Ricorso per conflitto di attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'avvocato generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi 12, domicilia; Contro la Regione autonoma della Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la dichiarazione che non spetta alla Regione autonoma della Sardegna modificare il calendario venatorio e per il conseguente annullamento del decreto dell'assessore della difesa dell'ambiente della Regione Sardegna n. 3/V del 18 febbraio 2004. La proposizione del presente ricorso per conflitto di attribuzione e' stata deliberata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 2 aprile 2002 (si depositera' estratto del processo verbale). Con decreto 18 febbraio 2004, n. 3/V, pubblicato nel BURAS n. 4 del 19 febbraio 2004, l'assessore della difesa dell'ambiente della Regione Sardegna, in attuazione della legge regionale n. 2 del 13 febbraio 2004 (a sua volta adottata in attuazione della legge statale 3 ottobre 2002, n. 221), ha consentito il prelievo in deroga nel periodo 21 - 29 febbraio 2004, delle specie passera mattugia, passera sarda, storno, tordo bottaccio, tordo sassello, a tutela delle colture e produzioni agricole che si asseriscono danneggiate dalla specie suddette, per un totale potenziale di alcuni milioni di capi. Tale provvedimento si connota da grave carenza di potere, non sussistendo i presupposti cui la legge statale e la normativa comunitaria (ne' al limite la stessa legge regionale n. 2 del 13 febbraio 2004) condizionano l'esercizio della deroga e da indebita invasione delle competenze statali in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. E' mancata, in primo luogo, l'acquisizione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), prescritta come necessaria in via generale dall'art. 9 della direttiva CE/1979/409 e, in via specifica, dall'art. 19-bis della legge 11 febbraio 1997 n. 157, introdotto dalla legge 3 ottobre 2002 n. 221. Al riguardo, si sottolinea che la Corte costituzionale ha piu' volte riconosciuto che «l'esercizio della facolta' di deroga al divieto di caccia ... spetti alle regioni soltanto ove accompagnato dalla valutazione di un ente nazionale dotato della necessaria competenza tecnica in materia» (sentenze n. 35 e n. 248 del 1995; n. 272 del 1996; n. 53 del 2000; n. 135 del 2001). Inoltre l'ampliamento del periodo di prelievo venatorio a dopo il 31 gennaio viola di per se' l'art. 18 della legge n. 157 del 1992 che fissa tale data a tutela dei cicli migratori e di rientro ai luoghi di nidificazione della fauna selvatica (v. sentenze n. 536 del 2002 nonche' n. 311, n. 227 e n. 226 del 2003). Cio' e' tanto piu' grave allorche', come nel caso di specie, la riapertura della caccia riguardi specie protette e quindi a rischio di estinzione, senza neanche adeguata indicazione della loro specifica dannosita' per le colture agricole o altro. In tale situazione, e' evidente che il decreto assessoriale si ponga completamente al di fuori di ogni sistematica disciplina delle deroghe al calendario venatorio e conseguentemente violi oggettivamente la competenze esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione, introducendo una configurazione delle regole del tutto autonoma rispetto a quella fissata nei nuovo Titolo V della Costituzione, nelle norme comunitarie e nella legge statale. In presenza di atti normativi regionali, che, secondo l'interpretazione svoltane dall'assessore della difesa dell'ambiente si dimostrano ambigui e lesivi del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, e che vanificano di fatto l'uso del potere di annullamento diretto previsto dal comma 4 dell'art. 19-bis della legge n. 157/1992, non resta al Governo della Repubblica che proporre direttamente il conflitto di attribuzione, al sensi dell'art. 134 Cost.