti della c.d. «terza
fascia»  (i quali, prima dell'entrata in vigore della legge regionale
15 maggio  2000, n. 10, recante «Norme sulla dirigenza e sui rapporti
di  impiego  e  di  lavoro  alle  dipendenze della Regione Siciliana.
Conferimento  di  funzioni  e  compiti  agli enti locali. Istituzione
dello  Sportello  unico  per le attivita' produttive. Disposizioni in
materia  di  protezione  civile.  Norme in materia di pensionamento»,
svolgevano  funzioni  direttive  e  non  dirigenziali)  senza  alcuna
verifica  delle  loro  capacita'  professionali  ed  attitudinali  in
relazione al nuovo incarico;
        l'art. 12, comma 3, modificando il comma 3 dell'art. 23 della
legge regionale n. 10 del 2000 ed estendendo il trattamento economico
e  giuridico  riservato  agli  assistenti sociali al personale con la
qualifica  di  interprete  appartenente al ruolo dei servizi speciali
della  Presidenza  della  Regione,  si  porrebbe in contrasto con gli
articoli  3,  97  e 81, quarto comma, della Costituzione, sia perche'
tale  estensione non sarebbe ragionevole, essendo assimilate funzioni
tra  loro  differenti, sia perche' da detta estensione deriverebbe un
notevole  onere  finanziario,  senza  che  siano  indicati i mezzi di
copertura per farvi fronte;
        l'art. 12, comma 4, modificando il comma 3 dell'art. 36 della
legge regionale n. 10 del 2000 e prevedendo, per i comuni che abbiano
stipulato  patti  territoriali  o  contratti  di  area,  l'obbligo di
affidare   la   gestione  degli  sportelli  unici  per  le  attivita'
produttive  a  soggetti  esterni,  pubblici o privati, si porrebbe in
contrasto  con gli articoli 5 e 97 della Costituzione, in quanto tale
obbligatorio  affidamento  comprimerebbe  l'autonomia  dei  comuni ed
«esproprierebbe»   gli   enti  locali,  che  abbiano  concluso  patti
territoriali    o    contratti   d'area,   delle   proprie   funzioni
autorizzatorie con effetti negativi sul buon andamento della pubblica
amministrazione;
        l'art. 16,  prevedendo  che la Presidenza della Regione possa
promuovere   interventi   in   campo  civile,  economico,  sociale  e
culturale,  essendo  consentito  ad  essa  l'affidamento  «diretto di
appositi incarichi a singoli o a soggetti pubblici o privati operanti
nel   settore  connesso  all'intervento  medesimo»,  si  porrebbe  in
contrasto  con  gli  articoli  3  e  97 della Costituzione, in quanto
derogherebbe  alla  disciplina  generale  in  materia  di  scelta del
contraente   e   di  affidamento  di  incarichi  a  soggetti  esterni
all'amministrazione  in  modo  irragionevole  e  in  deroga al canone
costituzionale dell'imparzialita' della pubblica amministrazione;
        l'art. 30,  comma  3,  individuando i soggetti legittimati ad
effettuare operazioni di verifica di impianti termici, si porrebbe in
contrasto,   limitatamente   all'inciso  «e  da  soggetti  a  costoro
collegati  a  qualunque  titolo»,  con il principio di buon andamento
della  pubblica  amministrazione  (art. 97  della  Costituzione),  in
quanto  legittimerebbe  la verifica a campione degli impianti termici
anche  da  parte  di  soggetti  diversi  da  quelli  in  possesso dei
requisiti   tecnici   e   professionali   richiesti  dalla  normativa
(nazionale e comunitaria) di settore;
        l'art. 31,  prevedendo  che la rideterminazione della rendita
previdenziale,   effettuata   dall'INPS   in   sede  di  rettifica  o
dall'autorita'  giudiziaria,  implichi  l'adeguamento degli importi a
decorrere  dalla data di erogazione della rendita stessa, si porrebbe
in  contrasto  con  l'art. 81,  quarto  comma, della Costituzione, in
quanto  determinerebbe  un maggiore  e  notevole  esborso  di risorse
pubbliche,  senza che siano indicati i mezzi di copertura finanziaria
per farvi fronte;
        l'art. 34,  prevedendo  il  mantenimento in servizio, sino al
raggiungimento  dell'eta'  massima  per il collocamento a riposo, del
personale   proveniente   dai   soppressi  enti  economici  regionali
transitato  nella  RESAIS  S.p.a.  ed  assegnato  agli  uffici  della
Presidenza della Regione, si porrebbe in contrasto con gli articoli 3
