IL GIUDICE DI PACE Ha pronunziato la seguente ordinanza nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa promosso da De Stasio Clotilde Maria, elettivamente domiciliata in Milano, via Lario 26, presso lo studio dell'avv. Giuseppe M. Calcagnile, dal quale e' rappresentata e difesa, giusta procura speciale a margine del ricorso, (opponente); Contro Comune di Milano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso da propri funzionari delegati del Corpo di Polizia municipale, (opposta). De Stasio Clotilde Maria in data 30 ottobre 2003 proponeva opposizione a processo verbale di accertamento di infrazione della disposizione di cui all'art. 7, comma 14, del Codice della strada (sosta in localita' vietata per la pulizia della strada autovettura Nissan Micra tg. BH 241PD - in Milano, via Giuliani Padre Reginaldo in data 8 luglio 2003 (p.v. n. 1/03/047274/5-2). L'opponente chiedeva l'annullamento dell'atto impugnato, con vittoria delle spese processuali, affermando che il cartello che segnalava l'ora e il giorno durante il quale la sosta era vietata per la pulizia delle strade, risultava - in violazione della disposizione di cui all'art. 79 del regolamento di attuazione del Codice della strada - non visibile, poiche' nascosto da un altro cartello, che segnava la fine del divieto di sosta posizionato circa mezzo metro prima. Al momento del deposito del ricorso la ricorrente, ai sensi dell'art. 204-bis Cds, depositava presso l'Ufficio postale di Milano la somma di Euro 68,00 (libretto n. 414640, intestato a Clotilde De Stasio) Il Comune di Milano si costituiva in cancelleria in data 23 febbraio 2004 con comparsa con la quale comunicava di aver provveduto, in sede di autotutela, all'archiviazione (rectius all'annullamento) dell'atto impugnato. L'amministrazione opposta concludeva chiedendo declaratoria di cessazione della materia del contendere. All'udienza del 3 marzo 2004 partecipava il difensore dell'opponente, il quale insisteva per l'accoglimento del ricorso e la condanna della controparte al pagamento delle spese processuali. L'atto impugnato e' stato annullato in sede di autotutela dall'amministrazione opposta, la quale ha, quindi, confermato, sia pure implicitamente, la fondatezza e la veridicita' delle argomentazioni addotte dal ricorrente. L'annullamento dell'atto impugnato ha fatto cessare la materia del contendere. Questo giudice, constatata l'avvenuta cessazione della materia del contendere, potrebbe e dovrebbe dichiarare l'estinzione del giudizio. Alla cessazione della materia del contendere, per l'annullamento dell'atto in sede di autotutela da parte dell'amministrazione opposta, dovrebbe accompagnarsi la condanna dell'amministrazione opposta al pagamento delle spese processuali, non previsto pero' dalle vigenti disposizioni di legge. La disposizione di cui all'art. 23, undicesimo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 - espressamente richiamato daIl'art. 204-bis del Codice della strada - prevede la condanna al pagamento delle spese processuali soltanto a carico dell'opponente nel caso di rigetto dell'opposizione, ma non anche la condanna dell'amministrazione opposta, in caso di accoglimento dell'opposizione o di cessazione della materia del contendere. Stabilisce, infatti, la citata disposizione che «con la sentenza il giudice puo' rigettare l'opposizione, ponendo a carico dell'opponente le spese del procedimento ...». La citata disposizione, in quanto non prevede, anzi in quanto implicitamente esclude, la possibilita' per il giudice di condannare l'amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali, potrebbe essere costituzionalmente illegittima per violazione di alcuni principi costituzionali e, in particolare, del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e del principio della condizione di parita' delle parti in ogni processo (111, secondo comma, Cost.). Tuttavia, nel processo tributario e in fattispecie analoghe alla presente, la legge (art. 46 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) prevede che «le spese del giudizio estinto a norma del comma 1 (in ogni caso di cessazione della materia del contendere) restano a carico della parte che le ha anticipate, salvo diverse disposizioni di legge». E la citata disposizione non e' stata, almeno finora, ritenuta costituzionalmente illegittima. Questo giudice ritiene che alla disposizione di cui all'art. 23, undicesimo comma della legge 24 novembre 1981, n. 689, non possa essere data una diversa interpretazione e che la relativa questione di legittimita' costituzionale, oltre a non essere manifestamente infondata sia anche «rilevante» ai fini della decisione della presente causa nella parte relativa alla pronuncia sulle spese processuali. Se la citata norma dovesse essere costituzionalmente illegittima questo giudice potrebbe e, nella presente fattispecie, dovrebbe condannare l'amministrazione opposta al pagamento spese processuali.