IL GIUDICE DI PACE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile di primo
grado  recante  il  n. 21  -  C R.G. 2004, promossa da Tamigio Pavle,
domiciliato  in Cairo Montenotte, corso Italia n. 16/4 presso e nello
studio  dell'avv.  Sandra  Chiarlone  che lo rappresenta e difende in
giudizio  in  virtu'  di procura speciale alle liti posta in calce al
ricorso introduttivo.
    Contro Ufficio territoriale del Governo di Savona, in persona del
prefetto  pro  tempore,  nonche'  conto  Sezione  Polizia stradale di
Savona  - in persona del legale rappresentante pro tempore, avente ad
oggetto opposizione a verbale di contestazione.

                              In fatto

    Con  ricorso  depositato  in  data 24 gennaio 2004, il ricorrente
proponeva  rituale  opposizione  avverso  il verbale di contestazione
n. ATX0000055634,  elevato  in  data  28  ottobre  2003 dalla Sezione
Polizia  stradale  di Savona - per la violazione dell'art. 142, comma
8;  con  conseguente  irrogazione  della  sanzione pecuniaria di Euro
137,55  (oltre  Euro  10,69  per  spese  di notifica) oltre ancora la
sanzione  accessoria della decurtazione di punti 2 a disposizione del
titolare  della  patente  di  guida  in  alternativa del conducente o
responsabile solidale.
    Parte  ricorrente, in via pregiudiziale, eccepiva la legittimita'
costituzionale  di quanto disposto dall'art. 204-bis del codice della
strada,  nella  parte  in cui prescrive il versamento di una cauzione
pari   alla  meta'  del  massimo  edittale  delle  sanzioni  inflitte
dall'organo  accertatore,  in  relazione  agli  articoli 3 e 24 della
Costituzione.
    Nel  merito  eccepiva  in  via  preliminare, la notificazione del
«verbale  di  contestazione» e mancanza di notificazione del «verbale
di accertamento».
    Concludeva,  pertanto,  la  difesa  di  parte  ricorrente, per la
sospensione   del   giudizio  e  remissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale e nel merito per 1'annullamento del verbale impugnato.

                             In diritto

    Esaminati  gli atti, si rileva che il ricorso e' stato depositato
presso  la  cancelleria  del giudice di pace di Cairo Montenotte, non
accompagnato  dalla  prova  del  versamento  del  deposito cauzionale
previsto dalla normativa all'epoca ed in oggi vigente.
    Rileva  altresi'  questo  giudicante  che,  in  aderenza a quanto
eccepito  da parte ricorrente, sussistono fondati motivi per dubitare
della legittimita' costituzionale dell'art. 204-bis, d.lgs. 30 aprile
1992,  n. 285,  introdotto dall'art. 4, comma 1-septies dal 27 giugno
2003,  n. 151,  convertito  con  modificazioni  nella legge l° agosto
2003, n. 214.
    La questione proposta assume rilievo essenziale giacche', nei due
casi  opposti  di dichiarazione di illegittimita' o di conformita' al
dettato  costituzionale,  il  ricorso dovra' venir deciso nel merito,
oppure dovra' venir dichiarato inammissibile.
    Non  si  ravvisano,  altresi',  elementi  idonei  a dichiarare la
manifesta infondatezza della questione.
    Infatti   la   normativa   introdotta  con  la  richiamata  legge
n. 214/2003   appare   in   contrasto   con   l'art. 3   della  Carta
costituzionale  laddove  viene  sancito  principio di eguaglianza dei
cittadini  davanti  alla  legge,  senza  distinzione, tra l'altro, di
condizioni  personali  e  sociali.  Ne  deriva  che  la diversita' di
condizioni  (tra  cui  indubbiamente  quelle  economiche) non possono
condizionare  l'accesso alla tutela giuridica soprattutto completando
la  lettura dell'art. 3 nel suo secondo comma dove e' previsto che la
Repubblica  rimuova  e non frapponga ostacoli di ordine economico che
limiterebbero, di fatto, la liberta' e l'uguaglianza dei cittadini.
    Ma  non  basta:  la  norma  in  sospetto  di illegittimita' viola
altresi'  il disposto dell'art. 24 della Carta costituzionale laddove
viene  garantito  il  diritto  di  tutti  di agire in giudizio per la
tutela  dei  propri  diritti  e  interessi legittimi. Ora, l'agire in
giudizio  non puo' essere confuso e considerato alla pari del diritto
di agire in via amministrativa. Tengasi anche conto che il ricorso di
questa  seconda  specie  comporta,  in  caso di rigetto, l'obbligo da
parte  dell'autorita'  adita,  di  raddoppiare la sanzione pecuniaria
comminata  dall'organo  accertatore, vincolo che non e' stato, ne' lo
poteva  essere, imposto all'autorita' giudiziaria sottoposta soltanto
ai vincoli di legge (il giudice ordinario non puo', ne' ha mai potuto
ridurre  la  sanzione  pecuniaria  al  di  sotto  del minimo edittale
indipendentemente  dalla  specifica disposizione espressa nella legge
n. 214/2003).
    Quindi ne deriva che il cittadino, cui praticamente si impone, ad
evitare  depositi cauzionali il piu' delle volte esorbitanti rispetto
alla  sanzione,  il ricorso in via amministrativa, deve sottostare ad
una   sanzione   doppia  rispetto  a  quella  che,  nella  stragrande
maggioranza   dei   casi,   deriva   da   una  pronuncia  di  rigetto
dell'opposizione  da  parte  del  giudice ordinario. La possibilita',
infine,   di  proporre  opposizione  avverso  l'ordinanza-ingiunzione
prefettizia  si appalesa come rimedio inefficace laddove si consideri
l'allungamento dei tempi e la necessita', per il comune cittadino, di
ricorrere all'opera del professionista del diritto.
    In  conclusione,  nel  caso in esame come in altri casi similari,
l'imposizione  del  versamento  del  deposito  cauzionale non si puo'
ritenere,   sotto   nessun   aspetto,   tendente  ad  assicurare  uno
svolgimento  regolare  del procedimento, bensi' tendente, piu' o meno
volutamente  non  e'  qui il caso di indagare, a precludere o, quanto
meno,  ad  ostacolare  l'esperimento,  da parte del. cittadino, della
tutela  giudiziale e, anche per questo motivo, soggetto alla verifica
da parte del giudice delle leggi.