e  81,  quarto  comma, della Costituzione, sia perche' configurerebbe
una  palese  ed irragionevole disparita' di trattamento nei confronti
del  rimanente  personale  degli  enti  soppressi  (il quale e' stato
collocato  a  riposo  al raggiungimento dei requisiti minimi di legge
per  l'ottenimento  della  pensione di vecchiaia o di anzianita), sia
perche'   comporterebbe   un   notevole   onere   finanziario   senza
l'indicazione dei mezzi di copertura finanziaria per farvi fronte;
        l'art. 35,  commi  3  e 5, nell'autorizzare l'Ente Acquedotti
Siciliani  (EAS) a contrarre un mutuo decennale di «2.700 migliaia di
euro»  per il pagamento degli oneri retributivi del personale, per le
forniture  passive  d'acqua  e dei reattivi chimici, ponendo a carico
del  bilancio  dell'EAS  stesso  il rimborso delle quote capitali e a
carico del bilancio della Regione il pagamento delle quote interessi,
si   porrebbe   in  contrasto  con  l'art. 119,  sesto  comma,  della
Costituzione,  in quanto l'accollo da parte della Regione degli oneri
passivi del mutuo in questione eluderebbe il divieto di indebitamento
dell'ente  regionale  per  spese  diverse  da quelle di investimento,
dovendosi    ritenere,   per   l'effettivita'   del   divieto   posto
dall'art. 119,  sesto  comma, della Costituzione, che questo riguardi
non solo gli enti espressamente elencati nella norma, ma anche quelli
che, in vario modo, siano finanziariamente loro collegati;
        l'art. 36,   disciplinando   forme   di  utilizzazione  e  di
mobilita'  del  personale  in  servizio  presso  gli enti gestori del
servizio  idrico  integrato  e  prevedendo la facolta' dell'Assessore
regionale dei lavori pubblici di utilizzare presso gli enti locali il
personale  in  esubero proveniente dagli enti pubblici o dai soggetti
privati  inglobati per la gestione del servizio in questione, in caso
di  incapienza  degli ambiti territoriali di riferimento, si porrebbe
in  contrasto  con  gli  articoli  5,  81,  quarto  comma, e 97 della
Costituzione,  sia  perche',  violando l'autonomia degli enti locali,
imporrebbe   a  tali  enti  di  utilizzare  personale  per  finalita'
istituzionali,     sia    perche'    tale    previsione    opererebbe
indipendentemente dalla vacanza dei posti in organico, con violazione
del  principio  di buon andamento della pubblica amministrazione, sia
infine  perche'  la norma comporterebbe un notevole onere finanziario
senza  che  siano indicati i mezzi di copertura finanziaria per farvi
fronte;
        l'art. 38,   istituendo   la   «certificazione   di  qualita'
edilizia»  e  demandando  ad  apposito  decreto  del Presidente della
Regione l'individuazione dei requisiti, dei criteri e delle modalita'
per  l'attribuzione  del  predetto  riconoscimento,  si  porrebbe  in
contrasto  con  l'art. 97  della  Costituzione  e con l'art. 12 dello
statuto  della  Regione,  in  quanto non definirebbe affatto l'ambito
oggettivo    e    soggettivo    di   applicazione   della   istituita
certificazione,  bensi'  rinvierebbe ad una disciplina regolamentare,
la cui legittimita' sarebbe tuttavia subordinata, in base all'art. 12
dello  statuto,  alla  predeterminazione  con  legge dei parametri di
riferimento, nella specie affatto mancanti;
        l'art. 39,  comma  5,  nel  consentire  anche  alle  «aziende
sanitarie»  la  facolta' di effettuare assunzioni impiegando soggetti
destinatari  del  regime  transitorio  relativo ai lavori socialmente
utili,  si  porrebbe in contrasto con l'art. 78, comma 6, della legge
n. 388  del  2000  e  con  il decreto legislativo n. 502 del 1992, in
relazione  all'art. 17,  lettere  c) e f) dello statuto regionale, in
quanto   estenderebbe   alle   aziende   sanitarie  le  procedure  di
reclutamento  e  stabilizzazione  di personale precario, previste per
gli  enti locali dall'art. 78, comma 6, della citata legge n. 388 del
2000,  nonostante  la  Corte  costituzionale  (ex  plurimis, sentenza
n. 484  del  1991) abbia escluso la competenza legislativa regionale,
diversa  da  quella  di attuazione, in materia di stato giuridico del
personale, «e quindi anche delle forme di assunzione»;
