ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5, del
decreto-legge  23 gennaio  1993,  n. 16  (Disposizioni  in materia di
imposte   sui  redditi,  sui  trasferimenti  di  immobili  di  civile
abitazione,  di termini per la definizione agevolata delle situazioni
e  pendenze  tributarie,  per  la  soppressione  della ritenuta sugli
interessi,  premi  ed  altri  frutti  derivanti  da  depositi e conti
correnti   interbancari,   nonche'  altre  disposizioni  tributarie),
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  24 marzo 1993, n. 75,
promosso   con   ordinanza  del  24 settembre  2003  dalla  Corte  di
cassazione  sul  ricorso  proposto  dalla Fondazione di Religione Pio
Lascito  Spigno  contro  il comune di Genova, iscritta al n. 1043 del
registro  ordinanze  2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 49, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 aprile 2004 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che la Corte di cassazione, con ordinanza depositata il
24 settembre  2003,  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 3 e 53
della   Costituzione,   questione   di   legittimita'  costituzionale
dell'art. 2,   comma 5,  del  decreto-legge  23 gennaio  1993,  n. 16
(Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di
immobili   di  civile  abitazione,  di  termini  per  la  definizione
agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione
della  ritenuta  sugli  interessi, premi ed altri frutti derivanti da
depositi  e  conti  correnti  interbancari,  nonchealtre disposizioni
tributarie),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 24 marzo
1993, n. 75, nella parte in cui limita l'agevolazione fiscale ai fini
ICI  ai  soli  «immobili  di  interesse  storico o artistico ai sensi
dell'art. 3,    legge    1° giugno 1939,    n. 1089,   e   successive
modificazioni»,  con esclusione dunque di quelli appartenenti ad enti
pubblici  o  persone  giuridiche  private senza fini di lucro, di cui
all'art. 4 della stessa legge;
        che,  secondo  la  Corte  rimettente,  la discriminazione tra
persone  fisiche  e  societa'  commerciali, da un lato, ed enti senza
scopo  di  lucro,  dall'altro, con attribuzione a questi ultimi di un
deteriore  trattamento  fiscale,  sarebbe  lesiva  del  principio  di
eguaglianza,  essendo  nei  due  casi  identico  tanto il presupposto
oggettivo  dell'imposta  quanto  il  complesso  degli oneri e vincoli
gravanti  sui  possessori  di  beni  immobili  di interesse storico o
artistico;
        che  l'irragionevolezza della discriminazione si risolverebbe
altresi'  in  una lesione del principio di capacita' contributiva, in
quanto  la norma impugnata verrebbe a negare «un'agevolazione fiscale
a  soggetti  privi  di  finalita'  di  lucro,  sottoponendoli  ad  un
trattamento fiscale deteriore in relazione a beni solitamente da essi
posseduti  per  fini  istituzionali,  rispetto ai privati che possono
ricavare da beni di analoghe caratteristiche redditi superiori».
    Considerato  che  questa  Corte,  con  sentenza  n. 345 del 2003,
successiva     all'ordinanza    di    rimessione,    ha    dichiarato
l'illegittimita'    costituzionale    dell'art. 2,    comma 5,    del
decreto-legge  23 gennaio  1993,  n. 16  (Disposizioni  in materia di
imposte   sui  redditi,  sui  trasferimenti  di  immobili  di  civile
abitazione,  di termini per la definizione agevolata delle situazioni
e  pendenze  tributarie,  per  la  soppressione  della ritenuta sugli
interessi,  premi  ed  altri  frutti  derivanti  da  depositi e conti
correnti   interbancari,   nonche'  altre  disposizioni  tributarie),
convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  24 marzo 1993, n. 75,
proprio «nella parte in cui non si applica agli immobili di interesse
storico  o  artistico  di  cui all'art. 4 della legge 1° giugno 1939,
n. 1089  (Tutela  delle  cose  d'interesse  artistico e storico), ora
art. 5  del  decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico
delle  disposizioni  legislative  in  materia  di  beni  culturali  e
ambientali,  a  norma  dell'articolo 1  della  legge  8 ottobre 1997,
n. 352)»,  a  sua  volta  sostituito, a decorrere dal 1° maggio 2004,
dall'art. 10  del  decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 41 (Codice
dei  beni  culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della
legge 6 luglio 2002, n. 137);
        che  vanno  pertanto  restituiti  gli  atti  al giudice a quo
affinche' verifichi la perdurante rilevanza della questione.