ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
del   codice   di  procedura  penale,  promosso,  nell'ambito  di  un
procedimento   penale,   dal  giudice  dell'udienza  preliminare  del
Tribunale  di  Savona con ordinanza del 27 novembre 2002, iscritta al
n. 230  del  registro  ordinanze  2003  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, 1ª serie speciale, dell'anno 2003.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 aprile 2004 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di
Savona  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  111  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34,
comma 2,  del  codice  di  procedura  penale, «nella parte in cui non
prevede  l'incompatibilita'  a  svolgere  l'udienza  preliminare  del
giudice  che,  quale  componente  del  tribunale  del  riesame, abbia
concorso  a  deliberare  ordinanza  di  annullamento di un decreto di
sequestro per mancanza del fumus commissi delicti»;
        che  il  rimettente  premette di aver concorso a pronunciare,
quale  componente  del  tribunale  del  riesame, l'annullamento di un
sequestro  preventivo  di  azioni  (e  del sequestro probatorio di un
documento  acquisito  nel  corso  di una perquisizione domiciliare) e
precisa  che  la  ragione dell'annullamento era stata ravvisata nella
«carenza   del   fumus   commissi   delicti,   inteso  come  astratta
configurabilita' delle fattispecie allora ipotizzate dall'accusa»;
        che,  in  particolare,  il  tribunale  aveva  escluso sia «la
configurabilita' del reato di cui all'art. 2621 del codice civile per
l'inapplicabilita'  della  norma  alle  fondazioni  bancarie», sia la
sussistenza  dei  profili  di  violazione  di  legge o di regolamento
rilevanti  ai  fini  della  configurabilita' della fattispecie di cui
all'art. 323 del codice penale;
        che,   essendo   rimasti  sostanzialmente  immutati  i  reati
contestati agli imputati, il giudice a quo sostiene di trovarsi «oggi
nell'alternativa  di  contraddire  integralmente  le  tesi  affermate
nell'ordinanza che ha concorso a pronunciare o [di] prosciogliere gli
imputati,  almeno  con  riguardo  ai reati di cui agli artt. 323 cod.
pen. e 2621 cod. civ.»;
        che,  d'altro canto, non sarebbe possibile neppure il ricorso
all'astensione,  «non  rientrando  il  caso  in esame in alcuna delle
ipotesi  previste  dall'art. 34  cod.  proc.  pen.»  e  non potendosi
«ravvisare  l'ipotesi  prevista  dalla  lettera h)  dell'art. 36 cod.
proc.   pen.   che   puo'   trovare  applicazione  solo  per  ragioni
extraprocessuali»;
        che,  quanto  alla  non manifesta infondatezza, il rimettente
da'  atto  che con sentenza n. 66 del 1997 la Corte costituzionale ha
escluso   che  l'aver  adottato  o  confermato  un  provvedimento  di
sequestro  preventivo  configuri  una  causa di incompatibilita' alla
funzione  di  giudizio,  in quanto il giudice compie un sindacato sul
materiale  probatorio non paragonabile a quello imposto ai fini della
adozione  o  della conferma di una misura cautelare personale, di cui
sono   presupposto  i  «gravi  indizi  di  colpevolezza»,  mentre  il
sequestro  richiede  esclusivamente la mera astratta configurabilita'
del  reato,  che non implica un giudizio di probabile responsabilita'
penale dell'imputato;
        che  il  giudice  a  quo  ritiene  tuttavia che dalle ipotesi
dell'adozione   o  della  conferma  del  provvedimento  di  sequestro
preventivo,  in  relazione  alle  quali  e' intervenuta la menzionata
sentenza  della  Corte,  vada tenuta distinta quella, rilevante nella
specie,  dell'annullamento  del sequestro per insussistenza del fumus
commissi   delicti,   che   «per  costante  giurisprudenza  non  puo'
risolversi  in  un  giudizio  astratto  dell'ipotesi  dell'accusa  ma
richiede   un  vaglio  del  materiale  probatorio  offerto»,  con  la
conseguenza  che  il giudice «si troverebbe nell'alternativa secca di
prosciogliere o contraddirsi»;
        che   risulterebbe   pertanto   violato   il   principio   di
imparzialita'   del  giudice  sancito  dall'art. 111  Cost.,  nonche'
l'art. 3  Cost.  in  relazione  alla diversa disciplina stabilita per
l'ipotesi  del  tutto analoga in cui a provvedere su una richiesta di
sequestro  sia il giudice per le indagini preliminari, funzionalmente
incompatibile  a  tenere  l'udienza  preliminare  o  a partecipare al
giudizio ai sensi del comma 2-bis dell'art. 34 cod. proc. pen.