        l'art. 54,  nel prevedere l'ampliamento della convenzione tra
la  regione  Siciliana e la societa', a prevalente capitale pubblico,
«Arte   Vita»,   autorizzerebbe   l'assunzione   di  «344  lavoratori
provenienti  dai  bacini  gia' individuati dall'Assessorato regionale
dei  beni  culturali  ed  ambientali  e della pubblica istruzione, di
concerto  con  le  organizzazioni sindacali e riferite alla ex Libero
Grassi, alla manifattura Miraglia ed alla ex Spatafora», ponendosi in
contrasto   con  gli  articoli  3,  97  e  81,  quarto  comma,  della
Costituzione,  sia  perche'  tali  lavoratori  sarebbero  privi della
qualificazione  professionale  necessaria per i servizi in materia di
conservazione  e  fruizione dei beni culturali erogati dalla predetta
societa'  «Arte  Vita», sia perche' la scelta dei 344 beneficiari non
avrebbe ragionevole giustificazione e costituirebbe un privilegio nei
confronti   dei  medesimi  rispetto  a  tutti  gli  altri  dipendenti
licenziati   da   imprese   in   crisi,   sia   perche'   infine   si
verificherebbero  oneri  finanziari destinati a protrarsi nel tempo a
fronte  di  una  copertura prevista per il solo esercizio finanziario
2003;
        gli  articoli  59,  60,  61  e 62, prevedendo, in deroga alle
ordinarie procedure stabilite dalla normativa statale di riferimento,
forme  speciali di assunzione e progressione in carriera di personale
appartenente  a  diverse  figure  professionali e gia' in servizio, a
vario  titolo,  nel  settore  sanitario  regionale,  si porrebbero in
contrasto  con  gli  articoli  3,  32,  97,  81,  quarto comma, della
Costituzione,  nonche' con il decreto legislativo n. 502 del 1992, in
relazione  all'art. 17,  lettera  c)  dello  statuto  regionale,  sia
perche'  la  regione,  cui  competerebbe, per giurisprudenza costante
della  Corte  costituzionale, un mero potere di attuazione in materia
di  stato giuridico del personale dipendente dalle aziende sanitarie,
avrebbe   dettato   una   disciplina   contraria  ai  principi  della
legislazione  statale  di  riferimento,  sia  perche' consentirebbero
forme  di  reclutamento  non  selettive in favore di «ben determinate
categorie  di  soggetti»,  le  quali  «potrebbero  non  assicurare il
raggiungimento  degli  standard  di professionalita' minimi necessari
per  garantire la tutela del diritto alla salute», sia perche' infine
determinerebbero  un  notevole  onere  finanziario  senza  che  siano
indicati i mezzi di copertura finanziaria per farvi fronte;
        infine,  l'art. 76, comma 7, attribuendo alle societa' miste,
istituite   dall'art. 43   (recte:  art. 44)  della  legge  regionale
1° settembre  1997,  n. 33  (Norme  per  la  protezione,  la tutela e
l'incremento  della  fauna  selvatica  e  per la regolamentazione del
prelievo   venatorio.   Disposizioni   per   il  settore  agricolo  e
forestale),  allo  scopo  di  gestire la vigilanza sulla applicazione
delle  norme  in  materia  di  caccia  nella  regione, la potesta' di
rilasciare l'abilitazione a svolgere le mansioni di guardia venatoria
ed  ambientalista,  si  porrebbe  in  contrasto  con  l'art. 97 della
Costituzione  e  con  l'art. 27  della  legge  n. 157  del  1992,  in
relazione  ai  limiti posti dall'art. 14 dello statuto della Regione,
in  quanto,  derogando  alle  disposizioni  nazionali  e regionali in
materia,  non  sarebbe  idoneo  a  garantire il corretto espletamento
delle  potesta' pubblicistiche in ordine alla verifica delle qualita'
professionali    ed    attitudinali   delle   guardie   venatorie   e
ambientaliste;
        che non si e' costituita la regione Siciliana.
    Considerato  che,  dopo  la  proposizione  del  ricorso, la legge
approvata  dall'Assemblea  regionale siciliana il 13 novembre 2003 e'
stata   promulgata  (legge  regionale  3 dicembre  2003,  n. 20)  con
omissione   delle   parti  impugnate,  sicche'  risulta  preclusa  la
possibilita' che sia conferita efficacia alle disposizioni censurate;
        che,  pertanto,  in conformita' alla giurisprudenza di questa
Corte  (sentenza  n. 351 del 2003 e ordinanze n. 32 del 2004 e n. 339
del 2003), deve dichiararsi cessata la materia del contendere.