IL GIUDICE DI PACE Ha pronuncianto la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al numero del R.G. 27487/2003 promossa da Lappa Bruno, elettivamente domiciliato in San Giorgio a Cremano (Napoli) alla via S. Rosa n. 53 presso lo studio dell'avv. Maria Lucia Savo che lo rappresenta e difende come da procura in atti; attore. Contro Generali Assicurazioni S.p.a., in persona del l.r.p.t., rappresentata e difesa dall' avv. Egidio Manzelli, con studio in Alife (Caserta), alla via Vessella n. 22, ed elettivamente domiciliata presso lo studio legale Cappello e Terreri in Napoli alla p.zza Francese n. 1/3; convenuta. Il giudice di pace, sciogliendo la riserva sulla richiesta di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Esaminata la documentazione osserva quanto segue: la questione di incostituzionalita' dell'art. 1 del d.l. 8 febbraio 2003 n. 18 per violazione dell'art. 24 Cost., limitatamente alla disposizione del suo terzo comma non e' da considerarsi manifestamente infondata. Invero, secondo tale norma sono assicurati ai non abbienti con appositi istituti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. Non vi e' dubbio che tra gli istituti che il legislatore ordinario ha ipotizzato per acconsentire un effettivo accesso alla giustizia dei non abbienti si debba annoverare tra gli altri ( quali il patrocinio gratuito regolamentato con il d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ecc.) anche l'art. 82 primo comma c.p.c. che ha una portata generale in quanto consente a tutti di stare in giudizio personalmente nelle cause davanti al giudice di pace il cui valore non eccede Euro 516,46 ivi compresi i non abbienti. Infatti e' proprio questa categoria di persone che vede riconosciuto il proprio diritto costituzionalmente garantito dall'art. 24 della Costituzione con la predisposizione di appositi istituti fra i quali la difesa processuale personale. Secondo il combinato disposto del primo comma dell'art. 82 c.p.c. ed il precedente secondo comma dell'art. 113 «tutti i cittadini» ma segnatamente i non abbienti potevano avere un accesso alla giustizia facilitato dalla difesa personale fino alla definizione del giudizio di merito che era in unico grado davanti al giudice di pace. Avere invece consentito, con l'emanazione del decreto-legge n. 18/2003, l'impugnazione davanti al Tribunale di tutte le sentenze emesse dal giudice di pace anche di importo inferiore a Euro 1.100, nei giudizi riguardanti i contratti di massa, e quindi istituito un doppio grado di giurisdizione, e' aver limitato in modo grave e sostanziale l'accesso alla giustizia dei non abbienti per cause di importi modesti. Con l'entrata in vigore del d.l., tutte le volte che la controparte esercita l'impugnazione della sentenza di I grado, i meno abbienti, non essendo il giudizio concluso nel merito, vedono vanificare l'agevolazione della difesa personale dovendosi valere in appello della difesa tecnica. Sotto questo profilo si verrebbe a creare un danno al cittadino non abbiente che sarebbe scoraggiato dall'intraprendere un'azione nei confronti di una controparte «forte» nella prospettiva di un possibile giudizio di appello che lo costringerebbe ad una difesa tecnica (con eventuale ricorso al patrocinio gratuito) precludendolo dalla possibilita' di difesa processuale personale per le cause il cui valore e' inferiore a Euro 1100. La norma del decreto-legge costituisce di fatto una sostanziale limitazione di un diritto garantito ai non abbienti imprescindibile nella ratio della nostra Costituzione in quanto diritto riguardante i rapporti civili, da cui scaturirebbe di conseguenza un eccessivo esborso (con eventuale danno dello Stato per spese di giustizia) per cause di valore minimo, soggette ad impugnazione. Diversamente, i predetti, stando in giudizio davanti al giudice di pace senza il ministero o l'assistenza del difensore, vedrebbero conclusa nel merito la causa. Da quanto precede deriva, ad avviso di questo giudicante, la non manifesta infondatezza della questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 1 del d.l. n. 18 dell'8 febbraio 2003 nella parte in cui limita l'istituto della difesa personale ex art. 82 c.p.c. ai non abbienti per violazione dell'art. 24 terzo comma della Costituzione a seguito dell'istituito grado di appello. Il presente procedimento, non potendo essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale che non appare manifestamente infondata, deve essere sospeso e gli atti devono essere rimessi, a mente dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, alla Corte costituzionale.