    Considerato che il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale
di   Savona   dubita,   in  riferimento  agli  artt. 3  e  111  della
Costituzione,   della   legittimita'   costituzionale   dell'art. 34,
comma 2,  del  codice  di  procedura  penale,  nella parte in cui non
prevede  l'incompatibilita'  alla  funzione  di  giudice dell'udienza
preliminare  per  il  giudice  che quale componente del tribunale del
riesame  abbia concorso a pronunciare ordinanza di annullamento di un
decreto  di  sequestro  preventivo  per  mancanza  del fumus commissi
delicti;
        che  il rimettente non ignora che con sentenza n. 66 del 1997
questa   Corte  ha  escluso  che  l'adozione  o  la  conferma  di  un
provvedimento   di   sequestro  preventivo  configuri  una  causa  di
incompatibilita' alla funzione di giudizio, in base al rilievo che, a
differenza  delle  misure  cautelari  personali,  le misure cautelari
reali  non  richiedono  una  «incisiva  valutazione prognostica della
responsabilita'   dell'imputato,   basata   sui   gravi   indizi   di
colpevolezza»,  ma  ritiene  che le ipotesi di adozione o di conferma
del  provvedimento  vadano  tenute  distinte da quella, rilevante nel
giudizio  a  quo, di annullamento del sequestro per insussistenza del
fumus  commissi  delicti,  che  «richiede  un  vaglio  del  materiale
probatorio»;
        che ad avviso del giudice a quo non sarebbe possibile evitare
la  situazione di pregiudizio lamentata ricorrendo all'astensione per
gravi   ragioni   di   convenienza  prevista  dall'art. 36,  comma 1,
lettera h),  cod.  proc.  pen.,  in  quanto tale ipotesi puo' trovare
applicazione solo per ragioni extraprocessuali;
        che,  successivamente alla sentenza n. 66 del 1997 menzionata
dal  rimettente,  questa  Corte,  nel  solco tracciato dalle sentenze
n. 306,  n. 307 e n. 308 del 1997, ha avuto modo di affermare che, se
la valutazione di merito non e' imposta dal tipo di atto, all'interno
dello  stesso  procedimento  l'effetto pregiudicante di una eventuale
valutazione  sul merito dell'accusa deve essere accertato in concreto
e  devono  trovare applicazione, ove ne sussistano i presupposti, gli
istituti dell'astensione o della ricusazione (v. ordinanze n. 203 del
1998, n. 29 e n. 444 del 1999);
        che,  nelle  ipotesi  del  tipo  ora  detto,  alla luce della
sentenza  n. 113  del  2000  deve  ritenersi, ai fini dell'obbligo di
astensione,  che  le gravi ragioni di convenienza di cui all'art. 36,
comma 1,   lettera h),   cod.  proc.  pen.  riguardino  non  soltanto
«situazioni    private    del    giudice»,   ma   anche   l'attivita'
giurisdizionale comunque svolta in precedenza;
        che   nel   caso  di  specie  all'eventuale  pregiudizio  per
l'imparzialita'  del  giudice  derivante  da  valutazioni espresse in
ordine alla astratta configurabilita' dei reati contestati si sarebbe
quindi potuto porre rimedio ricorrendo all'istituto dell'astensione;
        che  viene  a  essere  cosi'  superato  anche  il  profilo di
contrasto   con   l'art. 3   Cost.   in   relazione   all'ipotesi  di
incompatibilita'    alla    funzione    di   giudizio,   disciplinata
dall'art. 34,  comma 2-bis,  cod.  proc.  pen.,  del  giudice  che in
precedenza si sia pronunciato, in qualita' di giudice per le indagini
preliminari, sulla richiesta di sequestro preventivo;
        che    la   questione   deve   pertanto   essere   dichiarata
manifestamente   infondata   in  relazione  a  entrambi  i  parametri
costituzionali evocati.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.